Se Peter Sagan non ci fosse, bisognerebbe inventarlo perché di gente così il ciclismo ha bisogno. Forse, però, avremmo dei problemi, perché la persona più adatta per inventare qualcuno di simile a Sagan sarebbe proprio Peter Sagan. La fantasia non è per tutti e per inventare cose belle ne serve tanta. Sagan non ha problemi con l’inventiva ed oggi lo ha dimostrato, ammesso che ce ne fosse bisogno. Ha dimostrato che gli uomini hanno un unico modo per essere, e quel modo è il “nonostante”. Tanto avrebbe potuto lamentare o recriminare, e sappiamo tutti quanto sia facile quando le cose non vanno, tanto avrebbe potuto dire, invece no. Peter Sagan ha scelto di usare la fantasia e l’inventiva: la salvezza che troppo spesso dimentichiamo di avere a portata di mano. Non quella che porta altrove, non quella che rifugge la realtà o i problemi, in cui comunque siamo calati, ma quella che si infila tra i problemi e prova a leggerli diversamente, a declinarli diversamente, a interpretarli mettendoci qualcosa che altri non vedono, che altri non capiscono. Gli altri certe cose non possono nemmeno immaginarle, forse non vogliono immaginarle perché immaginare un finale differente costa fatica.

Forse Sagan intendeva questo quando ha detto: «Finalmente ho vinto come piace a me. In che modo? Dando spettacolo, no?». Sagan che ha vinto a Tortoreto Lido dopo 471 giorni di digiuno e ci dicono avesse gli occhi lucidi dopo il traguardo. Non ha vinto come tante altre volte perché non ha fatto come tante altre volte, con intelligenza e lungimiranza. Arnaud Dèmare in volata è più veloce, non solo di lui, di tutti in questo momento. Non ci si può far nulla. O meglio: si può fare di tutto ma niente cambierà questa realtà. La realtà la cambi con ciò che realtà non è o almeno con qualcosa che realtà non è ancora. Non è realtà quando la pensi, quando la immagini, quando sei tu l’unico a crederci. La cosa peggiore è che realtà potrebbe non diventare mai: se la squadra di Dèmare insistesse ancora qualche chilometro, se tu non avessi più le forze o la fiducia per insistere ancora, se quei secondi ti sembrassero troppo pochi, se gettarti in discesa in quel modo ti incutesse qualche paura, se pensassi di accontentarti dei punti per la maglia ciclamino, se ti tornassero in mente quelle voci che hai sentito e non ti sono piaciute, di più, ti hanno ferito. Anche se non lo dai a vedere, anche se hai sempre il sorriso sulle labbra e la battuta pronta.

Le realtà immaginate si sbriciolano proprio in quel momento: quando ti fossilizzi sulla realtà che c’è invece che su quella che ci sarà o che potrebbe esserci. Come a dirti: «Se non ci credi più tu, cosa facciamo?». Tu devi crederci a qualunque costo. Peter Sagan non ha mai avuto dubbi su quel sogno sognato, non oggi almeno. Lui sa che si vive e si vince sempre “nonostante”. Il che non significa arrendersi, non significa adeguarsi, non significa rinunciare. Significa vedere chiaramente ciò che c’è e cercare tanto e ovunque ciò che vorresti ci fosse. Con l’ostinazione dei sogni e con la concretezza della realtà.

Foto: Gabriele Facciotti/Pentaphoto