Lo Stelvio ha risvegliato un Giro d’Italia che sembrava essersi addormentato, abbandonato ad un letargo autunnale. Lo ha fatto nell’unico modo possibile, impassibile di fronte a ciascuna delle storie dei ciclisti che lo scalavano. Giudice ferreo di responsabilità inevitabili. Non c’è pietà fra i monti in mezzo a cui si inerpica una strada serpentina che sibila paure. Chissà cosa avrà pensato Almeida quando ha iniziato a perdere posizioni, quando ha capito che quelle ruote si allontanavano sempre più, quando ha pensato a tutti i suoi sogni, con quella maglia rosa addosso, e ha temuto di non poterne concretizzare alcuno. In fondo il difficile è proprio rinunciare alla felicità immaginata, a quella possibile fino a qualche secondo prima. Lassù faticano tutti ma i pensieri cambiano forma alla fatica. Wilco Kelderman per qualche chilometro alleggerisce la pedalata proprio grazie al pensiero, grazie a quel punto rosa che si allontana e gli fa credere che oggi è possibile, che Almeida, ora, è alla frutta. Tutto cambia, si ribalta, con una velocità che qui puoi solo immaginare.
Tao Geoghegan Hart è più tranquillo perché non è solo e lì davanti la sua squadra sta davvero facendo tutto il possibile. Tutto il possibile o anche di più lo ha fatto Rohan Dennis, davvero commovente oggi. Dennis aiuta con l’anima di chi vuole aiutare e lo fa sino all’ultimo respiro. E noi immaginiamo il suo pensiero: «Dai, ancora una pedalata e poi mi sposto. Arrivo a quel sasso, a quell’albero, a quel tifoso e poi mi sposto. Cambio rapporto, un’ultima spinta e mi sposto». Ha rimandato tanto Rohan Dennis, così tanto che quando si è spostato non ne aveva davvero più, quasi si fermava. Ha dato tutto, Dennis. Geoghegan Hart, in quel momento, avrà pensato alla responsabilità che aveva sulle gambe, perché quando qualcuno si sfinisce per te, per aumentare le tue possibilità di farcela tu ti senti in dovere di fare qualcosa. Qualcosa di speciale, magari vincere, magari indossare la maglia rosa. E chissà cosa avrà pensato quando non ci è riuscito. Cosa ha pensato Jai Hindley, invece, lo sappiamo. Lo ha detto più volte dopo il traguardo: «Incredibile, è incredibile». Dopo il traguardo, quando in maglia rosa c’è già Kelderman, per pochi secondi. In gara, mentre saliva ai Laghi di Cancano e parlava con Geoghegan Hart, avrà rivisto i suoi genitori e quel giorno in cui lo misero in bici a soli sei anni.
Avrà pensato che oggi sarebbe stato proprio un bel giorno per dimostrare che mamma e papà ci hanno sempre visto lungo. Magari per farlo in maglia rosa. E intanto la voce dalla radiolina, la voce di Kelderman che è lì e da chilometri e chilometri è maglia rosa virtuale. Chissà se uno dei due ragazzi Sunweb avrà pensato anche a questo? A cosa avrebbe ottenuto l’altro a fine tappa. Chissà se c’è un pizzico di rivalità fra Kelderman e Hindley? Chissà se, anche solo per qualche istante, avranno pensato: “La maglia rosa la voglio io, la devo avere io”. Perché certe cose sono umane ed è anche giusto dirle. Dei tanti chissà non sa cosa farsene la classifica generale che pone Kelderman in prima posizione e Hindley in seconda. Anche Geoghegan Hart ha altro da pensare perché stasera non ha solo due rivali ma ha due rivali che sono alleati o almeno dovrebbero esserlo. Lui, forse, può sperare. Può sperare che qualcosa fra i due vada storto, può sperare di essere lì per approfittarne. Ma questa è un’altra storia e ve la racconteremo molto presto.
Foto: Pentaphoto