Prima di ripartire dal medio oriente (dal 17 febbraio con l’UAE Tour, quel giorno farà anche l’esordio stagionale Pogačar) il World Tour scrive l’ultimo capitolo del racconto australiano della stagione 2025, una lunga premessa ai discorsi che si svilupperanno lungo l’arco della stagione. Gli spunti sono rimasti soltanto abbozzati, ciò che abbiamo visto al Tour Down Under non è stato rivelatorio per la Cadel Evans Great Ocean Road Race (le corse cambiano nome, molto spesso e in realtà non ho capito se si chiama ufficialmente ancora così, ma credo possa andare bene lo stesso), che piaccia o no, la prima corsa di un giorno del massimo calendario mondiale del ciclismo maschile. In una giornata caldissima e selettiva ne esce fuori Mauro Schmid avvezzo alle montagne russe in fatto di continuità, che si lasciò male qualche stagione fa con la Quick Step entrando anche lui nel lungo elenco di corridori svergognati da Lefevere a mezzo stampa nei tanti anni in cui l’ex Team Manager belga, andato in pensione quest’anno, ha usato i microfoni nel tentativo da una parte di stimolare, dall’altra di screditare il lavoro dei suoi corridori.
Fatto sta che Schmid è un mastino, gli manca la continuità, ma nonostante tutto si sta costruendo una bella carriera, considerando la giovane età (25 anni) e i diversi periodi persi tra infortuni, lo scorso anno, separazioni improvvise (per l’appunto con la Quick Step) o momenti complicati (vedi la chiusura della Qhubeka nel 2021). Ha vinto una tappa al Giro, primo successo in carriera da professionista, una vittoria tutt’altro che semplice a dimostrazione della sua duttilità: sua la tappa degli sterrati di Montalcino, dominando in uno sprint a due Covi, dopo una lunga fuga. Ha vinto tre brevi corse a tappe: nel 2022 il Giro del Belgio, nel 2023 la Coppi & Bartali, nel 2024 il Giro di Slovacchia. Va forte a cronometro, si difende nelle salite brevi, è veloce, si esalta con condizioni di meteo complicate. Corridore trasversale, che dove lo metti sta, alla costante ricerca di quel risultato che lo possa proiettare ai vertici assoluti.
Sono state difficile le condizioni con cui è andato a vincere alla Cadel Evans Road Race, prima corsa di un giorno vinta a parte il campionato svizzero lo scorso anno: avverse per il grande caldo che lui non teme e difatti è emerso, grazie anche all’aiuto di una squadra che, perso Plapp (ne avrà per un po’ causa operazione a un polso), ha puntato tutto su di lui che ha potuto contare sull’aiuto di Harper e Durbridge, ancora una volta tra i migliori gregari al mondo. E puntare su Schmid alla fine è valso un successo “in casa” importante, dopo un Tour Down Under più complicato del previsto per la squadra di matrice australiana al momento sponsorizzata da un distretto saudita che vuole promuovere il turismo in quella zona. Schmid, sfruttando anche l’immenso lavoro di Harper, anticipa, infila e precede un gruppetto molto ben assortito che nell’ordine gli finisce dietro così: Aaron Gate, Laurence Pithie, Javier Romo, Andrea Bagioli, Corbin Strong, Magnus Sheffield, Remy Rochas, Oscar Onley.
C’entra solo in parte con il World Tour, ma spendo due parole sul ritiro dall’attività agonistica di Karel Vacek, avvenuto nei giorni in cui suo fratello Mathias continua a progredire in maglia Lidl Trek facendo presagire sempre di più un futuro da grandissimo corridore, sia come uomo squadra che come capitano su diversi terreni (in particolare le gare di un giorno). Karel Vacek annuncia il ritiro e da un punto di vista strettamente agonistico o riflessioni riguardanti i risultati ottenuti ne lascia pochi, da professionista un solo momento brillante, tra l’altro venuto fuori in una delle più brutte tappe della storia del Giro d’Italia, ovvero quella del Gran Sasso nel 2023 quando il gruppo dei migliori quasi scioperò lasciando alla fuga la possibilità di giocarsi il successo. Lui arrivò secondo battuto da Davide Bais.
Karel Vacek condivide con pochi altri un singolare primato, ovvero quello dell’aver relegato Remco Evenepoel al secondo posto in una corsa del 2018. Anzi lui ha fatto meglio perché c’è riuscito due volte, come nessun altro e all’epoca prometteva di diventare un buonissimo corridore – non di certo un talento generazionale, sia chiaro. Questo, anche per farci capire come le cose possono cambiare quando si va forti nelle categorie giovanili: non sempre si riescono a mantenere le promesse e l’elenco è infinito anche a partire da i nomi che arriveranno a breve.
Vacek vinse davanti a Evenepoel la quinta tappa della Course de la Paix Juniors un arrivo in salita in cui relegò allo sprint, oltre a Evenepoel, Tiberi, il norvegese Aasheim e Samuele Rubino. Anche questi ultimi due non hanno avuto poi molta fortuna nel ciclismo finendo uno per ritrarsi nel 2021 e l’altro al termine della scorsa stagione. Vacek di nuovo finì davanti a Remco poche settimane dopo nella crono del Lunigiana.
Gli altri corridori con cui condivide questa statistica il buon Karel Vacek: Luca de Meester (ovvero Luca il Maestro), era il Trofeo Serge Baguet di Sint Maria Lierde. Dopo essere stato all’attacco tutto il giorno, de Meester vinse lo sprint a tre contro Remco e Vandenabeele. Oggi de Meester corre con la Wagner Bazin e insegue il primo successo tra i professionisti.
Joe Laverick nel prologo della Ster van Zuid-Limburg, stesso tempo di Remco, vinse per una questione di centesimi. Oggi Laverick, che è stata una buona promessa del ciclismo britannico e internazionale, fa il giornalista.
Søren Wærenskjold, di nuovo a cronometro, e di nuovo per un’incollatura, stavolta non sono centesimi ma un secondo: il norvegese, che tutti conosciamo perché va forte sia come velocista, che come specialista delle crono brevi e come pesce pilota, lo superò nella seconda tappa del Trophée Morbihan – Remco poi vinse la classifica finale davanti ad Andrea Piccolo.
Bini Girmay alla Aubel Stavelot Juniors superò Evenepoel allo sprint dopo che i due avevano anticipato il gruppo partendo lontani dal traguardo. Evenepoel quel giorno indossava la maglia da campione europeo ed era grande favorito, Girmay era ancora uno sconosciuto che correva con la maglia del Centre Mondial du Cyclisme. Bini è stato anche il primo classe 2000 a imporsi in una gara tra i professionisti (23 gennaio 2019) anticipando di qualche mese proprio Evenepoel.
Infine Fredrik Thomsen, danese, il quale, sempre alla Aubel Stavelot Juniors, si prese il lusso di battere Evenepoel in uno sprint a due dopo una tappa dura e ricca di salitelle che decise la classifica finale, vinta da Evenepoel. La carriera del danese durò poco: dopo qualche apparizione tra i dilettanti, esclusivamente in corse di casa sua, si ritira nel 2023.