La Milano-Sanremo e i suoi scenari

Milano Sanremo: corsa che ha del filosofico. Marcia ambigua: polarizzante nel dibattito che la precede e nel suo svolgimento. Corsa che non lascia speranze allo spettatore: ore di nulla prima di un finale che si accende all’improvviso; quaranta, quarantacinque minuti di crescendo che spesso ti manda il cuore in orbita.
Si vive in maniera empatica con i corridori:  il mal di gambe aumenta progressivamente, è vero si sta in pancia al gruppo per mezza giornata, ma dopo un po’ le ore ti consumano, così come le ore ti consumano a guardare poco e nulla se non panorami che conosci a memoria, fino a quello che il più delle volte è un tumultuoso epilogo finale. Più che Tarkovskij, Hamaguchi.
Corsa dai risvolti più disparati, da lì forse il fascino, quando questo non è legato a una meravigliosa abitudine.

 

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Abbiamo provato a immaginare cinque scenari, consapevoli che poi sarà il sesto quello che si avvera.

SCENARIO 1 - Ovvero Pogačar e van der Poel che se ne vanno.

Milano Sanremo 2023 - 114th Edition - Abbiategrasso - Sanremo 294 km - 18/03/2023 - Tadej Pogačar (SLO - UAE Team Emirates) - Filippo Ganna (ITA - INEOS Grenadiers) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Le Manie o non Le Manie (nel momento in cui scriviamo non è stata ancora presa una decisione in merito all’inserimento della salita a causa di problemi di viabilità sul percorso per via di una frana) questo è lo scenario che tutti ci aspettiamo. Gara dura dalla Cipressa: UAE a tutta, con Covi, Hirschi e Ulissi; si scollina ancora in tanti, ma non tantissimi, soprattutto pochi quelli che salvano le gambe. Si arriva in pianura, tirano sempre loro, a tutta, fino al Poggio e poi di nuovo marce alte, ancora l’UAE che usa prima Del Toro e poi Wellens che a un certo punto si sposta. Sparata di Pogačar - stavolta solo una e al momento giusto  - e van der Poel unico a rispondere. I due se ne vanno. Discesa, rettilineo finale, vince il migliore. In alternativa Pogačar fa il vuoto anche su van der Poel che resiste in discesa al rientro del gruppo o ciò che c'è dietro: fanno primo e secondo. La costante è un gruppetto dietro che si gioca il terzo posto sul podio e gli altri piazzamenti.

Favoriti scenario 1

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar, van der Poel
⭐⭐⭐⭐
⭐⭐⭐ Laporte, Pedersen, Pidcock
⭐⭐
⭐ Bettiol, Van Gils

 

SCENARIO 2 - In solo, ma più a sorpresa: ricordate Nibali o perché no, Mohorič?

Milano Sanremo 2018 - 109th Edition - Milano - Sanremo 294 km - 17/03/2018 - Vincenzo Nibali (ITA - Bahrain - Merida) - photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2018

È una corsa un po’ sorniona, sonnacchiosa, il vento contro non permette chissà cosa sulla Cipressa, sull’Aurelia si sta bene a ruota e così sul Poggio. Tutti aspettano una mossa: UAE, Alpecin, chi altro? Ci prova qualcuno, si guardano i migliori, un corridore da solo se ne va, allunga o mantiene in discesa, vince in solitaria. Scegliete voi chi, il ventaglio dei nomi è ampio.

Favoriti scenario 2

⭐⭐⭐⭐⭐ facciamo venticinque, trenta corridori di ogni genere. È il bello della Sanremo, no?

 

SCENARIO 3 - Il Gruppetto assottigliato.

Milano Sanremo 2021 - 112th Edition - Milano - Sanremo 299 km - 20/03/2021 - Jasper Stuyven (BEL - Trek - Segafredo) - photo POOL Tim de Waele/BettiniPhoto©2021

Restiamo sul classico. La corsa inizia a farsi seria sulla Cipressa dove a un’andatura alta, ma costante, buona parte del gruppo risponde bene. Sul Poggio si va su una meraviglia, anche qui regolari, ma sempre più forti, a ruota, nemmeno a dirlo, si sta da Dio e si risparmia qualcosa. Fondamentale il posizionamento, già essere intorno alla quindicesima, ventesima ti taglia fuori. Poi iniziano gli attacchi, ci prova Pogačar (chi sennò?), rispondono bene van der Poel, Laporte, Pedersen, spunta la sagoma di Cosnefroy, con i denti anche Bettiol, Mohorič, Trentin, Pidcock, Skuijns, c'è persino Del Toro, inserito all'ultimo e all'esordio in una corsa così lunga, poi altri restano lì in scia. Differenza c’è, ma poca. Si arriva su, alla svolta, e in discesa si resta sfilacciati. Nel gruppetto c’è un po’ di tutto: uomini da classiche fatti e finiti, novità degli ultimi tempi, gente che ha una certa affinità con la Sanremo, sorprese assolute. L’epilogo in questo caso è avvolto nella nebbia. Una cosa è certa: non bastano velocità ed esplosività, ma ci vuole fortuna magari nel partire al momento giusto e c’è poi bisogno che nelle gambe sia rimasto qualcosa: alla Milano-Sanremo, nonostante si viaggi in gruppo per quasi tutta la gara, il serbatoio si svuota inevitabilmente.

Favoriti scenario 3

⭐⭐⭐⭐⭐ Laporte
⭐⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐⭐ Pogačar 
⭐⭐ Van Gils, Bettiol, Pidcock, Scaroni, Mohorič
⭐Skuijns, Cosnefroy, Trentin, Zimmermann, Ganna, Neilands, Wellens, Kwiatkowski, Narvaez, Velasco, Albanese, Del Toro

 

SCENARIO 4 - La Cipressa oppure il pensiero pieno di fiducia.

Milano Sanremo 2020 - 111th Edition - Milano - Sanremo 305 km - 08/08/2020 - Cipressa - Tadej Pogacar (SLO - UAE - Team Emirates) - Giulio Ciccone (ITA - Trek - Segafredo) - Foto POOL Nico Vereecken/PhotoNews/BettiniPhoto©2020

Gli inglesi usano un termine che suona benissimo: wishful thinking. In italiano esiste il suo corrispettivo, pensiero speranzoso, fiducioso, e visto che siamo alla Sanremo lo preferiamo, anche se magari in altre sedi siamo indotti a usare l’espressione anglofona. Senza entrare nel merito di cosa sia giusto o sbagliato, immaginiamo un attacco sulla Cipressa. È Pogačar che ci prova, non fa il vuoto ma porta via i migliori. In discesa il vantaggio aumenta, al ritorno sull’Aurelia, quando di solito da dietro si fa in tempo a chiudere, in gruppo ci si guarda un po’ troppo. E il gruppetto, quello di testa, invece, e che comprende i favoriti, gira a meraviglia, diverse le squadre di punta rappresentate e la corsa è già selezionata prima del Poggio, dove, succeda quel che succeda, tanto già fino a questo momento è stata una corsa bellissima. Il Poggio darà comunque il suo verdetto definitivo: sparpaglio dato dalla durezza della corsa. Si arriva, giù a Sanremo, uno alla volta o poco più mentre dietro ci si raggruppa per un piazzamento nei dieci, venti.

Favoriti scenario 4

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar 
⭐⭐⭐⭐ Laporte, van der Poel, Pedersen, 
⭐⭐⭐Pidcock, Bettiol, Vermaerke, Mohorič, Van Gils
⭐⭐ Scaroni, Cosnefroy, Matthews, Vendrame, Albanese, Pithie, Strong, Wellens
⭐ Milan, Trentin, Mayrhofer, Beullens, Lamperti, Velasco, Del Toro, Hirschi, Ganna, Kooij, Philipsen

 

SCENARIO 5 - La volata di gruppo

Milan Sanremo 2017 - 108th Edition - Milano - Sanremo 291km - 18/03/2017Ê- Fernando Gaviria (COL - QuickStep - Floors) - Alexander Kristoff (NOR - Katusha - Alpecin) - Arnaud Demare (FRA - FDJ) - John Degenkolb (GER - Trek - Segafredo) - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2017

Gruppo a giocarsi la vittoria più o meno numeroso - scegliete voi, un po’ come il triennio 2014 (Kristoff), 2015 (Degenkolb), 2016 (Démare), o quelle di inizio millennio - tra i venticinque e i trenta corridori. E allora in questo caso entrano in scena quelli veloci, che resistono alle ore di corsa, alla Cipressa fatta con buona andatura, al Poggio a tutta, ma non così selettivo. Venticinque, trenta corridori, e in mezzo a loro i più forti velocisti resistenti al via. Sì, pure Philipsen o Kooij.

Favoriti scenario 5

⭐⭐⭐⭐⭐ Kooij
⭐⭐⭐⭐Milan, Philipsen
⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐Waerenskjold, Kristoff, Matthews, Lamperti, Strong, Pithie
⭐Ewan, Mayrhofer, Trentin, Cimolai, Stuyven, Girmay, Vendrame, Van Poppel, Bol, Démare, Bittner, Ganna

E voi, quale scenario immaginate?


Il questionario cicloproustiano di Samantha Arnaudo

Il tratto principale del tuo carattere?
Credo sia la resilienza.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
L’empatia.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
La sincerità.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
L’attutire la mia sincerità in certe circostanze, senza offendersi.

Il tuo peggior difetto?
Essere troppo severa con me stessa.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Pedalare in montagna.

Cosa sogni per la tua felicità?
Credo la felicità sia una scelta giornaliera, scelgo di vivere come credo giusto e senza rimpianti, inseguendo i miei sogni e stando con chi mi ama veramente.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Preferisco non pensarci.

Cosa vorresti essere?
Vorrei essere di ispirazione.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Per il cibo, il clima e i paesaggi l’Italia, per il “sentire-rispettare il ciclismo come sport nazionale” in Belgio o Olanda.

Il tuo colore preferito?
Fucsia.

Il tuo animale preferito?
Gatto.

Il tuo scrittore preferito?
J.K. Rowling.

Il tuo film preferito?
Harry Potter.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Muse.

Il tuo corridore preferito?
Marco Pantani e attualmente Wout Van Aert.

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma.

Il tuo nome preferito?
Tommaso e Beatrice.

Cosa detesti?
Fare i rulli.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Berlusconi.

L’impresa storica che ammiri di più?
L’invenzione della ruota

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Marco Pantani a Oropa.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Giro d’Italia

Un dono che vorresti avere?
Rivivere alcuni momenti da prospettive diverse.

Come ti senti attualmente?
Serena e grintosa.

Lascia scritto il tuo motto della vita:
I sogni, se ci credi, non sono che realtà in anticipo.


Tra Lettonia e Marche: intervista ad Anastasia Carbonari

«In agosto, prendevamo sempre un volo diretto in Lettonia per andare a trovare i nonni. A tavola c'erano i piatti di carne, le zucche e le patate che cucinava nonna, al parco vicino casa, invece, le corse in bicicletta dei bambini: si vincevano caramelle e poco altro, magari qualche giornalino. Sono ancora terre povere rispetto all'Italia. Noi portavamo qualche coppetta di quelle che qui si conquistano nelle gare giovanili, da mettere in palio, e quei bambini esultavano come se avessero vinto la Parigi-Roubaix. Uno degli anziani signori che organizzavano le corse segue ancora il mio percorso, vede le mie fotografie». La maglia di campionessa nazionale lettone che Anastasia Carbonari indossa tutt'oggi e la maglia della nazionale che veste nelle competizioni internazionali assumono, allora, un significato particolare, al termine di questo racconto. Sono maglie che Carbonari ha scelto, lei di Montegranaro, in provincia di Fermo, nelle Marche, una zona in cui mancano gare e squadre di ciclismo. Tante volte ha pensato a quella ingiustizia, spesso al ritorno da lunghi viaggi, lontano, mentre guardava fuori dalla finestra e si diceva che «non c'è panorama più bello di quello di casa», almeno per lei.

Vuelta Ciclista Andalucia Ruta Del Sol 2023 - Anastasia Carbonari - Foto Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Eppure è così, non ci si può fare nulla, ha imparato a convivere con quel "torto" di cui nessuno ha colpe. Di Riga è sua madre ed in Lettonia sono rimaste le sue origini anche oggi che i nonni sono mancati. Sta cercando casa a Bergamo, assieme al compagno, per motivi di lavoro, di entrambi, e, giusto qualche settimana fa, ha riflettuto sul vicino aeroporto, sulla possibilità di volare ancora in Lettonia, non solo per i Campionati Nazionali, in ottobre. Forse, per Parigi, partirà proprio da quell'aeroporto, per l'Olimpiade a cui pensava di non qualificarsi ed invece ce l'ha fatta e vi parteciperà con la maglia rosso scura, con una linea bianca, della Lettonia. In UAE Team Adq, Carbonari arriva quest'anno, a ventiquattro anni, classe 1999, dalla squadra Development: passista, tiene bene su strappi brevi e può giocarsela in volate ristrette, Uno dei suoi punti forti è, senza dubbio, la lettura della corsa, spiega di aver imparato correndo spesso in testa al gruppo, anche per il timore di restare nelle retrovie nelle fasi concitate di gara, ma, in questa capacità, rientrano anche tutte le competizioni viste in televisione, sin dall'infanzia, quando con la sua bicicletta girava in cortile e, mettendo una bottiglia di plastica sul tubolare, fingeva di essere una motociclista. Avrebbe scoperto solo anni dopo che essere una ciclista di mestiere significa «dover provare ad eccellere in ogni singolo dettaglio», qualcosa che, successivamente, si tende a traslare in ogni campo, quasi come un'abitudine. Nel 2022, al passaggio in Valcar, dopo anni complessi e una prima parte di carriera «abbastanza tormentata», Anastasia Carbonari si era promessa che avrebbe provato a dedicarsi solo al ciclismo, per vedere se, davvero, era la sua strada, se veramente avrebbe potuto essere il suo mestiere. Bastava davvero poco, in quel momento, per metterlo in dubbio: «Magari sbagliavo un allenamento o una gara mi andava storta ed entravo in un circolo vizioso in cui non esisteva più nulla di positivo. Non mi sentivo forte, non mi sentivo preparata, non mi sentivo un'atleta e passavo ore a chiedermi se non avessi sbagliato a correre in bicicletta». Solo pochi anni prima, nel 2019, dopo il Campionato italiano a Notaresco, in cui portò a termine una buona prestazione, si era quasi convinta di poter veramente essere una ciclista. Quella mattina di fine luglio era uscita così, in allenamento.

Internationale LOTTO Thuringen Ladies Tour 2023 - Anastasia Carbonari (UAE Team ADQ) - Foto Arne Mill/SprintCyclingAgency©2023

Un automobilista la investe, l'impatto è forte: frattura di una vertebra e la stagione finita lì. Poteva andare anche peggio, sul momento c'è un sospiro di sollievo, poi giorni e giorni, settimane, d'inferno: «Ero a letto, completamente immobile, non potevo fare nulla: alzarmi, prepararmi da mangiare, lavarmi. Avevo bisogno dei miei genitori e di mio fratello anche per i gesti più piccoli, quelli che solitamente ci paiono naturali». Tornò, anche se pareva impossibile in quegli istanti. Quasi mille giorni dopo, al Simac Ladies Tour, in ospedale, era accanto a Davide Arzeni, che l'aveva voluta in Valcar, e, mentre lui cercava di consolarla, dopo una caduta, a lei vennero solo poche parole: «Speriamo, Davide. Perché un'altra volta non la sopporterei, non tornerei più a correre, sarebbe troppo difficile». Il verdetto fu, se possibile, peggiore: cinque vertebre e sei costole fratturate. Eppure Anastasia Carbonari, oggi, è ancora una ciclista.
«Non so se sia il ciclismo ad aver formato il mio carattere, di sicuro, però, i due aspetti sono legati. Senza questo carattere non avrei potuto essere una ciclista e senza essere una ciclista non avrei avuto questo carattere, forse non mi sarebbe servito». Di arrivare fino al livello in cui è oggi non l'avrebbe nemmeno mai pensato. Al Giro d'Italia del 2021, il suo primo Giro, il carattere le servì la mattina in cui in corsa arrivò Roberto Baldoni, team manager di Born To Win. La partenza della tappa del 9 luglio era a San Vendemiano, l'arrivo a Mortegliano: proprio prima che la bandierina si abbassi, Baldoni parla con la squadra. «Oggi voglio qualcuna di voi all'attacco»: lo sguardo vaga tra le atlete, fino a che trova Anastasia e la indica. «Non mi sentivo pronta, non sapevo cosa pensare e nemmeno cosa fare. C'erano tante atlete forti, più forti di me, come avrei fatto ad andare in fuga? Tra l'altro, la fuga, in quella tappa, non riusciva nemmeno ad andare via». Carbonari, invece, se ne va, su una ripartenza, guadagna secondi, minuti, resta davanti per circa cinquanta chilometri, viene ripresa solo agli otto chilometri dal traguardo: «All'inizio, mi sembrava impossibile. Non sai quante volte mi sono maledetta, mentre ero a tutta. Maledivo me e le mie folli idee. Alla fine, però, quasi ci credevo. Non avevo nessuna esperienza, non sapevo che il gruppo lascia fare e rientra all'ultimo, tutto mi sembrava straordinario ed in un certo senso lo era. Non mi sono più rivista, non mi piace rivedermi, ma ricordo quasi tutto di quei momenti».
Davide Arzeni la seguiva da tempo, dalla sponda Valcar, in un periodo in cui, dopo l'addio di molte atlete, la squadra si doveva ricostruire. Probabilmente quella fuga ha aggiunto l'ultimo tassello, per proporle il passaggio di team. Studiava Scienze Politiche, l'appassionano i rapporti tra Stati ed il diritto Internazionale, ora studia Scienze Motorie. Non si abbatte più per un allenamento andato male, per i giorni in cui le sensazioni non sono buone, sa che può succedere, basta riposarsi e ripartire il giorno seguente. Intanto si cimenta in quella che definisce "gavetta" e che ritiene essenziale per l'atleta che potrà essere un domani. Quando ancora aspetterà un volo per la Lettonia e, al ritorno a Montegranaro, dopo settimane di gare, guardando fuori dalla finestra, sarà certa che casa è solo nelle Marche.


Bike Line, Bagnacavallo

«È una bottega, un piccolo negozietto, molto intimo, quasi romantico, dove la gente non arriva solo per una riparazione o per un acquisto, ma, ancora prima, per raccontare un'uscita, per parlare di bicicletta e biciclette, spesso per riempire l'attesa tra un appuntamento di lavoro e un altro. Mentre i fiori di maggio pullulano nei campi e pendono dai vasi, sui balconi, qualche sedia e, al nostro tavolino, si seguono le cronache del Giro d'Italia, quando, invece, luglio imbiondisce le spighe del grano, le parole arrivano dal Tour de France. Queste pareti non conoscono il silenzio, perché il brusio ed il continuo vociare sono linfa vitale, che corre in ogni nervatura, simile a una pianta in una primavera eterna. Questa bottega è fatta da tante cose, soprattutto, però, dalle persone, che da quel tavolo si alzano, aprono il frigorifero, prendono una birra gelata, in estate, se la versano e, con ancora l'amarognolo a pizzicare il palato, continuano a raccontare». Siamo a Bagnacavallo, in Emilia Romagna, in provincia di Ravenna: il paese del dolce di San Michele, una base di pasta frolla, rivestita di gelatina di frutta o ricoperta con panna, poi decorata con disegni geometrici costruiti con mandorle, noci, pinoli e nocciole, come ci dice un signore, interpellato per cognome o, forse, per soprannome (tal Capucci, assonante nel cognome al ben noto ciclista Chiappucci) da Fabio Conti, al bancone di Bike Line di Mattia Zoli, in via Giuseppe Garibaldi 74. Se cercassimo su un vocabolario Bike Line, troveremmo proprio il lemma che Fabio ci ha esposto poco fa.

La terra è una terra legata al ciclismo, radicato, storico, eroico: un fatto che i nonni trasmettono ai nipoti, ad accompagnarli tra l'infanzia e l'adolescenza, tutti ne parlano e tutti sanno che, poco lontano da qui, a Cotignola, è nato Alan Marangoni. Bagnacavallo è un paese vivo, dinamico, probabilmente il posto giusto per una persona come Fabio Conti che ama la natura e che crede «nell'essenzialità della bicicletta, anche dal punto vista meccanico, un aspetto che, a differenza delle auto, conosciamo approssimativamente tutti, perché quasi tutti abbiamo provato a metterci mano, nella sua capacità di riportare ad uno stato più genuino, sconfiggendo la continua frenesia in cui siamo costretti a vivere ad una velocità accelerata che non è quella degli esseri umani. In bicicletta respiro, sento gli odori, i profumi, sto in mezzo ai boschi, torno bambino. Certo, la bicicletta è essenziale anche nella meccanica, nelle sue componenti, ma l'essenzialità permea tutto ciò che la riguarda». La storia di Bike Line inizia ad essere scritta, da queste fondamenta, nel 2020, nel periodo della pandemia: assieme a Fabio Conti c'è Mattia Zoli, in bicicletta sin da bambino, alle gare, nel dilettantismo, per arrivare ai viaggi ed alle avventure. Quel locale, in fondo, fa come le biciclette che vi sono ospitate, come qualunque bicicletta, come quelle su cui pedala anche Conti: permette di riscoprire il primo contatto con gli altri, dopo l'isolamento, una ritrovata socialità, già a partire dal 2021, fino ad evolversi, in maniera naturale, non pensata o studiata, a diventare quella linfa vitale di cui accennavamo ed a formare, nel tempo, una comunità. «La bicicletta non può essere associata ad una sola idea, è molto di più, e, più pensiamo di conoscerla, meno torniamo vergini rispetto al suo incontro, più perdiamo occasioni. Chiunque sa rispondere ad una domanda su cosa sia una bicicletta, però molte sono risposte incomplete, che non prendono in considerazione tutte le possibilità: è un mezzo di trasporto, prima di tutto, anche se spesso non la pensiamo come tale, ma è anche un mezzo per fare sport, attività fisica, è molto altro, è tutto, azzeriamo le idee che già abbiamo e ripartiamo da zero, forse, allora, scopriremo tutto quel che c'è fra la catena, i freni, i raggi e tutti gli ingranaggi».
A questo azzeramento e ad un nuovo inizio, contribuiscono senza dubbio gli eventi che Bike Line organizza e quelli a cui partecipa: in agenda, ad esempio, Veneto Gravel e Tuscany Trail.


La vigilia è preceduta da tutta una serie di incontri in preparazione, sia a livello di allenamento che di nutrizione, ma anche a livello tecnico, il cambio della catena o della camera d'aria, supporto, quasi psicologico, per i dubbi che, ovviamente, assalgono alla vigilia di una prova a cui, magari, il fisico non è abituato, oppure, semplicemente, laddove si teme la valutazione, il giudizio, anche se ci si sta divertendo: «Ora accade meno, bisogna riconoscerlo, ma parte delle remore di alcune persone nel mettersi in sella erano, e talvolta ancora lo sono, date dall'immaginario dell'atleta perfetto, con un fisico impeccabile, inavvicinabile, a tal punto che, per evitare di "sfigurare", non sentendosi all'altezza, si evitava a priori di uscire in bicicletta. Questo scenario è stato molto ridimensionato dall'avvento del gravel, una disciplina che, pur comportando fatica e sacrificio, accomuna una vasta platea con caratteristiche differenti». La bicicletta, confessa Fabio Conti, sulle orme di Alfredo Martini, è amicizia: si progettano lunghi giri, chilometri e chilometri, con chi ci è già amico ed allo stesso tempo si conosce chi ancora ci è sconosciuto fino a diventare amici.
La bicicletta è anche sincerità, nulla è più sincero e onesto della fatica, così anche il mestiere di chi ha a che fare con le biciclette deve comprendere questo elemento, sin dal primo incontro, varcata la porta del locale: «All'inizio essere sinceri può fare paura, perché chiunque arrivi qui ha un'aspettativa, probabilmente anche un'idea abbastanza precisa della bicicletta che vorrebbe. Noi dobbiamo avere l'onestà di dire se, filtrata da ciò che chiediamo e dalla nostra professionalità, la scelta del cliente sia corretta per lui oppure no. Talvolta ci si illude, si desidera quel che non fa per noi e, se nessuno ci mette in guardia, può diventare un problema. Noi lo diciamo, sul momento c'è anche il rischio di perdere il cliente, va corso. Ne vale la pena a livello etico e, siccome comunque non facciamo filosofia ma commercio, anche a livello commerciale. Forse la persona in questione andrà altrove, ma, poi, tornerà e la fiducia, costruita su quella sincerità, sarà più forte». Dal negozio parte una sorta di traccia, di percorso permanente, un giro veloce per chiunque voglia mettersi alla prova, dal sito, inoltre, è possibile accedere ad un itinerario di circa trenta chilometri, un'ora e un quarto di pedalate, con partenza e ritorno a Bike Line e lunghi tratti tra le valli e le colline romagnole, denominato "Scaramello".


Le strade sono tante e portano ovunque, come le biciclette, ma la realtà ha sempre più spigoli di quelli immaginabili: «Pedala la signora che va a comprare il pane, pedala il ragazzino che va o torna dalla scuola, qualche difficoltà in più si riscontra con le distanze maggiori, il problema principale resta, anche se duole dirlo, la mancanza di infrastrutture che rende difficile muoversi in modo sicuro e confortevole. Certo, anche il rispetto è un punto, ma su quello non abbiamo grosse chiavi per agire, se non mettendoci nei panni dell'altro, visto che quasi tutti siamo sia ciclisti, che automobilisti, che pedoni. L'astio che vedo sulle strade è quanto di più assurdo possa esserci». Il pensiero costante ogni volta in cui si mette qualcuno di nuovo in sella, in cui un giovane acquista la sua prima bicicletta ed inizia a progettare viaggi ed avventure, è proprio rivolto a ciò che potrebbe accadere sulla strada, a ciò che chi pedala già conosce, purtroppo. Fabio Conti ha vissuto questi dubbi quando la fidanzata ha iniziato ad andare in bicicletta e a fare uscite in solitaria: «Le prime volte che viaggiava da sola ero in pensiero, purtroppo conosco le nostre strade e, quindi, pongo particolare attenzione ai pericoli».


La tematica della parità di genere è presa in considerazione da Conti che la segnala come uno dei punti principali per il futuro delle uscite in sella, della comunità, ma, a dire il vero, del ciclismo stesso: «Per alcuni anni si è portata avanti l'idea del ciclismo come "uno sport da uomini”. Che fesseria! Per fortuna superata, sconfitta, sicuramente basata sull'ignoranza. Però, almeno da noi, mi sembra che siano meno le donne che pedalano: se ho un desiderio è che questo gruppo si allarghi, è importante. Mi piacerebbe che chiunque passasse di qui e volesse iniziare a pedalare o a viaggiare in bicicletta ci provasse, chiedesse, si mettesse in gioco. Noi siamo qui».
Il tempo in negozio, in effetti, è sempre di più, le pedalate si sono ridotte e anche quando si va in bici, nei giri organizzati o negli eventi, il pensiero che si tratti di lavoro, le responsabilità connesse sono sempre presenti, forti, a tratti invadenti, ma il lato bello continua a prevalere, su e giù dalla sella.


Una sfaccettatura che ha a che vedere con i segreti. Sì, i piccoli segreti che ognuno di noi ha, spesso riguardanti sciocchezze della vita quotidiana, che, tuttavia, custodisce gelosamente e racconta a pochi, pochissimi, spesso solo agli amici più intimi: «Dico sempre che, nel nostro ruolo, dobbiamo ricordarci un sacco di cose: ci sono clienti che, a casa, non dicono o non vogliono dire di aver acquistato una bicicletta, altri, invece, cercano di non dire alle compagne o alle moglie il vero prezzo della bici. A quel punto, siccome il paese è piccolo ed il locale è frequentato da tutti, noi non dobbiamo confonderci, per non creare litigi. Qualche volta, invece, contribuiamo pure a risolvere qualche piccola discussione. Sai, forse è una delle parti più belle del mio lavoro». Quei minuscoli segreti, alla fine, sembrano essere sparsi nell'aria, un poco per tutto il negozio, quella bottega, piccola, intima e romantica, a Bagnacavallo, nel paese del dolce di San Michele.