Warren Barguil è nato nel dipartimento di Morbihan, in Francia, e i francesi sostengono che chi nasce da quelle parti sia decisamente testardo. Di certo, i medici che lo hanno curato dopo la caduta in allenamento e la frattura al bacino dello scorso settembre hanno saggiato la sua testa dura. Il suo corpo sembra un puzzle, tante sono le cadute che lo hanno martoriato e questa volta l’avviso è stato perentorio: «Ci vorrà tempo e pazienza. Per sei settimane non puoi mettere piede a terra». Barguil ne ha aspettate cinque, alla sesta, senza dire nulla al chirurgo, ha ripreso a camminare per casa.
Non è stata la prima volta che faceva di testa propria. A Carcassonne, al Tour di quest’anno, era messo talmente male che chiunque avrebbe mollato. I suoi direttori sportivi, in Arkéa-Samsic, l’hanno dovuto minacciare per farlo fermare: «Devi ritirarti. O lo fai di tua spontanea volontà o ti escludiamo noi dalla squadra». Così testardo da far quasi arrabbiare; persino sfacciato a tratti. Come al Tour de France 2017 quando, dopo due tappe vinte alla francese, ovvero con tutto l’orgoglio, la sofferenza e forse anche la drammaticità di cui i blues sono capaci, disse apertamente, rivolgendosi alle tattiche delle altre squadre: «Ho attaccato, ci ho provato. Per attaccare non è necessario controllare i watt tuoi o dei rivali».
Probabilmente Wawa, così lo chiamano in patria, è sempre stato testardo. Più probabilmente lo è diventato. Quando gli dicevano di aspettare, di lasciare che fossero gli altri “a fare la corsa” per poi attaccare all’ultimo e lui non capiva più perché, allora, corresse in bicicletta se doveva «farsi portare in giro dal gruppo». Non c’è attendismo nel suo modo di essere e se insegue la vittoria come ognuno, per essere soddisfatto di se stesso gli basta vivere la corsa, farla, non subirla. Fino a quando l’ha subita, si è ritrovato in camera, distrutto, con la voglia di tornare a casa. Come ha iniziato a disegnarla, a casa non ci è più voluto tornare, nemmeno fatto a pezzi dalla strada.
Ora pensa al 2022. Dopo il Tour de France e la Vuelta, vorrebbe essere al Giro d’Italia. L’Italia lo affascina, il Giro lo attrae. Con Nairo Quintana, in squadra, per quest’anno punterà anche alle brevi corse a tappe e alle corse da un giorno. Intanto attende che Arkéa-Samsic diventi una squadra World Tour e a “L’Équipe” confida: «Se non sarà per il 2022, sarà per il 2023. Ma se il passaggio non dovesse esserci, di certo qualcosa cambierà per me. Mi trovo bene, ma sarà inevitabile guardare altrove a quel punto». Inevitabile come la testa dura di Warren Barguil.