Ma come la racconti una tappa del genere? Immaginatevela così: sole alla partenza, facce distese, maglie colorate e ben visibili. Ti aspetti una tappa difficile, arrivo in salita, parecchio dislivello, di quelle che si accendono solo nel finale e invece…
E invece… dal sole si passa alla pioggia nel tempo in cui scompare il segnale televisivo che poi riappare per poi sparire di nuovo. E poi quando ritorna siamo già in salita, sotto il diluvio che non molla, pedalatori irriconoscibili nascosti da mantelline tutte uguali, con il freddo che li rende omini di cartapesta, con il freddo che rimarrà impregnato nelle gambe, rimpastando i piani dei corridori di classifica.
Immaginatevi Gino Mäder e quegli ultimi metri di salita verso San Giacomo. La faccia scavata, la maglia rosso fuoco, il ghigno, le braccia congelate e il suo pensiero alle ultime pedalate di quella tappa alla Parigi-Nizza quando Roglič lo riprese sotto lo striscione dell’arrivo. Lo abbiamo spinto e sicuro lo avete spinto, lui non ha nemmeno la forza di esultare e noi esultiamo con lui.
Immaginatevi la Bahrain che stamattina si sveglia senza Landa e va all’attacco. Immaginatevi Mohorič, uno che andava talmente bene a scuola che fu premiato come uno dei migliori studenti sloveni quando era al liceo. Va talmente forte oggi che quando si butta in discesa stacca tutti. Mentre tutti gli altri hanno l’impermeabile, lui resta in maniche corte. E si fa in quattro per Mäder, e si fa in quattro nel segno di Landa.
Immaginatevi passare per i luoghi devastati dal terremoto, le case squarciate, il silenzio amplificato dalla pioggia e dalla luce scura. Immaginatevi il vento così forte in cima alla salita che butta giù tutta la struttura che regge lo striscione del Gran Premio della Montagna.
Immaginatevi quell’ammiraglia che prende in pieno Serry. Immaginatevi Ganna che, con l’aiuto del vento, demolisce il gruppo e tira tutti per 50 chilometri. Immaginatevi la sofferenza di De Marchi, che mentre stiamo battendo queste parole sui tasti non è ancora arrivato al traguardo (poi arriverà eh, a quasi venticinque minuti, ma arriverà) e abbandona la maglia rosa – la sua, una bella maglia rosa.
Quella maglia rosa che ora immaginate sulle spalle di un ungherese, Attila Valter, stamattina in maglia bianca, e stasera ancora più avanti. Un osso duro che impareremo a conoscere perché la sua storia non finirà di certo qui. E intanto stupisce anche a parole, mentre si immagina proiettato nel futuro: «Meglio di averla qui la maglia rosa, solo a Milano».
Immaginatevi Bernal che molla un altro colpo, Ciccone in formato alta classifica, Evenepoel che ha “qualcosa di speciale”, per prendere in prestito parole che non sono nostre.
Immaginatevi Yates arrivato qui da favorito e che arranca ammorbato dal freddo, oppure Almeida e Hindley sulla breccia solo pochi mesi fa, come d’incanto costretti a ripensare i propri piani.
Come quelli di Caruso, stravolti dalla caduta di Landa e da un Bilbao deluso e deludente. Per la prima volta avrà in mano carte che possono sembrare quelle giuste.
Immaginatevi Bettiol che un mese fa soffriva in Belgio ma oggi pedala bene in salita e si lancia all’attacco in discesa. Immaginatevi Martin, Vlasov, Formolo e Carthy, sempre lì, Nibali che non molla e Bennett invece sì. Cataldo che va in fuga perché è vicino alle sue terre, Mollema che va in fuga perché vuol vincere, di chi sia la terra non importa.
Immaginatevi Fortunato, uno che andava forte forte da ragazzo, si era un po’ perso, ieri staccava il gruppo per una visita parenti, oggi invece quel gruppo lo vive in salita, arrivando in scia ai migliori.
Il fatto è che ci aspettavamo una tappa difficile, è vero, ma oggi la verità ha superato l’immaginazione.
Foto: BettiniPhoto