Com’è andata l’abbiamo visto, lo avete letto negli altri due pezzi che aprono questa newsletter, ed è stato bellissimo. Immaginiamoci per un momento che Ben O’Connor sia riuscito nel suo disperato tentativo di seguire Pogačar: ci ha provato, ma come ha ammesso lui stesso a GCN dopo la tappa «quando navighi troppo vicino al sole, vieni punto» (questo modo di dire a metà tra il marinaresco e l’apistico sarà famoso in Australia, non saprei). Fatto sta che O’Connor si è definito «il corridore più scemo della corsa» per essere andato «molto oltre la mia capacità di lattato».

Ecco, facciamo finta che tutto questo non sia successo e che O’Connor sia riuscito a seguire Pogačar. Se il giorno prima abbiamo visto Jhonatan Narváez tenere la scia dello sloveno su un muretto nella collina torinese, non è impossibile immaginarselo là Ben O’Connor, con la sua andatura sgraziata ma efficace, quasi 190 centimetri di cristiano da Subiaco, cittadina dell’area metropolitana di Perth. Pesa solo 67 chili Ben O’Connor e anche per questo è un buon uomo da classifica generale: il suo miglior risultato è un quarto posto al Tour de France 2021, dieci minuti e due secondi dietro Tadej Pogačar.

A ogni accelerazione di Pogačar, O’Connor sembra potersi spezzare da un momento all’altro, ma – non si capisce come – l’australiano non molla. È tignoso, sta digrignando i denti storti, dà di spalle. Forse veramente da un momento all’altro cederà di schianto, e invece no. Mancano due chilometri e tiene duro. Pogačar si spazientisce: dammi un cambio che andiamo via entrambi, tu anche potresti guadagnarne, sembra dire con la mano. Si apre la maglia, sbuffa, è l’ombra di Pogačar. Quando lo sloveno si alza sui pedali anche Ben O’Connor lo fa, quando si siede anch’egli si siede. Forse a fine tappa, quando Pogi andrà in zona mista per le interviste, anche O’Connor andrà alle interviste. Gli chiederanno “O’Connor ma lei non ha mai vinto nulla?”, lui risponderà che “magari è vero, ma oggi gli sono rimasto incollato come un francobollo”.

Quando entrano negli ultimi 250 metri, col santuario di Oropa lì, O’Connor ha l’apice dei polmoni in fiamme. Le nuvole coprono il cupolone blu della basilica, l’ultima rampa sul ciottolato non è tale da impensierirlo. Vince la tappa e prende la maglia Pogačar, va bene, ma anche oggi non è riuscito a staccare nessuno. Anche oggi è sembrato umano.

No, occorre uno sforzo d’immaginazione troppo intenso per pensare a tutto questo.