Vi ricordate la promessa di Giulia? Noi ce la ricordiamo bene. Di Giulia avevamo incontrato il padre al Giro Rosa, a settembre. Un padre che avrebbe voluto provare il piacere di assistere ad una gara dal vivo assieme alla figlia, una ragazza a cui il ciclismo non è mai piaciuto e per questo alle gare con papà non è mai andata. Proprio il papà di Giulia mi aveva pregato di parlarle, di spiegarle perché sarebbe dovuta andare ad una gara con papà. Così avevo fatto, una sera di settembre, dalla camera di un albergo. Ero crollato dal sonno ma le avevo strappato una promessa: «Cercami ad una delle prossime corse, mi vedrai accanto a papà. Te lo prometto». Da quel giorno, di Giulia non ho più saputo nulla. Fino a questa mattina quando Giulia mi ha scritto.

Ho risposto con l’animo di chi non sente un amico da tanto tempo e si attende il racconto di una vita trascorsa ma non condivisa. Io e Giulia non siamo amici. La nostra conoscenza passa per poco più di un nome. In fondo, però, sono io ad aver raccontato qualcosa di Giulia. In fondo, Giulia è passata per le mie parole. Mi spiego? Ci sono state delle ore, quelle di scrittura del pezzo, in cui Giulia era tutta la mia realtà. Devi essere fedele, estremamente fedele, alle storie che racconti. Cosa vuol dire? Vuol dire che devi volere bene alle tue storie, che devi dare tutto per le storie, che devi averne profonda cura perché a qualcuno arriveranno attraverso il tuo filtro. E se non sarai attento, se non vorrai abbastanza bene a ciò che racconti, lo racconterai male. Gli farai un torto, un grave torto. Una forma di trascuratezza indegna. Come invitare un amico a casa e poi non dedicargli tempo. Se non hai tempo, meglio non invitare nessuno. Se non sei attento alla tua storia meglio lasciarla ad altri. Anzi, se le vuoi bene hai il dovere di lasciarla raccontare ad altri. Così da Giulia ho voluto sapere proprio tutto del futuro di quella promessa.

G: «Purtroppo devo dirti che non sono ancora andata a nessuna gara con papà ma lo farò presto. Te lo ho promesso!»
S: «Con questa situazione, immaginavo. Chissà quando sarà quel “presto…”»

Istintivamente ho provato a portare il discorso su altri temi. Vero che a quella promessa tengo molto, che non vedo l’ora che quel giorno arrivi perché sono certo che vedrà un padre e una figlia emozionati, però alle promesse bisogna lasciare il loro tempo, affinché si avverino con delicatezza. Affinché non diventino scadenze da rispettare ma volontà palpitanti. Il mio tentativo però ha poco successo, Giulia ritorna sul tema.

G: «Non ti ho scritto per dirti questo. Ti ho scritto per dirti che avevi ragione»
S: «Non puoi ancora saperlo. Se avrò avuto ragione me lo dirai quando ci ritroveremo ad una gara. Succederà»
G: «E invece lo so già. Dall’altro pomeriggio»
S: «Sei riuscita a vedere qualche gara dal vivo? Ma come? Non ce ne sono»
G:«No, non sono stata ad una gara però ho fatto una cosa che non avevo mai fatto prima»
S: «Raccontami»
G: «L’altro pomeriggio sono passata dalla sala mentre papà stava vedendo una gara in televisione. Credo una delle solite repliche che ormai conosce a memoria ma mio papà è così. Non si stanca mai. Beh mi sono seduta lì con lui. Non lo avevo mai fatto»

Ero contento, così contento che ho sciolto subito quella domanda che mi facevo dall’inizio del racconto: «Ti è piaciuto?»

G:«No, è stata una gara noiosissima. Non succede nulla per interi minuti, non so come facciate voi. A me ad un certo punto cala il sonno. Papà vede ore ed ore di dirette… che pazienza!»

Ho risposto con un silenzio più lungo del solito. Amareggiato, con una profonda sensazione di aver fallito. Ho ripensato a quell’uomo e al suo desiderio. Me lo sono immaginato dopo quella gara, deluso dal fatto di non essere riuscito a far capire alla figlia cosa provasse davanti a quelle biciclette. Ho immaginato ma ho immaginato male.

G: «Sapevo sarebbe finita così. Il ciclismo non mi piace e gli sforzi tuoi e di mio papà non cambieranno nulla. Mi spiace. Però ora sono ancora più convinta del fatto che andrò a qualche gara con papà. A costo di annoiarmi»
S: «Perché?»
G: «Perché, ad un certo punto, non so cosa stesse succedendo in corsa, papà si è esaltato. Ha fatto un balzo avanti sul divano e mi diceva: “Guarda, guarda, ora va via da solo”. Dovevi vederlo! Ad un certo punto ha messo una mano sul mio braccio e ha stretto forte. Lui quando è felice fa così, anche quando faccio qualcosa di bello fa così. Credo sia come dire: “Sei forte”. Non lo so esattamente ma se lo fa è perché è felice. A cena mi ha anche ringraziato per essere stata con lui a vedere la corsa ma non serviva. Avevo già capito di averlo fatto felice. Basta davvero poco per far felice qualcuno, no?»

Sì Giulia, basta davvero poco. Pochissimo. E noi siamo felici come papà.

Grazie per aver mantenuto quella promessa. Ci abbiamo sempre creduto e abbiamo fatto bene.

Foto: Claudio Bergamaschi