Sotto il nome “Palio del Recioto” sono racchiuse tantissime cose. Oltre che una sagra del vino è un’enorme degustazione all’aperto e una serie di incontri sull’archeologia in Valpolicella. È un concorso enologico, un modo di avvicinarsi al vino per migliaia di persone e addirittura un torneo di bocce: la prima edizione si è svolta presso il Bar Ferrari di San Peretto, 32 partecipanti. Una tre giorni di festa che ha la sua «tradizionale chiusura», come afferma la Pro Loco di Negrar di Valpolicella, nel – questa è la nomenclatura ufficiale – Trofeo C&F Resinatura Blocchi. È una delle più dure gare internazionali per U23: per tutti, però, è “Palio del Recioto” anche questa.

Vinto nel passato da campioni quali Fabian Cancellara e un Caleb Ewan molto diverso dallo sprinter attuale (Pogačar arrivò secondo nel 2018), il Recioto attrae ogni anno il meglio della gioventù ciclistica mondiale. Anche grazie alla concomitanza con il Giro del Belvedere (che tipicamente si corre il giorno prima, in provincia di Treviso), la corsa tra i muri della Valpolicella anche quest’anno ha tra le partenti tante squadre-sviluppo di formazioni World Tour, come la Jumbo-Visma Development, l’Astana U23, l’AG2R U23 o la Groupama-FDJ Continental. Assieme a queste, vengono da tutta Italia (da tutto il mondo, in realtà) le migliori formazioni: la Bardiani, la Hagens Berman, la Colpack, la Trinity, la Zalf, la Biesse-Carrera, il Cycling Team Friuli.

Una squadra in particolare sta andando forte quanto al piano di sopra: la Jumbo-Visma sembra produca corridori-fotocopia. Sono tutti alti circa 185 cm, pesano una settantina di chili, tanti vengono dal nord Europa e sono tendenzialmente biondi. Altri segni particolari? Vanno fortissimo. Norvegese di Lillehammer, Johannes Staune-Mittet risponde bene a questo identikit: ha appena vinto il Giro del Belvedere e oggi è qui, alla partenza del Palio del Recioto, per provare a succedere al vincitore dell’anno scorso, Romain Grégoire.

Alla partenza del Recioto Staune-Mittet è evidentemente felice. Sta benone, confessa, nonostante una «notte molto calda in albergo». Gli chiedo con una battuta se abbia festeggiato abbondantemente la vittoria del giorno prima: rivela di no, semplicemente non funzionava l’aria condizionata in camera. Ha capito che «puoi sempre denudarti e dormire sopra le coperte. Insomma, sono pronto per la gara».

Mentre finisce la frase, aumenta il trambusto in zona partenza. Un paio di corridori della Hagens Berman saltano le transenne in tutta fretta per montare sulle bici: la corsa è partita! Le ruote iniziano a girare ma Johannes non ha nessuna fretta. Ha ancora il piede a terra quando mi dice che non vede «l’ora di correre oggi, sarà divertente». Infine, anche lui, parte.

Non è l’unico corridore con cui ho parlato in partenza. Con Cesare Chesini della Zalf si scherza, urlando come Carlo Vanzini, che ci sono PROBLEMI PROBLEMI PROBLEMI sulla bici di Davide De Pretto: il disco del freno tocca e serve la mano del meccanico per aggiustarlo. Sul palco del Belvedere Staune-Mittet ha detto a De Pretto che sarà «un combattimento anche oggi», ma lo scalatore di Piovene Rocchette è prontissimo e ha un compagno di squadra di nome Guerra Andrea: in un conflitto dovrebbe essere ben coperto.

Con un amico della zona, la mattina ho provato il percorso della gara. Per un amatore normale è completamente folle: si inizia con sei giri “normali”, con le salite della Masua e Jago. Sono unite da un chilometro di discesa tecnica e velocissima, al termine della quale si svolta secco a sinistra per attaccare il primo muro verso Jago. La seconda salita è detta anche “via dei Ciliegi” sebbene ormai ne siano rimasti giusto un paio: si vedono soprattutto vigne, vitigni dappertutto, e lingue di cemento su cui arrampicarsi in sella a una bicicletta.

Finiti i sei giri, un settimo passaggio a Jago è da approcciare da un’altra strada, infida. Sale, stretta e verticale, direttamente dal centro di Negrar. Una volta in cima, falsopiano e sorpresa: il muro cementato di via Tezol, con pendenze oltre al 20%. Questo è il punto decisivo della corsa: ennesimo falsopiano dopo il muro, discesa tecnica, salita finale (circa 7,5 km al 6,5% medio) verso Fiamene. Il finale, undici chilometri tra le località Fane, Prun e Torbe, è in discesa, ma il percorso è talmente selettivo (quasi 3000 metri di dislivello positivo) che il gruppo si sgretola ben presto.

«No se pol mia ber mentra cheialtri fan fadiga» scherza un anziano signore veneto dopo avermi visto con un bicchiere di rosso in mano. Siamo – come, a quanto pare, tutto il mondo ciclistico veneto – sullo strappo di Jago, che è perfetto: in cinque minuti a piedi sei al traguardo, i corridori vanno per forza di gravità piano e la cantina Recchia ha imbandito tavoli, bottiglie e risotti da far mangiare mezza Verona. Quassù c’è l’amatore Pietro, che stamattina ha incontrato durante l’allenamento Davide Formolo, residente a Monaco ma originario di San Rocco. Quassù ci sono compagni di liceo di Davide De Cassan, interessantissimo scalatore del Cycling Team Friuli, originario di Cavaion Veronese. Quassù ci sono scritte sull’asfalto per corridori locali, c’è Riccardo Meggiorini, c’è un tendone imbastito dalla famiglia Zamperini (altro bel corridorino della Zalf) che regala a tutti panini e vino, c’è Luca Giavara del Pedale Scaligero che dopo due giri ha già abbandonato la corsa e si sta godendo la festa. Ha affidato la bici a un signore con la felpa della Bocciofila Azzago ed è parte della baraonda.

La corsa, intanto, succede. Già ridotto all’osso dal circuito della Masua e Jago, il gruppo si sgretola ulteriormente su via Tezol. Coi migliori rimangono in pochi: tre Bardiani, due Jumbo-Visma, il campione del mondo junior in carica col nome da scrittore tedesco, Emil Herzog, De Pretto e pochissimi altri. Tanti provano a partire, ma chi si avvantaggia davvero è una coppia particolare. Né Giulio Pellizzari della Bardiani, né Tijmen Graat della Jumbo erano i favoriti, perché hanno compagni di squadra più quotati, ma sono ottimi corridori. «Sulla salita [di Fiamene] ho provato ad attaccarlo» rivela Pellizzari dopo la corsa, «anche se subito avevo paura perché da quello che dicono questo plana, vola. Lo guardavo, perdeva due/tre metri e rientrava. Ma non volevo tornare a casa col dubbio di non averlo attaccato».

Graat ha provato a staccare Pellizzari in discesa, senza risultato. I due collaborano e arrivano in centro a Negrar da soli. Entrambi in conferenza stampa raccontano di essersi parlati e di essersi confessati quanto siano poco veloci allo sprint. Pellizzari parte ai -200 per lanciarsi, Graat lo supera e gli dà almeno una bici di distacco. È la seconda vittoria della Jumbo-Visma in due giorni. Graat si è detto sorpreso dei suoi stessi miglioramenti: è un corridore molto diverso rispetto a quello di un anno fa, pur rimanendo uno scalatore.

È un po’ ciò che accade, mi spiega Fausto, amico ciclo-enologo, con l’uva di queste zone: dà vita sia al Recioto, che è un passito e quindi va bene con dolci al cioccolato, crostate di frutta e simili, sia – prolungando la fermentazione – all’Amarone, che è un vino diverso, ben più strutturato, adatto a carni rosse e grigliata. Tijmen Graat, Giulio Pellizzari e gli altri stanno diventando grandi e forti come il vino.