Silvia Persico è tornata da qualche giorno dagli Emirati Arabi Uniti, quando le telefoniamo. Dalla voce si intuisce serenità, giusto il cielo cupo dell’inverno italiano, dopo la bella stagione incontrata correndo l’UAE Tour la lascia perplessa, ma presto ripartirà al modo delle cicliste e dei ciclisti: «La certezza è che correrò in Belgio, a proposito di cieli grigi, poi la Strade Bianche, ma, sono sincera, ora non ricordo nemmeno il calendario preciso, però una cosa, rispetto all’anno scorso, mi ha colpita: dal nulla, mi capita di chiedermi quanto manchi al ritorno in corsa, anche adesso che non sono tornata a casa da molto tempo. Me lo chiedo e sento di aver voglia di correre, di gareggiare, di competere. Questo è il bello»..

Non c’è considerazione più importante di questa, almeno per la donna, prima che per l’atleta, perciò partire da qui semplifica tutto. L’inverno di Persico è stato un buon inverno ed il debutto a Maiorca l’ha ampiamente evidenziato, con un terzo ed un secondo posto al Trofeo Palma Femina ed al Trofeo Binissalem-Andratx. All’UAE Tour, dopo una prima giornata dedicata alle velociste, il secondo giorno, quello del vento e dei ventagli a spazzare il gruppo e di Elisa Longo Borghini e Wiebes davanti, a dominare le raffiche dal deserto, Silvia Persico non era riuscita ad entrare nel ventaglio di testa in quanto durante il trasferimento, brevissimo in quella tappa, era dietro l’ammiraglia e la partenza così veloce non le aveva dato il tempo di rientrare. Se il vantaggio del primo gruppo è arrivato a toccare oltre i tre minuti, però, è merito anche del lavoro di Silvia Persico che «a quel punto, con Elynor Backstedt, ci siamo inserite nei ventagli per rallentare il ritmo e per una buona parte di corsa ha funzionato». Al terzo giorno, quello di Jebel Hafeet, si è arrivati così. Anzi, con qualche passaggio che non tutti sanno e che noi apprendiamo durante la telefonata. Si parte da una sera: Silvia Persico ed Elisa Longo Borghini condividono la camera d’albergo.

«Nel 2014 avevo dichiarato in un’intervista che Elisa Longo Borghini era una sorta di idolo per me. Beh Elisa ha letto quel pezzo e, ti dirò di più, se n’è ricordata. Me lo ha proprio detto durante questa trasferta: “Ma ti ricordi cosa dicevi di me dieci anni fa?”». Sì, io me lo ricordo e ci ho pensato quando ho saputo che saremmo state compagne di camera». Proprio in quei giorni aveva provato la salita con Longo Borghini, da un paio di settimane sentiva di stare particolarmente bene e l’aveva detto alla campionessa italiana. Il tratto più duro dell’ascesa era fra i meno tre ed i meno due dal traguardo: lì era previsto l’attacco della capitana. Un piccolo inconveniente, in realtà, c’è: l’assenza di Karlijn Swinkels che avrebbe dovuto fare il ritmo per una parte di salita. «Le situazioni di gara sono così, bisogna adattarsi. Ho pensato solo ad impostare un’andatura che fosse il più regolare possibile in modo da stancare le rivali. Quando Elisa è partita, le avevo appena chiesto via radio cosa fare, se e quanto proseguire con la “menata”. Ricordo che mi sono spostata ed ho tirato il respiro, ho rallentato. Un attimo, non più di dieci secondi».

Silvia Persico conosce bene la salita, sa che più avanti tornerà a spianare, non vuole fare allontanare molto il gruppetto con Kimberley Le Court, Monica Trinca Colonel, Barbara Malcotti e Antonia Niedermaier perché se riuscisse a “tornare sotto” potrebbe fare qualcosa di buono. Elisa Longo Borghini vince la tappa, conquista la maglia di leader e, di fatto, la classifica generale, negli stessi attimi dalla radio giungono delle grida: «Silvia, sei forte! Vai che la gamba c’è, puoi prenderti il secondo posto. A tutta!». Ora racconta che quello sprint per il secondo posto l’ha vinto anche per quelle urla dalla macchina e che in quegli istanti le è balenata l’idea del piazzamento in generale. Quello per cui il giorno successivo ha “battagliato” agli sprint intermedi con Le Court, da cui la separavano solo due secondi: l’ha difeso anche grazie alle compagne di squadra che, nel secondo intermedio, sprintando, hanno sottratto all’atleta di AG Insurance-Soudal Team gli abbuoni.

«È stata una liberazione: non solo la prestazione in salita. Siamo all’inizio della stagione, ma ho provato sensazioni che non sentivo da non so quanto su una salita, in gara. È stata una liberazione anche perché sono arrivata al traguardo ed ho visto tutti felici. È bello sapere che tutto è andato bene, che la squadra è contenta. In me c’è una sorta di leggerezza, fatta di cose semplici. Direi una bugia se dicessi che Elisa (Longo Borghini) mi ha dato un consiglio particolare o detto qualcosa in particolare e, forse, è proprio questa la differenza. Ho ritrovato benessere nelle cose semplici, di tutti i giorni, nello stare in squadra e nell’andare a correre. Del resto, sono una ciclista, cosa c’è di più importante?».