Prologo: un ragazzo in divisa nera attraversa un vialetto infangato in sella alla sua bici. È autunno, ormai, ed è da quasi un anno lontano migliaia di chilometri da casa. Lontano per coltivare una passione, la bicicletta; per divertirsi sì, guai altrimenti, ma anche per cercare di farne qualcosa in più che una semplice serie di gare con gli amici con i quali ha attraversato l’oceano, o restare a bocca aperta mentre di fianco passano i migliori corridori del vecchio continente.
Il ragazzo pedala senza infrangere alcuna regola della sua realtà, pur mescolandosi con la fantasia. Guarda verso l’orizzonte e sogna di diventare un professionista.
Attorno a lui è iniziato il fogliaggio. Macchie rosse, gialli e arancioni incorniciano la scena belga, di un belga fiammingo, diremmo per enfatizzare e colorire. Arriva in cima a una breve salitella dopo aver provato e riprovato curve insidiose; dopo aver tentato e ritentato a saltare gli ostacoli, dopo essere scivolato un paio di volte portandosi l’ingombro della bici sulle spalle. Ha guanti pesanti, le labbra gonfie per il freddo, si scrolla di dosso la fatica pensando all’indomani. Tutto è attesa per il giorno della gara.
I fatti: Gli appassionati di ciclocross saranno sicuramente rimasti incuriositi quando, un po’ di tempo fa, hanno visto alcuni ragazzi messicani prendere il via a gare internazionali del calendario italiano. Figuratevi averli visti a Tabor, Repubblica Ceca, e poi a Koksijde, Belgio, per la Coppa del Mondo, e a Merksplas, sempre Belgio, quarta prova stagionale del Superprestige.
A Tabor una data simbolo: il 14 novembre infatti è stata la prima volta per un team e per atleti messicani nella storia di questa disciplina.
L’internazionalizzazione del ciclismo appare scontata ormai quando parliamo di strada, e di pista, quella del ciclocross decisamente meno, in un mondo, quello del fango, che attualmente per numeri e qualità è dominato dalla lingua neerlandese con inserimenti britannici, che fanno sistema, mentre la presenza di Blanka Vas ad esempio, ungherese, più che figlia di un movimento in fermento o che investe, è molto più semplicemente talento.
Il progetto della A.R. Monex, la squadra di cui parliamo, che ha avuto per lungo periodo base sul Monte Titano, San Marino, prevedeva esperienza da fare in Europa al cospetto dei più grandi, come ha raccontato il team manager della squadra Alejandro Rodriguez: «I nostri corridori volevano capire a che livello sono e adesso sanno quanta strada c’è da fare, di sicuro si portano dietro un bagaglio di esperienza incredibile». Un’esperienza che è partita già all’inizio del 2021: i ragazzi della A.R. Monex infatti hanno preso parte a diverse prove di mountain bike, con gettoni in Coppa del Mondo, e pure su strada si sono fatti notare e persino con buoni risultati sia tra gli Under 23 che tra gli juniores.
Dunque non è solo folclore, anzi, mentre è forte la curiosità nel vedere el tricolor messicano e quelle maglie nere con le bandine celesti sulle maniche.
Tra questi corridori c’è Isaac Del Toro, che nelle sue esperienze nel CX ha persino vinto a novembre una gara del calendario italiano, il Trofeo Bikeland Ciclocross a Città di Castello. Ha collezionato un 20° posto a Brugherio e un 22° posto al Trofeo Guerciotti: per nulla male considerata anche la giovanissima età: 18 anni compiuti nei giorni scorsi. 37° a Tabor, in Belgio, Isaac, sempre il migliore dei suoi, ha ottenuto un 40° posto nel Superprestige di Merksplas e un 41° a Koksijde in Coppa del mondo, misurandosi nella categoria élite con il meglio in circolazione.
Ora torneranno a casa, «L’obiettivo è crescere – racconta sempre Rodriguez – e chissà, magari un giorno diventare delle star del ciclismo in Messico e motivare così altri giovani a conoscere questa grande, meravigliosa e durissima disciplina».
Hanno un hashtag – #LoVamosALograr – ovvero ce la faremo, banale, volendo, ma così importante per loro. Come primo approccio ce l’hanno fatta, l’obiettivo è quello di diventare sempre più forti, magari trovare un contratto tra i grandi in Europa, e fosse possibile far parlare di sé.
Epilogo: la stagione per loro si chiude. Il ragazzo carica la sua bici nel pulmino e chiude gli occhi mentre rientra a casa ripensando all’autunno belga, al fango che gli ricopriva occhi e bocca. A quei mostri sacri del ciclocross. E in fondo a quel viale un tramestio di biciclette e freni. Il suono del ciclismo.