Erica Lombardi, dietista dell’Astana Premier-Tech parte dal ruolo dell’educazione alimentare per parlare di ciclismo. «Le informazioni non mancano, ma molte, troppe direi, non sono scientifiche. Così i ragazzi e le ragazze si fanno proprie convinzioni, errate, difficili da sradicare. Fare educazione alimentare vuol dire parlare della potenzialità di una corretta nutrizione per ottenere prestazioni importanti, soprattutto vuol dire allontanarli da qualunque pratica illecita». Servirebbe l’introduzione della materia nelle scuole perché, anche al di fuori del ciclismo, investire nell’educazione alimentare significa crescere persone sane e risparmiare sulla spesa sanitaria.

Abbiamo parlato con Erica Lombardi di alimentazione nel ciclismo e di come le tematiche alimentari vengano gestite all’interno delle squadre professionistiche.

Nel ciclismo le cose sono cambiate nel tempo e, oggi, parlare di alimentazione è come parlare di allenamento: qualcosa di quasi scontato. «Ciò non significa che non ci siano più disturbi alimentari legati alla pratica sportiva. Sarebbe scorretta un’affermazione del genere, ma significa che si è presa coscienza del problema e che si sta agendo: le squadre cercano sempre più la consulenza di medici, dietisti e nutrizionisti». Il discorso di Lombardi è chiaro: è cambiato l’approccio. Si è iniziato a considerare il peso in rapporto alla potenza. Nel ciclismo femminile è evidente: «Credo che una volta la spinta alla magrezza venisse da persone non qualificate e non titolate alla gestione della nutrizione, proprio perché queste figure professionali non erano ancora presenti nel team. L’attenzione al peso c’è sempre, soprattutto per scalatori e scalatrici, ma sicuramente c’è anche una maggiore consapevolezza della gestione del peso tra i componenti dello staff e l’atleta stesso. Il confronto “sulla magrezza” tra atleti c’è sempre, ma ci sono figure professionali che riescono a rendere maggiormente consapevole l’atleta del proprio percorso individuale nutrizionale e a non farsi influenzare nel raggiungere pesi non funzionali alla salute e alla performance».

L’approccio, continua Lombardi, è personale, dal camice al pedale perché gli atleti hanno una particolare routine di vita che non consente un controllo sul lungo tempo. «È importante la quotidianità, l’imprinting. Un mese senza confronti, controlli e verifiche è impensabile». Per questo lei stessa si occupa di verificare il fabbisogno di ogni atleta e di guidarlo nelle scelte. «C’è la cosiddetta dieta a watt, ovvero in base ai watt che il ciclista dovrà sviluppare in una determinata tappa. Il ciclismo è uno sport situazionale. I nostri grafici tengono conto della tappa, dell’altimetria, del meteo e persino del ruolo del corridore. In una corsa a tappe gli atleti vivono una situazione di deficit costante e il dopo tappa è essenziale per permettere il recupero. Collaboriamo anche noi alla preparazione della musette degli atleti e siamo in grado di stabilire quanti gel dovrebbe assumere un atleta su quella determinata salita, almeno in linea teorica».

Il problema, spesso, è lo stress legato a questa tematica che porta l’atleta a rincorrere qualunque novità, per risolvere un proprio problema. «Le diete nuove rischiano di essere un problema in quanto ogni dieta deve essere verificata sulla singola persona. Non c’è alcun ingrediente magico, serve tempo e consapevolezza. Accade invece che ci si perda in questa rincorsa alla novità, talvolta dannosa». Tutto perché tenere sotto controllo il peso è difficile: «È una sorta di pendolo di Schopenhauer: la forma è difficile da raggiungere e anche più difficile da mantenere. Le situazioni stressogene, nel giusto limite, favoriscono il controllo dell’alimentazione. Se esagerate, portano al training eccessivo. Serve equilibrio». Per esempio quando si parla di nutrizione e di gusto: «Tendenzialmente ciò che è buono e gustoso non nutre, ma i ciclisti sono uomini. Bisogna abbinare il nutrimento a qualcosa che sia piacevole da assaporare».

Erica Lombardi torna così a parlare di ciclismo femminile. «Quando si verificano situazioni problematiche, bisogna parlare alle ragazze e chiarire l’importanza di una corretta alimentazione che non significa ingrassare. Sono cose diverse». Il punto è che, anche con un’alimentazione corretta, a causa dell’allenamento intenso, a volte, si verificano situazioni di amenorrea in quanto, comunque, il corpo di una donna, predisposto ad accogliere il feto, avrebbe bisogno di più grassi di quelli che ha il fisico di una ciclista. «Sono abbastanza frequenti questi casi e a lungo andare sono causa di problemi ossei. Anche qui la presenza di un apparato medico è essenziale».

Perché, se è vero che la pratica sportiva è certamente salutare, la pratica sportiva ad alti livelli può essere usurante e, in questo senso, è dovere di ogni professionista fare attenzione alla prevenzione.