Il corridore andò in fuga. Mossa preventiva. Appiccicato alla pipa della sua bici la cartina della tappa del giorno, evidenziati i gran premi della montagna, ben impressa nella sua mente la classifica della maglia a pois. In mattinata il briefing con tecnici e squadra: attacca qui, marca là, questo è il leader, quel corridore ha tanti punti in classifica, quell’altro ne vuole racimolare ovunque, non farti fregare, e poi occhio che ti si incollerà a ruota non appena proverai a fare una mossa.

Il corridore prese così la fuga giusta. Tagliò per primo due dei tre traguardi del gran premio della montagna vestendosi a fine giornata con la maglia di miglior scalatore. Sul palco la gioia di vestire “la pois” il simbolo più brillante, divertente e identificativo della corsa francese.

Il giorno dopo vide tifosi e macchie policrome, ma c’era qualcosa di diverso che attirava la sua attenzione. In quell’orgasmo di colori spuntavano bandiere, cappellini, magliette, persino mascherine a coprire il volto di alcuni spettatori: era un turbinio di pallini rossi. Ma soprattutto le voci: per la prima volta in carriera il corridore sentiva urlare il suo nome dai tifosi a bordo strada, gente che probabilmente nemmeno sapeva della sua esistenza fino a poche ore prima.
È l’incanto di una maglia, quella a pois, un sortilegio che premia il miglior scalatore e che fa inscenare battaglie epiche oltralpe. La classifica dei Gran Premi della Montagna fu istituita per premiare Trueba, la pulce dei Pirenei, era il 1933, ma ce ne vollero altri 42 di anni perché nascesse lei, la più iconica di tutte: la maglia a pois. Il fascino col tempo aumenta diventando convenzionale come fosse la numero dieci indossata di un grande fantasista. Si raccontano leggende tanto che in Francia Pierre Carrey, giornalista, ha dovuto scrivere un libro per mette i puntini sulle i, per spiegare il perché di quei pallini rossi.

L’idea di vestirla è ispirazione che scatena le turbolenti gambe di Virenque, eroe in Francia più per le sue sette maglie a pois indossate sul palco con l’Arc de triomphe alle spalle che per vittorie di tappa o podi, lo sarebbe stato per Bahamontes, vincitore per sei volte del premio di miglior scalatore quando ancora questo simbolo non era stato concepito, oppure croce e delizia per Van Impe colui che per primo la portò a Parigi. «Ma questa maglia ha il morbillo!» disse il corridore prima di indossarla la prima volta. Parole che oggi profanerebbero un rito. Storia d’amore per chi è cresciuto con i Tour di Chiappucci che due volte ha vestito quella maglia illuminando le roventi estati dei primi anni ’90, manco fossero il primo bacio.

L’ispirazione che arriva da un pistard, Henri Lemoine, chiamato “Petit Pois” corridore di un tempo ormai antico che correva con una divisa a pallini rossi ispirata a quella di alcuni fantini – e chiamata per l’appunto “Little Spots”. Lemoine, “un ometto alto come tre mele”, faccia da outsider come uscito da un racconto dell’America post Grande Depressione, fu campione del mondo in pista, fu ferito e imprigionato in guerra e gareggiò fino all’età di 48 anni.
Il primo a indossare la pois fu un olandese: Zoetemelk. Il primo a portarla a Parigi quel Van Impe, “de Kleine van Mere” considerato uno dei più forti grimpeur del gruppo.

L’ultimo, oggi, in ordine di tempo, a chiudere temporaneamente il cerchio, un altro olandese, Schelling, che non è forte in salita quanto gli altri, ma si ispira a quei fomentatori di corse, che a modo loro lasciano il segno. Si ispira a quella maglia per cercare la celebrità e sentire urlare il suo nome lungo le strade del Tour.

Ed ecco quel corridore che va di nuovo in fuga. Chi glielo fa fare? Le gambe sono dure, sono messe anche peggio del giorno prima. Cerca conforto nelle parole del suo direttore sportivo: “Vai, attacca per difendere la maglia”.

Cerca conforto in un messaggio al telefono della sua ragazza, legge i commenti sui giornali e si gasa, altri messaggi arrivano da tifosi conquistati strada facendo, che magari il suo nome lo avevano scorso distrattamente nella lista di partenza. E poi spuntano, sempre per strada, striscioni dedicati a lui, che fino a ieri era uno dei tanti.

È la forza della maglia a pois che ti travolge come un insolito destino e ti fa conoscere in tutto il mondo.