Pensate al verde dei monti, a quel verde intenso della vegetazione più rigogliosa, spaziate, poi, nel blu delle acque, in tutte le sue sfumature, fino alla superficie cristallina, dove si vede il fondo e sembra di poterlo toccare. Non fermatevi, andate alle bianche falesie a picco sul mare, alle vene di calcare, argilla e marna, e, più sù, ai paesi arroccati sulle colline, ai vigneti e agli ulivi. Metteteci colori, profumi, sapori, metteteci notti e giorni di avventure, di ruote di biciclette che girano e si fermano ad aspettare, aggiungete anche il vento, la brezza più o meno forte che spira accanto alle onde e continuate a sognare. Probabilmente state pensando di partire, già, ma per andare dove? Ve lo diciamo: la descrizione narra l’Istria, la sua costa. I sensi sono quelli di chi pedala, perché così ve la raccontiamo, in bicicletta. L’occasione è Istraland: 400 chilometri di gravel e 5500 metri di dislivello, da Sežana, in Slovenia, a Sežana, tra polvere, salita e campagna, sole e salsedine, a fine settembre. Eppure, quando Lucio Paladin ha pensato di iscriversi a questa manifestazione, tutto questo, per quanto bello, non era il primo pensiero.

Il primo pensiero era invece una frase che con la figlia Asja, appassionata ed esperta di avventure simili, si era detto molte volte: «Sarebbe bello fare qualcosa solo io e te, assieme. Padre e figlia, insomma». L’aveva detto ad Asja e Asja l’aveva detto a lui, ma si sa come vanno queste cose, anche i desideri più forti, più desiderati, per l’appunto, si fanno spesso attendere. Allora serve un’occasione, un compleanno, ad esempio, ed il compleanno della figlia arriva. «Perché no? Andiamo, papà». Lucio e Asja partono. Se è la prima volta per questo genere di viaggio, non è la prima volta che la bicicletta li lega: quando Asja era bambina e correva, Lucio era il suo direttore sportivo. Orecchie attente e si ascolta: «Ricordo che mi fidavo ciecamente di quel che mi diceva, perché era il direttore sportivo e perché era mio padre. Ho imparato fidandomi a pedalare». Già, questa volta, però, è tutto diverso, questa volta l’esperta è Asja e Lucio, alla partenza, è agitato, preoccupato, quasi si trattasse di una competizione in cui dover primeggiare, della gara della vita: «Papà, a me non interessa nulla vincere, arrivare prima. A me interessa essere qui con te, certo, arrivare alla fine ma farlo con te. Basta. Vorrei tu pensassi a questo e ti prometto che ce la faremo. Ti fidi?». Le parole della figlia sono più che mai necessarie ed il padre ascolta, si fida. Ciecamente.

Mentre ce lo racconta, la voce di Asja vibra, quelle vibrazioni date dall’orgoglio, dalla felicità: «Non ha mai messo in dubbio una parola di ciò che dicevo ed ha fatto tutto quello che gli ho chiesto, anche se per chi viene dalla strada non è sempre facile. Non si può capire quanto mi abbia reso contenta vedere papà avere quella fiducia». Il discorso va in profondità: «A volte, forse soprattutto da ragazzini, vediamo nei genitori qualcuno di opposto a noi, quasi ci remassero contro. In certe età è normale, però non è così. Dobbiamo capirlo ed avere la certezza che loro credano così tanto in noi non sai quanto possa cambiare la quotidianità». Asja guarda spesso Lucio: capisce quando sta facendo fatica ma la nasconde dietro ad un sorriso, ad uno scherzo, per non farglielo vedere, per non farla preoccupare. Intuisce i momenti in cui non ha fame, allora gli si avvicina: «Mangia qualcosa lo stesso, è importante». Certe volte è più faticoso, altre è un inno alla gioia.

«Sai che, quando andavamo a dormire, a sera, era stanchissimo, però era ancora più felice, se possibile, perché era arrivato alla fine della giornata, perché era ancora con me». Soraya, sua sorella, è sul percorso, le fornisce qualche indicazione, le dice come cambia il tempo, dove tira il vento, per il resto c’è una mappa fornita dall’organizzazione con ogni indicazione necessaria, sui punti in cui si trova acqua e cibo e sui chilometri in cui, invece, bisogna fare rifornimento perché si è più lontano dai centri abitati. Asja Paladin spiega che è l’evento giusto per chi vuole iniziare a cimentarsi con il gravel: abbastanza duro, ma non durissimo, godibile, piacevole. La gente che si incontra saluta, chiacchiera, anche a cena si può stare con tanti appassionati di bici, a ridere e scherzare, a dimenticare le difficoltà della giornata, a rilassare i muscoli. «Il primo giorno ci siamo imbattuti in una discesa molto rotta, rovinata, ci abbiamo messo molto a scendere. Ho pensato: “Se non inizia a detestarmi qui, non inizia più”». Scherza così Paladin.

A casa c’è sua madre, non esattamente entusiasta della gita: «Sono sempre in pensiero quando parti tu per queste esperienze, se ora inizi anche a portare papà, siamo apposto». Carmen, però, ha cambiato idea. I monti, il mare, Pula, la terra rossa che resta negli occhi, e poi i vigneti, Gli ultimi quaranta chilometri non passano più: sembra davvero di non riuscire ad arrivare al traguardo, anche se ormai manca talmente poco che pare impossibile: laggiù, in fondo, sbuca qualcuno. Si tratta della mamma e del ragazzo di Asja: «Papà pedalava come fosse il primo chilometro, con addosso un’energia pazzesca, incredibile. Un piacere da guardare. Mamma mi ha cercato dopo l’arrivo: “Grazie per questa giornata, grazie per la felicità tua e di papà”. Ricorderò sempre queste parole». Quell’avventura rincorsa per molto tempo era diventata realtà e lo aveva fatto nella miglior forma possibile.
Ora ripensate a tutto quello che vi dicevamo, tornate all’Istria, a fine settembre, in bicicletta, ma guardate bene. Da qualche parte ci sono un padre e una figlia che non vedevano l’ora di pedalare assieme. Questo si può anche descrivere, ma bisogna provarlo, sentire quel desiderio e poi quella gioia. Asja e Lucio Paladin lo confermano.