Al tempo, non proprio un secolo fa, ma quasi, quando il ciclismo veniva raccontato da chi seguiva la corsa sulla strada in posizione privilegiata definendosi a tutti gli effetti suiveur, la domanda che ci si faceva era: ma è meglio Bartali o è meglio Coppi?
Era una questione vera, un problema reale, nodo gordiano di ogni italiano. Era il 1940 e quell’Italia stava per entrare in guerra, ma era il 1940 e Coppi, ventenne o poco più, aveva da poco conquistato il Giro, diventando fenomeno di massa e alimentando il dualismo con Bartali.
Siamo alla retorica, sia chiaro, “mantello di porpora” come la definiva, a proposito di quel tempo, Vergani, e, altolà, nessun paragone con il passato; siamo all’enfasi, all’esaltata provocazione, all’ispirazione che ci fa domandare in questo caso: chi è meglio tra Vingegaard e Pogačar?
Fino a tre settimane fa non ci sarebbe stato nemmeno modo di fare il paragone. Più completo lo sloveno, capace di andare forte nelle gare di un giorno, come in quelle a tappe, capace di salire sul podio in tutte le grandi corse di tre settimane a cui ha preso parte, come solo Hinault e Binda prima di lui.
Predestinato, veloce di gambe e di spirito, una guida della bicicletta che non teme confronti. Ma, direte voi, il Tour de France lo ha vinto quell’altro.
Quell’altro che si chiama Vingegaard, di cui ormai conoscete la storia e il soprannome – Il pescatore; di cui ormai abbiamo imparato a capire come almeno in Francia sia stato lo scalatore più forte del gruppo, meglio ancora di Pogačar.
Quindi ci riproviamo: è meglio Vingegaard o Pogačar? Qualcuno direbbe van Aert, lapalissiano dopo questo Tour.
Aspettiamo il prossimo capitolo della loro sfida che – speriamo – potrà caratterizzare il prossimo decennio. Perché di questo ci alimentiamo, suiveur di ogni età, appassionati, lettori, autori, ciclisti, anche quelli della domenica. Meglio Vingegaard o Pogačar? Chi se ne frega, non c’è nessun nodo gordiano da sciogliere, né campanili, né un popolo che si divide in due: ognuno ha i suoi gusti e a noi ci piacciono entrambi per ciò che di differente trasmettono.
Intanto, però, non vediamo l’ora di rivederli di nuovo contro. Affannati tra tattiche rischiose e squadre dimezzate; indaffarati nel cercare di staccare l’uno o di incollarsi alla ruota dell’altro. Tra botte in salita e complimenti al traguardo.
Intanto, almeno per il Tour de France è 1-1. Per il resto si vedrà.