Torniamo un attimo a celebrare Wout van Aert. Serve anche qualche numero, poca poesia oggi, per attirare l’attenzione e dare ancora più forma alla statura di un corridore che si fa fatica a misurare.

13 le vittorie nel World Tour (su 23 totali) e indovinate un po’? Lo stesso numero realizzato dal suo rivale, Mathieu van der Poel. Destino pazzesco: il marcamento continua.

Quello che i numeri spiegano sono anche, o soprattutto, le caratteristiche di corridore a tutto tondo. Un’ampiezza di possibilità di marcare il territorio come, chi scrive, fatica a ricordare.

Al Tour ha vinto in volata tre volte (battendo Viviani, Ewan, Bennett, Sagan) e la quarta vince sul Ventoux staccando scalatori e campioni del mondo in carica. Lui che scalatore non è, col tricolore forse più significativo del gruppo: quello belga. Tricolore che svetta in salita per la prima volta da Merckx nel 1970: era stato infatti il Cannibale, prima di lui, l’ultimo a vincere una tappa di montagna al Tour in maglia di campione nazionale (fonte: GCN).

Il Belgio che, da secoli verrebbe da dire, cerca disperato uno scalatore, si ritrova a vincere la tappa più significativa del Tour con uno che scalatore non è. Che il giorno prima del Ventoux si piazzava in volata battuto al fotofinish da Cavendish.

Ma che corridore è, quindi, van Aert? Vince volate, vince al Nord (Gand-Wevelgem), sullo sterrato (Strade Bianche), vince classiche imprevedibili (Milano-Sanremo, Amstel). Ha vinto campionati nazionali, in linea e a cronometro, e sempre contro il tempo ha vinto prove di ogni genere. Fra qualche settimana punta pure all’oro olimpico. Quest’anno, se togliamo l’86° posto nella tappa di Tignes dell’altro giorno, il peggior risultato è un 25° posto.

Nel pomeriggio di ieri, chiacchierando con amici e colleghi, cercavamo un paragone. Un corridore che, negli ultimi trent’anni, ovvero da quando seguo e ho memoria del ciclismo, gli assomigliasse. Trovavo solo risposte vaghe, mozzicate, dubbi e perplessità. Il motivo è semplice: non c’è nessun corridore come lui. Nessuno assomiglia a van Aert, van Aert non assomiglia a nessuno. Ennesima rottura col recente passato di un ciclismo specializzato a priori. Ennesimo esempio da seguire. Ennesimo vantaggio per chi segue il ciclismo in questa età dell’oro.

Ah, avremmo potuto parlare del palmarès nel ciclocross o della sua caratteristica principale: la tenacia. Ma lo abbiamo dato per scontato.