Il mercato della domenica, a Bellaria, si staglia sotto un cielo che soffoca ogni filo d’aria, senza alcuna pietà. Alla bancarella della frutta, accanto ai cesti delle albicocche e delle pesche, qualche signora inizia a sventolare un ventaglio fiorato, cercando refrigerio mentre sceglie la frutta. Piazza Matteotti è solo qualche metro più in là: qualche tempo fa, forse, avresti visto i corridori prendere al volo qualcosa dalle bancarelle, appendere il sacchetto al manubrio e pedalare verso l’albergo, come un qualunque turista a passeggio. La pandemia non lo permette più, ma chi vive il ciclismo è sempre vissuto di queste situazioni e le immagina appena può.

Del resto, a mollo in quell’aria pesante ci sono proprio tutti. C’è chi ne ha vissute talmente tante da non sorprendersi più per nulla e chi, invece, vive con meraviglia già il fatto di essere qui. Il Campionato Italiano è anche questo: lo vedi dal modo in cui i ciclisti più giovani fissano l’arrivo di Vincenzo Nibali, di Domenico Pozzovivo o di Giulio Ciccone al palco firme. Per alcuni quella che parte subito dopo il via è la solita fuga, il copione consolidato di quasi ogni corsa, per loro quella è la fuga, la possibilità. Per loro è tutto nuovo, per altri è tutto già visto. Eppure, a conti fatti, sono tutti qui per lo stesso motivo, anche chi non lo ammette, e tutti hanno almeno una possibilità. Non c’è storia che tenga.

Bergullo, Mazzolano, Riolo Terme e Gallisterna sono lì, impassibili. Non impossibili, certo. Sono qualcosa che avvolge e stringe. Sempre più forte. Ad ogni tornata, mentre il sudore scivola copioso e quasi sembra sciogliere la pelle. Una lenta tortura fino a che la fuga non esplode e si fraziona. Zoccarato, Maestri, Affini, Konychev e Tarozzi, fra gli ultimi a cedere, sentono il fiato del gruppo, mentre l’acido lattico graffia i muscoli. Maledicono Davide Formolo che scattando sveglia il gruppo e si porta dietro Nibali, Cattaneo, Masnada, Colbrelli, Oss, Carboni e Pozzovivo. Quelli che in gergo ciclistico vengono definiti cagnacci, perché temibili, perché non prevedibili e niente spiazza più di ciò che non si sa controllare. Se Zoccarato reagisce, se riesce a tenere il ritmo, è perché ripesca quella possibilità, quella che hanno tutti ogni volta in cui attaccano un numero alla schiena. Si incolla alla ruota di Sonny Colbrelli e Fausto Masnada e per diversi chilometri riesce a non perderla, poi si stacca ma continua a spingere a tutta. Si tratta della sua possibilità, può anche essere improbabile ma buttarla via significa non rispettare la fatica, non rispettarsi. Arriverà terzo, ma non conta. Quel podio racconta più di ciò che mostra.