Si chiuderà un’altra era. Di nuovo. Il tempo scorre via veloce. Non fai nemmeno in tempo ad apprezzare quello che stai facendo o a goderti il piatto che hai davanti che subito devi alzarti dal tavolo perché in arrivo ci sono nuovi clienti. C’è da cercare una nuova dose di adrenalina. Una nuova corsa. Il tempo divora e sputa. Ti passa veloce davanti, non ha mai pietà. Pensate che i corridori raccontano come spesso non riescano a godersi a fondo una vittoria perché finita la corsa pensano già subito a quella successiva.
Domani si chiude un’epoca. Quella di Gilbert all’Amstel: non una cosa di poco conto. Uno dei corridori più amati del gruppo. Classe sopraffina, un’esplosività e un modo di correre che ne fa una sorta di padre ciclistico di Mathieu van der Poel. Quell’affinità con diverse corse, tanto da aver accarezzato il sogno di chiudere – passateci il termine – il Grand Slam ciclistico. Ha vinto Liegi, Fiandre, Roubaix e Lombardia. Ci ha messo vicino un Mondiale e tanto altro. Solo la Sanremo lo ha respinto. Ha vinto corse ovunque con quel suo scatto potente a cui spesso nessuno riusciva a stare dietro. Con intuizione e sagacia. Poliedrico, un rammarico c’è, molto più di una Sanremo non vinta, può capitare: cosa sarebbe stata avere un Gilbert, oggi, inteso come in questi ultimi due anni, competitivo di fronte a questa generazione?
Domani, nelle terre del Limburgo, passando per quel Cauberg che non solo lo ha incoronato come tra i più vincenti della “corsa della birra”, ma che nel 2012 lo lanciò verso la maglia iridata, Gilbert passerà per l’ultima volta, perché questa è l’ultima sua stagione, non ci saranno ripensamenti. «Anche se – ha raccontato in queste ore – non ho ancora fatto programmi per quello che sarà il dopo».
Sul Cauberg stanno organizzando un grande tributo a Pippo il Vallone, Pippo il Belga, Pippo che quando vinse il Fiandre mise d’accordo pure i fiamminghi. Striscioni e gigantografie con scritto “Grazie” con le immagini delle sue vittorie, compresa quella del Mondiale di ormai dieci anni fa, quando il Cauberg fu il trampolino verso il successo. «A un certo punto della mia carriera ho iniziato a rinforzarmi per essere competitivo sulle pietre, persi qualcosa per la Liegi, ma notai come il mio fisico trovò un feeling perfetto con questa corsa che richiede anche tanta astuzia e capacità di correre e limare». Ecco spiegato, almeno in parte, il perché dell’affinità con queste strade.
Non fa progetti per il futuro, al momento, né per domani, cosciente di come il ciclismo viaggi velocissimo e lui, per forza di cose, è rimasto attardato a causa dei segni dell’età. Sa come sulle spalle di altri ci siano i favori della corsa, esattamente come una volta toccava a lui, ma noi ugualmente la nostra presa romantica la facciamo lo stesso e sogniamo di vederlo ancora una volta protagonista, nonostante i suoi 39 anni. «Quest’anno è stata l’ultima volta in diverse corse, ma sono sicuro che qui in Olanda sarà una giornata particolare».
Soprattutto per lui, per l’ultima volta di Philippe Gilbert sulle strade d’Olanda, per l’ultima volta sul Cauberg dove, comunque vada, sarà una grande festa.