Quando gli ultimi corridori iniziano ad arrivare sul Ventoux, le urla si trasformano in applausi, nel silenzio della terra che, spostata dall’elicottero delle riprese, si infila anche sotto il casco dei motociclisti. «I primi vanno incitati – ci spiega un signore – mentre gli ultimi vanno incoraggiati».

Resta la strada che quassù è matrigna: ti inganna con la bellezza del paesaggio e poi ti prende a schiaffi. Il traguardo fa lo stesso: lo vedi, è lì, ma non lo superi mai, sembra un miraggio. Raphaël Geminiani lo disse a Ferdi Kübler quando lo vide partire, quasi in preda a un’ossessione, sotto il caldo di quel pomeriggio di luglio del 1950. «Attenzione Ferdi, il Ventoux non è una montagna come le altre». E quello, assetato di successo: «Nemmeno Ferdi Kübler è come gli altri».

Venti chilometri dopo, lo trovarono agonizzante a bordo strada, il sudore ovunque, il respiro finito. Qualche anno più tardi, nel giorno del suo ritiro, disse: «Ferdi è vecchio, è stanco, ha male. Ferdi si è ucciso tanti anni fa. Il Ventoux lo ha ucciso». Non c’è pietà qui, la strada non ha pietà. Al massimo qualche ricordo, per Tommy Simpson, ad esempio. La figlia, Joanne Simpson, proprio ieri ha raccontato a “L’Equipe” che solo un ricordo si salva da questo dolore. «Quando tornava a casa dagli allenamenti, apriva il frigorifero, prendeva il latte e lo beveva dalla bottiglia. Tutte le volte che vedo una bottiglia di latte mi viene in mente».

Tutto quello che puoi sperare, puoi sperarlo dalla gente, dai tifosi forse. Che hanno portato decine di biciclette vicino all’osservatorio e si siedono accanto ai sacchi a pelo. «Tu es le même que toujours» grida una tifosa a Geraint Thomas che passa attardato e scuote la testa. «Sei lo stesso di sempre» che non è vero, non può essere vero, se uno come Thomas arriva con minuti di ritardo al primo passaggio sul monte calvo. Ma Virenque ha raccontato che, quando sentiva i tifosi urlare il suo nome in salita, aumentava di due denti il rapporto rispetto agli avversari, perché “è doveroso“. Magari Thomas ha fatto lo stesso o quanto meno l’intenzione della tifosa era quella e va bene così. A prescindere da verità o bugie.

Soprattutto, però, sul Ventoux ti salvi da solo, come su qualunque altra strada della vita. Wout van Aert ci è riuscito ieri e quando ha dovuto spiegarlo ai giornalisti è stato molto chiaro. «Se ci provi e ci riprovi, è sicuro che prima o poi ci riesci. Se, al primo ostacolo, ti fermi, è altrettanto certo che non ce la farai mai». Non perché tu non ne sia capace, ma perché non ci stai più provando.