Riflessioni sugli ultimi avvenimenti al Giro d’Italia.

Diciamolo chiaramente ed evitiamo pericolosi fraintendimenti: ogni persona che svolga il proprio lavoro ha il sacrosanto diritto di pretendere che siano assicurate misure di sicurezza adeguate. Se queste misure non sono garantite ha la possibilità ed il diritto di segnalare le mancanze ed, eventualmente, di agire, anche giudizialmente, affinché queste carenze siano rimosse. La salute è un bene troppo importante e non ci si può nascondere: la pandemia da Covid-19 la mette a repentaglio. Il punto non è questo ma un altro. Il punto è assicurarsi che quando si agisce con recriminazioni varie, in tutti gli ambiti della società ed anche nello sport e quindi nel ciclismo, lo si faccia veramente a tutela del bene salute e non prendendo a pretesto questa tutela per difendere altri interessi personali. Chi protesta per difendere il bene salute ha tutta la nostra approvazione, chi lo fa in maniera pretestuosa per altri interessi, invece, crediamo debba riflettere. Quanto meno sul fatto che, in questo modo, non ha rispetto proprio per quel bene di cui finge di farsi paladino.

Cosa vogliamo dire? Abbiamo parlato con diversi direttori sportivi e ci è stato assicurato che le misure di sicurezza adottate dall’organizzazione del Giro d’Italia, per quanto concerne gli atleti, sono assolutamente adeguate. L’organizzazione questo deve fare: garantire il massimo della sicurezza possibile. La sua è un’obbligazione di mezzi, non di risultato. Risulta evidente a tutti come i numeri dei contagi siano aumentati e il ciclismo, per quante bolle possano isolarlo, vive in questa realtà. Per questo motivo qualche contagio poteva esserci e purtroppo c’è stato. Ci spiace e auguriamo agli atleti coinvolti una pronta guarigione ma il rischio che loro hanno corso e corrono è il rischio che corrono tutte le persone che, nonostante questa situazione, continuano a svolgere il proprio lavoro. Un rischio che si auspica sempre più vicino al minimo ma che non potrà mai toccare quota zero. Al Giro, fino ad ora, sono state trovate positive al Covid-19 otto persone: due atleti e sei membri dello staff fra i 571 test effettuati tra l’11 ed il 12 ottobre. Ci pare che, al momento, non siano numeri che possano mettere a repentaglio lo svolgimento di una manifestazione sportiva del livello del Giro d’Italia. In questi giorni si stanno effettuando altri test e una nuova tornata di test a tappeto è prevista per il secondo giorno di riposo: aspettiamo i risultati e proviamo a mantenere razionalità ed occhio critico. Vale per tutti ed anche per gli addetti ai lavori della stampa che anche in questi giorni, in taluni casi, per la fretta di diffondere una notizia, sono stati parte di un’informazione approssimativa che altro non fa se non seminare panico e allarmismo. Soprattutto a causa dei titoli, studiati per attirare click e visualizzazioni.

Si veda la vicenda dei 17 poliziotti della scorta del Giro-E positivi al tampone per cui, per fare chiarezza, è dovuto persino intervenire il ministero degli interni.
A qualcuno non sta bene la situazione in corsa? Ci risulta che nessuno impedisca alle squadre di esporre lamentele, cosa peraltro fatta, oppure di meditare il ritiro dalla corsa. Vista la situazione, ci permettiamo di non condividere una simile scelta e di dubitare che le reali motivazioni che la accompagnano siano da ricercare nella tutela della salute. Dubbio nostro, sia chiaro. Ogni squadra però deve scegliere secondo ciò che ritiene opportuno: non volete più restare in corsa? Ritiratevi, nulla da obiettare, state perseguendo un vostro legittimo interesse. Quello che invece è intollerabile è pretendere che quel vostro interesse, che visti i dati non rappresenta una tutela della salute, debba inficiare l’intera manifestazione impedendole di giungere alla normale conclusione a Milano. In ogni decisione sarebbe auspicabile una attenta ponderazione e scissione, a mente fredda, tra quello che è l’interesse generale e quello che è invece un interesse personale. Non sempre le due fattispecie sono nettamente separabili, in particolare quando la tensione e la pressione aumentano. Servirebbe solo qualche pausa di riflessione in più prima di formulare richieste e suscitare polemiche. Proviamo a prendercela. Tutti.

Foto: Gabriele Facciotti/Pentaphoto