Top&Flop - alvento weekly #3
TOP
ALPECIN-DECEUNINK
Dillier per la costruzione da dietro, Hermans e Sbaragli a gestire palla, Vermeeersch per difendere (il capitano), Philipsen la seconda punta che fa le finte, Kragh Andersen stoppa e serve gli assist e poi Mathieu van der Poel a finalizzare. Che squadrone la Alpecin vista a Sanremo! E come se non bastasse nei giorni successivi Philipsen vince una Brugge-De Panne bagnata e massacrante, Groves in volata al Catalunya. Che squadrone la Alpecin ovunque!
UAE TEAM EMIRATES
Si può essere tra i top pur senza essere vincenti? Certo, perché alla squadra di Pogačar gliene si dice sempre di ogni e invece alla Sanremo hanno fatto tutto quello che si doveva fare. Se poi di fronte hai un van der Poel di quel genere non ti resta che guardare e difenderti con i denti.
TREK SEGAFREDO
Al Trofeo Binda, bottino pieno: prima Shirin van Anrooij, seconda Elisa Balsamo. C'è la concretizzazione di un'azione solitaria da equilibristi e un lavoro di squadra che permette all'equilibrista di inventare ogni peripezia. Il riassunto? Dalle parole di Gaia Realini all'arrivo: "Che bella specorata". E poi quel Ciccone mai visto con questa continuità ad alti livelli.
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FLOP
WOUT VAN AERT
E non ce ne voglia Attila Valter che diceva: "Criticano e prendono in giro van Aert per i suoi piazzamenti”, ma a Sanremo van Aert era il favorito e invece arriva “solo” terzo… comunque di gare in cui rifarsi ce ne sono, altrimenti poi ci tocca pure dare ragione a Boonen e Museeuw.
ARNAUD DE LIE
Pensavamo che, entrando nella cabina telefonica, il giovane Arnaud si fosse trasformato in Superman e invece arriva la prima vera legnata della sua carriera. Si stacca sulla Cipressa da un gruppo con dentro ancora 70/80 corridori. Va bene che la Sanremo è la Sanremo, corsa lunga che può logorare, ma l’impressione è che questo non sia minimamente lo stesso Toro ammirato a inizio stagione. Cova un malanno, o è partito troppo forte, illudendoci?
BINI GIRMAY
Da un certo punto in avanti della scorsa stagione abbiamo l’impressione che il talentuosissimo corridore della Intermarché - al netto di alcuni risultati qua e là - non riesca più a esprimersi a quei livelli raggiunti tra Gand-Wevelgem e Giro nel 2022. Non vederlo nemmeno nel secondo gruppetto sul traguardo di Via Roma assume i contorni del mistero. Ma anche lui, come si suol dire, ha tutta la stagione davanti.
E ora qualcosa di completamente diverso
Non c’è esperienza più strana, particolare, di una Milano-Sanremo. Una Milano-Sanremo con un finale così, poi, lasciamo stare, perché ha decisamente qualcosa in più. Un amico ci scrive - e ci perdonerà per aver usato e rubato il suo esempio - “La Sanremo è come Catherine Deneuve in Bella di Giorno”. Non si poteva spiegare meglio.
Non c’è esperienza più particolare, differente di questa gara. Ti lascia titubante, annoia da morire, ti costringe a contraddirti e ad arrampicarti sugli specchi per spiegare la situazione: la odi e la ami, ma la guardi lo stesso, perché poi sai che quel finale ripaga tutto. E oggi, quel finale, che finale: ha dato decisamente un tocco differente a tutto.
Non è un dramma in tre atti, ma è qualcosa di completamente diverso. È un crescendo continuo, non c’è risoluzione, ma solo scontro e lotta. C’è appagamento fisico. Ti trascina e quando arrivano i Capi vola via e non te ne accorgi. Salgono le pulsazioni, se sei sul divano inizia a mangiarti le unghie dal nervoso (non fatelo...), e ti alzi, inizi a saltellare.
«Lasciatemi stare, ci sono gli ultimi chilometri della Sanremo!»
«Ma se hai detto che è una gara noiosa!»
«Non è vero!»
Non è vero, perché quando arriva quel benedetto Poggio ti accorgi che sei ore sono volate via e se succede come oggi, vedi volare via un quartetto iconico, stellare, che più quartetto iconico, stellare non si può. E se sei ancora più fortunato da quel quartetto iconico, stellare vedi volare via Mathieu van der Poel che trova il momento giusto, perfetto, quasi studiato, per prendere lo slancio giusto e andarsene.
Ci sarebbe da parlare per ore, scrivere trattati e saggi su ciò che van der Poel e questa generazione sta regalando al ciclismo. E di quello che hanno regalato oggi alla Milano-Sanremo. Ciclocrossisti che vincono la gara (e che finiscono sul podio), pistard che arrivano secondi (che gara Ganna, e che sparata sul traguardo!); corridori a tutto tondo che attaccano, vengono staccati e poi battuti, finiscono giù dal podio, ma a fine corsa hanno occhi, sorrisi e strette di mano solo per il vincitore.
Oggi è stata una Milano-Sanremo di quelle che vorresti uscire in strada e urlare: «Che gara!»; una di quelle Milano-Sanremo dove non invidi il tuo vicino che sta in giardino a tagliare l’erba, anzi non solo non lo invidi, ma provi pure un po' di rabbia e vorresti dirgli: «Vai dentro a guardare la corsa che mi disturbi!».
Oggi Mathieu van der Poel, con la sua esplosività e il suo tempismo ha regalato qualcosa di completamente diverso in un ciclismo che, quando ci sono loro a giocarsi la vittoria, fa di tutto per non annoiarci nemmeno un po’. Nemmeno in una corsa come la Sanremo, amata, odiata, bistrattata, difesa strenuamente, e con quel finale così carico di emozioni e adrenalina. E poi quegli ultimi chilometri fatti così e con quel vincitore lì, hanno avuto decisamente qualcosa in più. Che esperienza la Sanremo...
10 nomi da seguire per la Milano-Sanremo
Qual è quella corsa che dura quasi trecento chilometri e che ti consuma lentamente, ti annoia, ti fa addormentare e poi all'improvviso ti sveglia come se ti avessero gettato un secchio di acqua gelata? Qual è quella corsa che ha sempre lo stesso canovaccio, ma che si presta a diverse soluzioni, quella corsa in cui “tanti sono i favoriti, ma pochi quelli che davvero possono vincerla?” almeno così dicono i saggi.
Beh inutile stare a girarci troppo attorno perché lo avete già capito: parliamo di Milano-Sanremo che quest'anno, per gli appassionati di fantaciclismo e per tutti gli iscritti a Fantacycling, darà il via al Trofeo Monumento con i premi messi in palio da alvento.
Ve ne consigliamo dieci, ma potrebbero essere anche trenta con il rischio che poi a vincere è il trentunesimo. Una corsa unica a suo modo, divisiva, noiosa e allo stesso tempo palpitante. Aperta a diverse soluzioni, ma paradossalmente con un canovaccio sempre simile che non si discosta da quei tre, quattro modi che si hanno per vincerla.
Abbiamo scelto cinque grandi nomi e cinque outsider che come vedrete alcuni possono essere nomi anche sorprendenti. restano fuori campioni uscenti, vincitori recenti, gente che è salita sul podio più volte, ma questa è la forza (mai il limite) della Sanremo.
PS di fianco al nome trovate anche i fantacrediti per l’acquisto su fantacycling.
DIECI NOMI PER LA MILANO-SANREMO
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5 FAVORITI
1.Mathieu van der Poel (46 crediti)- Arrivato un po' sotto traccia, ha giocato a nascondino o cerca ancora la migliore condizione?
2. Tadej Pogacar (72)- il più in forma, il più forte, lui altro che nascondersi, sta benissimo forse anche più dello scorso anno e con la capacità di non ripetere certi errori.
3. Wout van Aert (67)- A proposito di nascondino alla vigilia della Milano-Sanremo, a proposito di soluzioni differenti. Se c’è uno che può vincere in ogni modo quello è lui.
4. Mads Pedersen (40)- Dice di non amare questa corsa, ma lo scorso anno è arrivato vicino tanto così a salire sul podio. Trovarselo di fianco in via Roma sarà un problema per tutti.
5. Bini Girmay (33) - Ecco su di lui c’è qualche dubbio: alla Tirreno non ha sfigurato, ma è mancato qualcosa, ma se c’è una corsa perfetta per Bini…
5 OUTSIDER
1. De Lie (21) - Già amatissimo, già corridore di culto, alla PaNi ha preso le sberle giuste per continuare a crescere e alla Sanremo può vincere.
2. Tratnik (11)- Volete il nome di un corridore che sta benissimo e può arrivare in Via Roma da solo e anticipando? Ecco lo sloveno della Jumbo Visma per voi...
3. Consonni (12)- Tra gli italiani scegliamo Consonni: abbiamo ancora negli occhi ciò che ha fatto in pista e questa è da sempre la corsa dei suoi desideri.
4.Sagan (15) - Ultima Sanremo per Peterone, la classica che più di tutti lo ha respinto e lui ha sfiorato. Noi sogniamo con lui.
5. Strong (3) - Si è visto pochino in questo inizio di stagione, come caratteristiche sembra un po’ Alaphilippe, un po’ Gerrans, due che questa corsa l’hanno vinta: e pure Strong ha i numeri per emergere nel finale. Certo piovese sarebbe ancora meglio perlui, ma è previsto bel tempo.
Foto: Sprint Cycling Agency
Ecco invece i consigli per la Sanremo di Fantacycling
Di sloveni ubriachi, peli e sorrisi
IL SORRISO DI TADEJ
Pare che gli americani abbiano calcolato la grandezza di un asteroide passato nelle scorse ore vicino alla terra con la misura di sessantanove alligatori: chi siamo noi per non misurare la capacità di dominare una corsa in Pogačar?
Verrebbe da dire, anche: “questo ragazzo, Tadej Pogačar, è irreale”. Come definireste il suo impatto con il mondo del ciclismo? Da quando è cresciuto definitivamente in questo microcosmo sembra aver deciso di mettere per iscritto un regolamento tutto suo, ispirato a una civiltà in cui il cannibalismo era un rito, rappresentante quasi unico di un ciclismo dove si vince senza fare prigionieri e se possibile lo si fa con il sorriso stampato sul volto.
Prima era il ciuffo sbarazzino, poi la linguaccia sul traguardo de Il Lombardia rivolta a Mas o forse a se stesso e ai suoi tifosi, emblema di un modo di interpretare questo sport che di divertente sembrerebbe avere poco, in realtà, soprattutto nel momento in cui lo stai praticando; poi c'è stato quel momento durante la Parigi Nizza in cui, prima di stroncare Vingegaard e lasciarlo sul posto come un maleducato farebbe durante una passeggiata, in un sentiero, con una cartaccia, si volta verso la moto ripresa e sorride.
Ma più che irriverenza c’è consapevolezza; è l’affrontare la vita e il ciclismo così, come piace a noi, lui stacca o batte allo sprint - perché è notevole lo spunto veloce - gli avversari, e prova a farlo da febbraio a ottobre. Quest’anno non vuole mancare l’appuntamento caldo del Tour de France, con un successo finale, ma occhio anche a ciò che avverrà a breve perché dal 18 marzo al 23 aprile ci sono tre momenti segnati in grassetto, iniziando dalla Sanremo di domenica dove sarà costretto a gestire meglio, rispetto al 2022, la sua idea di fratricidio - e siccome è una spugna lo farà - mettendo però giù corsa dura, forse pure durissima dalla Cipressa e gestendo gli attacchi, i suoi attacchi, sul Poggio. Magari non quattro, cinque di fila, ma uno ben assestato in uno dei punti focali sui quali si pone l'attenzione di tutti nella celebre salita prima della picchiata verso Sanremo.
A qualcuno non piace il suo modo, oppure giudica insipido il suo rapporto con la stampa, un po’ freddo e banale, ma la gloria per Pogačar si raggiunge tagliando il traguardo per primo e basta: la vera novità per la nostra generazione di appassionati e osservatori è quella di trovarsi di fronte a un corridore che può vincere qualsiasi tipo di corsa, come accaduto poche volte in un passato ormai lontano.
Quello che importa non è quale storia abbia alle spalle, ma quale starà per scrivere: quando attaccherà e come; cosa si inventerà per vincere, in un momento storico nel quale la concorrenza è agguerrita su ogni percorso e varia, e dove lui è l'unica costante.
Pogačar non lascia nulla agli altri né al caso come nella penultima tappa di montagna alla Parigi-Nizza dove: «È stata dura, la prima vera giornata dura dell’anno ed è andata come previsto». Ovvero gol di Pogačar e palla al centro. Aveva bisogno di faticare e ha faticato e ha vinto. In quel modo leggero che conosce solo lui.
E siamo a quota 9 successi a marzo 2023 ovvero più della metà di tutto il 2021 (13) e di tutto il 2022 (16). Una crescita numerica inarrestabile.
ALTRO SULLA PARIGI-NIZZA
C’è Vingegaard che rimbalza, solo che ora fa più rumore perché ha acquisito un nuovo status: lui è quello che ha battuto lo sloveno al Tour, che fa il capitano della squadra più forte e temuta, lui è quello che appare proprio il contrario del suo rivale e per tanti aspetti ed è interessante che la faccenda vada così: che se la sbrighi ognuno a modo proprio.
Perché se Pogačar c’ha quel sorriso stampato in faccia che lo si ama o ti irrita, Vingegaard, invece, è quello che dopo il Tour, travolto dalla popolarità e dallo stress, deve staccare e scappare, fino a quasi scomparire. È quello che non si pone al momento altri grossi obbiettivi a parte la grande corsa a tappe francese, pur correndo molto, per carità non entriamo nel dibattito; è quello che in bici pare un elemento freddo e distaccato mentre a fine gara si scioglie e cerca conforto al telefono parlando con sua moglie non appena finisce una corsa. È quello che nella prima tappa di montagna di questa Parigi Nizza ci prova, attacca, getta la sfida, ma si riduce a dare lo spunto a un Pogačar che forse, se possibile, è ancora più forte dello scorso anno. Vingegaard è quello che in Spagna solo pochi giorni prima faceva il Pogačar (ecco l'unità di misura) ma poi si stacca in Francia. «Andavano troppo forte per me» dirà in riferimento all’ultimo arrivo in salita quando, facendo l’elastico dietro Pogačar e Gaudu, riuscirà a rientrare salvo poi staccarsi durante lo sprint finale. Per luglio c'è tempo, avete voglia...
E a proposito di luglio, status raggiunti e Tour de France: uno spettacolo vedere David Gaudu salito così tanto di livello da aver corso praticamente su quelli di Pogačar Un bel vedere per il simpatico scalatore francese che ora, da qui all'estate dovrà cercare di superare il tritacarne mediatico d'oltralpe che rimarcherà un fatto: “potrà un francese vincere il Tour tot anni dopo Hinault?”.
Volate, in breve: bene Pedersen che sembra avere ancora con un po’ più di margine di miglioramento rispetto al 2023 e sarà tra gli outsider più credibili nei prossimi quattro week end di corse che vedranno la bellezza di quattro grandi classiche del ciclismo imperdibili (18 marzo, Milano-Sanremo, 26 marzo, Gent-Wevelgem, 2 aprile, Fiandre, 9 aprile, Paris-Roubaix); bene Merlier che si conferma il più forte velocista al mondo in questo momento dopo un anno così così; benissimo Kooij ormai una realtà tra gli sprinter puri; tanto da imparare invece per De Lie e per il suo treno, un corridore con abilità innate nello sgomitare al Nord ancora molto poco a suo agio (lui e il suo treno) nelle volate di gruppo soprattutto quando c'è ancora parecchia freschezza in giro.
IL LEAD OUT DI VAN DER POEL
Parlare di volate di gruppo ci dà il giusto lancio per introdurre la Tirreno-Adriatico e prima di parlare di dominio sloveno anche qui, ecco un accenno a van der Poel che lancia perfettamente Jasper Philipsen nella tappa di Foligno dopo aver sbagliato tutto il giorno prima a Follonica facendo a pezzi chi gli stava a ruota e favorendo il lancio per Jakobsen.
Perfetto in terra umbra van der Poel: in un lead out che fa parlare perché arriva da uno dei corridori più amati dai tifosi e più forti del gruppo, perché lui sostanzialmente ha sempre fatto fatica in questo ruolo (e appunto il giorno prima…) ma come Pogačar, come tutti i fuoriclasse, ha un tratto distintivo che è la capacità di imparare subito dai propri errori e rimediare. E più o meno è simile ciò che accade nell’ultima tappa di San Benedetto del Tronto (a proposito, cari velocisti, massima stima per il vostro coraggio nell’affrontare arrivi di questo genere) anche qui pilota, con meno forza e meno precisione, ma è un bel vedere comunque, portando Philipsen e la sua squadra al successo numero due della stagione. Philipsen che batte Jakobsen per 2 a 1.
A proposito di Jakobsen: in questo inizio di stagione non sono mancate le vittorie, ma nemmeno i momenti in cui si vede che la paura prende il sopravvento. A San Benedetto del Tronto a un certo punto si rialza dalla ruota dei suoi compagni - invece loro perfetti nel portarsi davanti, ma appunto senza velocista al seguito. Normale dopo tutto quello che gli è successo, anzi per chi scrive resta come eccezione quello che è riuscito a fare negli anni dopo il grave incidente accorsogli al Giro di Polonia.
È stata una Tirreno Adriatico che ha vissuto sul vento contro e laterale che ha influenzato i finali di gara, soprattutto l’arrivo più importante, quello di Sassotetto; ha vissuto su un video che ha fatto il giro del mondo ciclistico e ci ha strappato un sorriso, soprattutto perché conseguenze non ce ne sono state, ma in realtà da ridere ci sarebbe poco nel vedere in diretta televisiva, mentre un corridore viene intervistato, un auto (dell’organizzazione?) che investe in pieno una bicicletta. Quel corridore, lo sapete tutti, è Ciccone, la bicicletta era la sua, e la reazione è un capolavoro di tempismo, tanto spontanea quanto empatica:c’è del genio nel salvataggio dello scattista abruzzese che riesce a censurare il finale di quella bestemmia entrando direttamente nella leggenda dei tormentoni di questo magnifico sport. Grazie Ciccone.
La Tirreno poi, ha vissuto momenti di dominio simili a quelli che avvenivano pochi chilometri più a nord ovest: uno sloveno su tutti anche qui, si tratta di Primož Roglič e anche qui di storie ce ne sarebbero da raccontare.
I PELI DI ROGLIČ
Non si può parlare sempre di contenuti tecnici, statistici, wattaggi, tattiche incomprensibili, corridori che dominano, giornalisti francesi che litigano su twitter, deve restare del tempo per Roglič che mostra fiero i peli delle gambe non depilati come ormai nemmeno più i ciclisti della domenica fanno (a parte chi scrive). Pare, si scoprirà dopo il primo dei tre successi di tappa consecutivi ottenuti nella corsa italiana, che lo sloveno della Jumbo Visma abbia fatto una scelta dettata dalla scaramanzia decidendo di non depilarsi fino al primo successo stagionale che è arrivato decisamente in anticipo rispetto alla tabella di marcia. Roglič, infatti, sarebbe dovuto rientrare alla Volta Catalunya nei prossimi giorni, ma dopo essersi testato in allenamento aveva deciso di correre la Tirreno con i risultati che tutti abbiamo visto. Tre tappe, la classifica finale, quella a punti e quella dei GPM.
Un Roglič che si dimostra ancora una volta pressocché imbattibile su certi arrivi - certo, la concorrenza sin troppo sorniona ne ha favorito l'esito - soprattutto quando c’è da sprintare in un gruppetto dopo una salita: siamo convinti che così non basterà per vincere il Giro, ma potrebbe avere ancora margine per migliorare. Ancora Rogla, poi, protagonista nel dietro le quinte come si può vedere da questo siparietto e dall'occhio lucido.
Se quest’anno la corsa non ha lanciato troppi spunti dal punto di vista tecnico, ha lasciato i veri fuochi d’artificio per altri momenti, il contorno, tra bestemmie, peli e sloveni ubriachi dopo le premiazioni, ha raggiunto picchi incredibili.
E IN CHIAVE SANREMO?
Qualcuno si è nascosto o per meglio dire ha fatto dei lavori che torneranno utili più avanti: le sgasate di van der Poel in versione pesce pilota, le tirate di van Aert ad Osimo che hanno fatto arrabbiare pure Alaphilippe e ancora Ganna in alcuni finali di tappa, vanno in questo senso, mentre qualche dubbio resta sulla condizione di Bini Girmay, corridore che in Via Roma potrebbe arrivare a braccia alzate, ma che alla Tirreno non ha convinto fino in fondo - seppure un 3° e un 4° posto sono buoni risultati, ci mancherebbe. Probabilmente anche lui ha preferito nascondersi soprattutto negli arrivi più tortuosi, per poi farsi vedere solo nel momento giusto. Spesso nella Classicissima è quello che conta, a meno che non ti chiami Mohorič e vai in giro per il gruppo a canticchiare e a dire che in discesa stacchi tutti. Ma lo abbiamo detto: il ciclismo è pieno di gente forte, sì, ma anche meravigliosamente folle e geniale.
Foto in evidenza: ASO/Aurelien Vialatte
Top&Flop - alvento weekly #2
TOP
Jonas Gregaard
Il ragazzo danese cerca di rilanciarsi, ha lasciato l'Astana due anni fa sposando il progetto UNO-X Pro Cycling. Il ragazzo danese va in fuga quasi tutti i giorni alla Parigi-Nizza. Il ragazzo danese ha tre meriti:
1) Conquista la maglia a pois della celebre corsa a tappe di marzo rendendo orgogliosa la sua squadra che a luglio tornerà sulle strade francesi per il primo Tour della propria giovane storia.
2) "Costringe" un capitano consumato come Alexander Kristoff ad aiutarlo in fuga a conquistare punti decisivi alla conquista del primato.
3) Evita che Tadej Pogačar vada a casa con tutte, ma davvero tutte, le maglia di leader della Corsa verso il Sole.
Lorena Wiebes
Se ci fermassimo ai numeri, basterebbe dire che, per Lorena Wiebes, la vittoria alla Miron Ronde van Drenthe è la terza da inizio stagione, l’ultima solo una decina di giorni prima. Magari aggiungendo che è anche la terza consecutiva nell’albo d’oro della gara e solo Marianne Vos aveva fatto qualcosa di simile. Ma c’è di più, molto di più, in realtà.
Lorena Wiebes è fra i top di questa settimana per il modo di sprintare, per la netta sensazione di superiorità che ha, fino ad ora, offerto, per il tempismo che con cui parte e la capacità di levarsi quasi di ruota le avversarie. Tutto questo a soli 23 anni, con la maglia di campionessa europea addosso.
Giulio Ciccone
Del salvataggio geniale in diretta RAI ne abbiamo già parlato, ma il corridore abruzzese in queste prime settimane di corsa non è solo quello. È un corridore attivo che cerca il successo, battaglia con i migliori, si è già sbloccato e punta forte a qualche tappa al Giro. Con questa forma vogliamo vederlo anche sulle Ardenne perché può farci divertire.
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FLOP
Arnaud De Lie
Oneri e onori dell' essere considerato una sorta di ragazzo prodigio del ciclismo mondiale. La facilità con cui ha raggiunto diversi successi nei primi quindici mesi tra i professionisti si scontra con la dura realtà di una Parigi-Nizza nella quale si è perso in mezzo alle sgomitate degli altri sprinter (puri) e dei treni più collaudati. Attenzione però: Arnaud De Lie in testa e nelle gambe ha ben altro che le volate di gruppo e lo vuole dimostrare già da questa primavera.
Mikel Landa
Ma quello zigzag in salita alla Tirreno per le vie di Osimo, tra paletti e marciapiede, era proprio necessario caro Mikel? Hai fatto dei rifili che ci hanno fatto spaventare, ma a parte questo: ti rendi conto che continui a giocare con il nostro cuore quando scatti e poi non affondi? Ti prego Landa, vinci qualcosa! altrimenti non riusciamo a trovare pace.
La Ineos di Classifica
Può una squadra che presenta tra Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico, Dani Martinez, Pavel Sivakov, Thymen Arensman, Tom Pidcock e Tao Geogheghan Hart (quest'ultimo ha iniziato bene, lui non è un flop della settimana, anzi!) chiudere come miglior risultato con il 3° posto di THG in Italia e col 9° di Sivakov in Francia? Evidentemente sì, ma evidentemente non basta. Ci rivediamo al Catalunya, signori.
Foto: ASO/Aurelien Vialatte
Le Strade di Valter e Benoot
La Jumbo Visma fa notizia quando vince, la Jumbo Visma fa notizia quando non vince, figuriamoci alla Strade Bianche dove Attila Valter e Tiesj Benoot sono finiti nel mirino di critica e pubblico per alcune scene viste nel finale di gara e che hanno messo pepe alla discussione: esistesse ancora il “Processo alla Tappa” sarebbe stato uno dei punti principali su cui dibattere.
C’è stato un momento in cui il giovane ungherese Valter - stava benissimo, da Dio verrebbe da dire - rientrava sul primo gruppetto inseguitore di Pidcock, e fin qui non ci sarebbe nulla di male, non fosse che in quel gruppetto era presente Benoot che accoglieva il rientro del suo compagno di squadra, ben riconoscibile dalla maglia tricolore di campione nazionale, con un plateale gesto di disappunto.
La colpa di Valter sarebbe stata quella di fare da ponte tra il gruppetto Benoot e gli inseguitori che alla spicciolata faticavano su un tratto di sterrato in salita. E mica era finita qui!
La situazione pareva sfuggire di mano: a un certo punto i due sembravano aver interrotto il fresco idillio - per la prima volta si trovavano a correre assieme, nella stessa squadra e con la possibilità entrambi di cogliere il bersaglio grosso. Valter era dato da tutti alla vigilia come uno dei più accreditati outsider alla vittoria finale, Benoot, primo alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne della domenica precedente, è uno che ha pur sempre conquistato una Strade Bianche qualche stagione fa.
Andando avanti con i chilometri, sembrava che nessuno dei due volesse sacrificarsi per l'altro nel tentativo di ricucire su Pidcock; iniziavano a scattarsi in faccia, o almeno questa l'impressione da fuori, giusta o sbagliata che sia, ma di certo pareva vederli andare poco d’amore, ancora meno d’accordo, e chi era al traguardo da subito ha notato i due discutere animatamente finita la gara.
Il giorno dopo, intervenuto in una trasmissione di Eurosport Ungheria, Valter ha spiegato il suo punto di vista. «Non ho mai tirato nel gruppetto dietro, sarebbe stata una mossa da ciclista dilettante. E si vedeva chiaramente in televisione! Gli altri non ne avevano e io sono rientrato da solo su Benoot». Spiega Valter, di non aver fatto caso al gesto di Benoot che «chiaramente ha frainteso la situazione. Non sono quel tipo di persona, noi non siamo quel tipo di squadra. È vero: si possono commettere degli errori, io posso sbagliare, ma in questo caso si sarebbe trattato di uno sgarbo da egoista, non di uno sbaglio». Niente malafede, quindi, nell'azione di Valter anzi sorpresa da parte sua per il fraintendimento di Benoot.
E sull’immagine dopo il traguardo Valter chiarisce: «Gli ho chiesto scusa per alcuni errori commessi in gara e lui mi ha detto che non c’era nessun problema che da un certo punto di vista è andata meglio così». Benoot veste i panni del filosofo come riporta Valter: «Se uno di noi due avesse vinto, mi ha detto Benoot, ora non avremmo degli sbagli da cui imparare».
Alla fine hanno terminato la gara 3° Benoot e 5° Valter, per molte squadre del World Tour il bicchiere sarebbe stato mezzo pieno, ma non per la Jumbo Visma, da qualche anno a questa parte costruita per vincere, per dominare. «E nemmeno per tutti i tifosi - aggiunge ancora il corridore ungherese che quest'anno punterà alle Ardenne e non disputerà alcun Grande Giro - come succede con Wout van Aert. Messo sempre in discussione e a volte persino preso in giro per i suoi piazzamenti, i suoi secondi posti, ma è uno dei corridori più forti del mondo e con un palmarès importante». È proprio vero che la Jumbo Visma, vittorie o sconfitte, fa sempre notizia.
Sportful Social Ride
Siamo stati ospiti di Sportful nelle giornate che hanno preceduto la Strade Bianche, abbiamo avuto l’onore di pedalare nella Social Ride, al venerdì mattina, di fianco a campioni come Paolo Bettini, che ha disegnato i 43 chilometri circa del percorso, e Cristian Salvato.
Chi scrive si è staccato presto, dicevano: “sarà un giretto tranquillo, andiamo piano”, non è andata proprio così, nel senso che chi scrive, ma evidentemente non pedala abbastanza, dopo pochi chilometri si è staccato a causa del ritmo insostenibile e ben poco si è gustato dello splendido panorama intorno.
Non fa alcuna differenza ai fini del racconto se è stato l’unico a perdere contatto: lo hanno aspettato, va dato atto, nel punto ristoro organizzato da i ragazzi di VeloEtruria di Pomarance, dove c’è stato un attimo di relax a mangiare panini con la salsiccia o con la nutella assaggiando birra e vino per poi ripartire nel su e giù tra sterrati e asfalto che ci ha ricondotto nello splendido scenario di Stigliano, provincia di Siena, attraversando anche uno dei settori che l’indomani avrebbero percorso i corridori nella Strade Bianche.
Chi scrive ha provato a un certo punto pure a prendere un po’ di vantaggio accelerando leggermente in salita, venendo però scherzosamente richiamato all’ordine da Salvato: “hei ragazzo, però ci vuole un po’ di coerenza quando si pedala, se prima ti sei staccato, ora mica puoi andare in fuga”.
Abbiamo assistito in diretta anche alla caduta - per fortuna senza conseguenze e ormai diventata virale - di Paolo Bettini, leggenda in bici e mega disponibile quando a tavola ci ha riempito di aneddoti sul ciclismo dei suoi tempi, tra gare in Belgio, senatori, volate vinte davanti a Cipollini e strade sbagliate alla Tirreno Adriatico. A parte l'estemporanea fatica della pedalata - ma voi direte: "è il ciclismo, bellezza!" - giornate a loro modo indimenticabili.
Strade Bianche, facce sporche
E finalmente Strade Bianche. Una corsa che unisce la meraviglia del territorio toscano con la difficoltà tecnica dell’affrontare ripide salite e poi discese, a volte in sterrato, a volte no, seppure uno sterrato battuto, ma che appare rotto in alcuni tratti; il vento che se spira è un accidenti mandato contro i corridori e poi quel finale che se non bastassero le ore precedenti di fatica ti costringe a un ulteriore sforzo per arrivare lassù in cima, in piazza, semplicemente in "Campo", dove un boato accoglie i vincitori.
Di nuovo Strade Bianche: chiudere la corsa con gli occhi che lacrimano, i polmoni che bruciano, le gambe indolenzite, gli sforzi per stare a ruota e recuperare il buco fatto da quello davanti, e la speranza che una volta tanto la sfortuna guardi da un’altra parte. Tra vere e proprie voragini che all’improvviso si presentano sotto la ruota davanti e il complicato muoversi “in the bunch” come dicono gli inglesi, qui ne è pieno, nella pancia del gruppo. Nervoso. A tutta.
Di crete senesi oppure della genialità di una corsa che in pochi anni ha acquistato un livello tale da meritarsi appellativi che non stiamo qui a ripetere, così come non staremo qui a ripetere chi manca e perché: tra infortuni, malanni, scelte di calendario qualcuno è assente, ma come sempre un solenne chi se ne frega, di gente da vedere ce n’è.
Da Pidcock a van Vleuten, da van der Poel a Kopecky, passando per Persico, Benoot, Ludwig o Bettiol. Voi per chi tifate? Tanti altri: tra outsider e nomi che si nascondono pronti a spuntare. Voi per chi tifate, quindi? Noi per lo spettacolo, per una attacco da lontano, una sgasata, ci apposteremo ovunque per esempio lungo le rampe di Monte Sante Marie, tra strade battute oppure polvere, o perché no più avanti quando gli ulivi saranno contorno fino a sembrare statici tifosi imbambolati davanti allo scatto di Valter oppure a quello di Bertizzolo.
Strade Bianche: un concetto astratto che diventa corsa, che lo puoi imitare, ma nulla può ricordare la Toscana: castelli e tenute, casolari e cortili. Arrivando verso Siena su una parete quasi verticale abbiamo visto pure degli alpaca, (o era un'allucinazione?) sorseggiato vino, mangiato formaggio, ci siamo fatti rapire dalle crete, dal giallo e dal verde. Abbiamo chiuso gli occhi e il cielo in un attimo si è ricoperto di nuvole bluastre. A un certo punto andavamo così piano che abbiamo creato coda dietro e ci siamo fatti superare dall’ammiraglia della Soudal QS e volevamo chiedergli: ma Alaphilippe, come sta? Abbiamo chiesto anche a Sagan come stava, banalmente, ma lui ha risposto con il suo solito modo sprezzante.
Strade Bianche, domani sarà come sempre uno spettacolo.
Alvento + Fantacycling? Trofeo Monumento
Ci perdonerete, ma non sapremmo esattamente dirvi con certezza quando per la prima volta nella storia della narrazione ciclistica apparve il termine Monumento riferito a 5 delle più grandi, nel senso di importanti, classiche del Ciclismo Mondiale.
Le elenchiamo che non si sa mai:
Milano-Sanremo;
Giro delle Fiandre;
Paris-Roubaix;
Liegi-Bastogne-Liegi;
Giro di Lombardia, ormai da qualche anno diventato Il Lombardia.
Gusto antico quelle delle classiche: che potrebbe essere il nome di una gelateria artigianale.
Dall’Italia, il 18 marzo Milano- Sanremo, corse imprevedibile e che divide sempre tifosi e addetti... all'Italia, Il Lombardia 7 ottobre, una delle più dure corse del calendario, passando per le pietre fiamminghe, quella con i muri e poi quelle più indecifrabili al confine tra Belgio e Francia. E in mezzo pure quella con le côtes valloni a premiare perlopiù corridori resistenti alle infide fatiche che lasciano nelle gambe le colline ardennesi.
Ma il punto del discorso è un altro, non di certo spiegarvi cosa sono le corse che più di ogni altra aspettano i tifosi di tutto il mondo.
Il punto è un altro: quest’anno abbiamo deciso, in collaborazione con i ragazzi di Fantacycling di premiare i fantagiocatori che, partecipando al Fantaciclismo sulla loro App, otterranno il miglior punteggio nell’evento speciale "Trofeo Monumento" (Regolamento)
Ai primi 3 classificati di ogni singola gara Monumento verrà dato in premio la nostra welcome box, mentre a chi vincerà la challenge Trofeo Monumento, ovvero quei giocatori che avranno totalizzato il miglior punteggio al termine delle cinque grandi corse di cui è composto il torneo:
18 mesi di abbonamento alla nostra rivista cartacea al 1° classificato, 12 mesi al 2° e 6 mesi al 3°.
Per partecipare basta scaricare l’App seguendo i link nel sito di fantacycling oppure su Google store e Apple store e una volta fatta la vostra squadra non vi resterà che schierare i vostri corridori e... via.
Possono partecipare tutti, sia chi inizia appositamente per il Trofeo Monumento, sia chi già è in corsa da inizio stagione. Dubbi? Ecco il regolamento: https://fanta-cycling.com/regolamento
E insomma... seguire le cinque monumento, quest’anno non sarà solo stare sul divano e muovere il dito sul telecomando e fare esercizio alzando la pinta e bevendo birra; non sarà mica solo pedalare le rispettive gare amatoriali, o seguire la corsa lungo la strada, no, qui c’è in gioco la possibilità di vincerle… grazie ad Alvento e a Fantacycling… un affare serio… come tutti i giochi.
Si parte! Iscrivetevi e ci vediamo in game!
PS se volete parlarne con noi seguiteci nel nostro gruppo Telegram: https://t.me/+ePN4JFpjo3YwNDhk
Oggi pilota Søren Wærenskjold
Ci sarebbero molte cose a cui pensare a inizio stagione, esistono delle priorità. Prendete la Volta ao Algarve, corsa di preparazione in Portogallo che vede al via nomi di un certo spessore e che ieri, nella prima frazione, ha visto la sfida tra alcune delle migliori ruote veloci del “mondo”. Almeno quello della bicicletta.
Ci sono delle priorità, e una corsa di preparazione lo è per definizione: e quindi si cerca l' affiatamento tra compagni di squadra, soprattutto in volata, il colpo di pedale che ti terrà compagnia fino a fine stagione.
Uno strappetto nel finale ha messo in difficoltà Jakobsen così come sembra complesso il rapporto con queste ultime due stagioni (una e un po’ diciamo, visto che questa è appena iniziata) di Michael Mørkøv, che pare abbia perso - fisiologico - lo spunto che lo ha reso fino al 2021 se non il più forte pesce pilota in tempi recenti, probabilmente uno dei due più forti (si accettano suggerimenti per capire chi è l’altro).
E allora dopo lo strappo, Jakobsen - quest’anno la Quick Step, in versione Soudal, ha preso Casper Pedersen per stargli vicino, ma il danese non è un semplice lead out, quanto uno che va forte anche sulle pietre e sugli strappi, e potrebbe anche essere una delle sorprese della stagione, su al Nord; e insomma Jakobsen con le gambe un po’ in croce, come si direbbe in quei momenti, che probabilmente dopo quella faticaccia non sarebbe nemmeno riuscito a riprodurre un passo di danza, sembrava recuperare ma non con il solito brio che ci aspetta dal fortissimo olandese, campione europeo in carica, pareva quasi di vederlo al rallentatore: chiuderà quarto, nemmeno troppo male considerato dove si trovava a un chilometro dalla conclusione.
Davanti al gruppo erano le maglie giallorosse della UNO-X Pro Cycling a farsi vedere non solo brillanti dal punto di vista cromatico, ma anche dell’accelerazione, dell’enfasi, della capacità di farsi trovare pronti in attesa di quello che sarà per loro il picco da quando sono diventati una squadra Professional: correranno il Tour de France 2023, ma prima ci saranno altri appuntamenti interessanti.
E insomma davanti tirano la volata per Alexander Kristoff, sbarcato quest’anno (in Norvegia si dice pure non-senza-polemiche) con la squadra più rappresentativa della storia della sua nazione, una squadra che ogni anno pensa sempre più in grande (Foss l’anno prossimo? e magari tra un paio Vingegaard? Voci…) e per vincere Kristoff sfrutta uno che è pure più grosso di lui, che è più giovane di lui e che va ugualmente forte da pilotarlo e chiudere terzo: Søren Wærenskjold.
Nella foto è quello in secondo piano con una dentatura quasi perfetta, mentre il fuoco è tutto, logicamente, su Kristoff. Il suo nome, Søren Wærenskjold, è più facile di quello che sembra da memorizzare. Mettete a fuoco il suo nome e le sue caratteristiche: se non lo avete fatto, iniziate da oggi. Pardon da ieri, prima tappa della Volta ao Algarve.