Come ogni pannolato che si rispetti, ho iniziato ad andare in bici vestito male. Molto male. Mio fratello ha fatto il dilettante per diverse stagioni e mi permetteva di usare esclusivamente la sua roba peggiore, sgualcita o strappata. Non avevo mai provato niente di meglio, quindi pensavo che fosse normale che una maglietta da ciclismo creasse un effetto-cappa tremendo per la sudorazione, che fosse pesante e per nulla elastica, piena di sponsor e, generalmente parlando, un pugno nell’occhio di chi guarda.

 

 

Mentre accumulavo chilometri e un minimo di esperienza in sella, ho provato altri materiali e altre sensazioni. Tutte un po’ migliori delle precedenti, a piccoli passi ma sempre per il meglio. Tanto da sentirmi, di recente, quasi pronto ad uscire dalla meravigliosa bolla di ignavia che è la pannolanza. Poi è successo che sono finito a scrivere per una rivista di ciclismo e questi standard hanno dovuto per forza di cose elevarsi ulteriormente. Le occasioni in cui vengo bersagliato da critiche à la Enzo Miccio sono quasi zero, ormai.

Questo perché, tra le altre cose, a fine aprile, Pas Normal Studios ha invitato Alvento e altre testate europee al lancio della sua nuova linea d’abbigliamento, Mechanism Pro. Conoscevo già Pas Normal perché vestono PNS quasi tutte le persone pedalanti più fighe di Instagram. E conoscevo la linea Mechanism perché l’ho vista in strada, pensando subito: che bello dev’essere, pedalare con la scritta “meccanismo” sulla schiena. Ma a Copenaghen ho potuto vedere e provare tutto dal vivo, sulla mia pelle.

Mechanism Pro al primo tocco non sembra vero. Innanzitutto: pesa pochissimo. Indossando la maglietta, ti sembra di alzare un tovagliolo di carta. Il tessuto però è resistente, elastico: a PNS la chiamano “sensazione da seconda pelle” e sembra scompaia mentre si pedala. Lo abbiamo provato in un velodromo poco fuori Copenaghen e la posizione che devi tenere in pista – per forza di cose aggressiva e alla ricerca di un qualsiasi vantaggio aerodinamico – esalta un tessuto pensato per andare veloce.

Lo stile minimale e i colori pastello, spenti, risaltano notevolmente in gruppo. Hipster com’è, Copenaghen è piena di ciclisti che si vestono non bene, di più. Davanti all’ex fabbrica di armi convertita nell’odierna sede centrale di Pas Normal, partono e arrivano ciclisti che sembrano modelli, a tutte le ore del giorno. Al piano terra c’è un ciclo-caffè davvero delizioso: si vede, come del resto è rintracciabile in tutta l’estetica del brand, un tocco di design danese.

I locali di PNS a Copenaghen sono stati disegnati e progettati da OEO, uno studio di architettura degli interni che si auto-definisce ispirato dal minimalismo persuasivo. È forse il modo in cui riassumerei anche la linea Mechanism Pro: danese e veloce, costosa e fichissima. Perfetta, insomma, per sembrare l’opposto di un pannolato.