Sia dopo la Milano-Sanremo che al termine della tappa di Oropa, Tadej Pogačar ha usato sui social la canzone “Boss” di Tony Effe, trapper romano. È una cosa rara, di questi tempi, che un ciclista dimostri così tanta passione per una canzone diversa da “Sarà perché ti amo”: figuriamoci se il ciclista in questione è il più forte del mondo, figuriamoci se la canzone è questa. La base è identica a “In da club” di 50 Cent, una delle più famose del rapper newyorkese. Anche il testo della canzone di Tony è semplice: le rime vanno e vengono e i temi sono quelli classici della trap contemporanea italiana, come spendere soldi, donne, oggetti di lusso, la descrizione di varie azioni più o meno inutili.

Mi interessava capire perché Pogačar fosse così attratto da questa canzone, quindi gliel’ho chiesto. Un po’, lo ammetto, l’ho fatto per pararmi il sedere: a due domande più ciclistiche della mia, Tadej aveva già risposto «no comment» e «di questa ho già detto», per cui chiedendogli di parlare di musica ero certo del fatto che avrei generato maggiore interesse da parte sua. Insomma, gli ho chiesto di Tony Effe, e lui ha risposto: «Mi piace molto, mi piace ascoltare canzoni con un bel flow. Mi piacciono rap e hip-hop. Anche in italiano ci sono diverse canzoni che mi piacciono, questa ha un ottimo beat».

È evidente che, come suona la canzone, Pogačar ieri voleva fare il boss. Quando la Ineos Grenadiers si è messa davanti a tirare sulla salitella a circa 3,5 chilometri dal traguardo di Fossano, lui era lì nelle prime posizioni del gruppo che mordeva il freno. Gli serviva solo un allungo, di chiunque fosse, è stato Mikkel Honoré, per poter avere una scusa. È stato uno slancio d’animo, una pulsione interna che solo lui ha abbinata a quelle gambe, ad avergli permesso ciò che ha fatto. Se n’è andato, ma come nella prima tappa non è riuscito a cavarseli tutti di ruota.

Stantuffando, Geraint Thomas è tornato su Pogi. Come cantava Gué in “Pappone”, ha conosciuto – una volta di più – il boss mentre fuma un Cohiba. Il cagnaccio gallese poteva dargli un cambio ma ha preferito stare a ruota e farlo impazzire ai -300 metri. Mister G ha scritto dopo la tappa che i ragazzi, al giorno d’oggi, sono così: non si può mai stare tranquilli. I due hanno preso il via uno contro l’altro a 78 giorni di gara: per 73 volte Pogačar ha finito la corsa davanti. Compreso ieri, ma non come sperava lo sloveno. Vuole sempre vincere, sempre usare le barre più estreme sul beat che ha cucito attorno a questa corsa. Ah, non lo fa per finta, lo fa per davvero: «Fila sotto casa come se fosse normale / Completo Loro Piana quando vado in tribunale».

Nella lingua di Tony Effe/Pogačar, significa che ogni giorno è buono per provare a fare il boss. È un atteggiamento quasi da cattivo, e quant’è bello da vedere.