Quando pedala, Julian Alaphilippe cerca il piacere. L’ha sempre cercato e, nel tempo, ha capito dove trovarlo. Ben oltre il programma di allenamenti e gare, rigido e dettagliato, predisposto dalla squadra, che si ripete di giorno in giorno, di anno in anno: «Faccio le stesse cose ogni giorno e questo, alla fine, non ti procura piacere. Il piacere – ha raccontato a Vélo Magazine – lo ricerco nelle cose semplici: una pedalata da solo, un bel ricordo, un traguardo da raggiungere».
È stata una scoperta per il due volte Campione del Mondo perché Julian non è sempre stato così. All’inizio pensava solo a migliorarsi, a nuove vittorie sempre più importanti. Quell’indole gli ha permesso di essere il corridore che è oggi, ma adesso basta. Continua a mettere il medesimo impegno, ma si scrolla dalle spalle la pressione dell’essere sempre il migliore e così, sollevato, ammette: «Alla fine, è vero, la salute è l’unica cosa che conta, il resto passa in secondo piano».
Sì, perché quell’indole rischia di far commettere errori, di metterti fretta, costringendoti a forzare i tempi per rientrare da un infortunio, di farti male. Da questo, si è salvato perché ottimista di natura e perché il ciclismo gli ha insegnato la pazienza: «I momenti brutti sono molti di più di quelli belli. Ma basta un momento bello per fartene sopportare molti brutti. Per giorni come quello di Lovanio, al Campionato del Mondo, si può sopportare molto».
Ha avuto timore di lasciare quella maglia, una sorta di malinconia, di nostalgia anticipata e se ci ripensa rivede gli errori che ha fatto con quella maglia addosso. Per esempio, nello sprint perso con van Aert al Giro di Gran Bretagna, per la fretta di vincere con la maglia iridata sulle spalle. Da quei momenti si impara e la lezione è l’unica cosa che deve restare perché, vada come vada, l’atleta ha il dovere di ripartire da zero, eliminando le giustificazioni ma anche la tentazione di assaporare i successi, sedendosi sugli allori. Da un lato la caduta al Fiandre 2020, dall’altro le vittorie al Tour de France o alla Freccia Vallone.
Non vuole confronti fra le stagioni passate, perché non hanno senso e perché ogni anno è diverso. La costante è il coraggio di fare scelte anche difficili: «Non è stato facile non partecipare ai Giochi Olimpici dopo il Tour, ma non sarei stato in forma per il Mondiale se fossi andato in Giappone. Devi porti un traguardo e mentalizzarti su quello».
La nascita di Nino, suo figlio, gli ha cambiato la vita «come cambia la vita a chiunque la nascita di un bambino», la perdita del padre è un forte dolore da sciogliere nel tempo. Il francese tiene ai ricordi e dice che un buon ricordo vale quasi quanto una vittoria. Per il 2022, Alaphilippe punterà alle gare delle Ardenne e lo farà con la lucidità di chi sa ciò che può fare, sacrificherà il Fiandre per la Liegi: essere in forma per entrambe è molto difficile. Con quella maglia proverà semplicemente a vivere ciò che gli accade, ad assaporarlo, con ancor più voglia di vincere e meno paura di perdere.