«Veramente non conosci Jukka Vastaranta?»
Rimango di sasso, certo che non lo conosco. La domanda proviene dall’unico finlandese alla partenza del 73° Trofeo Piva, Veeti Vainio, a cui sembra impossibile che qualcuno non sappia del «Remco Evenepoel finlandese». Nato una ventina d’anni prima di Remco, Vastaranta è stato uno dei più forti corridori del mondo a livello junior, prima di perdersi un po’ tra i professionisti. Vainio è abbondante nei dettagli e col sorriso descrive la carriera del suo mentore «Kari Myrryylainen, compagno di squadra di Miguel Indurain negli anni Ottanta alla Reynolds».
Di ciclismo scandinavo parliamo in lungo e in largo anche con un compagno di squadra di Vainio, lo svedese August Haglund. Sono gli unici due non impegnati a battere i denti. Piove così forte che viene coperto persino il rumore dei freni a disco. Qualcuno con un manico di scopa fa defluire l’acqua accumulata su una tenda e sembra di stare sotto una cascata. «Non è questo il tipo di clima che finisce sulle cartoline che rappresentano l’Italia» scherza Haglund.
Chi non sta scherzando affatto è Manuel Oioli della Eolo U23. Tremando come una foglia, sussurra che la corsa dovrà partire forte per far scaldare i muscoli di tutti. «Potrebbero esserci anche Zoncolan o Mortirolo ma partiamo sennò prendo freddo». Un signore attempato si rivolge a un corridore irriconoscibile, nascosto com’è da giubbotto e scaldacollo, dicendogli che per la prima volta non invidia chi dovrà pedalare sotto l’acqua: come risposta ottiene un paio di bestemmie, seguite da uno sguardo consolatorio al cielo: «Almeno non nevica».
Fermi alla presentazione delle squadre, in attesa della chiamata sul podio, non tutti i corridori temono il freddo. «Per me questa è la temperatura ideale» assicura il danese Anders Foldager della Biesse-Carrera infilandosi guantini a mezze dita. Addosso, oltre a una canottiera, non ha granché. Diversi atleti messicani della AR Monex, invece, si stringono le mani sotto le ascelle nel tentativo di scaldarle un minimo.
Mentre il vento fa cadere diverse bici appoggiate sugli stalli vicino al foglio firma, Giosuè Crescioli della Mastromarco rivela che il suo nome deriva da quello del figlio di Roberto Benigni in La vita è bella. Sta cercando riparo sotto una tettoia, a fianco di cilindri metallici alti diversi metri, tra i quali ci sono biciclette tirate a lucido e damigiane di vino. Il Trofeo Piva, infatti, prende il via dal quartier generale di un’importante azienda vinicola della zona, da cui viene uno dei vini più apprezzati al mondo: il Prosecco.
La corsa si snoda in un paesaggio a mosaico nel quale si alternano viti, boschi e piccoli paesini: Col San Martino, frazione di Farra di Soligo, è uno di questi. Camminando verso la chiesetta della Beata Vergine Addolorata di Collagù si notano i ciglioni, ovvero particolari terrapieni che consentono di coltivare le viti anche su pendii così scoscesi. Non passa lontano da qui la corsa, tanto che una vista aerea perfetta sui corridori è possibile dalle Torri di Credazzo.
Da sempre il Trofeo Piva è sinonimo della salita verso Combai, una frazione del comune di Miane, ma di recente è stata inserita nel percorso anche la Riva di San Vigilio: 400 metri al 16% con un tratto finale in cemento. Tre passaggi qui rendono la corsa un vero inferno: «la pioggia ha reso quello strappo scivoloso, dovevi pedalare sempre costante e fluido» dice Davide Toneatti all’arrivo. Martin Marcellusi, che vincerà la corsa, ammette di aver scollinato oltre quella mulattiera solo grazie ad un rapporto, il 39×33, montato appositamente.
«Go provào a fare chela corsa chì quando corea, ma dopo due Combai me son fermào lì» dice Diego in spiccato accento veneto. È un accompagnatore della General Store e assieme a Gianmarco Carpene stanno aspettando l’arrivo di Samuele Carpene: «Abbiamo fatto la corsa per mio fratello ed è lì davanti che se la sta giocando» afferma speranzoso mentre cerca di pulirsi la faccia dallo sporco accumulato sotto la pioggia.
Sta prendendo molto freddo, ma rimane per vedere il finale: suo fratello maggiore è un esempio per lui e «certo che può vincere oggi, è un finale adatto». È un finale meno adatto alle caratteristiche di Marco Frigo, invece, ma il ventiduenne di Bassano del Grappa conosce quelle strade a memoria ed è sostenuto dal fan club più rumoroso del Veneto: «Sulla salita del Combai si sono appostati con motoseghe, trombe, con tutto. Questa è veramente una bella gara, con tanto pubblico» continua Frigo. «Nei passaggi verso Riva di San Vigilio ho cercato di accelerare perché passare di lì e andare piano non è neanche godurioso».
Tra le vigne che circondano la chiesa di San Vigilio qualcuno prepara da mangiare, altri condividono i cellulari per la visione del simultaneo Giro delle Fiandre. Con la voce rotta dalla fatica, spingendo sui pedali in punta di sella, combattendo per non farsi passare dal fine corsa, Giosuè Crescioli chiede al fotografo di scattargli una foto con le vigne sullo sfondo. Col cielo nero, col cuore a tre battiti al secondo, la bellezza di queste colline è l’unica cosa a cui aggrapparsi.
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