Si va all’attacco. Alla follia. Allo sbaraglio. Una tappa che pareva giocata in seconda serata. Buia, coi decadenti tratti di un’imperfetta primavera italiana. Acqua tutto il giorno, la maglia rosa che tira il gruppo, il segnale televisivo che scompare per un po’ e rischia di rovinarci una tappa che per ore è un lento attendere il finale, e poi si risolve come fosse lo spettacolare arrivo di una classica, tra strappi inconcepibili, freddo cane e pioggia.
Si risolve con la longilinea fisionomia di Joe Dombrowski, uno ritenuto forte, ma troppo estroso per il ciclismo, amante delle macchine e delle bevute nei boschi con gli amici, che ha prodotto una birra dubbel invecchiata nelle botti di rum e che porta, più o meno, il suo nome: Dombrewski.
Si risolve con la faccia lentigginosa di Alessandro De Marchi che stasera farà volentieri a cambio della sua maglia color vino, con quella più appariscente Rosa. Anche lui produttore, però di vini che portano il marchio “Rosso di Buja”, il suo soprannome.
Si risolve con un Ciccone che va (forte) verso Sestola, dove si fece conoscere; con Landa che attacca e poi si attenua, con Bernal che fa le prove per vedere come stavano gambe e schiena, con un Carthy magro da far paura ma che non soffre il freddo, con le forme perfette in bici di Vlasov, che punti deboli sembra non ne abbia.
Si risolve con la cifra di Yates, oggi accorto, forse troppo: tutti lo pensavano lì davanti e invece cede il passo, seppure in modo quasi impercettibile: d’altra parte 11”, cosa sono? Da dopodomani lo aspettiamo nella versione gemello forte.
C’è la cifra di Evenepoel che è già davanti, mentre il suo compagno di squadra – ancora per poco – Almeida soccombe ai riti che lo vogliono separato in casa. C’è la cifra indecifrabile di Bettiol: mai te lo aspetteresti lì, dopo aver sofferto per tutta la primavera e oggi chiude con i migliori di classifica; o quella di Moscon, forte da non crederci, quasi da lustrarsi gli occhi.
E c’è la cifra di un Giro che regala sogni arditi: ieri a Taco, oggi a Taaramäe, che prova a scacciare gli incubi della Vuelta 2009 quando si piantò in salita dopo essere stato tutto il giorno in fuga (come oggi). Verso Sestola sbaglia i tempi, quella volta sbagliò a montare i rapporti fermandosi in lacrime a bordo strada.
C’è la cifra di Fiorelli che sfiora un sogno a 27” dal vincitore, lui che battagliava il secondo giorno tra i folli delle volate, e oggi arriva dove nessuno se lo sarebbe mai aspettato. C’è quella di Nibali, eterno lì davanti, quelle deludenti di Buchmann e Sivakov, e un po’ sottotono di Masnada.
E poi di nuovo ecco la cifra del vincitore, Dombrowski, uno di quei tanti passati professionisti con la fastidiosa nomea del ”predestinato”, tanto che fu il Team Sky a prenderlo. Vinse il Giro dei giovani, conquistò Gavia e Terminillo, e alla prima serata con la squadra inglese non sfuggì al rito di iniziazione: ubriaco, fu costretto a inscenare uno spogliarello. Oggi per lui prima vittoria in carriera lontano dalla sua America.
Alla salute, Giro. Da domani altre storie.
Foto: BettiniPhoto