Domenica, dopo aver conquistato il campionato Italiano, Giacomo Nizzolo si è accomodato nella mixed zone per le interviste. Una delle prime domande dei cronisti, probabilmente se la aspettava. «A chi dedichi questa vittoria?» gli hanno chiesto. Tutti rispondono parlando di famiglia, di amici, di tifosi. Lui ci ha pensato qualche secondo e poi ha esordito con: «Non vorrei sembrare egoista, davvero. Indubbiamente la dedico alla mia famiglia e a tutte le persone che mi sono vicine e che mi sono sempre state vicine ma la dedico anche a me stesso. Per quanto ho saputo soffrire in questi anni, per quanto ho saputo insistere, per non aver mai mollato ed essere qui”. Non è facile dedicarsi qualcosa in questa vita. Soprattutto non è facile dedicarsi qualcosa e avere il coraggio di dirlo forte e chiaro: “Questa è per me. Solo per me. Per quello che sono». Eppure ogni tanto bisogna farlo. Di più. Ci sono circostanze della vita in cui, volersi bene e dedicarsi i propri successi, è un dovere. Per restare a galla. Perché il nostro corpo e la nostra mente danno segnali, ci fanno capire quando qualcosa ci sta facendo male, quando hanno sofferto per troppo e hanno bisogno di liberarsi, quando hanno bisogno che venga riconosciuta la loro tenacia. Insomma, quando dovremmo essere noi stessi a darci una pacca sulla spalla e a portarci in salvo. Giacomo Nizzolo lo ha fatto: si è riconosciuto i meriti che ha, senza superbia alcuna ma con consapevolezza. È come se si fosse detto: «Vali Giacomo, ricordati che vali». Dovremmo farlo tutti ogni tanto.
Due colpi di reni, uno al campionato Italiano e uno all’Europeo, per buttar fuori quella rabbia, quel dispiacere, per due anni di difficoltà lasciati alle spalle. Due vittorie, prima campione d’Italia, poi campione d’Europa. Riccardo Magrini racconta che Nizzolo gli ha confidato che, in fondo, gli dispiace non poter indossare la maglia tricolore. Ci teneva, ci teneva tanto. Invece indosserà quella di campione europeo perché nella gerarchia delle casacche è più importante. È grato. Oggi più che mai, infatti, tornano quelle parole che ci disse qualche mese fa: «Sai, sono stato bravo ma anche fortunato. Mi piace dire le cose come stanno. Volevo diventare un velocista e sono nato con le caratteristiche giuste per esserlo ad ottimi livelli. Da bambino vedevo i colpi di fioretto tra Mario Cipollini e Ivan Quaranta e pensavo che mi sarebbe piaciuto somigliare a loro. Al primo per forza e costanza, al secondo per l’estro che dimostrava ogni volta che batteva il primo». Gli hanno sempre detto che le volate sono cambiate e forse è anche vero ma non nel senso in cui lo intendono certi. Il livello si è alzato, per questo ci sono più nomi fra i favoriti. Nizzolo non è mai stato spaventato da ciò. Nizzolo cercava come l’aria la possibilità di tornare dove era stato, con orgoglio e dignità, prima delle problematiche e dell’infortunio. Come chi non ama le scuse, come chi non crede al destino scritto da altri ma bensì alla possibilità di scriverlo da soli.
E per questo serve tanto coraggio. Perché, quando ti fai autore di te stesso, l’errore è dietro l’angolo. Poi ci sono le voci: se avessi aspettato, se avessi fatto così, se avessi evitato quello, se fossi stato più attento, più bravo. Ovviamente tutte cose dette da chi, della tua vita, non sa assolutamente nulla. Tutte frasi che dietro il sembiante del consiglio, nascondono una certa superbia. Ovviamente a fatti avvenuti: «Se uno potesse sapere cosa gli riserverà la sorte, sarebbe un bel vivere, non credete? Tocca prendere quello che viene e regolarsi di conseguenza. Può darsi che in alcuni frangenti abbia anticipato fin troppo il rientro, ma finché uno non rientra alle corse come fa ad accorgersene?». Perché ancora prima dell’attenzione alle frasi da dire, per portarsi in salvo serve attenzione alle frasi da ascoltare e da ricordare. Perché devi farti del bene, devi volerti bene, per tornare dove la natura ti ha concesso di poter essere. Qualcuno diceva che le qualità che possediamo sono un dono che riceviamo dalla natura, l’uso che ne facciamo sono il nostro modo di ricambiare il dono. È necessario fare sempre il massimo, non buttarsi via e riconoscersi errori e meriti con onestà e gentilezza. Il colpo di reni che ci serve, nelle gare e nelle vita, arriverà proprio da lì.
Foto: Bettini