Una definizione particolarmente calzante del Giro d’Italia è firmata da Alfonso Gatto: «meravigliosa corsa umana». Come il poeta campano, anch’io oggi mi sono convinto del fatto «che i sogni sono fatti di montagne e di cielo, di città popolose abitate da uomini felici che stanno alla finestra a veder passare il mondo». Quelle di Gatto dal Giro del 1947 erano cronache intrise di «originario stupore per quei benedetti ragazzi che riusciranno a volare su due ruote sole come angeli»: era un’epoca, quella, in cui le macchine della stampa potevano transitare tranquillamente in gruppo. I giornalisti potevano parlare coi corridori durante la corsa o fare colazione a fianco dei campioni.
Oggi l’accesso è molto più limitato. Non mi era mai capitato, prima di ieri, di seguire la corsa da dentro. Poi è successo che Shimano avesse un posto libero in macchina, mi hanno detto vuoi montare su? Sono andato. La tappa di Napoli era nel mirino di tanti: per il suo disegno su e giù tra la penisola sorrentina, per il fatto di accadere in una città che festeggia la fine di un’attesa di 30 anni, per il poter tornare – dopo l’anno scorso – a mangiare la pizza sul lungomare. Sono quindi salito in macchina per godere di tutta la tappa da un punto di vista privilegiato: mai come nella tappa di oggi mi sono reso conto di quante persone attendano l’arrivo del Giro. Si è passati in zone popolate, calorose, colorate: un San Siro e un Anfield lunghi 160 chilometri.
È difficile citare quali comuni ci abbiano riservato un’accoglienza migliore di altri, ma ne cito tre per motivi diversi. Il primo è Pollena Trocchia, perché non avevo nemmeno idea di cosa fosse prima di oggi e, travestito a festa per il Giro, mi ha fatto una gran impressione. Il secondo è Sant’Antonio Abate, per tutte quelle persone che se ne sono infischiate delle transenne del traguardo volante e hanno voluto incitare Alessandro Verre più da vicino, pur rispettando la distanza di sicurezza. Il terzo è Sorrento, perché non capita spesso di vedere due ali di folla a lato strada e sopra di te striscioni per tutta una rosa di calciatori.
La tappa di oggi è passata due volte attorno al Vesuvio, da Pompei, sulla costiera amalfitana e poi su quella sorrentina. È passata la fatica nelle gambe di Alessandro Verre, che per 80 chilometri ha inseguito vanamente. È passata la splendida vista verso Furore e il suo fiordo. È passata una giornata a Napoli, e io a malapena me ne sono accorto, stupito com’ero di tanta bellezza.