Probabilmente non doveva andare proprio così ma chi va in bici è abituato ai cambiamenti e agli imprevisti. Ti cade qualcuno davanti? O sei un funambolo o il più delle volte finisci a terra. Buchi una ruota nel momento meno opportuno? Uno dei grandi classici. (Ma poi esiste un momento opportuno per una foratura? No, non facciamoci ridere dietro; forse appena usciti di casa, ma non succederà mai, è molto più facile che bucherai quella volta che ti sarai dimenticato tutto il necessario per cambiare o riparare la ruota e avrai il telefono scarico e sarai nel punto più lontano della terra rispetto a casa tua a o qualsiasi altra abitazione, ma questa è un’altra storia).
Non doveva andare così per Kenny De Ketele – nome bellissimo, sfido a trovarne dieci che suonano meglio – presenza immancabile su pista per almeno una dozzina di anni. Non c’era americana senza Kenny De Ketele, non c’era Sei Giorni senza Kenny De Ketele, spesso non c’è stata nemmeno corsa a punti, o, più di recente, omnium, senza Kenny De Ketele. Insomma: presenza costante, quasi asfissiante.
Non doveva andare così per Kenny De Ketele ma chiariamo da subito: mica gli è andata male, anzi. L’ultima volta che ha corso ha vinto e non una garetta qualunque. La Sei Giorni di Gent, la “sua” Sei Giorni. Una di quelle corse un po’ folli da sembrare irriverenti, tutta pathos ed ebrezza. Piena di colori e dove i suoni arrivano dal pubblico sugli spalti che esulta e poi trattiene il fiato, e dove tutto appare un eccesso di aggettivi enfatizzati.
Quelle che Rino Negri diverso tempo fa raccontava così: “Sono un circo, con la differenza che non c’è la puzza degli elefanti, dei cammelli, delle fiere, dei cavalli e degli orsi”.
“Perché Folli?”, si chiedeva ancora retoricamente Negri nel suo “I Folli delle Sei Giorni”, “per esigenze di spettacolo i seigiornisti sono tenuti a fare gli acrobati e a volte i clown. E corrono rischi che fanno accapponare la pelle. Quindi folli in senso buono, simpatico”. I tempi sono cambiati, è vero, ma in una Sei Giorni non manca mai agonismo ai limiti del gran varietà.
Kenny De Ketele (ripetiamo: quanto suona bene questo nome?) si inserisce a pennello nel contesto se non altro per qualità e fiuto: 22 Sei Giorni vinte, l’ultima pochi giorni fa a Gent (per la quinta volta, staccando, fermi per sempre a quota 4, Van Steenbergen e Merckx), nel velodromo Kuipke, dove è praticamente nato, in coppia con Robbe Ghys. Al termine di una rimonta che ha fatto impazzire il pubblico rimasto col cuore in gola per la brutta caduta che mandava Cavendish gambe all’aria e in ospedale.
Ma non doveva finire così: De Ketele ha salutato una parte del circus che lo ha omaggiato (e Ghys piangeva sotto casco e occhiali), ma avrebbe voluto farlo pochi giorni dopo in maniera definitiva, a Rotterdam, nell’omonima Sei Giorni in coppia con Terpstra. «Sarà la prima volta che correrò con lui – diceva -, ma lo conosco bene: meglio correrci assieme che contro» un concetto che intorno al passista olandese hanno espresso spesso diversi corridori. Ma nulla da fare: corsa annullata, niente congedo finale. A Gent ha salutato il suo pubblico, a Rotterdam voleva farlo con il resto del suo mondo seigiornistico, il concetto spiccio.
36 anni, nato in Belgio, De Ketele (ma che bel nom… ok basta) di cui 17 passati da professionista, specialista (si capisce) della pista, la prima volta che ha corso in un velodromo si dovette arrangiare. Era una gara omnium per ragazzi di 14 anni, proprio a Gent proprio al Kuipke, ma c’erano così tante persone iscritte che fecero una crono di 500 metri per selezionare il numero giusto: non riuscì a superare la qualificazione.
Ha attraversato un pezzo di storia della specialità sfidando Risi, Cavendish, Mørkøv, ha fatto coppia con il meglio della pista belga degli ultimi 20 anni, ha vinto medaglie mondiali ed europee e miliardi di titoli nazionali. Sostiene che i rapportoni esagerati siano un po’ un rischio per i seigiornisti, ma che aumentano lo spettacolo.
E a proposito di spettacolo: ha annunciato che una volta sceso dalla bici vorrà provare a recitare nel cinema, ma nel frattempo è il maggiore candidato a diventare nuovo commissario tecnico della pista belga.
C’era qualcuno che sosteneva fossero matti, dei clown, sicuramente uno di loro potrà diventare un attore e se tutto andrà per il verso giusto pure selezionatore della nazionale. È andata come doveva andare, Kenny De Ketele. A proposito: bel nome.