In quella che appariva un’azione fine a se stessa, e poi lo era. In quella che sembrava essere la classica fuga già segnata, e poi lo è stata. In questo e in altro, nell’apparente inutilità della fatica, nel timore di rendersi quasi ridicoli agli occhi del mondo, oggi Houle e Van Der Sande hanno voluto dimostrare come nel ciclismo non conta solo vincere.

Perché attacchi per attaccare, per essere il primo a prenderti gli applausi del pubblico, perché c’è sempre qualcosa da trovare: d’altra parte andare in bici che cos’è se non ogni giorno una meravigliosa scoperta? Sarà capitato anche a voi di correre vicino casa e di vedere svelati ogni volta nuovi dettagli. Ed è così oggi per Houle che è canadese, ma queste parti le conosce molto bene. E a Valence, dove si arrivava, è praticamente di casa.

Pare fosse, non che c’interessi troppo per la verità, ma tant’è, la giornata mondiale del bacio, e se davvero vuol dire qualcosa, allora assume un significato per Hugo Houle. Ogni giorno pensa a suo fratello, a Pierrik, con il quale da bambini passavano il tempo guardando il Tour, perché nel paesino da dove viene non c’era altro da fare; Pierrik, nove anni fa mentre si allenava, fu investito e ucciso da un ubriaco, e proprio Hugo lo trovò sul ciglio della strada agonizzante. Corre per lui, ogni giorno, come se sentisse il suo fuoco dentro, perché «quello che gli è successo mi ha distrutto ancora prima di aiutarmi, ma oggi mi spinge: voglio provare a vincere una tappa al Tour per lui».

Oggi, Hugo Houle è uno dei pochi canadesi del gruppo e lo trovi spesso all’attacco. Tosh Van Der Sande, invece, è uno dei tanti belgi ed era venuto qui al Tour per aiutare Ewan. A Tignes, due giorni fa, è stato fotografato mentre cercava di mangiare qualcosa, ma appariva totalmente stravolto dalla fatica da non riuscire nemmeno a mandare giù il boccone. Nemmeno 48 ore dopo ed eccolo lì, all’attacco, per una sorte già segnata, per scoprire, farsi vedere, fare fatica.

In quella che appariva un’azione fine a se stessa e poi lo è stata, Houle ha voluto regalare un bacio a suo fratello, perché da quel 2012 non può più. E anche se non è arrivata la vittoria non importa, ci riproverà, glielo ha promesso. Van Der Sande, invece, ha voluto scrollarsi di dosso la fatica, facendone altra. Anche lui ci riproverà: è il destino di ognuno.

E in una giornata così chissà se si aspettava un bacio quella ragazza con le treccine che reggeva un cartello con su scritto “Sagan: I Love You”. Mentre dopo il traguardo Cavendish dedica effusioni alla sua squadra che lo ha consegnato alla terza vittoria in questo Tour, a un passo da Merckx che fa quasi ridere a dirlo. Un Cavendish reincarnato in qualcosa di completamente diverso rispetto a pochi mesi fa. Un tipo davvero tosto, il Cav.