A cosa si pensa quando si parla di Milano-Torino? Facile: la classica più antica del mondo… ma ora qualcosa di (completamente) diverso: la “Milano-Torino in fissa”, 145 km per una sfida cavalleresca, come la definisce uno dei suoi organizzatori, con bici a scatto fisso.
«”Milano-Torino in fissa” nasce nel 2008 ideata da quella che fu, credo, la prima crew in assoluto di bici a scatto fisso presente a Milano – ci racconta Riccardo Volpe, 46 anni, ingegnere e una passione smodata per le due ruote tanto che quando lo definisco come “folle per la bici” si fa una risata e ribatte: «Qualcuno diceva che quando non si è in bici si pensa alla bici. Questa è una definizione in cui mi ritrovo».

La prima “Milano-Torino in fissa” è del 2008: «L’idea è stata quella unire due grandi città con una forte connotazione ciclistica e all’inizio è pure una sorta di gioco di parole: fino al 2010, infatti, si partiva da via Torino a Milano per arrivare in via Milano a Torino. Poi dal 2011 al 2017 siamo riusciti a unire due simboli della storia del ciclismo: il velodromo Vigorelli di Milano e il motovelodromo Coppi di Torino. Si partiva e si arrivava fuori da questi due luoghi di culto. Il primo anno in 12 al via, veri pionieri».
Dopo le prime edizioni si decide quindi di dare risalto ai templi del ciclismo, luoghi per antonomasia delle bici a scatto fisso: i velodromi. «Dal 2012 al 2017 – ultima edizione disputata – si è partiti davanti al Vigorelli con arrivo davanti al Coppi. Questo ha contributo, in parte, a spingere le città a fare qualcosa: il Comitato Vigorelli ha fatto un lavoro eccezionale riportando la pista a essere tutelata per sempre ridando alla città di Milano e agli appassionati un luogo che fu di assoluto culto. A Torino l’associazione Pezzi di Motovelodromo ha aiutato a portare avanti un progetto che sfocerà nell’inaugurazione ufficiale del 10 aprile. Il Comune ha istituito un bando per salvaguardare il ciclismo all’interno del Motovelodromo, luogo che con le sue paraboliche da fare a tutta velocità in stile autodromo non potrà essere mai omologato ufficialmente dall’UCI, è vero, ma che diverrà una risorsa importante per chi gira in bici, oltre che situata in un punto strategico». Tutt’intorno, infatti, specifica Riccardo, circa 30 km di ciclabile in sterrato, oltre alle colline: «E di fatto sei praticamente in centro».
La spinta che porta all’ideazione, dunque, è tanto semplice quanto il suo svolgimento: «La mattina del 10 aprile alle 8 si partirà dal Vigorelli. Si attraverseranno otto città della Bassa padana per arrivare a Torino». Semplice, sì, tranne per un piccolo fattore: «Ovviamente non si smetterà mai di pedalare». D’altra parte è questo che sta alla base delle scatto fisso. « Sarà un po’ come una competizione gravel dove hai una traccia da seguire. Ma ciò che conta nello spirito di questa manifestazione sarà la possibilità di godersi il viaggio». Qualche ora in libertà su bici a scatto fisso.
Arrivo al motovelodromo, quindi, che tra le tante cose significa un po’ un richiamo a una grande classica: «L’arrivo sarà una sorta di piccola Roubaix: da Corso Casale tagli dentro, fai il sottopasso carrabile e arrivi direttamente in pista dove sarai chiamato a effettuare un giro e mezzo prima di tagliare il traguardo». Suggestivo.
Tutto si mescola, resta viva pure la connotazione in stile alley cat, («Alla partenza daremo una card con il logo della manifestazione e il numero scritto dietro: ma questo servirà solo per la birra a fine corsa») mescolata a quella della critical mass: «Fino ad Abbiategrasso – una sorta di km 0 – uscendo dalla città si pedalerà tutti assieme». Con un tocco di ciclismo agonistico: «L’ultimo paese che attraverseremo, Settimo Torinese, sarà lo spartiacque: è un posto che ha un’urbanistica del tutto incasinata. Sarà un po’ come il Poggio per la Sanremo. Ogni volta che ci siamo passati io ho fatto una strada diversa. Ho visto ragazzi con una gran gamba saltare in aria di testa dopo aver fatto chilometri su chilometri in più ed essere arrivati alla fine svariati minuti dopo altri partecipanti».
Riccardo specifica come ci sarà una quota d’iscrizione, ma nessun premio: «Vorremmo devolvere il ricavato al fondo di emergenza dei corrieri in bici» e racconta in che modo lui parteciperà: «Con un tandem da pista insieme a un caro amico, un ragazzo non vedente che fece i Giochi paralimpici ad Atlanta ’96 nel judo».
E poi, a chiudere, cita una frase simbolo che racchiude lo spirito punk alla base di tutto, lui che definisce la bici a scatto fisso qualcosa che, con il suo minimalismo, resta quanto di più affascinante sa dare il mondo delle due ruote a pedali. “Gamba tonica e rasata, bici in ordine e tutto il necessario per l’autoriparazione in strada. Pillola di cianuro in caso di fallimento.” Uno dei consigli, ci dice Riccardo, che arriva dal “Reverendo Marcello” dello storico negozio Ciclistica Milano, ideatore e patron della competizione, pardon della sfida cavalleresca.
La bici, ancora una volta, che sia gioco o competizione, si dimostra il mezzo ideale per portare avanti un pensiero, un punto di vista, attraverso la fantasia, il divertimento, e grazie alla libertà di un gesto tanto semplice quanto liberatorio: pedalare. Che sia a scatto fisso o a ruota libera non importa.