E finalmente Strade Bianche. Una corsa che unisce la meraviglia del territorio toscano con la difficoltà tecnica dell’affrontare ripide salite e poi discese, a volte in sterrato, a volte no, seppure uno sterrato battuto, ma che appare rotto in alcuni tratti; il vento che se spira è un accidenti mandato contro i corridori e poi quel finale che se non bastassero le ore precedenti di fatica ti costringe a un ulteriore sforzo per arrivare lassù in cima, in piazza, semplicemente in “Campo”, dove un boato accoglie i vincitori.
Di nuovo Strade Bianche: chiudere la corsa con gli occhi che lacrimano, i polmoni che bruciano, le gambe indolenzite, gli sforzi per stare a ruota e recuperare il buco fatto da quello davanti, e la speranza che una volta tanto la sfortuna guardi da un’altra parte. Tra vere e proprie voragini che all’improvviso si presentano sotto la ruota davanti e il complicato muoversi “in the bunch” come dicono gli inglesi, qui ne è pieno, nella pancia del gruppo. Nervoso. A tutta.
Di crete senesi oppure della genialità di una corsa che in pochi anni ha acquistato un livello tale da meritarsi appellativi che non stiamo qui a ripetere, così come non staremo qui a ripetere chi manca e perché: tra infortuni, malanni, scelte di calendario qualcuno è assente, ma come sempre un solenne chi se ne frega, di gente da vedere ce n’è.
Da Pidcock a van Vleuten, da van der Poel a Kopecky, passando per Persico, Benoot, Ludwig o Bettiol. Voi per chi tifate? Tanti altri: tra outsider e nomi che si nascondono pronti a spuntare. Voi per chi tifate, quindi? Noi per lo spettacolo, per una attacco da lontano, una sgasata, ci apposteremo ovunque per esempio lungo le rampe di Monte Sante Marie, tra strade battute oppure polvere, o perché no più avanti quando gli ulivi saranno contorno fino a sembrare statici tifosi imbambolati davanti allo scatto di Valter oppure a quello di Bertizzolo.
Strade Bianche: un concetto astratto che diventa corsa, che lo puoi imitare, ma nulla può ricordare la Toscana: castelli e tenute, casolari e cortili. Arrivando verso Siena su una parete quasi verticale abbiamo visto pure degli alpaca, (o era un’allucinazione?) sorseggiato vino, mangiato formaggio, ci siamo fatti rapire dalle crete, dal giallo e dal verde. Abbiamo chiuso gli occhi e il cielo in un attimo si è ricoperto di nuvole bluastre. A un certo punto andavamo così piano che abbiamo creato coda dietro e ci siamo fatti superare dall’ammiraglia della Soudal QS e volevamo chiedergli: ma Alaphilippe, come sta? Abbiamo chiesto anche a Sagan come stava, banalmente, ma lui ha risposto con il suo solito modo sprezzante.
Strade Bianche, domani sarà come sempre uno spettacolo.