Pagelle sulle pietre

Purtroppo, la stagione delle pietre è finita. Parte da lontano, ma dura così poco, si arriva in piena primavera con i corridori che si leccano le tante ferite, alzano trofei, si chiedono cos’è andato, cosa non è andato. La Freccia del Brabante, si è corsa questo mercoledì, fa da legame tra il Nord franco-fiammingo, che ti scombussola a suon di vibrazioni sulle pietre, e il trittico delle vicine Ardenne (Amstel, Freccia Vallone e Liegi), dove le gambe si inacidiscono a furia di su e giù.

A qualcuno è rimasto l’amaro in bocca per quello che è successo dall’opening week end di fine febbraio fino a domenica scorsa, altri hanno ottenuto ciò che cercavano: non solo vittorie o piazzamenti, ma anche sensazioni da cui trarre spunti, fatto esperienza utile per il futuro.

Visto che è finita, proviamo un po’ a tirare le somme dando i voti ai corridori protagonisti o meno delle corse del Nord. Vi avvertiamo: sarà un lungo elenco…

VAN DER POEL 10 Nessun dubbio, didascalia asciutta. Bastano le vittorie ad Harelbeke (E3), Fiandre e Roubaix, con tanto di maglia di campione del mondo. La doppietta con l’iride addosso, nelle due classiche regine del Nord, è riuscita soltanto a Van Looy prima di lui, Van Looy che nel ‘62 vinse pure la Gent-Wevelgem, van der Poel ci ha messo vicino l’E3. Voto 10 anche all'Alpecin-Deceuninck.

POLITT 9 Costante, ma non vincente, poco importa. All’UAE Team Emirates pareva, almeno sulla carta, mancasse un capitano forte e invece lo hanno trovato. Il tedesco chiude la Campagna del Nord così: 2° alla Omloop het Nieuwsblad, 3° al Giro delle Fiandre, 4° alla Parigi-Roubaix, 7° all’E3, 12° alla Dwars door Vlaanderen. Francamente chiedergli di più appare impossibile.

PEDERSEN 8 Ormai il suo modus lo conosciamo: attaccare, attaccare, attaccare. Indurire la corsa da lontano, cercare lo scontro frontale con gli altri capitani. Alla Gent-Wevelgem, vittoriosa, gli è riuscito benissimo: ha finito per cuocere, con l’aiuto di un grande gioco di squadra, van der Poel, battendolo in volata. Poi il più drammatico dei colpi di scena: la caduta alla Dwars door Vlaanderen gli toglie brillantezza, ma lui se ne frega e di nuovo va all’attacco pochi giorni dopo senza un vero e proprio criterio al Giro delle Fiandre e ci prova ancora alla Parigi-Roubaix. In Belgio salta per aria, in Francia ottiene un grande podio.

MOZZATO 8 Il podio al Giro delle Fiandre potrà anche essere, da qui a fine carriera, il suo risultato più significativo, chissà. Non importa, ci penseremo, ne vada orgoglioso: come il Gatto qual è in gruppo si muove benissimo e quando la corsa si fa dura, tra ventagli, freddo, muri, capacità estrema di limare, è sempre davanti. A impreziosire la sua primavera anche il successo alla Bredene-Koksijde e altri piazzamenti in diverse semiclassiche del Nord.

Paris Roubaix 2024 - Gianni Vermeersch - Laurence Pithie - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2024

G. VERMEERSCH 8 Tra Roubaix e Fiandre, insieme a Dillier e Riesebeek (per loro voto 7,5), il suo apporto è stato fondamentale per la causa chiamata van der Poel. In Belgio, a lungo in fuga, ha curato la ruota di Pedersen senza dargli un cambio, in Francia ha attaccato, ha marcato, ha accelerato disintegrando il gruppo e dando il via all’azione decisiva del suo capitano. Non contento va in crescendo nel finale, chiudendo al 6° posto la corsa che più gli si addice nel calendario su strada.

JORGENSON 7,5 Ha stravinto la Dwars door Vlaanderen “approfittando” della maxi caduta che è stata un po’ la svolta improvvisa della stagione delle classiche. È stato protagonista alla Omloop Het Nieuwsblad a inizio stagione, ha chiuso 5° all'E3 anche lì mostrando una gamba eccellente sui muri e sul passo. Poi è mancato un po’ a sorpresa al Giro delle Fiandre, pagando nel finale una corsa resa dura dagli attacchi a lunga gittata e dal meteo, lui che da sempre è a suo agio in questo tipo di situazioni in cui conta fondo e pelle dura.

J. PHILIPSEN 7,5 Un podio alla Parigi-Roubaix che replica quello dello scorso anno, la vittoria alla De Panne, il 4° posto alla Gent-Wevelgem, il 15° alla Dwars door Vlaanderen. Niente male per il velocista più forte delle ultime tre stagioni.

VAN AERT 7 Cosa dire? Vince la Kuurne-Bruxelles-Kuurne dopo essere arrivato 3° il giorno prima alla Omloop Het Nieuwsblad. Chiude 3°, stanco, battuto, ma carico per le prossime corse, all’E3, poi si fa male alla Dwars door Vlaanderen e con quell’incidente si frantumano ancora una volta i sogni di primeggiare nelle due classiche regine del calendario primaverile. La svolta che sta prendendo la sua carriera ci spezza il cuore.

PITHIE 7 Rivelazione ad altissimi livelli di questa primavera. Gli è sempre mancato qualcosa nei finali di gara, ma il 2002 neozelandese è indubbiamente il volto nuovo che mancava nelle sfide sulle pietre del Nord. Alla Parigi-Roubaix cade quando è in lotta per il podio, sbatte la spalla ma non molla mai e chiude 7°. È protagonista alla Kuurne-Brussel-Kuurne e alla Gent-Wevelgem. L’anno prossimo ci riproverà con la maglia della BORA?

Ronde van Vlaanderen 2024 - Antonio Morgado - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2024

MORGADO 7 Da un 2002 a un 2004. Se Pithie tra i giovani è quello che dà più continuità non tanto ai risultati quanto al modo di correre, sempre all’attacco marcando i migliori, lui è il più forte tra i neoprofessionisti. Al Fiandre chiude addirittura 5° e pensate che, a sentire lui - che per carattere ci va a nozze con certe dichiarazioni, fateci l’abitudine - nemmeno gli piace correre su quelle strade.

T. VAN DIJKE 7 Dopo un paio di anni a fare il gregario, nel senso più puro del significato, sfrutta alla grande l’occasione. In Visma si contano i feriti e le assenze e lui arriva 30° al Giro delle Fiandre - meglio di lui solo Benoot, tra i compagni di squadra - e 8° alla Parigi-Roubaix, indubbiamente il miglior risultato finora in carriera. Risultato che poi diventa un 16° posto a causa del declassamento voluto dalla giuria, ma non importa. Le gambe, come aveva dimostrato nelle categorie giovanili e nel ciclocross, ci sono, così come il piglio e le credenziali per chiedere più spazio in futuro.

ABRAHAMSEN 7 A suon di fughe, il cubico corridore norvegese si sta ritagliando un posto che conta all’interno del gruppo. Rivelatosi lo scorso anno nella diciottesima tappa del Tour chiusa al 3° posto, dopo una lunghissima fuga, allo stesso modo chiude al 12° posto l’E3 e al 2° la Dwars door Vlaanderen. Niente male anche ciò che raccoglie alla Gent-Wevelgem, 20°, al Giro delle Fiandre 32° e alla Parigi-Roubaix, 27°. Dalla Uno-X ci si aspettava Tiller, Waerenskjold, Kristoff, persino il giovanissimo Fredheim, arriva, invece, lui.

TRATNIK 7 Vince la prima gara sulle pietre dell’anno, la Omloop Het Nieuwsblad e da lì sembra iniziare il periodo magico per i gialloneri olandesi. Invece, arrivano malanni e brutte cadute che non risparmiano nemmeno lo sloveno. Lo rivedremo al Giro a fare il trattore, ma è stato un peccato non poter godere delle sue trenate al Giro delle Fiandre e alla Parigi-Roubaix.

Scheldeprijs 2024 - Tim Merlier - Foto Jan De Meuleneir/PN/SprintCyclingAgency©2024

MERLIER 7 Le due vittorie alla Nokere-Koerse e allo Scheldeprijs e il 2° alla De Panne salvano la disastrosa Campagna del Nord della Quick Step. Bene anche alla Gent-Wevelgem, 8°, mentre alla Roubaix, dove punta a una top ten, rimane coinvolto nella maxi caduta a inizio corsa e dopo un altro mezzo incidente sul pavé alza bandiera bianca.

WELLENS 7 A quasi 33 anni, Wellens ottiene quella continuità di risultati mancata fino a oggi. Sbaglia poco: chiude 2° la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, 4° l’E3, 12° il Giro delle Fiandre e la Omloop Het Nieuwsblad; è 15° alla Parigi-Roubaix che lo vedeva al suo esordio assoluto. Vogliamo trovare un difetto alla sua campagna del Nord? Gli è mancato il successo.

TEUNS 6,5 Ha sempre difettato in continuità, un vero peccato. Corridore capace di andare forte senza distinzioni tra gare fiamminghe e ardennesi. Con Bettiol accarezza il sogno del podio al Giro delle Fiandre, ripreso sulla linea d’arrivo chiude 8°. Cattivo cliente per tutti tra Amstel, Freccia Vallone (soprattutto) e Liegi.

MILAN 6,5 Alti e bassi, ma su di lui ci si può contare. Chiude con il terzo ritiro su tre alla Roubaix, dopo una caduta, lavora molto per la squadra soprattutto alla Gent-Wevelgem dove va in fuga e alla fine sarà 5°. Ottimo anche il 7° posto in rimonta alla Dwars door Vlaanderen. Dopo Pithie e Morgado è il terzo corridore più giovane a ottenere i miglior risultati nelle corse del Nord in questo 2024 (bravi, a proposito di giovani, anche Mikhels, classe 2003 e Waerenskjold, altro 2000, entrambi nei dieci alla Roubaix.)

STEIMLE 6,5 Tutte le corse di un giorno disputate tra Francia e Belgio in questi mesi sono state vinte da squadre del World Tour. Fanno eccezione due .1 in Belgio (Gp Criquelion e Gp Monseré conquistate da Segaert, 6,5 anche per lui, corridore che in carriera si toglierà grandi soddisfazioni nelle gare di un giorno, e da van de Paar, entrambi corridori della Lotto Dstny) e una .pro in Francia, il Gp Denain, “la mini Roubaix", vinta da Jannik Steimle, ex corridore della Quick Step, protagonista della fuga del giorno. Il 28enne tedesco regala così alla Q36.5 la prima e finora unica vittoria stagionale e la più prestigiosa dalla sua nascita lo scorso anno. Chissà che penseranno nella sua vecchia squadra.

Paris-Roubaix 2024 - Jordi Meeus - Foto Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2024

MEEUS 6,5 Dopo la (sorprendente) tappa vinta al Tour dello scorso anno a Parigi, che resta anche la sua unica vittoria nel WT, lo si aspettava competitivo al Nord è vero, ma non così: podio alla Gent-Wevelgem, 8° alla Parigi-Roubaix e 12° alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne sono risultati di grande prestigio. Il quasi 26enne più vecchio del gruppo (non sembra un classe ‘98 a vederlo) è entrato in una nuova dimensione.

BETTIOL 6 Anche stavolta è mancato davvero poco: al Giro delle Fiandre arriva a centinaia di metri dal podio, alla Dwars door Vlaanderen propone uno scatto devastante salvo poi fermarsi per i crampi. La Parigi-Roubaix, la prima Parigi-Roubaix in carriera, dura troppo poco per poterla valutare, ma da questa primavera esce fuori un Bettiol ritrovato, diverso, maturo.

KÜNG 6 Se ne facessimo una questione di continuità, lo svizzero della Groupama-FDJ avrebbe pochi rivali, il 5° posto alla Parigi-Roubaix è di prestigio, buono il 3° posto alla Dwars door Vlaanderen. Certo è che gli manca sempre qualcosa per vincere e chissà, forse gli mancherà fino alla fine della carriera.

TARLING 6 A proposito di giovanissimi, il 2004 britannico ha tirato fuori una quattro giorni di grande livello tra Dwars door Vlaanderen (6°) e Fiandre (17°) che dimostra come lui, su queste strade, tornerà per vincere. Peccato per la squalifica (scia prolungata) alla Parigi-Roubaix, dove, dopo la caduta iniziale, sembrava prendere forma, chilometro dopo chilometro, una gara da prime venti posizioni.

MALECKI 6 Il polacco della Q36.5 è ancora alla ricerca della prima vittoria tra i professionisti, ma è anche una delle rivelazioni delle due grandi regine della classiche. Quasi dal nulla chiude 14° il Giro delle Fiandre e poi 18° la Parigi-Roubaix, quest’ultima dopo essere entrato nella fuga del mattino, strategia che paga sempre in una corsa peculiare come quella francese.

E3 Saxo Classic 2023 - Valentin Madouas - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

MADOUAS 5 Forse anche troppo teneri con il campione di Francia. Qualche avvisaglia di una condizione non eccelsa, forse anche amplificata dalla caduta all’Algarve, si era avuta dalle prime corse dell’anno: non il solito Madouas. Il 16° posto finale al Giro delle Fiandre, dopo aver preso tutti i muri in coda e aver inseguito sempre nei momenti decisivi, non può essere considerato un risultato positivo per uno che sul podio in quella corsa c’era pure salito. Ora ha le Ardenne per rifarsi.

TURNER 5 Ogni anno lo aspettiamo e anche quest’anno lo rivedremo il prossimo. Stavolta non ci sono cadute a frenarne l’evoluzione, semmai tattiche di gare che forse non ne valorizzano il talento. Il 16° posto alla Dwars door Vlaanderen è il miglior risultato della sua Campagna del Nord - Tarling e Sheffield (voto 7 all’americano che ottiene uno splendido 6° posto al Fiandre) fanno meglio di lui - ma non basta, anche se l’età è decisamente dalla sua. Siccome ci piace un sacco come corridore, lo aspettiamo di nuovo l’anno prossimo.

WRIGHT 5 La sua corsa è il Giro delle Fiandre, lui che forse è il più fiammingo tra i britannici, ma non lo vedi mai e chiude solo 50° nonostante un ottimo avvicinamento - 20° all’E3, 21° alla Gent-Wevelgem e alla Kuurne-Brussel-Kuurne, 22° alla Dwars door Vlaanderen. Stupisce, invece, alla Parigi-Roubaix, con un 12° posto di grande prestigio ottenuto nel gruppetto che si è giocato l’8° posto.

LAZKANO 4 Uno dei corridori più simpatici del gruppo non sembra essere migliorato di molto rispetto alla stagione in cui si rivelò anche a un pubblico più vasto quando chiuse sul podio, dopo essere stato in fuga tutto il giorno, la Dwars door Vlaanderen. Quest’anno sul podio in una corsa del Nord ci va di nuovo, 3° alla Kuurne-Brussel-Kuurne, ma il 73° al Giro delle Fiandre e poi il ritiro alla Parigi-Roubaix non rispecchiano le tante aspettative su di lui.

KRISTOFF 4 L’età avanza e anche se sei Kristoff non puoi sfuggire all’ineluttabilità del tempo. A quasi 37 anni arriva una delle sue peggiori campagne del Nord dove i migliori risultati sono stati il 14° posto alla Omloop Het Nieuwsblad ad aprire e il 21° alla Roubaix a chiudere. Fine della sua epoca?

Paris Roubaix 2024 - Training - Foto Jan De Meuleneir/PN/SprintCyclingAgency©2024

LAMPAERT, ALAPHILIPPE, MOSCON, ASGREEN 3 A proposito di fine di un’epoca: Quick Step e Lefevere al nord. Alaphilippe si vede in un paio di scatti senza alcuna velleità alla Dwars door Vlaanderen dove coglierà il miglior risultato della sua campagna del Nord, 26°. Asgreen va in fuga alla Parigi-Roubaix ed è il primo a staccarsi tra quelli della fuga, una volta ripresi. Miglior risultato per lui: 47° al Giro delle Fiandre. Moscon rimedia ritiri, sorte simile per Casper Pedersen. Il migliore, escluso Merlier, alla fine sarà Lampaert: 18° al Giro delle Fiandre, 36° alla Parigi-Roubaix.

HIRSCHI 2 Oggetto del mistero, sembra quasi indolente per il suo modo di farsi da parte nelle fasi calde della corsa, quando si fa spesso e volentieri sorprendere in coda al gruppo., Anni luce dal bel corridore ammirato appena nei primi anni da professionista, ci viene il dubbio che corra quasi da separato in casa.

DE LIE 1 L’origine dei suoi mali sembra essere stata svelata: le sue cattive prestazioni potrebbero essere legate alla puntura di una zecca. Il problema è che su De Lie già a inizio stagione c’erano dubbi: in Belgio parlavano di allenamenti sbagliati (troppo intensi?) ancora prima che imboccasse quel breve tunnel che lo ha portato a ottenere risultati non altezza di qualità e fama. Eppure, con il decimo posto alla Omloop Het Nieuwsblad sembrava tutto iniziare per il verso giusto, ma i risultati in fila tra Gp Denain (4°), Bredene-Koksijde 5° e poi le contro prestazioni all’E3 (51°) e alla Gent-Wevelgem (90°) alla squadra hanno fatto prendere la decisione saggia di fermarlo, a noi hanno fatto pensare che al momento, appena si alza il livello, De Lie non riesce a tenere le ruote di mezzo gruppo. Ma ha 21 anni, classe, talento, quindi lo rivedremo alla grande.

REX, MOHORIC, LAPORTE, STUYVEN, NARVAEZ, GIRMAY SV Infortuni, cadute, malanni hanno tolto di mezzo in momenti e gare diverse tutta questa serie di possibili protagonisti, alcuni di loro si sarebbero probabilmente giocati qualche vittoria o piazzamento di peso in più.

 

 


Quanto è cambiato Mathieu van der Poel

Mathieu van der Poel ha compiuto 29 anni a gennaio e da pochi giorni ha conquistato il suo terzo Giro delle Fiandre in sei partecipazioni, ottenendo come peggior risultato il quarto posto nel 2019 e salendo sul podio per cinque edizioni consecutive dal 2020 al 2024. L’olandese, nel 2019, era ufficialmente un neo professionista e quindi all’esordio nella “sua” corsa, quella che più di ogni altra sembra fatta apposta per esaltare le sue doti da equilibrista, l’esplosività, la resistenza, la velocità, oppure una delle cose che sin da quando era ragazzino amava più di tutte: correre faccia al vento. Era all’esordio e nonostante ciò era considerato uno dei grandi favoriti per la vittoria, per Tom Boonen, per Patrick Lefevere e per Roger De Vlaeminck, tanto per citare qualche nome che si espresse alla vigilia. Per il suo compagno di squadra, all’epoca, Stijn Devolder, che, oltre ad aver vinto un paio di Fiandre, aveva corso sia con Cancellara che con Boonen, era il più grande talento mai visto con i propri occhi.

Van der Poel in azione nel finale al suo primo Giro delle Fiandre: chiuderà 4° - Foto Luca Bettini/BettiniPhoto©2019

Van der Poel quella volta, però, tenne fede, più che ai pronostici, a quel suo modo un po’ naïf di interpretare le corse e che fino a un po’ di tempo fa pareva marchio di fabbrica: si dilettò nel provare ad auto sabotarsi rischiando l'osso del collo per saltare un marciapiede con la bici, finendo per rompere una ruota, cadere e inseguire il gruppo in un momento caldo della gara e restando appannato sull’attacco vincente di Alberto Bettiol.

Quanto è cambiato da quella volta? In realtà nemmeno molto, mi spiego, il suo è semplicemente un processo evolutivo naturale per un corridore considerato a tutti gli effetti, già quando muoveva i primi passi tra gli allievi, uno dei futuri dominatori del ciclismo di ogni tipo, almeno quello praticato da lui: ad esempio, parlando di ciclocross, emblematica la stagione 2010/11 quando si laureò campione nazionale allievi. Quel successo fu il ventiduesimo su ventidue gare disputate. Lasciare le briciole agli altri, fare filotti inimmaginabili diventerà un altro dei suoi modi di imporsi all’attenzione di tifosi, media e avversari. Sia tra gli junior che tra gli élite manterrà un ruolino di marcia impensabile e difficilmente battibile fino a quando, in futuro, non uscirà fuori un altro fuoriclasse di queste dimensioni.

A Tabor, 2015, Mathieu van der Poel, pochi giorni dopo aver compiuto vent'anni, conquista il suo 1° titolo mondiale nel ciclocross tra gli élite, il suo 4° in carriera (dopo i 3 fra gli juniores, due su strada e uno sul fango) - Foto Anton Vos/CV/BettiniPhoto©2015

Mathieu van der Poel, da quando ha iniziato a pedalare seriamente, quindi non valgono i racconti fatti su di lui da nonno Poulidor che ne preconizzava un futuro da campione o di papà Adri che se lo portava dietro alle gare di ciclocross quando a malapena Mathieu camminava, ha subito mostrato di avere qualcosa in più. Già quattordici, quindici anni fa in Belgio e in Olanda si parlava di lui come di quel campione che è poi diventato: aveva le stimmate, si diceva, la testa sulle spalle (“è un ragazzo che ama la bici, ma non si finisce negli allenamenti perché prima vuole finire gli studi”): è vero, spesso sono epiteti che si sprecano un po' a caso, ma chi ha seguito l’evoluzione del suo percorso o anche chi, semplicemente, in questi mesi si fosse approcciato alla materia, troverebbe in giro tracce eloquenti lasciate dal giovane van der Poel. Tracce che avrebbero fatto presagire il suo futuro, che è ora suo il presente.

C’ha messo poco a farsi capire: vincente in tutte le categorie sia su strada che nel cross, amore che non ha mai abbandonato -ha vinto 8 titoli iridati sommando tutte le categorie-, da quando è passato professionista ogni gara con lui presente è un'attesa. Negli ultimi dieci o quindici, forse anche vent'anni pochi corridori sono stati preceduti da simile fama e aspettative. Pochi, forse solo uno: Remco Evenepoel.

Amstel Gold Race 2019: poche setttimane dopo la Dwars door Vlaanderen, van der Poel vince in modo rocambolesco l'Amstel Gold Race- Foto Dion Kerckhoffst/CV/BettiniPhoto©2019

Ha limato i suoi difetti - gli attacchi scriteriati - ora quando attacca è perché si sente, lo è, il più forte. Quando vinse l’Amstel Gold Race, nel 2019, aveva da poco conquistato pure la Dwars door Vlaanderen: in quelle settimane capimmo come, dopo averlo atteso, fosse sbocciato. Era evidente come quella vittoria in Olanda sarebbe stata solo la prima di una lunga serie e che anzi, da lì in poi avrebbe provato a correre meno rischi nel conquistare i suoi successi più importanti. L’Amstel di quell’anno, tanto assurda quanto spettacolare nel suo epilogo, gli fu consegnata da un suicidio tattico dei fuggitivi, quella volata finale è spesso rimasta nell’immaginario dei tifosi come uno dei numeri più vanderpoeliani di sempre, ma in realtà ogni sua vittoria diventerà vanderpoeliana: spettacolare, veloce, fatta di fondo e di forza, di esplosività e numeri record di ogni genere: dalle punte di watt alla resistenza in avanscoperta. Come ha vinto Strade Bianche o Milano Sanremo: facendo esplodere gli avversari nel finale; come ha vinto il mondiale di Glasgow o l’ultimo Fiandre: resistendo ai tentativi di cottura a fuoco lento dei suoi avversari e poi annichilendoli, lasciandoli sul posto, rimanendo solo al vento per un tempo abbondante.

Quando vinse l’Amstel si capì benissimo cosa sarebbe diventato: un autentico bastonatore di avversari. Di lì in poi ci sono stati momenti che ne hanno costruito il bagaglio tecnico e che lo hanno aiutato a capire dove avrebbe dovuto migliorare. Ci sono state le crisi - fame e freddo al Mondiale ad Harrogate - gli attacchi folli che ci hanno fatto innamorare di lui - Castelletto alla Tirreno - attacco vincente ma che gli costò in termini di energie la Sanremo successiva; c’è la sua unica partecipazione al Giro che ancora la ricordiamo: accendevi la tv e te lo trovavi già in fuga dal mattino. Ci sono stati episodi spiacevoli come quelli alla vigilia del mondiale australiano, arrestato e poi rilasciato dopo alcuni problemi con dei vicini rumorosi.

E3 Saxo Classic 2024 - 66th Edition - Harelbeke - Harelbeke 207,3 km - 22/03/2024 - Mathieu Van Der Poel (NED - Alpecin - Deceuninck) - Jasper Stuyven (BEL - Lidl - Trek) - Wout Van Aert (BEL - Team Visma - Lease a Bike) - photo Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2024

Anche in conseguenza di alcuni problemi fisici che ne hanno rischiato di compromettere la carriera, negli ultimi due anni è maturato, tatticamente, mentalmente, appare più riflessivo e deciso, sa quello che vuole. Freddy Ovett, star di Zwift, amico e compagno di allenamento di van der Poel dice di vederlo, in questo periodo, sereno, allegro, felice: questo gli permette di arrivare a ogni corsa consapevole di essere superiore alla concorrenza, coscienza che stimola poi una realtà effettiva che aumenta quando mancano Pogačar e van Aert, o con un Pedersen non al meglio (tutti e tre hanno saputo batterlo in corse importanti, anche di recente), di sapere sempre quale sia il momento giusto per affondare il colpo. La squadra, aspetto importante, è cresciuta ed è costruita a sua immagine e somiglianza; fondo ed esplosività non gli sono mai mancati: da quando ha iniziato a vincere tutto sembra non volersi fermare più.

Van der Poel è, attualmente, il corridore più fiammingo che ci sia, con buona pace di quelle brutte persone che gli lanciavano birra mescolata a buu di sdegno, lungo il passaggio sull’Oude Kwaremont e il Paterberg o di chi ancora getta ombre o di chi si chiede come sia possibile dominare in questa maniera un certo tipo di gare: van der Poel è una spanna superiore a tutti. Semplicemente.

Domenica, alla Roubaix, vorrebbe essere il primo corridore non belga di passaporto - lui è nato in Belgio, ma è olandese - né svizzero, a vincere nello stesso anno le due più importanti corse del calendario - insieme a Tour e Mondiale - ovvero Fiandre e Roubaix, una doppietta riuscita a pochi e nemmeno a tutti i più grandi. Suiter, svizzero, nel 1923, fu il primo, Cancellara, svizzero, l’ultimo, due volte: 2010 e 2013. In mezzo solo belgi: Gijssels nel 1932, Rebry nel 1934, Impanis 1954, De Bruyne 1957, Van Looy 1962, De Vlaeminck 1977, van Petegem 2003, Boonen 2005 e 2012. Non sarà facile, guarderà anche in casa per trovare l'avversario più temibile, ma sulla carta è lui il più veloce di tutti.

 


10 nomi da seguire al Giro delle Fiandre

Pasqua, Natale, Ferragosto, compleanno, Capodanno, tutte le feste in un giorno solo: è il Giro delle Fiandre, la Ronde van Vlaanderen, la corsa delle corse. L’esame finale: chi vince qui, e non importa il come, ha qualcosa di speciale.

Muri, stradine, lunghi rettilinei improvvisi, volate per stare davanti, esplosione di watt, attacchi da lontano per anticipare e portare a casa il risultato. Bisogna avere gambe adatte alla salita, cuore e polmoni per il cambio di ritmo, si deve sapere pedalare leggeri ma decisi sulle pietre; bisogna guidare a oltranza per ore e ore. Non c'è nulla, a parte la Roubaix, che ti finisca e definisca più di questa corsa.

Il fascino del Belgio, poi, della gente per strada, è magnetico: per loro è una giornata di festa come solo la Roubaix - che a sentire loro è una corsa più belga che francese - sa esserlo.

E per questa grande festa di paese, che si trasforma in evento internazionale, abbiamo scelto dieci nomi, lasciando da parte il grande favorito, van der Poel e il principale rivale, Pedersen, tra i possibili candidati al successo, perché vogliamo tenere conto solo in parte delle contusioni subite dal danese nella caduta di mercoledì nella discesa prima di Kanarieberg alla Dwars door Vlaanderen, in un incidente che ha coinvolto, tra gli altri, van Aert - lui invece si è rotto clavicola, sterno e costole, mentre a noi si è spezzato il cuore. Sentirlo piangere, leggere il bollettino medico, sapere che salterà le corse per le quali ha sacrificato una buona parte di primavera ciclistica fa ancora male, ma va così. Sport meraviglioso, sport di merda e non smetteremo mai di dirlo.

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Dopo la breve, ma doverosa premessa: ecco i dieci nomi da seguire al Giro delle Fiandre 2024.

ALBERTO BETTIOL

Dwars door Vlaanderen - A travers la Flandre 2024 -  lo scatto di Alberto Bettiol sul Nokereberg - Foto Tomas Sisk/PN/SprintCyclingAgency©2024

Un Giro delle Fiandre lo ha già vinto, la forma sembra quella giusta, forse la migliore di sempre e facciamo finta che quel finale alla Dwars door Vlaanderen non sia mai esistito, oppure prendiamo come spunto solo una parte: l’attacco sul Nokereberg ha fatto paura, ha emozionato, ha ricordato proprio quella volta lì al Fiandre. Poi sono arrivati quei crampi che già lo avevano estromesso dalla lotta per il successo a Tokyo 2021, ma noi, per domenica, inguaribili ottimisti, ci crediamo lo stesso.

Partecipazioni: 7
Miglior risultato: 1° nel 2019
Nel 2023: -

MATTEO JORGENSON

Dwars door Vlaanderen - A travers la Flandre 2024 - l'arrivo vittorioso di Matteo Jorgenson - Foto Nico Vereecken/PN/SprintCyclingAgency©2024

Ancora prima di vincere la Dwars door Vlaanderen pochi giorni fa, ci impressionava per leggerezza sul pavé. Il suo essere così dinamico è una danza espressa con facilità muovendosi da un attacco all’altro. La potenza, il tempismo, con cui ha lanciato l’azione finale ha fatto capire una-sola-cosa-una: domenica al Giro delle Fiandre potrebbe essere il vero rivale di Mathieu van der Poel. Sarà capitano, quasi unico, di una squadra piombata nella crisi tra cadute e malanni, ma ciò non gli peserà, perché sta troppo bene.

Partecipazioni: 1
Miglior risultato: 9° nel 2023
Nel 2023: 9°

OIER LAZKANO

Ronde van Vlaanderen 2023 - Oier Lazkano in azione  - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Tra assenze programmate oppure causate da cadute e malanni si liberano posti in alto e Oier Lazkano è uno di quelli che dentro al gotha dei flandriens ha tutta l'intenzione di entrarci dalla porta principale. Erede di quella che sembrava un eccezione alla regola, ovvero uno spagnolo nelle Fiandre, Lazkano incarna in modo perfetto ciò che è un flahute: ha tigna, passo, ha coraggio, gli piace giocare d’anticipo - e in queste corse paga - sembra cresciuto per guidare forte sulle pietre e domenica punta a un piazzamento nei dieci, anche se finora, nelle corse sopra i 230/250 km non ha raccolto alcunché.

Partecipazioni: 1
Miglior risultato: DNF nel 2023

FRED WRIGHT

Ronde van Vlaanderen 2023 - Fred Wright, Kasper Asgreen, Wout van Aert e Stefan Küng - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Nascosto e in silenzio, Fred Wright si avvicina con una forma in netta crescita a quella che è un po’ la sua gara per definizione. Limando può recuperare chilometro dopo chilometro e poi cercare il piazzamento grazie allo spunto veloce. Le assenze che caratterizzeranno questo Fiandre un po’ monco permettono a lui, alla sua squadra e forse soprattutto al suo capitano Mohorič, di ambire a un posto sul podio.

Partecipazioni: 4
Miglior risultato: 7° nel 2022
Nel 2023: 8°

TOMS SKUJIŅŠ

Tre Valli Varesine 2018 - Toms Skujins dopo il mio importante successo in carriera - photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2018

Anche senza cadute e infortuni avrebbe scalato le gerarchie in casa Lidl-Trek in una corsa lunga e difficile come il Giro delle Fiandre. È una garanzia e dal 2023 più le corse sono dure e più sale di livello, guadagna posizioni. Sulle salite brevi va su che è una meraviglia, sui muri si difende, fermo non è fermo, si butta all’attacco: occhio perché potrebbe essere la sorpresa di questa corsa.

Partecipazioni: 3
Miglior risultato: 55° nel 2016
Nel 2023: -

STEFAN KÜNG

Dwars door Vlaanderen 2023 - Stefan Küng - Foto Peter De Voecht/PN/SprintCyclingAgency©2023

Storico stagionale nelle corse in Belgio che fa ben sperare. Storico al Fiandre e assenze al via che ci fanno dire come, sulla carta, Stefan Küng si candidi con autorevolezza a un posto sul podio. Certo, in qualunque situazione si trovi, dovrà arrivare da solo perché in volata parte battuto da tanti corridori, ma se c’è uno, fondista d'eccezione e questa è corsa per fondisti, che cercherà corsa dura e d’attacco, quello è lo svizzero. Di fianco avrà una squadra che lo potrà supportare in maniera degna, soprattutto Madouas, uno che a oggi non ha dato quei segnali tali da inserirlo fra i nomi da seguire, ma che non ci stupiremmo di vederlo salire di colpi proprio nel giorno di Pasqua.

Partecipazioni: 8
Miglior risultato: 5° nel 2022
Nel 2023: 6°

TIM WELLENS

E3 Saxo Classic 2024 - Tim Wellens guida l'inseguimento del gruppo sull'Oude Kwaremont - Foto Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2024

Anche lui quando si tratta di fare risultato in corse sopra i 230/250 km ha sempre mostrato il fianco, se escludiamo qualche eccezione e in più con il Giro delle Fiandre ha un rapporto controverso conclusosi nel 2023 con una brutta caduta che gli costò mesi di gare. Però sta bene, sul passo va forte, sui muri si difende e l’UAE senza Pogačar punta su di lui - oltre che su Politt, Hirschi e Bjerg, ma in seconda battuta. Squadra a cui forse manca quel capitano capace di cogliere il risultato e quindi l’occasione per le seconde punte è davvero ghiotta.

Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 25° nel 2021
Nel 2023: DNF

HUGO PAGE

Binche - Chimay - Binche 2023 - Hugo Page e  Casper Pedersen - Foto Vincent Kalut/PN/SprintCyclingAgency©2023

È il nome più fuori dai radar di tutto l’elenco, ma è un corridore che sta andando davvero forte. Sarà all’esordio in una grande classica così lunga e dura, ma sulle pietre e sui muri ha già dimostrato di pedalare molto bene e questa potrebbe essere, insieme alla Roubaix (alla quale punta il compagno di squadra Rex, altro nome da tenere d’occhio), la corsa perfetta per lui in futuro. Ora, non fraintendete: il suo è un nome da vedere in prospettiva, un corridore che se dovesse chiudere nei 20 domenica sarebbe un risultato eccezionale. Ma a noi i risultati eccezionali di questo genere piacciono parecchio.

Partecipazioni: -
Miglior risultato: -
Nel 2023: -

BEN TURNER

De Brabantse Pijl - La Fleche Brabanconne 2022 - Ben Turner - Foto Jan De Meuleneir/PN/SprintCyclingAgency©2022

Infine Ben Turner, per provare, insieme ai suoi due ancora più giovani compagni di squadra Tarling (2004) e Sheffield (2002), mentre Turner è un classe ‘99, a risollevare le sorti di una squadra, la Ineos Grenadiers, ancora a caccia del primo successo World Tour in questa stagione - dove per la verità le vittorie sono state soltanto due: il campionato nazionale ecuadoriano conquistato da Narvaez, altro assente di lusso di questo Fiandre e Tarling vincitore della crono al Gran Camino. Come da Page anche da Turner non ci aspettiamo la vittoria, nemmeno il podio, ma ci piacerebbe vedergli fare quello che gli riesce meglio, fare esplodere la corsa con un’azione delle sue e magari portare via un gruppetto di coraggiosi per anticipare i pretendenti al successo finale. Le gambe sembrano girare bene, ma non è detto che la Ineos la pensi alla nostra stessa maniera riguardo il suo ruolo.

Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 35° nel 2022
Nel 2023: DNF

LA GRIGLIA DI ALVENTO

⭐⭐⭐⭐⭐Van der Poel
⭐⭐⭐⭐Jorgenson
⭐⭐⭐Pedersen M., Küng, Bettiol, Skuijns
⭐⭐Mohorič, Benoot, van Baarle, Wright, Lazkano
⭐ Matthews, Asgreen, Philipsen, Mozzato, Albanese, Madouas, Wellens, Politt, Bjerg, Abrahamsen, Tiller, Kristoff, Neilands, Strong, Turner, Sheffield, Rex L., Trentin, van Poppel D., Alaphilippe, Bissegger, Pithie, Campenaerts, Van Moer

IL PERCORSO


Ancora Milano-Sanremo, giorni dopo

NOIA, ATTESA, FORTUNA

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Michael Matthews (AUS - Team Jayco AlUla) - Jasper Philipsen (BEL - Alpecin - Deceuninck) - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Alberto Bettiol (ITA - EF Education - EasyPost) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Ogni anno va così: discuto, cavillo su cosa andrebbe fatto per cambiare "la Sanremo", mica uno stravolgimento, sia chiaro, inserire una salita tra Cipressa e Poggio sarebbe da provare, oppure indurire la seconda parte dopo l’inutile Turchino: ecco i due capisaldi del mio pensiero. Ogni anno va così: mi rendo conto di far parte di una minoranza che la pensa così, guardo la corsa, ugualmente e ci mancherebbe, me la godo, poi il finale è talmente folle che ore dopo ho ancora l’adrenalina a un livello da mandarmi quasi in tilt. Per certi versi non è la corsa giusta per smettere di fumare, ma è qualcosa che va molto vicino a procurarti problemi cardiaci.

“Hai visto?”, mi scrivono e io rispondo divertito ad alcuni messaggi sul telefono che si fanno gioco di me e della mia idea - agli slogan che distorcono la realtà non do molta importanza - comprendendo come, da un certo punto di vista, la corsa vada bene così, davvero, ma dall’altro restano i dubbi. Non riesco a togliermi l’idea che se il fascino della Milano-Sanremo risiede nell’incertezza e nella velocità finale, sostenere la retorica della “noia” è un argomento privo di buon senso. Mi sono sempre chiesto per quale motivo mi dovrei annoiare nel guardare una corsa di biciclette, semmai è l’attesa, quel repentino cambio di ritmo e facce che diventano smorfie, il climax che arriva pedalata dopo pedalata, ora in sella dopo ora insella, ecco è quello che nella Sanremo funziona. Ma il climax e i passi che lo portano a essere tale possono essere disegnati su un percorso capace di sfruttare altre risorse (Pompeiana, Manie, nei giorni abbiamo provato insieme ai nostri lettori a trovare dei rimedi, così per gioco) indurendo e selezionando ulteriormente il gruppo.

Tuttavia non resta che ammettere come quel finale mi renda pazzo, mi faccia amare e odiare al tempo stesso la corsa. Perché il suo apice spostato così avanti mi annebbia la vista, perché negli ultimi anni davanti abbiamo trovato i più forti a giocarsela e a volte per vincere ci vuole anche la fortuna, il momento. Prerogative dell'esistenza. Allo stesso tempo, però, la corsa mi lascia sempre un po’ di amaro in bocca, come quel film enfatizzato che ti piace, sì, ma non ti convincerà mai del tutto - ultimo esempio in ordine di tempo, Anatomia di una caduta, ma questo è tutto un altro discorso.

L’anno prossimo, in ogni caso, si ricomincia. E verso marzo inizierò a sostenere nuovamente quanto la Milano-Sanremo meriterebbe di stare al passo con i tempi, un po' di selezione in più, sia prima dei Capi che dopo la Cipressa, e così via, in continuo loop.

CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Michael Matthews (AUS - Team Jayco AlUla) - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Foto POOL Fabio Ferrari/SprintCyclingAgency©2024

Quello dell’UAE Team Emirates, squadra che spesso e volentieri domina, ma altre volte riesce a ricreare spettacoli grotteschi mandando in scena spaccati di tattica grandguignolesca. Mica è una novità? Già successo e già commentato - e sottolineato - quest’anno, poi magari l’esito è stato positivo perché quando ti ritrovi con la squadra con maggiore talento (e talenti) è più facile vincere, ma che in UAE Team Emirates facciano spesso fatica a mettere vicino una tattica decente non è certo una cosa che si scopre alla Sanremo.

Non mi è piaciuto come hanno impostato la vigilia: le dichiarazioni di intenti e i titoloni: «Dobbiamo correre la Cipressa in meno di 9’, abbiamo gli uomini apposta per farlo». Alzi la mano chi non ha avuto il pensiero che queste parole sarebbero state un boomerang diretto sulla corsa degli emiratini. In soldoni: chi si è meravigliato di vedere una squadra sciolta al sole sui primi tornanti della Cipressa? Eppure quando non li vedevano tirare fino ai Capi abbiamo anche pensato: ecco che preparano le manovre per sfondare il muro del suono verso Costa Rainera, e invece… invece alcuni corridori della squadra di Matxin e Gianetti, vedi Hirschi, si sono dimostrati inadatti al ruolo disegnato su di loro ovvero dare una mano al proprio capitano tirando a fondo. Mancato Hirschi (e per la verità anche Ulissi, giornata no, ma ci può stare, Ulissi si è sempre dimostrato importante uomo squadra quando chiamato in causa), è crollato completamente il castello costruito da Matxin, Gianetti e Pogačar . Del Toro (esordiente, il più giovane al via, va ricordato) ha lavorato per due e finché lavorava per uno il ritmo era insostenibile per molti; quando ha dovuto raddoppiare il suo sforzo ormai nessuno si staccava più. Il resto poi è noto. Wellens, che si è dovuto risparmiare con un ritmo blando sulla Cipressa, sale sul palco con il tempismo giusto, a metà Poggio, il suo lead out ha permesso a Pogačar di scremare ulteriormente il gruppo, ma non quanto sarebbe bastato, quanto era nei piani. Per lo spettacolo, avere una squadra così forte che ogni tanto concede dal punto di vista tattico e per gli sbalzi di forma dei propri interpreti, in fondo, non è un male per la corsa e chi la segue.

MATHIEU VAN DER POEL - UOMO SQUADRA, UOMO SANREMO

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Jasper Philipsen (BEL - Alpecin - Deceuninck) - Mathieu Van Der Poel (NED - Alpecin - Deceuninck) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Grandi uomini, grandi capitani. La presenza di Mathieu van der Poel è tanto ingombrante quanto il suo fascino colpisce spettatori e corridori. Ma non sono solo i risultati: il lavoro messo in atto in coppia con Jasper Philipsen, da un paio di stagioni, ha consentito (o comunque l’apporto dell’altro ha avuto il suo peso, mettiamola così) a van der Poel di vincere una Parigi-Roubaix, a Philipsen di vincere diverse tappe al Tour e pure una Milano-Sanremo. Che poi le gambe del velocista belga, unite a una particolare alchimia con questa corsa, girassero a mille e un po’ a sorpresa - fino a poche gare prima il belga non aveva certo impressionato, anzi, ma viene il dubbio si fosse persino nascosto e preparato bene - insomma che ci sia tanto di Philipsen è innegabile. Ha tenuto sul Poggio diventando improvvisamente spauracchio per tutti quando ci si è resi conto che la sagoma del corridore Alpecin non era quella di Kragh Andersen, ma la sua, diventando così l’uomo per il quale Mathieu van der Poel, campione del mondo e vincitore uscente, avrebbe lavorato. Anche in questo caso, in futuro, per un po' di sano dramma, sarebbe succoso una corsa in cui entrambi vogliono e possono vincere a tutti i costi. Magari alla Paris-Roubaix.

SEGNALITALIANI

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Matteo Sobrero (ITA - BORA - hansgrohe) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Molto incoraggianti, e se questa espressione esce dalla tastiera di chi come me non è mai tenero nel definire il momento del nostro ciclismo tendente al buio di mezzanotte, significa che lo sono stati davvero. Sobrero è arrivato a poche centinaia di metri dalla possibilità di salire sul podio dopo aver pedalato bene sulla Cipressa e brillato sul Poggio: ora una top ten in due corse adatte a lui come Brabante e Amstel - sempre che le corra - possono essere un obiettivo. Sul Poggio, dietro i due favoriti, i più brillanti sono parsi oltre a Sobrero, Bettiol, 5° posto finale, dai tempi del Fiandre che il toscano non arrivava così vicino a cogliere una grande classica di questo livello, e Ganna: un problema alla bici lo estromette dalla lotta finale e chissà che la sua presenza non c’avrebbe portato a scrivere un’altra storia fatta di scatti nel finale, visto che a muoversi, poi, ironia della sorte, sono stati il compagno di squadra Pidcock e l'amico e "cognato" Sobrero. Che Ganna abbia un conto aperto con questa corsa è innegabile. Non credo nelle chiusure di un cerchio soprattutto nello sport, non penso come ciò che venga tolto uno poi se lo possa riprendere, anzi, ma spero che Ganna abbia una fiducia maggiore di quella che personalmente ripongo nel destino. C'è poi Milan che si è attrezzato per dare una mano ai suoi, staccandosi sulla Cipressa, rientrando e tirando per un paio di km all’imbocco dell’ultima salita prima di Sanremo, in futuro da capitano potrà provarci; ci sono Trentin 21° e Albanese 24°, a proposito di corridori con un certo feeling con questa corsa, Battistella, 22°, in quello che forse è il momento migliore da quando è passato professionista (abbiamo ritrovato un potenziale ottimo corridore?), Velasco 25° e presenti nel 2° gruppo a 35’’, anche Aleotti 36° e Scaroni 38°.

Ma un paragrafo a parte lo merita il bravo De Pretto, 28°, secondo corridore più giovane al traguardo, meglio di lui solo Pithie, classe 2002 anche il neozelandese, che chiude al 15° posto. In un ordine d’arrivo che ha visto solo 5 corridori nati dal 2000 in poi nei primi 41, perché è vero che il ciclismo sta diventando uno sport per giovani, ma alla Sanremo, dopo oltre sei ore di corsa, servono qualità che si migliorano col tempo.

Infine ultima menzione per Davide Bais, ormai specialista delle fughe, corridore che pare quasi di un tempo che non c'è più e che in questa maniera, la fuga che all'apparenza non ha speranza, ha conquistato al Giro d'Italia la sua unica vittoria in carriera. È il protagonista della fuga di giornata, ma non solo, una volta ripresi sulla Cipressa lui e i suoi compagni d'avventura, non contento, imperterrito, ci riprova in vista del Poggio.


La Milano-Sanremo e i suoi scenari

Milano Sanremo: corsa che ha del filosofico. Marcia ambigua: polarizzante nel dibattito che la precede e nel suo svolgimento. Corsa che non lascia speranze allo spettatore: ore di nulla prima di un finale che si accende all’improvviso; quaranta, quarantacinque minuti di crescendo che spesso ti manda il cuore in orbita.
Si vive in maniera empatica con i corridori:  il mal di gambe aumenta progressivamente, è vero si sta in pancia al gruppo per mezza giornata, ma dopo un po’ le ore ti consumano, così come le ore ti consumano a guardare poco e nulla se non panorami che conosci a memoria, fino a quello che il più delle volte è un tumultuoso epilogo finale. Più che Tarkovskij, Hamaguchi.
Corsa dai risvolti più disparati, da lì forse il fascino, quando questo non è legato a una meravigliosa abitudine.

 

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Abbiamo provato a immaginare cinque scenari, consapevoli che poi sarà il sesto quello che si avvera.

SCENARIO 1 - Ovvero Pogačar e van der Poel che se ne vanno.

Milano Sanremo 2023 - 114th Edition - Abbiategrasso - Sanremo 294 km - 18/03/2023 - Tadej Pogačar (SLO - UAE Team Emirates) - Filippo Ganna (ITA - INEOS Grenadiers) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Le Manie o non Le Manie (nel momento in cui scriviamo non è stata ancora presa una decisione in merito all’inserimento della salita a causa di problemi di viabilità sul percorso per via di una frana) questo è lo scenario che tutti ci aspettiamo. Gara dura dalla Cipressa: UAE a tutta, con Covi, Hirschi e Ulissi; si scollina ancora in tanti, ma non tantissimi, soprattutto pochi quelli che salvano le gambe. Si arriva in pianura, tirano sempre loro, a tutta, fino al Poggio e poi di nuovo marce alte, ancora l’UAE che usa prima Del Toro e poi Wellens che a un certo punto si sposta. Sparata di Pogačar - stavolta solo una e al momento giusto  - e van der Poel unico a rispondere. I due se ne vanno. Discesa, rettilineo finale, vince il migliore. In alternativa Pogačar fa il vuoto anche su van der Poel che resiste in discesa al rientro del gruppo o ciò che c'è dietro: fanno primo e secondo. La costante è un gruppetto dietro che si gioca il terzo posto sul podio e gli altri piazzamenti.

Favoriti scenario 1

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar, van der Poel
⭐⭐⭐⭐
⭐⭐⭐ Laporte, Pedersen, Pidcock
⭐⭐
⭐ Bettiol, Van Gils

 

SCENARIO 2 - In solo, ma più a sorpresa: ricordate Nibali o perché no, Mohorič?

Milano Sanremo 2018 - 109th Edition - Milano - Sanremo 294 km - 17/03/2018 - Vincenzo Nibali (ITA - Bahrain - Merida) - photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2018

È una corsa un po’ sorniona, sonnacchiosa, il vento contro non permette chissà cosa sulla Cipressa, sull’Aurelia si sta bene a ruota e così sul Poggio. Tutti aspettano una mossa: UAE, Alpecin, chi altro? Ci prova qualcuno, si guardano i migliori, un corridore da solo se ne va, allunga o mantiene in discesa, vince in solitaria. Scegliete voi chi, il ventaglio dei nomi è ampio.

Favoriti scenario 2

⭐⭐⭐⭐⭐ facciamo venticinque, trenta corridori di ogni genere. È il bello della Sanremo, no?

 

SCENARIO 3 - Il Gruppetto assottigliato.

Milano Sanremo 2021 - 112th Edition - Milano - Sanremo 299 km - 20/03/2021 - Jasper Stuyven (BEL - Trek - Segafredo) - photo POOL Tim de Waele/BettiniPhoto©2021

Restiamo sul classico. La corsa inizia a farsi seria sulla Cipressa dove a un’andatura alta, ma costante, buona parte del gruppo risponde bene. Sul Poggio si va su una meraviglia, anche qui regolari, ma sempre più forti, a ruota, nemmeno a dirlo, si sta da Dio e si risparmia qualcosa. Fondamentale il posizionamento, già essere intorno alla quindicesima, ventesima ti taglia fuori. Poi iniziano gli attacchi, ci prova Pogačar (chi sennò?), rispondono bene van der Poel, Laporte, Pedersen, spunta la sagoma di Cosnefroy, con i denti anche Bettiol, Mohorič, Trentin, Pidcock, Skuijns, c'è persino Del Toro, inserito all'ultimo e all'esordio in una corsa così lunga, poi altri restano lì in scia. Differenza c’è, ma poca. Si arriva su, alla svolta, e in discesa si resta sfilacciati. Nel gruppetto c’è un po’ di tutto: uomini da classiche fatti e finiti, novità degli ultimi tempi, gente che ha una certa affinità con la Sanremo, sorprese assolute. L’epilogo in questo caso è avvolto nella nebbia. Una cosa è certa: non bastano velocità ed esplosività, ma ci vuole fortuna magari nel partire al momento giusto e c’è poi bisogno che nelle gambe sia rimasto qualcosa: alla Milano-Sanremo, nonostante si viaggi in gruppo per quasi tutta la gara, il serbatoio si svuota inevitabilmente.

Favoriti scenario 3

⭐⭐⭐⭐⭐ Laporte
⭐⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐⭐ Pogačar 
⭐⭐ Van Gils, Bettiol, Pidcock, Scaroni, Mohorič
⭐Skuijns, Cosnefroy, Trentin, Zimmermann, Ganna, Neilands, Wellens, Kwiatkowski, Narvaez, Velasco, Albanese, Del Toro

 

SCENARIO 4 - La Cipressa oppure il pensiero pieno di fiducia.

Milano Sanremo 2020 - 111th Edition - Milano - Sanremo 305 km - 08/08/2020 - Cipressa - Tadej Pogacar (SLO - UAE - Team Emirates) - Giulio Ciccone (ITA - Trek - Segafredo) - Foto POOL Nico Vereecken/PhotoNews/BettiniPhoto©2020

Gli inglesi usano un termine che suona benissimo: wishful thinking. In italiano esiste il suo corrispettivo, pensiero speranzoso, fiducioso, e visto che siamo alla Sanremo lo preferiamo, anche se magari in altre sedi siamo indotti a usare l’espressione anglofona. Senza entrare nel merito di cosa sia giusto o sbagliato, immaginiamo un attacco sulla Cipressa. È Pogačar che ci prova, non fa il vuoto ma porta via i migliori. In discesa il vantaggio aumenta, al ritorno sull’Aurelia, quando di solito da dietro si fa in tempo a chiudere, in gruppo ci si guarda un po’ troppo. E il gruppetto, quello di testa, invece, e che comprende i favoriti, gira a meraviglia, diverse le squadre di punta rappresentate e la corsa è già selezionata prima del Poggio, dove, succeda quel che succeda, tanto già fino a questo momento è stata una corsa bellissima. Il Poggio darà comunque il suo verdetto definitivo: sparpaglio dato dalla durezza della corsa. Si arriva, giù a Sanremo, uno alla volta o poco più mentre dietro ci si raggruppa per un piazzamento nei dieci, venti.

Favoriti scenario 4

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar 
⭐⭐⭐⭐ Laporte, van der Poel, Pedersen, 
⭐⭐⭐Pidcock, Bettiol, Vermaerke, Mohorič, Van Gils
⭐⭐ Scaroni, Cosnefroy, Matthews, Vendrame, Albanese, Pithie, Strong, Wellens
⭐ Milan, Trentin, Mayrhofer, Beullens, Lamperti, Velasco, Del Toro, Hirschi, Ganna, Kooij, Philipsen

 

SCENARIO 5 - La volata di gruppo

Milan Sanremo 2017 - 108th Edition - Milano - Sanremo 291km - 18/03/2017Ê- Fernando Gaviria (COL - QuickStep - Floors) - Alexander Kristoff (NOR - Katusha - Alpecin) - Arnaud Demare (FRA - FDJ) - John Degenkolb (GER - Trek - Segafredo) - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2017

Gruppo a giocarsi la vittoria più o meno numeroso - scegliete voi, un po’ come il triennio 2014 (Kristoff), 2015 (Degenkolb), 2016 (Démare), o quelle di inizio millennio - tra i venticinque e i trenta corridori. E allora in questo caso entrano in scena quelli veloci, che resistono alle ore di corsa, alla Cipressa fatta con buona andatura, al Poggio a tutta, ma non così selettivo. Venticinque, trenta corridori, e in mezzo a loro i più forti velocisti resistenti al via. Sì, pure Philipsen o Kooij.

Favoriti scenario 5

⭐⭐⭐⭐⭐ Kooij
⭐⭐⭐⭐Milan, Philipsen
⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐Waerenskjold, Kristoff, Matthews, Lamperti, Strong, Pithie
⭐Ewan, Mayrhofer, Trentin, Cimolai, Stuyven, Girmay, Vendrame, Van Poppel, Bol, Démare, Bittner, Ganna

E voi, quale scenario immaginate?


Un fattore esaltante, catalizzante

Lo conosciamo così e in nessun altro modo. Quando sta bene, in bicicletta vuole solo andarsene. Il gusto dell’avventura solitaria è il motore che lo spinge, le sue azioni sono paragonabili alla sete di conoscenza. Conosce e ama questo sport, Tadej Pogačar, assorbe e ogni anno si rimette in gioco. Ogni anno e in ogni corsa. Conosce il piacere che provocano le sue azioni, anche qualche prurito, si sa; è ben cosciente di come lui e pochissimi altri abbiano in questo momento in mano il potere di trasformare l'idea in forza catalizzatrice per rimettere il ciclismo al centro del discorso. In Italia è complicato, se non impossibile, ci si può provare, ma i risultati sono scarsi: sono ormai più di vent’anni e non sono bastati un paio di ottimi corridori come Nibali e Ganna a rilanciare, il dopo Pantani è questo. Noi Pogačar, dalle nostri parti, lo abbiamo visto - Strade Bianche - lo vedremo fra qualche giorno - Milano-Sanremo - e poi ce lo godremo tutto al Giro d’Italia, dove, imprese come quelle di settimana scorsa alla Strade Bianche saranno gioia e dolore della Corsa Rosa. Rischierà di ammazzarla, ma allo stesso tempo sarà un fattore esaltante, catalizzante, sarà un gesto di spessore vedere il suo atto carnale in sella alla bicicletta. Il suo sorriso, anche, come successo verso Siena, anche perché la sua sofferenza l’abbiamo già percepita al Tour contro Jonas Vingegaard Hansen: avrà pensato come sia meglio prendersi tutto il prendibile da subito, poi al resto ci penserà, ci penseremo. Lui, van der Poel, Evenepoel, van Aert, nessun altro (non ce ne vogliano il pur fortissimo Pedersen, il ritornante Bernal), sono loro che bramiamo vedere correre, sono loro che hanno spinto il ciclismo di nuovo in alto, che ci fanno maledire le dirette che partono alle 14 invece che tre ore prima. Abbiamo pensato: vi sareste immaginati se il gruppo fosse andato un po’ più forte alla Strade Bianche prima di imboccare Sante Marie? Ci saremmo persi l’attacco di Pogačar, per l’anno prossimo bisogna porre rimedio in qualche modo. Tuttavia, Pogačar. Uno che ama e rispetta il ciclismo, che a volte sembra prenderci per i fondelli, che scherza così tanto da sembrarci quasi costruito, ma in realtà lui è questo. Uno che fra qualche giorno, alla Milano-Sanremo, potrebbe pure inventarsi qualche diavoleria atta a negare il canovaccio. Uno come Pogačar. Unico. Come quando prende e parte, se ne va.


Breve guida alla Strade Bianche 2024

Sabato 2 marzo, Strade Bianche, con una modifica al percorso che aumenta ulteriormente il blasone di una gara che in pochi anni - siamo alla diciottesima edizione - si è elevata a rango di grande classica del calendario: appuntamento imperdibile per i tifosi e obiettivo da perseguire per alcuni tra i corridori più forti del momento.

L’albo d’oro, da questo punto di vista, non mente. Nelle ultime edizioni spiccano, nell’ordine, van der Poel, Alaphilippe, van Aert, Pogačar e Pidcock. Di questi, ahinoi, al via non ci saranno i due van che ritroveremo uno alla Sanremo, l’olandese, l’altro un po’ più avanti, il belga, mentre Alaphilippe, nonostante la buona volontà, ci pare da diverso tempo sulla via di un inesorabile declino.

IL PERCORSO

Un cambiamento deciso: intanto facciamo un sentito applauso agli organizzatori che hanno deciso di mettere mano a un percorso già (quasi) perfetto così com’era e ci chiediamo se magari un giorno quella stessa mano, ma ne basterebbe una simile, verrà data anche alla Milano-Sanremo: lo sappiamo, non succederà, ma siamo inguaribili ottimisti.

Si passa da 184 a 215 chilometri, con quindici settori in sterrato rispetto agli undici del 2023; 71,5 i chilometri di strade bianche contro i 63 dello scorso anno. Trentuno in più per una corsa già dura di suo peseranno e non poco, considerando, poi, che lo sterrato sarà, sì, battuto, sia per via della pioggia caduta in questi giorni  - e che dovrebbe dare tregua sabato - e dal passaggio dei tantissimi mezzi che precedono la corsa, ma rischierà in diversi tratti di appesantire e indurire la gara. E poi perché quei chilometri aggiunti non sono casuali tratti in asfalto a inizio gara come si poteva temere. No, perché il passaggio di Colle Pinzuto e Le Tolfe, il più scenografico, variopinto, spesso anche tecnicamente decisivo, raddoppia.

Questo darà la possibilità ai tifosi (che saranno come sempre tantissimi) di vedere i corridori passare due volte e renderà il finale ancora più selettivo, ma chissà, forse rischierà di far diventare Monte Sante Marie, ora situato a quasi ottanta chilometri dall'arrivo, non un tratto meramente caratteristico, ok, perché comunque una selezione naturale avverrà, ma magari non più decisivo, o quasi, ai fini del risultato finale. Vedremo, perché poi funziona sempre come recita la più nota delle frasi fatte legate al ciclismo: la corsa la faranno i corridori e se qualcuno di importante vorrà portare via un gruppo sul tratto dedicato a Cancellara, la possibilità ci sarà. Inutile, per concludere, soffermarci ulteriormente su quello che sarà il finale, arcinoto, piuttosto andiamo a vedere i nomi più interessanti al via.

FAVORITI

⭐⭐⭐⭐⭐

Tadej Pogačar. Qui ha corso quattro volte e una volta ha vinto. Ha deciso di partire da lontano e nessuno gli è stato dietro: era il 2022. Può vincere in qualsiasi modo, anche perché viene da chiedersi, senza l’amico rivale van der Poel, chi può stargli dietro? Ecco, forse l’unico dubbio deriva dal fatto che sarà la sua prima corsa stagionale e non gli è mai capitato di vincere all’esordio. Mettiamo le mani avanti: una sua controprestazione (da leggere come risultato diverso dal primo posto) sarà legata all'alea di uno sport come il ciclismo e in particolare a una corsa con così tante insidie come cadute o problemi meccanici.

⭐⭐⭐⭐

Tom Pidcock. Vincitore uscente, ha mostrato una buona gamba tra Portogallo e Belgio, buona, ma non irresistibile, anche se questa è stata finora la sua caratteristica più spiccata almeno nelle gare su strada. È un corridore che non sembra mai poter fare la differenza eppure è sempre lì, anche quando conta. Guida la bici come pochi, lo scorso anno l’attacco decisivo arrivò in discesa sullo sterrato. Ecco, potrebbe essere una delle debolezze del suo avversario principale: chissà che non possa provare qualcosa di simile giù per le Sante Marie, un attacco magari congeniato con la squadra - avere qualcuno in appoggio più avanti nel lungo tratto tra la discesa delle Sante Marie e il settore successivo, potrebbe essere una buona idea. Anche se, vista la distanza dal traguardo, appare un'azione da tutto o niente: ma lo scorso anno l'azione dalla media distanza pagò e, se si vuole battere lo sloveno, qualcosa bisognerà pur inventarsi.

Sepp Kuss. Perché sugli sterrati va e come, perché la corsa sa premiare anche i pesi leggeri, perché se corresse più spesso le corse di un giorno dure ci farebbe divertire, e quindi ci aspettiamo che ci faccia divertire, perché sarà il capitano della squadra più forte al mondo e quindi non è un caso averlo inserito così in alto. E poi perché preferiamo corridori che si mettono in gioco anno dopo anno allontanandosi da quella che è la propria zona di benessere. Kuss è uno che, quando lo fa, lo fa bene.

⭐⭐⭐

Romain Grégoire. Trenta chilometri in più per il classe 2003 potrebbero non essere banali, ma visto l’impatto avuto in questo primo anno e tre mesi con il professionismo, pensiamo che difficilmente potranno scalfirlo. Profilo perfetto per questa corsa: guida benissimo, sa tenere su salite non troppo lunghe, è veloce, oltretutto pure lui corre in una squadra che sta bene ed è particolarmente agguerrita. Lo scorso anno all’esordio ha chiuso ottavo.

Ben Healy. Ha terminato in crescendo la Volta ao Algarve mandando un segnale per quella che sarà la sua lunga primavera - che chiuderà con il Giro d’Italia. Domani, alla Strade Bianche, Ben Healy sarà uno dei profili da seguire con maggiore attenzione soprattutto lontano dal traguardo. Un suo attacco a lunga gittata non è nemmeno quotato e chi volesse anticipare per poi chiudere con un piazzamento dignitoso è pregato di seguire la maglia del campione irlandese. Oltretutto è uno che non soffre, anzi, le tante ore passate in sella: per lui il podio è alla portata.

Tim Wellens. Nelle prime uscite stagionali, come peraltro accadeva con regolarità in passato, Tim Wellens ha mostrato di avere una gamba tirata a lucido. Eccezionale soprattutto alla Kuurne Brusseles Kuurne dove non ha mai esitato agli allunghi di van Aert. Mai peggio di tredicesimo in Piazza del Campo, e sul podio nel 2017, approfittando della spinta UAE, domani Wellens è uno dei maggiori candidati a un posto tra i primi tre.

Toms Skujiņš. Fino a due anni fa era un ottimo corridore in gare di secondo piano, importantissimo di fianco ai suoi capitani, a volte riusciva a tirare fuori una zampata a livello personale anche nelle corse importanti, con colpi da top ten. Lo scorso anno ha fatto un ulteriore salto di qualità, quest’anno, alla Omloop Het Nieuwsblad, ci ha impressionati: a un certo punto ha staccato van Aert su uno strappetto. Le conclusioni traetele voi.

Matej Mohorič. È vero, non ha un grande feeling con questa corsa, a eccezione del 2023 quando chiuse a ridosso del podio. È vero, non è partito così forte, nonostante abbia già vinto e si sia visto al contrattacco sia alla Omloop Het Nieuwsblad che alla Kuurne Bruxelles Kuurne. L’impressione è che manchi ancora qualcosa per vedere il miglior Mohorič, in generale la migliore Bahrain, ma escluderlo dal novero dei favoriti sarebbe un errore.

⭐⭐

Lenny Martinez: dopo la vittoria al Laigueglia è da tenere d'occhio. L'altimetria non gli fa paura, è migliorato nella guida del mezzo e la giovane età e l'inesperienza ormai non sono più una debolezza nel ciclismo di oggi;
Attila Valter: è il piano B in casa Visma, andato fortissimo già l'anno scorso;
Neilson Powless: come il suo compagno di squadra Healy è uno che più la corsa è dura e lunga e più va forte;
Romain Bardet: qui ha già fatto molto bene e con condizioni di meteo simili e insieme a Kevin Vermaerke forma una coppia di outsider molto interessante;
Michał Kwiatkowski: ha un talento noto innato e un feeling particolare con una corsa già vinta due volte. Magari la sua parabola sarà discendente, ma per un piazzamento nei 10 lui c'è;
Quinn Simmons: qui ha offerto sempre ottime prestazioni. Non lo aiuta il suo essere spesso indecifrabile a livello di risultati e anche la discontinuità nella stessa gara;
Daniel Felipe Martinez: è forse nel miglior momento della carriera e sulle salite brevi non teme nessuno;
Bastien Tronchon: giovanissimo, è uno dei leader di una Decathlon partita fortissimo e lui per caratteristiche ci sembra il più adatto;
Maxim Van Gils: migliora di gara in gara, di anno in anno. Esplosivo, dotato di spunto veloce, resistente su salite da 5, 10 minuti. Cliente molto scomodo per tutti.
Krists Neilands e Dylan Teuns: la coppia della Israel PT è partita forte e mira a un piazzamento nei dieci; ,
Jan Christen e Marc Hirschi: potranno essere sfruttati in diversi modi da quella che sarà a tutti gli effetti la squadra di riferimento in corsa. Entrambi a nozze con questo tipo di percorso hanno dimostrato, recentemente, di stare molto bene.

Filippo Zana, Davide Formolo, Carlos Canal, Magnus Sheffield, Quinten Hermans, Valentin Madouas, Lenny Martinez, Axel Zingle, Alberto Bettiol, Richard Carapaz, Julian Alaphilippe, Simone Velasco, Lennard Kämna, Andrea Vendrame, Paul Lapeira, Lorenzo Rota, Simon Clarke, Andrea Bagioli, Lennart Van Eetvelt, Gianluca Brambilla, Julian Alaphilippe, Davide De Pretto, Jonathan Restrepo, Sergio Higuita, Ben Tulett e Kevin Vauquelin, sono alternative con poche ambizioni da vittoria, ma con buone possibilità di fare una buona gara e ottenere un ottimo piazzamento.

 

 


Štybar bedankt

L’ultima pietra, quella della Roubaix, Zdeněk Štybar non è riuscito a portarla a casa. Una carriera, su strada, con un chiodo fisso: vincere L'Inferno del Nord. Lo spazio, in bacheca, l’avrebbe trovato: quello spazio sembrava pronto per essere riempito già nel 2013, 6° dopo essere stato in lotta con i migliori. «Ero davanti con Cancellara e Vanmarcke, avevo le mie chance, sono veloce e ho pensato di farcela. Ho urtato uno spettatore, o era un fotografo, poco cambia, se non che ho perso l’attimo giusto. Cinque secondi, forse dieci…» ed ecco che il treno buono se ne va. Arriva sesto ma con in testa il pensiero di tornare a vincere. Nella stagione dopo, ormai una vita fa, Zdeněk Štybar c'arriva fresco del suo terzo titolo mondiale nel ciclocross a Hoogerheide, il primo lo aveva conquistato proprio a Tabor nel 2010, a Tabor dove, pochi giorni fa, ha certificato il suo addio al ciclismo. In quella Roubaix vinse Terpstra («ho vinto, come compagno di squadra, la Sanremo di Alaphilippe, la Roubaix con Terpstra e Gilbert, il Fiandre con Gilbert, mi ritengo soddisfatto da questo punto di vista») e Štybar chiuse 5°, dopo avere difeso in tutti i modi l’allungo del corridore olandese; fu 2° la stagione successiva, forse il miglior Štybar mai visto su quelle strade, dove riuscì a portare ai massimi la sua attitudine cresciuta a pane e fuoristrada: venne battuto in volata soltanto da un John Degenkolb in stato di grazia, che poche settimane prima aveva trionfato alla Milano-Sanremo. Nel 2016 la Roubaix la disputò nonostante fosse ammalato, durante la gara gli sembrò di essere uno di quei marinai imbarcati senza una data di ritorno: sconfortato e pieno di nostalgia di casa. Roubaix non fu mai così lontana, così dura, travolgente come un destino infame che ancora una volta gli volse le spalle. E nel 2017, ancora 2°, arrivò per l’ultima volta così vicino (fu 9° nel 2018 e poi 8° nel 2019, sempre però a distanza dai primi) a portarsi a casa quel pezzo da museo, battuto allo sprint da Greg Van Avermaet, precedendo Langeveld, Moscon e Stuyven quest’ultimi due piombati sul terzetto davanti soltanto una volta entrati nel velodromo. Ha vinto una Strade Bianche, la corsa che più si avvicina a quello che è sempre stata la sua predilezione, amava il Fiandre per la sua atmosfera, ma sui muri fiamminghi non è mai riuscito a esprimersi come voleva: tre volte nei dieci con il miglior risultato l’8° posto del 2016.

Per l’addio alle corse, Zdeněk Štybar, elegante in bici come ai microfoni, ha scelto proprio il suo primo amore, il ciclocross, ha scelto proprio la corsa di casa, Tabor, ha scelto quel tipo di competizione, il Mondiale, vinto tre volte, che lo ha consacrato, nei primi anni del 2010, come uno dei più forti interpreti della disciplina. Ha chiuso in lacrime, con gli occhi gonfi così, prendendosi la giusta ovazione del pubblico, dicendosi dispiaciuto per non aver trovato un contratto per questa stagione su strada: «Ma tra un’operazione al cuore, una all'arteria iliaca, il Covid avuto quattro volte, capisco sia andata così. Peccato, perché ho sempre lavorato duro per tornare ai miei livelli e non ero pronto per chiudere già quest’anno». Avrà tempo, però, per dedicarsi ad altro. «Prenderò uno zaino e partirò sei mesi in solitaria in India dove cercherò delle risposte che probabilmente non avrò, ma di sicuro troverò la pace. Poi mi dedicherò interamente alla mia famiglia prima di prendere una decisione sul mio futuro. Gli ultimi anni sono stati duri, non solo per me, ma anche per casa, e ora è tempo di dedicarmi completamente a loro. Mia moglie ha avuto problemi di salute, ha abortito due volte e pochi mesi fa ha subito un intervento chirurgico. Per diversi motivi la nostra relazione ha sofferto seriamente, ma stiamo insieme da vent’anni e abbiamo deciso di andare avanti: sarebbe un peccato se dicessimo: “ora basta”». E poi c’è anche il loro figlio a cui è stato diagnosticato l’autismo e che lo ha seguito proprio a Hoogerheide qualche settimana fa, nella sua penultima uscita nel ciclocross a livello internazionale. «È stato un momento magico, quando inizialmente gli ho chiesto di venire mi ha risposto fermamente di no, credo che tutto ciò abbia a che fare con la folla e con il fatto che tante persone si fermano a parlare. Poi ha deciso di venire ed era felicissimo». Ci mancherà la sua classe, grazie Štybi, ma come pare, stando ai si dice, ci vedremo presto in ammiraglia.


Un momento di nostalgia

Il campionato nazionale colombiano lo ha conquistato Alejandro Osorio, evviva Alejandro Osorio. Un passato che prometteva: prima di quest’anno aveva vinto soltanto una volta al Giro Under 23. Era il 2018, si arrivava sul Passo Maniva, conquistò tappa e maglia e alla fine di quella corsa fu 6°. La classifica finale la vinse Vlasov davanti ad Almeida; Osorio passò professionista a fine anno con la Nippo Vini Fantini. Andava forte in salita, ma dopo essere salpato nel World Tour - ha vestito la maglia della Bahrain - è tornato indietro per cercare nuove soddisfazioni e quelle soddisfazioni sono arrivate. Con una lunga fuga, staccando i compagni di quella scorribanda, vestendo a fine corsa una maglia che in Colombia fa sognare e che potrebbe aprirgli nuovamente la strada verso un ingaggio in qualche squadra alla ricerca di corridori come lui.

Al secondo posto del campionato nazionale colombiano è arrivato Sergio Higuita, evviva Sergio Higuita. Lo chiamano “El Monstre de Medellin” in quanto pare assomigli al “Mostro di Gila”, conosciuto anche come lucertola perlinata. Si tratta di un tipo di lucertola velenosa, ma dall’aspetto simpatico, dalla forte mandibola e che vive perlopiù tra le rocce: secondo la breve biografia del corridore, che si può trovare sul sito della sua squadra, la BORA-hansgrohe, il nomignolo deriva dal fatto che Higuita è piccolo come questo particolare sauro, ma pieno di sorprese. In patria è un idolo, tanto che il più famoso (almeno prima di lui) Higuita, ovvero Renè Higuita, celebre quanto bizzarro ex portiere della nazionale di calcio del suo paese, si è impuntato tempo fa per conoscerlo e invitarlo a pranzo. Higuita (Sergio) ha numeri da far strabuzzare gli occhi: ogni tanto è fortissimo, spesso se lo dimentica, prima di alcune corse ascolta i Metallica per caricarsi e da bambino suonava la chitarra. Domenica, mentre la fuga con dentro Osorio andava, quanto mancavano una cinquantina di chilometri all’arrivo, è partito all’inseguimento portandosi dietro, tra gli altri, Bernal. Sono arrivati a tanto così dal riprendere Osorio: cronometrati soltanto quattro secondi di distacco all’arrivo.

Terzo è arrivato Egan Bernal, viva Bernal, altroché. Un paio di giorni prima della corsa in linea, le idee positive sul suo pieno recupero, dopo il grave incidente di due anni fa, iniziavano ad andare in pezzi: sesto nella cronometro a oltre tre minuti da Daniel Felipe Martinez. Certezze, sì, ma più sulle sue difficoltà che sull’effettivo momento di svolta, che invece, potrebbe essere arrivato. Mentre pedalava all’inseguimento, in compagnia di Sergio Higuita, ha avuto una specie di sussulto che ha descritto così: «Un momento di nostalgia di quello che è stato l’Egan di prima». Quell’effetto ha pervaso anche noi, grazie anche al commento della televisione colombiana che non smetteva di incitarlo a modo loro.

È vero, è solo una corsa, e siamo lontani da quelli che erano i palcoscenici che Bernal calpestava, brillando. Solo una corsa, è vero, seppur tiratissima come ogni campionato nazionale, ma Egan non conquistava un risultato nei primi tre di una gara dal Giro d’Italia vinto nel 2021. Qualcosa forse è cambiato, ora appare, all'improvviso, l’altro volto della speranza. È una gigantesca immagine che significa strada del recupero.


Sensazioni australiane: intervista con Luca Vergallito

Non che sia successo chissà cosa da lasciare agli annali di questo sport: il livello era buono, sicuramente, ma si tratta pur sempre di ciclismo a gennaio, della prima gara della stagione, che, come ci racconta Luca Vergallito, intercettato telefonicamente al suo arrivo in aeroporto a Parigi, mentre fa ritorno a casa, e con ancora il jet lag a scombussolarne la routine, «una corsa dove si è andati forte, sì, ma dove il livello è mediamente più basso rispetto a diverse corse World Tour che affronteremo in stagione, ma anche rispetto a un Giro di Lussemburgo che ho disputato l’anno scorso, per esempio».

Tour Down Under 2024 - Oscar Onley (GBR - Team dsm-firmenich PostNL) - Stephen Williams (GBR - Israel - Premier Tech) - Jhonatan Narvaez (ECU - INEOS Grenadiers) - Julian Alaphilippe (FRA - Soudal - Quick Step) - Foto Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2024

Una corsa disputata a temperature differenti da quelle che a inizio stagione si trovano in Europa, «ma il caldo vero c’è stato soprattutto nella frazione con arrivo a Willunga Hill, la penultima tappa, quella a cui tenevo di più. Gli altri giorni abbiamo gareggiato a temperature normali, anzi, e forse per questo ho pagato nel finale: non abbiamo avuto modo di abituarci al caldo. Certo è un problema che hanno affrontato anche gli altri, sia chiaro. Però, riguardando i dati a fine corsa, credo che le temperature abbiano inciso sulla mia prestazione: le sensazioni non erano come quelle dei giorni precedenti e in una situazione normale avrei potuto anche conquistare una top ten». Era ben posizionato il 27enne della Alpecin, intorno alla settima, ottava posizione, alle spalle di Alaphilippe, fino a poche centinaia di metri dal traguardo, poi sul cambio di ritmo, prima della volata finale vinta da Onley, ha ceduto qualcosa, chiudendo in 20a posizione. Tutto sommato un ottimo risultato. «E poi va considerato come queste non siano le mie salite» specifica Vergallito, uno che preferisce quelle lunghe da passista scalatore qual è. E preferirà un altro tipo di corse a tappe. Lo vedremo di nuovo in gara a L'Etoile de Besseges, altra corsa con un percorso non proprio adatto, ma sempre utile ad accumulare esperienza e chilometri, e poi probabilmente, se tutto va come deve andare, al via di Volta ao Algarve, Tirreno-Adriatico e Paesi Baschi. «Il problema - precisa, provando a smorzare con una risata - è che lì troverò salite più adatte a me, ma allo stesso tempo un livello decisamente più alto. Sarà comunque importante per capire a che punto mi trovo con il mio percorso di crescita».

Erano le prime pedalate più o meno serie per tutti: c'era chi stava lì già da tempo, chi è arrivato all’ultimo; chi è già entrato in forma - è fisiologico, non sempre una scelta ben precisa. Insomma, il Tour Down Under qualche indicazione la può anche dare, ma, da quello che si è visto non dipende certo la stagione 2024.

Tour Down Under 2024 - La volata per il 5° posto nell'ultima tappa del Tour Down Under con arrivo a Mount Lofty  - Foto Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2024

Anche perché per alcuni sarebbero dolori: per Simon Yates, ad esempio, dato tra i favoriti, a maggior ragione dopo la caduta (con ritiro) del compagno di squadra Plapp, non è mai parso a suo agio sui due arrivi in salita (oddio, salita… ma questo è un altro discorso), ma il gemello della Jayco AlUla avrà modo di rifarsi dalle prossime gare. Sui due arrivi decisivi, invece dell’inglese di Manchester, si sono imposti uno scozzese, Oscar Onley, giovanissimo, ma già ben a suo agio alla seconda stagione piena tra i professionisti, uno che dagli Yates può trarre ispirazione come tipo di corridore, e un gallese, Stephen Williams, che tra alti e bassi inizia a confezionare un buon palmarès: tappa finale, quella del Mount Lofty, vinta, che gli ha permesso di portare a casa anche la classifica generale della corsa. Luca Vergallito, quel giorno, arriva 15° migliorando rispetto al giorno prima e chiudendo 17° e primo degli italiani anche nella generale. «Sul Mount Lofty stavo meglio, non c’era il caldo del giorno prima, poi sono partiti i quattro più forti e dietro nel gruppo siamo rimasti un po’ a guardarci, a controllarci, ma ho comunque chiuso nel secondo gruppo, e se vedi i nomi che c’erano, erano nomi di un certo peso, significa che sono andato forte». Vergallito aggiunge anche un altro particolare su cui sta lavorando per migliorarsi: il posizionamento. «Per questo preferisco corse un po’ più dure, dove magari la ricerca della posizione all’imbocco delle salite è meno complicata perché c’è già stata selezione. Tuttavia, questo è un aspetto che proverò a migliorare con l’esperienza. Già ho visto dei progressi, ma non sono ancora al livello in cui vorrei essere, anche se, c’è da specificare, non si tratta di un aspetto legato al fisico, dove dici: “mi alleno e se ho margini lo miglioro”; qui non è detto che ci si riesca, entrano in gioco altri fattori più tecnici e tattici. Io credo di poter migliorare anche all’interno della settimana, l’ho già visto in corsa: ho fatto progressi dalle prime alle ultime tappe. Oppure, a proposito di altri fattori in gioco, è importante avere una squadra che ti supporti. Certo, a me l’aiuto non è mancato, anzi, avendo la possibilità di fare la mia corsa ho avuto uno, due compagni che mi hanno supportato e che mi hanno messo nelle condizioni migliori».

Tornando alla corsa in generale: se il Tour Down Under fosse una corsa da verdetti già chiari, per alcuni sarebbero dolori: per gli altri velocisti, ripensando alle volate di Welsford che fa tre su tre spinto da una squadra compatta, la BORA-hansgrohe, con Mullen ad allungare il gruppo nel finale e Danny van Poppel a prenderlo per mano e lanciarlo verso il traguardo. Poi sia chiaro, bisogna avere la gamba giusta e Welsford in questo, proprio come successo lo scorso anno in Argentina, pareva messo proprio bene: è uno che sa partire forte. Sarebbero dolori per tutti ripensando ai numeri di un neoprofessionista come Del Toro, già in evidenza lo scorso anno tra gli Under 23, e pronti, via capace di vincere una tappa e di vestire la maglia di leader per un paio di giorni. Il giovanissimo messicano dell’UAE ha chiuso la corsa sul podio finale. La stagione è iniziata dando già diversi spunti, ma per fare sul serio e tirare le prime somme, bisogna pazientare ancora un po’.

Foto in apertura: Chiara Redaschi