Quando si parla di “inventare”, di solito, nel ciclismo, ci si riferisce alle fughe o alle vittorie nelle tappe di montagna. La volata, lo sprint, almeno idealmente, è qualcosa che ha più a che fare con la programmazione che con l’invenzione. Marta Bastianelli ed Emma Norsgaard, però, a tale proposito, potrebbero ben precisare qualcosa dopo le vittorie rispettivamente alla Omloop van het Hageland, domenica, e a Le Samyn Dames nel pomeriggio di oggi.
Le loro non sono state volate classiche, forse non avrebbero nemmeno potuto esserlo sulle strade del nord. Lì la programmazione lascia spazio all’istinto, al fiuto, che ben si accorda col vento che spesso spazza quelle strade. Bastianelli aveva pensato di controllare la gara attraverso la sua squadra, lo aveva anche dichiarato alla partenza. Poi il suo dorsale, il 91, è comparso nel folto gruppo delle attaccanti di giornata e qualcuno è rimasto sorpreso. Ha sicuramente fatto molto l’esperienza, la percezione che quella fosse la fuga buona, che controllare sarebbe stato più rischioso che provare a entrarci. Che, se vuoi la volata, da quelle parti devi guadagnartela. La volata a ranghi ristretti, se arriva ed è già successo nelle due gare prese in considerazione, è una costruzione ad istinto dove la squadra fa indubbiamente molto, ma il momento giusto devi capirlo tu e non temere di disfare ogni tattica.
Guardate la Movistar di Emma Norsgaard oggi a Le Samyn. Ha controllato la gara quasi tutto il giorno, almeno fino a che è diventata incontrollabile. In gergo si dice “essere sparsi uno per cantone”; bene le atlete a quel punto erano davvero sparse una per cantone ed in quei momenti l’energia diventa miraggio. Grace Brown, ad esempio, che ripresa da Alice Barnes proprio mentre sembrava al culmine delle energie non ha più potuto resistere e ha perso contatto inesorabilmente.
Quando le energie si fanno miraggio, rischi l’errore. Norsgaard non aveva più compagne di squadra a pilotarla nel finale, mentre Van Anrooij e Guazzini passavano il drappo rosso dell’ultimo chilometro in testa.
E qui una parentesi è doverosa: vedere Vittoria Guazzini lì davanti fa molto piacere, soprattutto dopo l’infortunio dello scorso autunno alla Roubaix. Anche lei lucida, anche lei non cede alla danza dei miraggi. Dopo uno sforza notevole con l’attacco del finale, come il gruppo sta per rientrare cerca di partire, di lanciare la propria volata. Che è anche per lei uno sprint inventato, strano, anomalo.
Vince Norsgaard che ha controllato da sola il gruppetto delle inseguitrici, ha battezzato la ruota di Copponi, ha aspettato ed è partita. Di quella danza dei miraggi e delle energie è vittima proprio Copponi, che, partendo, in sostanza, le tira la volata, ma anche questo è nel conto, anche questo fa parte di quell’insieme di caratteristiche e di fiuto che fanno una velocista. Essere nel posto giusto, al momento giusto anche se già potresti pensare di aver perso. Chiara Consonni ci è andata vicino, ma nulla da fare.
Bastianelli e Norsgaard, modalità diverse, stesso risultato. Facendo buon viso a cattivo gioco, tenendo a bada, forse, anche l’indole delle ruote veloci, un’indole nervosa, che scalcia, e usandola nel migliore dei modi. Perché, al nord, la velocità è soprattutto imprevedibilità.