«Eravamo in riunione sul bus, Arnaud ha guardato tutti negli occhi e poi ha guardato me: ”La strategia per la volata la decidi tu, Jacopo”. L’idea era questa: se la tattica è decisa dal direttore sportivo, c’è sempre la possibilità di ritrattare le proprie responsabilità di fronte agli errori, Démare, quest’anno, ha voluto cambiare per evitare questo meccanismo. Devo ammettere che non è stato facile: la prima volta, ad Abu Dhabi non ho preso la parola durante la riunione, non ho organizzato come avrei dovuto e la volata è andata male. Quella sera lo ho detto a tutti: ”Da domani si fa come dico io”. Bene, la tappa successiva non era una tappa per velocisti ma abbiamo provato tutti i meccanismi; ad ogni accenno di vento provavamo i ventagli, per dirti. Alla fine è un approccio mentale: se si vuole vincere, si va davanti e ci si assume le proprie responsabilità». Jacopo Guarnieri racconta così quei giorni d’inverno in cui ha preso forma un nuovo modo di correre per la Groupama-FDJ: «In televisione sembra che il mio lavoro inizi ai meno tre chilometri dal traguardo. In realtà inizia molto prima, magari a quaranta o cinquanta chilometri dall’arrivo. Arnaud si mette alla mia ruota e sa che può fidarsi, mi segue e riesce a trascorrere in tranquillità quel tratto di strada. La volata è un esercizio molto stressante, evitare un rilancio o una curva pericolosa, sapendo che chi ti guida ci penserà per te, è fondamentale. Lui in quei momenti può non pensare o pensare il meno possibile».
La costruzione del rapporto col suo capitano, per Guarnieri, è partita dalla naturalezza per poi approfondirsi: «All’inizio non c’è stato bisogno di capire molto. Sai, nel tempo, lavorando, si sviluppano meccanismi istantanei di comprensione. La conoscenza va oltre: ora sappiamo di cosa ha bisogno l’altro, quando le cose vanno bene ma soprattutto quando non vanno. Sappiamo come motivarci perché ci conosciamo». Qui Jacopo Guarnieri scava a fondo, una sorta di introspezione psicologica del suo capitano: «Arnaud è come lo vedete: calmo, pacato, estremamente educato. Una persona composta e non eccessivamente appariscente. Ma non è impalpabile, la sua presenza, magari silenziosa, si sente forte. Questo mi piace molto. Credo che la bicicletta, ma in realtà potrei dire lo stesso di qualunque altro sport, sia per Démare il modo per tirare fuori una grinta che altrimenti rimarrebbe nascosta. C’è una profonda differenza tra Arnaud pedalatore e Arnaud nella vita di tutti i giorni. Li accomuna la chiarezza: non sentirai mai Démare gridare ma stai certo che ti dirà tutto quello che pensa. E sarà chiaro, molto chiaro. Stimo questo lato del suo carattere».
Guarnieri spiega che, alla fine, per fare bene il suo lavoro, la stima per il capitano è imprescindibile, essere d’accordo su alcuni punti fermi è essenziale, come assomigliarsi, almeno in parte. La sua franchezza nel racconto, in questo senso, lo avvicina al suo capitano: «Non mi sono quasi mai trovato nella situazione di dover considerare piani b, durante la mia vita da ciclista. Da un lato ho sempre ottenuto buoni riscontri, dall’altro non ho mai dovuto rincorrere contratti all’ultimo istante. Sì, mi sono iscritto a Giurisprudenza e qualche idea l’ho sempre avuta ma restavano sullo sfondo. Ora, se ci rifletto, credo sia il caso di iniziare a considerare un piano b. Non per altro: non sono più di primo pelo in questo mestiere, ho certamente ancora qualche anno buono davanti a me, ma bisogna anche sapersi fermare. Ho qualche progetto ma, per scaramanzia, non lo dico. Il mio amore per questo lavoro è aumentato con gli anni. Il ciclismo è cambiato? Ma certo, come tutte le cose. Di fronte ai cambiamenti, però, hai due strade: lamentarti e rendere tutto molto più pesante oppure provare a capirli e farne parte. Se fai così vivi meglio e lavori anche meglio».
Ci racconta che in questi giorni sta vivendo ”l’apatia”: «Il Giro d’Italia è finito da un mese: da un lato sembra ieri, dall’altro il tempo sembra non passare più, sembra un’eternità. Non ho grandi mancanze ma mi mancano tutte le cose più normali: stare a tavola fino a tardi con gli amici, fare una passeggiata, andare ad un concerto degli Eels o di qualche gruppo rock. Forse mi mancano anche i traguardi che il correre in bicicletta pone. Quando si riprenderà, questa apatia si smorzerà». Nel suo lavoro porta una caratteristica caratteriale che definisce ”croce e delizia” della sua persona: «Non è che sia conservativo ma per indole riesco meglio nelle corse a tappe. Forse è anche un bene per gli uomini con cui lavoro. Anche nella vita sono così: magari mi godo meno il momento ma penso al domani, progetto continuamente. I più giovani del gruppo lo sanno. Stefano Oldani, al suo primo Giro d’Italia quest’anno, era sempre alla mia ruota. Un giorno mi ha detto: ”Ti sto vicino perché mi fido, anche nelle tappe di montagna chiami il ”gruppetto” al momento giusto. Mi sento sicuro”. Fa piacere. C’è da dire che questi giovani vanno alla grande».
Guarnieri vive in campagna e un’altra mancanza è data dalle persone. L’ultimo uomo di Dèmare sa bene cosa sia la fiducia e quanto faccia stare bene: «Ho lavorato in diverse squadre e mi sono sempre trovato bene. Sono anche stato fortunato a trovare questi ambienti, ci mancherebbe altro. In Groupama-FDJ c’è qualcosa in più, qualcosa che non ho mai trovato altrove. Si tratta di una considerazione profondissima per il ruolo del corridore. Una considerazione che va oltre le tattiche di gara, che, come ti ho detto, sono decise da noi, in molti casi. Qui sto proprio parlando di ascolto su ogni dinamica che possa riguardarci: la nostra opinione è sempre presa in considerazione. Che si tratti di materiali o altro, non conta. A fine stagione ci chiedono cosa è andato bene e cosa crediamo sia da migliorare e vogliono che la nostra risposta sia il più sincero possibile. Ascoltano attentamente quello che ci diciamo e ci lavorano. All’interno di Groupama-Fdj c’è una grande voglia di mettersi in gioco, di cambiare. Io lo dico sempre quando si parla del team Sky: loro hanno innovato ma sono partiti dal nulla. Cambiare abitudini consolidate è un’altra cosa, anche più difficile, se vuoi, visto l’animo umano. Credo sia uno degli elementi più importanti per fare gruppo. Non hai idea di quanto in più si sia disposti a dare, quando ci si sente considerati».
Foto: Jacopo Guarnieri/Instagram