Chissà cosa si saranno detti per guardarsi e ridere così davanti alle telecamere. Forse avranno scherzato su quell’ossimoro che è la loro lucida follia, su come dietro non sarà andata giù la loro pazza idea di provare a far saltare il Tour in una giornata che anticipa le montagne (a proposito: oggi antipasto alpino, ma non di quelli con formaggio col miele, frittatina di erbe e tagliere di salumi, ma con Romme e Colombière) e dove, di solito, è scritto a caratteri cubitali che va via una fuga di quelle che non provocano timori né scossoni.
Ma è proprio questo il nodo: a loro di quello che sta scritto non importa nulla. Sono il punto di rottura con quello a cui eravamo abituati in questi anni.
Viene spontaneo chiederci: cosa sarebbe oggi il ciclismo senza di loro? Soprattutto: chissà cosa sarebbe stato il pomeriggio di ieri al Tour senza il loro attacco, senza le loro storie alle spalle, la loro rivalità che parte da lontanissimo – intesa negli anni. Che si sposta dal fango, alle pietre e oggi arriva fino al Tour de France. Trasformando una tappa simile a una classica in una grande classica. Certo, il ciclismo è esistito prima di loro ed esisterà anche dopo, per fortuna, ma ce li godiamo il più possibile. Finché sarà possibile.
Viene spontaneo chiederci anche: chissà cosa avranno in mente di fare nei prossimi giorni, chissà quanto in su riusciranno a spostare l’asticella.
Van der Poel che proverà a tenere la maglia gialla finché si può, altra pazza idea, van Aert che magari sarà all’improvviso l’uomo di classifica della sua squadra visti i guai di Roglič. Domani sera a Tignes avremo un quadro più chiaro della situazione.
Foto: bettini