Flanders essentials

Ovvero, quello che dovete sapere se deciderete di andare a pedalare nelle Fiandre.

Quattro stagioni.
Non si parla né di pizza, né di Vivaldi. Qua si intende caldo, freddo, pioggia, sole, vento, nebbia, nuvole. Le Fiandre sono così. Una borsa sottosella o una da manubrio sono perfette per metterci dentro tutto il necessario e per avere magari anche un cambio. Fino a qualche anno fa le borse attaccate al telaio erano da sfigati, ora sono anche cool.

Birra.
Non esiste che finiate la vostra pedalata senza una birra. Se siete abituati agli integratori optate per una Kriek o per una qualsiasi altra tipologia aromatizzata. Se non fa troppo caldo una Triple è la degna sostituta di un thè bollente. Vi piacciono i gusti acidi e vi dissetate con spremute di agrumi? Le Geuze fanno per voi. Una Saison invece, fresca e beverina, è perfetta per tagliare la sete. Per tutti gli altri: chiedete una Stella (Artois), la trovate davvero dappertutto.

 

Dal 28 in su.
Immaginatevi delle giganti piastrelle di cemento, di circa cinque metri per lato, al posto del classico asfalto: queste sono le caratteristiche strade di campagna di qui. E, tra una piastrella e l’altra, c’è una fuga di qualche centimetro a cui corrisponde un saltello. All’inizio è fastidioso, ma poi ti ci abitui. Indispensabili, perciò, i copertoni dal 28 in su. Anche per il pavè

Un giorno in più.
Avete finalmente deciso di andare a Lovanio a ripercorrere il percorso dei Mondiali? Bene, prendetevi almeno un altro giorno in più per farvi un giro anche sui muri più famosi. Geraardsbergen, Koppenberg, Kwaremont e Paterberg distano meno di un centinaio di chilometri e non penso vi capiterà spesso di trovarvi da quelle parti. Approfittatene!

Treno.
Vi siete convinti a prendere almeno un giorno in più? Ottima scelta. Se volete spostarvi, però, fatelo in treno. La rete ferroviaria belga è capillare e funziona molto bene, ma soprattutto vi permetterà di evitare la tangenziale di Bruxelles che è molto trafficata ad ogni ora e da lì bisogna passarci per forza. Non ve ne pentirete.

Be local.
Non c’è niente, ma davvero niente, che mi mette più a disagio del non comportarmi come un local, mi fa sentire proprio fuori luogo. In Belgio, anche se stai andando a 40 all’ora, devi usare la pista ciclabile, se c’è: spesso si tratta di un piccolo marciapiede a lato della strada, ma davvero piccolo. Piuttosto abbassate la velocità ma usatelo, se non volete farvi suonare ogni minuto. Non facciamo i soliti italiani, dai.

 


Tutto quello che dovete sapere per viaggiare nelle Fiandre

Le Fiandre hanno davvero molto da offrire. Sia che voi siate lì per guardare una gara, pedalare una granfondo, visitare un museo, percorrere uno dei percorsi specifici, prendere un caffè pre-gara o una birra post-gara: ci sono un sacco di possibilità per soddisfare le esigenze di ogni ciclista. Ma quella delle Fiandre è una regione ampia che si estende toccando varie zone.
Ci sono le Fiandre orientali, quelle vicino a Oudenaarde per intenderci, e quelle occidentali dove puoi assistere alla Gent-Welvegem. Ci sono poi il Brabante Fiammingo tra Lovanio e Bruxelles, Anversa col suo porto e tutta la zona di Limburg. Come fare a organizzare bene un viaggio da quelle parti?
Semplice, qua trovate  tutte le indicazioni che possono servirvi, dagli hotel ai ristoranti, dai negozi per affittare una bici ai tour operator a cui appoggiarsi. Più semplice di così!

Non vi resta che fare le valigie!


Fiandre Masterclass

Salite, discese, poi di nuovo salite e ancora discese. Corte sì, ma toste toste. E poi c’è il pavé e col pavé non si scherza. Bisogna imparare a pedalare nelle Fiandre: è necessario governare il proprio mezzo, altrimenti si rischia di rimanere in balia di ciò che ci accade sotto le ruote.

Poi c’è il tempo che non sempre è dalla tua, quando pedali lassù. Vento, pioggia, sole, freddo, caldo: può capitare di vivere quattro stagioni in un’unica uscita anche di poche ore.

Infine c’è il tuo mezzo, il tuo cavallo, la tua bici: se quando pedali al mare su una ciclabile non ti fai troppi problemi, quando vai nelle Fiandre è necessario essere molto organizzati anche sotto questo punto di vista. Quali copertoni? Che pignoni montare? Queste sono solo alcune delle domande che è giusto farsi prima di partire.

La buona notizia in tutto ciò è che trovate i tutorial che vi possono essere utili qua, sul canale Youtube di Visit Flanders. Buona visione!


Sven Nys Cycling Center

Baal è una piccola frazione di Tremelo, un tranquillo agglomerato di case rosse in cui pedalare pare un gesto naturale. Il traffico è poco, e le poche auto che si incontrano sono arginate da limiti orari contenuti, strettoie e aiuole. Un quieto paesino il cui nome è ben impresso nella storia del ciclismo per aver dato i natali a colui che in tanti indicano come il più grande ciclocrossista di tutti i tempi: Sven Nys.

Ritiratosi nel 2016, a 40 anni, dopo aver vinto tutto ciò che c'era da vincere e diffuso la passione per il ciclocross nel mondo, Sven Nys non ha perso un attimo e si è rimesso subito a lavorare in modi diversi per lo sport che ama. Il più tangibile di questi modi lo si trova sulla collinetta del Balemberg, poco oltre il centro di Baal. Lo Sven Nys Cycling Center è un centro polifunzionale dedicato al ciclismo fuori strada. All'esterno è abbracciato da un percorso permanente da ciclocross, gratuito ed aperto ad ogni ora, dove i volontari del centro tengono corsi di formazione e avvio al ciclismo per bambini e ragazzi. I campi, che arrivano a coinvolgere 130 bambini ciascuno, si svolgono nella stagione delle vacanze estive, ma le iscrizioni si aprono a inizio dicembre e fanno tutto esaurito in una settimana. Le famiglie arrivano da tutto il Belgio, a volte sono i nonni che portano i nipoti, fermandosi per una settimana con il camper nel parcheggio: una versione in piccolo della bolgia che travolge ogni primo di gennaio il Balemberg, quando si svolge il GP Sven Nys. In mezzo al circuito sorge il centro vero e proprio: uno spazio di cultura ciclistica con un museo dedicato alla storia del ciclocross, una sfilza di maglie iridate in bella mostra, bici in esposizione e un café a tema dove rifocillarsi dopo lo  sforzo.

Il circuito è aperto tutto l'anno (ad eccezione dei giorni in cui si svolgono gare) e all'interno del Cycling Center è attivo un servizio di noleggio bici.

SVEN NYS CYCLING CENTER
Balenbergstraatje 11, 3128 Tremelo
sito in inglese: www.sport.be/svennyscyclingcenter/en/

 

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Flandrien Challenge

Ora vi parliamo di una figata, senza giri di parole: la Flandrien Challenge. Di cosa si tratta? State a sentire.

Arrivi a Oudenaarde, ti trovi un albergo e vai a bere una birra. Mangi qualcosa, ma non troppo se no farai fatica a dormire. La mattina ti svegli e hai una missione da compiere: 59 segmenti Strava da completare in 72 ore, per vedere il tuo nome accanto a quello delle leggende del ciclismo nel Centrum Ronde Van Vlaanderen.

Partecipare è molto semplice, basta effettuare il login con Strava e percorrere fisicamente nelle Fiandre tutti i segmenti in meno di 72 ore. Il tutto è ovviamente gratuito e i segmenti possono essere affrontati nella sequenza preferita. Per agevolare la sfida, però, ci sono 3 itinerari che si snodano lungo alcuni dei luoghi leggendari della regione, come l'Oude Kwaremont, il Koppenberg e il Paterberg.

E quando completi la tua sfida? A quel punto il tuo nome verrà letteralmente inciso su una pietra, che ricorda il mitico pavé ed entrerai inoltre a far parte della Wall of Fame nel Centrum Ronde Van Vlaanderen, il museo di Oudenaarde dedicato alla storia del ciclismo belga.

Non c’è scadenza, non c’è fretta, non c’è nulla, solo la voglia di pedalare e godere al meglio di alcuni dei panorami più impressionanti della regione. La  Flandrien Challenge è un prodotto permanente: che sia durante la prossima stagione delle classiche primaverili oppure in qualunque altro momento dell’anno in cui si potrà viaggiare in sicurezza, la conquista del pavé delle Fiandre è davvero un must nella lista di ogni alventiano che si rispetti.

Qua la Flandrien Challenge e altri percorsi scaricabili.

 


Il calendario ciclistico

Abbiamo girato in cerca di birrifici, birrerie, bike-cafè: sappiamo dove andare pre e post pedalata, per nutrirci e ricaricarci. Ora è arrivato il momento di capire in quale momento dell’anno e per quale motivazione prendere un volo e spostarci nelle Fiandre. Non che ci voglia per forza un’occasione specifica, sia chiaro: se siete qui è perché avete letto il nostro articolo sul percorso dei Mondiali nel numero 18 di alvento e sapete bene che voler pedalare senza per forza doversi attaccare un numero sulla schiena è già un’ottima motivazione per pedalare. Però, fatevelo dire con estrema sincerità, ci sono degli eventi a cui bisogna partecipare almeno una volta nella vita.

Di cosa parliamo?
Della classica più importante al mondo, aperta agli amatori: We ride Flanders – Ronde Van Vlanderen Cyclo. Il rito è questo: si arriva il giovedì sera, il venerdì si fa una sgambata e il sabato si pedala esattamente sullo stesso percorso che il giorno dopo percorreranno i campioni nella Classica delle Classiche. Vi possiamo garantire che vivrete delle sensazioni davvero speciali. E la domenica? Beh, è il giorno in cui scegliere un posto sul percorso e andare a godersi il passaggio di quelli che vanno forte.
Un consiglio? Sul muro di Kwaremont  ci transitano più e più volte sia gli uomini che le donne… ma non ditelo a troppe persone se no saremo in troppi!

Spesso però non abbiamo necessità di stare in sella: quello che cerchiamo sono motivazioni e un po’ di festa. Quindi, già che ci siete, potreste approfittarne per andare a guardare altre gare molto importanti, quelle che compongono la campagna del nord: Gent-Wevelgem, Dwars Door Vlaanderen, E3 Saxo Bank Classic, solo per citarne alcune.

E poi c’è quella parolina magica lassù, quasi una religione, che solo a pronunciarla ti viene voglia di urlare con una birra in mano brindando con chiunque tu abbia di fianco: CICLOCROSS.
Se non avete mai vissuto una giornata nel fango nelle Fiandre, beh, avete vissuto la metà. Non potete non provare quelle emozioni almeno una volta nella vita, fidatevi.

Quindi ora che fare?
Semplice, fatevi un giro qui  e scegliete quello che fa per voi. Non ve ne pentirete, ne siamo sicuri.


Il regno della birra

Il ciclismo non è certo l’unica grande passione dei fiamminghi, anzi, forse non è nemmeno la principale. Perché quando si dice Belgio, e Fiandre in particolare, la mente corre veloce verso un’associazione inevitabile: birra. Per le sue limitate dimensioni, il Belgio non rientra nemmeno tra i primi 10 paesi produttori di birra al mondo, ma per la qualità e l’originalità non ci sono dubbi, e fortunatamente quasi in ogni paese c’è un birrificio dove schiarirsi le idee (o annebbiarsele, a seconda della sete).

Se per il ciclismo le Fiandre rappresentano la tradizione più ortodossa, per la birra sono il luogo della creatività. Tra gli storici c’è chi fa risalire questa peculiarità al Reinheitsgebot, la legge di purezza promulgata in Germania nel 1516, quella in cui Guglielmo IV di Baviera fece esplicito divieto ai birrai bavaresi di utilizzare altri ingredienti che non fossero acqua, orzo e luppolo. E nel momento in cui una delle terre tradizionali della birra si trincera dietro al muro della purezza, ecco che l’altra lancia il suo assalto al cielo. I belgi producono birra sin dai tempi dei Romani ma con il trascorrere dei secoli hanno sviluppato una peculiarità unica nel differenziare il prodotto birra. Bianche, scure, marroni, a fermentazione spontanea, mischiate con frutta, aromi, succhi… non ci sono limiti alla creatività nel Paese dei Balocchi della birra.

 

Sebbene proprio a Leuven abbia sede il più grande colosso globale della birra, il gruppo Anheuser-Busch InBev, nato dallo storico birrificio Stella Artois e cresciuto acquisendo marchi in tutto il mondo fino a detenere oltre 50 marche di birre diversa, rappresentanti più del 13% della produzione mondiale, è dai piccoli produttori che si può apprezzare al meglio la ricchezza della birra fiamminga. E proprio come in bicicletta, non c’è che da mettersi in strada.

È proprio percorrendo una strada che cambiò per sempre la vita di André Janssens, il mastro birraio di Hof ten Dormaal, a Tildonk. Colpito da un infarto a 50 anni, André aveva perso il proprio lavoro nel marketing e si trovava davanti alla necessità di inventarsi una nuova vita. Durante un viaggio negli Stati Uniti vide per strada il cartello di un birrificio in vendita. André non aveva mai fatto birre in vita sua, ma la strada lo aveva convinto. Nel 2009 ha trasferito tutto il materiale nella vecchia fattoria di famiglia e ha avviato un processo unico di autoproduzione al 100%. Qui infatti non viene solo fatta la birra ma sono coltivati anche l’orzo e il luppolo, così come sono le erbe locali (tra cui delle sorprendenti radici di cicoria) a fornire gli aromi con cui sono differenziate le varie produzioni. Oggi Hof ten Dormaal produce una ventina di birre diverse (consigliatissima la Zure van Tildonk) e nel frattempo cerca di connettere la rete con diversi altri birrifici: ogni mese di aprile invita 16 altri produttori nel centro di Leuven per un festival all’insegna dello scambio creativo, denominato Innovation Beer Festival, che accoglie fianco a fianco produttori locali (come De Kroon) e internazionali.

 

L’elenco dei birrifici da visitare e degustare sarebbe quasi infinito. Alcuni offrono visite guidate tra i tini e le botti, altri restano ancora quasi inaccessibili, con un paio d’ore di apertura settimanale. Negli ultimi anni sempre più birrifici stanno allestendo le proprie sale di degustazione: il luogo ideale non solo per assaggiare ma per scoprire storie lunghe e ricche di idee e intuizioni, proprio come quella di André a Hof ten Dormaal.
Anversa, luogo di partenza delle prove mondiali, è la casa di De Koninck e delle sue tipiche bolleke, mentre spostandosi poco più a nord si raggiunge l’abbazia di Westmalle, dove nasce una delle migliori birre trappiste del mondo. Inoltrandosi nel Brabante, a nord di Bruxelles, si può visitare l’accogliente birrificio Palm, dove la passione per la birra va di pari passo con quella per i cavalli. Non lontano dai luoghi del mondiale si estende il Pajottenland, la valle fluviale a sud di Bruxelles. È la terra d’origine delle oude geuze e oude kriek, birre dal sapore straordinario, uniche al mondo, che vengono prodotte in un gran numero di birrifici concentrati in pochi chilometri: 3 Fonteinen, Boon, Oud Berseel, Tilquin. Un paradiso per gli amanti del luppolo che si può esplorare facilmente anche in bicicletta lungo i 41 chilometri della Lambiek-Geuze Route. Per poi rientrare a Bruxelles e concludere tra i più vivaci birrifici della capitale, come Cantillon o la Brasserie de la Senne.

Brouwerij HOF TEN DORMAAL
Caubergstraat 2, 3150 Tildonk
sito: hoftendormaal.com/

Brouwerij DE KROON
Beekstraat 20, 3040 Nerijse
sito: www.brouwerijdekroon.be

LEUVEN INNOVATION BEER FESTIVAL
sito: www.leuveninnovationbeerfestival.com

TOER DE GEUZE
sito: www.horal.be/toer-de-geuze-2022

Brouwerij DE KONINCK
Mechelsesteenweg 291, 2018 Anversa
sito: www.dekoninck.be

Brouwerij der Trappisten van WESTMALLE
Anversasesteenweg 496, 2390 Malle
sito: www.trappistwestmalle.be

Brouwerij PALM
Steenhuffeldorp 3, 1840 Londerzeel
sito: www.palmbreweries.com

Brouwerij 3 FONTEINEN – lambik-O-droom
Molenstraat 47, 1651 Lot
sito: www.lambikodroom.be

Brouwerij BOON
Fonteinstraat 65, 1502 Halle
sito: www.boon.be

OUD BEERSEL
Laarheidestraat 230/232, 1650 Beersel
sito: www.oudbeersel.com

Geuzerie TILQUIN
Chau. Maieur Habils 110, 1430 Rebecq
sito: www.gueuzerietilquin.be

Brasserie CANTILLON
Rue Gheude 56, 1070 Anderlecht (Bruxelles)
sito: www.cantillon.be

BRASSERIE DE LA SENNE / Zenne Bar
Drève Anna Boch 19-21, 1000 Bruxelles
sito: brasseriedelasenne.be

LAMBIEK-GEUZE ROUTE
sito: www.toerismevlaamsbrabant.be/en/producten/fietsen/fietsproducten/geuzeroute/index.html

 


Bar, pub o bike café?

Andare al bar a bere una birra è l'attività più naturale che si possa fare nelle Fiandre. Il bar è l'epicentro della società fiamminga, tra i tavoli e il bancone capita di imbattersi in sette o otto generazioni differenti contemporaneamente, e succede quasi in qualsiasi ora del giorno. Al bar si chiacchiera, si gioca a carte, si commentano le vicende di attualità, si organizzano scommesse sulle partite del campionato e ovviamente si parla di ciclismo. Tracciare una mappatura dei bar delle Fiandre significherebbe scrivere un'enciclopedia, e sarebbe ugualmente incompleta. Anche solo limitarsi al tracciato del mondiale sarebbe un lavoro improbo: Anversa per gli amanti della birra è una delle città migliori del mondo , con bar come il Café Kulminator o l'Oud Arsenaal che richiamano in pellegrinaggio bevitori da ogni continente, mentre il centro di Leuven è ritenuto il bar più lungo d'Europa, con la scelta tra oltre 40 banconi differenti nelle due sole piazze centrali (un consiglio? Fiere Margriet, a fianco della cattedrale).

C'è una tipologia di bar però nei quali le due grandi passioni dei fiamminghi si incontrano. Bar nei quali la bicicletta ha la stessa importanza della birra, dove le televisioni sono sempre accese sulle dirette delle corse, dove i ciclisti si ritrovano per uscire insieme a pedalare o per raccontarsi il giro appena completato davanti a un boccale pieno. I fietscafé sono bar dedicati ai ciclisti di ogni genere, da chi macina migliaia di chilometri all'anno a chi conosce gli ordini d'arrivo di ogni corsa del mondo, senza dimenticare i corridori locali, i cui club di tifosi hanno nei bar il proprio centro operativo.

A Leuven ha aperto da pochissimo De Coureur, un micro-birrificio di quartiere con tap room che il birraio Bart ha voluto dedicare interamente al ciclismo per uno scherzo del destino: fu un incidente in bicicletta a invogliarlo a esplorare birrifici durante la riabilitazione. Lungo il circuito Flandrien sono due i punti di incontro più amati dai ciclisti locali: 't Klein Verzet e Staminee bij Jokke. Anche se il bar ciclistico più pittoresco di Overijse è In Den Congo, che oltre ad esibire il listino più economico dell'intero Belgio è uno dei fan-café ufficiali di Remco Evenepoel (il più celebre dei quali è sicuramente De Rustberg, nella sua nativa Dilbeek, a ovest di Bruxelles).

Ma l'intero tracciato iridato è ricco di bar a tema ciclistico, dal Vitesse di Anversa (città di Victor Campenaerts, che è di casa al Café Mombasa) al Peloton de Paris di Mechelen, che oltre a servire da bere vende biciclette e produce la sua linea di abbigliamento tecnico. E ancor di più se ne trovano seguendo ogni strada delle Fiandre, come il Café Welkom di Herentals o il recente Paddenbroek di Gooik, premiato come bar dell'anno nel 2021.

Brouwerij DE COUREUR
Borstelsstraat 20, 3010 Kessel-Lo (Leuven)
sito: brouwerijdecoureur.be/

't KLEIN VERZET
Bollestraat 1, 3090 Overijse
pagina facebook: fb.com/tkleinverzetparike

STAMINEE BIJ JOKKE
Duisburgsesteenweg 176, 3090 Overijse
pagina facebook: fb.com/stamineebijjokke/

IN DEN CONGO
Dorpsplein 11, 3080 Vossem (Overijse)
pagina facebook: fb.com/IndenCongo/

DE RUSTBERG
Scheestraat 129, 1703 Dilbeek
pagina facebook: fb.com/indenrustberg

VITESSE
Provinciestraat 82, 2018 Anversa
sito: www.vitesse.cc/

CAFE' MOMBASA
Moorkensplein 37, 2140 Borgerhout (Anversa)
pagina facebook: fb.com/Caf%C3%A9-Mombasa-171546142888541

PELOTON DE PARIS
Hoogstraat 49, 2800 Mechelen
sito: www.pelotondeparis.cc

CAFE' WELKOM
Ring 20, 2200 Noorderwijk (Herentals)
sito: www.cafewelkom.be/

Fiets & wandelcafé PADDENBROEK
Paddenbroekstraat 12, 1755 Gooik
pagina facebook: fb.com/Fiets-en-wandelcaf%C3%A9-Paddenbroek-651020782180502


Il richiamo delle Fiandre

Toco-toco-toco-toco. Il ritmo compulsivo delle pale dell’elicottero è diventato il sottofondo fisso di ogni grande corsa ciclistica su strada. Si alternano i commenti e i silenzi dei telecronisti e sotto va avanti, inesorabile, il toco-toco-toco-toco. Del variegato soundscape del ciclismo è l’elemento più riconoscibile, persino sulle strade è così che la corsa annuncia il suo appropinquarsi. Toco-toco-toco-toco. Siamo fortunati a poter godere delle corse dal cielo. Le inquadrature mostrano tutto: ogni scatto, ogni strada, ogni paesaggio. Solo una cosa non è dato vedere da lassù: il cielo. Ai recenti mondiali di Leuven il toco-toco-toco-toco si è mischiato con il vociare di una folla entusiasta e traboccante. Osservare le prove iridate in televisione, dall’alto di un elicottero, ci ha fatto venire una gran voglia di andare là, a vedere se due settimane dopo quelle strade sono cambiate, e a vedere finalmente il cielo che le illumina.

Le Fiandre sono una regione piccola (13.522 km², poco meno della Campania), ma sovrastate da un cielo enorme.
Non stupisce che siano da sempre terra di pittori, e non stupisce nemmeno che siano terra di ciclisti. Gente che col cielo ha a che fare in ogni istante, che dipende dalla sua luce e dal suo umore. La profondità di questo cielo sembra respirare, come se si potesse sentirne il suono vitale. Non più il toco-toco-toco-toco del ciclismo ma un ronzio ancestrale, il canto dell’Universo in espansione. Un passaggio di consegne sonoro che si coglie non appena arrivati a Leuven, in un soleggiato pomeriggio di ottobre. I nastri iridati che avevano addobbato la città nei giorni del Mondiale stanno progressivamente lasciando il posto ad enormi palloncini neri che annunciano un festival dedicato al Big Bang. Sarebbe un po’ azzardato sostenere che sia stata la drammaticità del cielo fiammingo a stimolare la teoria sull’espansione dell’Universo, eppure l’idea è nata proprio qui. 

Fu all’Università Cattolica di Leuven, uno degli atenei più antichi al mondo e tutt’ora il soggetto che anima la città, che Georges Lemaître si mise a studiare lo spettro luminoso delle galassie e formulò l’ipotesi dell’atomo primigenio, quella che oggi è universalmente nota come la teoria del Big Bang. Ma anche in campo ciclistico Leuven ha rappresentato a lungo una sorta di Big Bang. Alla fine dell’800 era ritenuta una città santa della bicicletta, come racconta la mostra sulla storia del ciclismo in città, allestita in occasione del mondiale al VeloDroom. 

Quella che oggi potrebbe essere un’anonima terra di nessuno fino a pochi anni fa ospitava un mastodontico ospedale. Ora attende di accogliere un nuovo teatro, ma nell’attesa che comincino i lavori è stata riempita da un velodromo immaginario (il nome è un gioco di parole con il termine droom, sogno). Cinquanta metri cubi di larice siberiano costituiscono un piccolo anello su cui pedalano adulti e bambini: all’uscita delle scuole è un improvvisato terreno di sfida, nel pomeriggio uno spazio di gioco e di immaginazione, la sera si apre ad eventi culturali. Il VeloDroom è un luogo effimero il cui scopo è ricordare che il ciclismo è più di un semplice sport, è un’esperienza che riunisce le persone, come hanno scritto gli ideatori. È proprio al VeloDroom che incontriamo Nan van Zutphen, storico del ciclismo locale e soprattutto pedalatore instancabile: in queste settimane sta completando il progetto di percorrere in bicicletta tutte le strade nel raggio di 50 chilometri dal centro cittadino, il che significa affrontare anche ogni strada di Bruxelles. È Nan che ci racconta di come Leuven sia stata una protagonista nell’epoca dei pionieri: tra fine ’800 e inizio ’900 poche città potevano contare su così tanti ciclisti, ma nei decenni successivi le corse hanno via via abbandonato le città per spostarsi nelle campagne del Nord. Nell’area del Brabante Fiammingo sono rimaste alcune semiclassiche: la Dwars door het Hageland, la Druivenkoers e soprattutto la Freccia del Brabante, che dieci anni fa ha spostato la sua partenza a Leuven. È stato l’inizio di un rilancio, culminato con un Mondiale che per il ciclismo locale può rappresentare davvero un nuovo Big Bang, un ritorno al centro dell’universo a due ruote. Le assicelle di legno del VeloDroom si colorano delle diverse tinte del tramonto, pennellate da un cielo che dall’arancione non esita a farsi scuro e poi tornare al rosso. Sono nubi che passano veloci, corrono di fretta come ciclisti in fuga, e indicano una direzione da cui trarre energia: obbligano lo sguardo a puntare verso Nord, verso un mare che non c’è, ma da cui tutto nasce e rinasce. 

E dal Nord delle Fiandre, dal Grote Markt di Anversa, ha preso il via anche l’avventura del Mondiale 2021. Nonostante ospiti il secondo porto più grande d’Europa, Anversa non è una città di mare. Sono le acque della Schelda a insinuarsi e farsi spazio tra le terre fiamminghe, ma nel farlo portano con sé un cielo tumultuoso e un’aria pungente che arrivano dritte dritte dal Mare del Nord. L’orizzonte del porto è tempestato da pale eoliche (mai un buon segno all’inizio di una pedalata), il cui serafico ruotare si scompone di riflessi nel caleidoscopio di vetri della Havenhuis, l’ultima opera completata in vita dalla geniale architetta irachena Zaha Hadid, che sul tetto di un vecchio edificio ristrutturato ha fatto atterrare una gigantesca struttura a specchi, a metà tra un diamante e la prua di una nave. È qui che si conclude ogni anno la Antwerp Port Epic, corsa che la settimana prima del Mondiale ha visto il ritorno alla vittoria di Mathieu van der Poel. E ci vorrebbero le gambe del campione neerlandese, la cui casa dista solo una decina di chilometri, per affrontare quel puzzle di nubi che il vento sta componendo sull’orizzonte, incastrando pezzo dopo pezzo.

Chiunque abbia assistito, anche solo in televisione, a una corsa ciclistica nelle Fiandre sa quanto il clima sia un elemento chiave. In ogni giornata è possibile incrociare le quattro stagioni: si parte con il calore del sole ed ecco che poco dopo un nuvolone ti scarica addosso un po’ d’acqua fresca, si fa una curva e ci si trova il vento in faccia per poi girare di nuovo e ritrovarsi sospinti e quasi sollevati tra le campagne. Perché sotto il cielo delle Fiandre tutto può succedere. Se così non fosse, non sarebbero le Fiandre. È un cielo che questa sua vivacità te la sbatte in faccia: scorrono i chilometri e cambiano i colori, le nuvole si addensano in forme che paiono concepite dalla mente di un pittore visionario per poi diradarsi e lasciare spazio ogni volta ad un azzurro diverso. A osservare il cielo ci si spiega con più facilità quanto accaduto una notte di fine ’600 a Mechelen, città che chiude la prima parte dell’avvicinamento a Leuven, rimasta ben impressa nella memoria degli appassionati di calcio degli anni ’80 per le imprese della squadra locale. 

In quella notte gli abitanti di Mechelen si riversarono in strada spaventati per il bagliore che si irradiava dalla torre cittadina. Presero scale e secchi d’acqua, convinti che si trattasse di un disastroso incendio, ma solo arrivati alla torre si resero conto che non era altro che lo splendore della luna piena che aveva attraversato la nebbia e le finestre del campanile. Da allora gli abitanti di Mechelen sono soprannominati maneblusser, i pompieri della Luna. Mai fidarsi dei cieli delle Fiandre. 

Da Mechelen il tracciato iridato svolta decisamente verso est, seguendo un panorama tutto nuovo. Le campagne conquistano l’intero spazio. Singole file di case affiancano le strade. Dalle finestre fanno capolino cartelloni iridati e nei cortili si accumulano le zucche appena raccolte. I paesi attraversati sembrano scomposti in decine di frazioni microscopiche, ogni tanto si avvista un piccolo campanile, altrove un bar, un municipio, fino alla comparsa dell’imponente negozio di biciclette di Niels Albert. È un segnale, siamo entrati in terra di fenomeni del ciclocross. Anche in questo caso, bastava chiedere al cielo, perché la pioggia si fa battente e tra i fili d’erba delle campagne comincia a muoversi in impercettibili onde il fango. 

E se si vuole imparare a domare il fango, bisogna andare a Baal. Poche case rosse, separate da strade strette in cui le aiuole rallentano il traffico. È questo il paese che ha dato i natali alla leggenda del ciclocross fiammingo, Sven Nys, ed è il paese dove Nys ha deciso di continuare a far crescere la sua passione, guardando verso un orizzonte che qui è occluso solo da una piccola collinetta. La chiamano Balenberg, ed è il luogo che oggi accoglie lo Sven Nys Cycling Center, una specie di paradiso del fuoristrada con un percorso permanente per ciclocross e mountain bike, un museo, una scuola di formazione che richiama ogni anno centinaia di bambini da tutto il Paese e, imboccando una scala sulla destra prima di una sfilza di maglie iridate in esposizione, una terrazza con bike-café dove recuperare dallo sforzo ed ammirare il panorama. Oggi la vista propone nuvole nere e tanto fango, un domani sarà sotto questo cielo che nascerà il nuovo fenomeno del ciclocross mondiale. Sempre che non sia già nato, cosa più che probabile. 

Non è soltanto il cielo a regalare sorprese pedalando nel Brabante Fiammingo. Ci pensano anche le strade a riservare visioni inattese. Poco dopo l’uscita da Tremelo può capitare di avvistare un gigantesco folletto di legno che si staglia tra prati sconfinati. Nessuna allucinazione, è solo una delle coreografie lasciate dal Rock Werchter, il festival che dal 1977 raduna ogni estate più di 120 mila persone. Poco più a Sud è un semplice cartello a suggerire una deviazione. 

È un richiamo comune ma irresistibile, quello di un birrificio.

Anche la storia di André Janssens, il mastro birraio di Hof ten Dormaal, nasce da un’improvvisa svolta sulla strada. Ce la racconta davanti alla stufa, mentre i suoi figli ci elargiscono assaggi di una straordinaria saison e delle loro lambic. Colpito da un infarto a 50 anni, André aveva perso il proprio lavoro nel marketing e si trovava davanti alla necessità di inventarsi una nuova vita. Fu durante un viaggio negli Stati Uniti che vide sulla strada il cartello di un birrificio in vendita. André non aveva mai fatto birre in vita sua, ma la strada lo aveva convinto. Nel 2009 ha trasferito tutto il materiale nella vecchia fattoria di Tildonk e ha avviato un processo unico di autoproduzione al 100%, dalla coltivazione di orzo e luppolo sino alla degustazione. All’uscita il cielo si è spalancato come un sipario su un caleidoscopio di colori, la luce tinteggia le nubi come un pittore. Mancano pochi chilometri a Leuven, ma sembra di percorrerli attraversando un quadro impressionista. 

Verrebbe voglia di tramutarsi in elicottero – toco-toco-toco-toco – e planare lentamente sulle strade della città, scompigliando i capelli del continuo via-vai di ciclisti di ogni genere che le percorre. Avanti e dietro tra il centro e la stazione, su e giù da salite che non saranno veri e propri muri ma costringono a smorfie abituali gli studenti che rientrano a casa, le mamme che portano i bambini, gli uomini con i cestini pieni della spesa per la cena. Le strade parlano di una città ciclistica e di una città del ciclismo. Le scritte sono ancora ovunque, pervasive. La maggior parte riguardano Wout van Aert e i corridori italiani: è ai tifosi di Marco Frigo, ventunenne veneto in gara a Leuven tra gli under23, che spetta il record per numero e dimensioni di scritte. Ma è tutto un tripudio di incitamenti e bande iridate: in ogni angolo della città e delle campagne circostanti si ritrova un richiamo al ciclismo, quello che occorre per dare la carica e affrontare di slancio ogni rampa. 

Tra una scritta e una bandiera si perde il senso della fatica, si sente un toco-toco-toco-toco immaginario salendo stretti tra i due muri che chiudono la vista sul Keizersberg, un tunnel a cielo aperto che solo un paio di settimane fa rimbobava di incitamenti. Li si può quasi avvertire mentre si scatta sul Wijnperstraat, la salita-simbolo del circuito cittadino dove le finestre dei piani bassi sono ancora decorate di disegni e piccoli tributi. In una delle ultime case un signore ha allestito la propria finestra con quello che ha trovato: una cartolina di Merckx che mangia, un cappellino, una miniatura di un camion della birra Bitburger. Poi una curva a destra e di nuovo l’abbraccio del cielo, il richiamo a tuffarcisi dentro, il naso in su pedalando tra le strade di campagna, le fattorie e i loro odori. E nuovi muri. Veri muri. Perché è quando ci si inoltra nel secondo circuito, a Sud della città, che i muri diventano quelli che ci si aspetta dalle Fiandre. 

Compare il pavé, e con lui le pendenze che spingono dritte dritte verso il cielo, tanto che a pedalare sullo Smeysberg sembra di non avere nulla all’orizzonte, solo una parete azzurra verso cui scagliare la propria fatica. Le decorazioni sull’asfalto non si limitano più alle scritte, è qui che il collettivo Puncheur ha cominciato ad allestire un museo diffuso di volti famosi del ciclismo: enormi faccioni che guardano dal basso, si lasciano accarezzare dalle ruote, accompagnano in una pedalata nella storia. Perché i muri del circuito iridato non sono quelli noti del Giro delle Fiandre, ma sono salite che hanno conosciuto la gloria della Freccia del Brabante, della Druivenkoers e infine del Campionato del Mondo, la corsa più grande di tutte, quella che attraversa il cielo come un arcobaleno. C’è il Moskestraat che si snoda nascosto dal cielo: una strada stretta tra gli alberi dove i suoni immaginari di tifosi ed elicotteri lasciano spazio al respiro del bosco, che si avverte in sincrono col fiato, un tutt’uno. C’è la s-bend di Overijse, chiamata così perché sembra proprio un tornante di montagna. Uno solo, che non si è in alta quota lo dice il cielo, ma del cielo non c’è mai da fidarsi e allora basta chiudere gli occhi e immaginare. Si può avanzare affidandosi agli odori, che raccontano una storia di campagna. È la stagione del raccolto delle patate: un gigantesco nastro trasportatore le sposta dal terreno verso enormi camion. C’è una piccola folla, poco più di un paio di famiglie in realtà, che ammira questo spettacolo. È il risultato del duro lavoro, sono la terra e il cielo che danno la vita.

I cicli si susseguono come le stagioni, e ad ogni stagione sorge anche un nuovo eroe nel ciclismo fiammingo. L’ultimo arrivato era uno che così dirompente non si vedeva da decenni, una stella che brilla in maniera accecante. In suo nome cambiano le abitudini dei tifosi e persino le insegne dei locali. Quella del bar In Den Congo di Vossem, pochi chilometri oltre Overijse oggi recita Remco Evenepoel Official Fanclub. Le sue maglie autografate si sono fatte spazio tra mazzi di carte incorniciati e i tabelloni di un totocalcio autorganizzato che ornavano le pareti del bar fino a un anno fa. Al bancone si parla solo di lui, mentre le birre si susseguono senza preoccupazioni economiche: in tutto il Belgio non esiste un bar con prezzi così bassi. Una piccola chiara qui costa ancora un euro. Sarebbe opportuno approfittarne, ma al traguardo mancano ancora una ventina di chilometri.

 

Al termine del penultimo giro del Mondiale, dopo aver provato ripetutamente a lanciarsi all’attacco, Julian Alaphilippe ha dato il colpo di grazia ai suoi avversari all’imbocco del Sint-Antoniusberg, il muro decisivo del circuito iridato. Definirlo muro in realtà è davvero eccessivo. A vederlo è poco più di una rampetta. A pedalarlo, idem. Una normale stradina di città, perdipiù utilizzata abitualmente con senso di marcia in discesa. Eppure è bastato questo piccolissimo sgambetto per permettere ad Alaphilippe di involarsi verso la seconda maglia iridata consecutiva: si capisce quanto gli avversari fossero tutti esausti. È più o meno la stessa ora di quel pomeriggio di fine settembre. L’avanzare dell’autunno ha anticipato il tramonto, e il cielo di Leuven regala un tramonto incandescente che brucia di rosso fuoco i mattoni delle case, le birre sui tavolini dei bar, il podio di iridato che ancora accoglie i turisti a Grote Markt. Solo i grandi palloncini neri del Big Bang Festival restano irrimediabilmente neri, testimoni di un cielo ancor più profondo dell’immensa distesa colorata che sovrasta la città. Il cielo di Leuven, città santa del ciclismo di ieri e di domani, stavolta non mente: il Big Bang c’è stato davvero, di nuovo.

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Giro delle Fiandre: ovvero giganti, inganni e stanchezza

Van Aert, van der Poel, (van) Alaphilippe: parliamo sempre di loro tre, è vero, ma d'altra parte è di uso comune definirli “the big three”. Al centro dell'attenzione però c'è anche una corsa, o meglio la Corsa, arrivata alla sua edizione numero 105.

La Ronde in programma domenica (diretta a partire dalle 09.55 circa su Raisport ed Eurosport) difficilmente mentirà sul vincitore e vedrà i tre citati favoriti, anche se i dettagli sul loro stato di forma e sull'avvicinamento a un possibile successo assumono una narrazione diversa rispetto al recente passato.

Van Aert o della forza. Arriva alla partenza di Anversa con una sola condizione: quella del favorito. Anversa, ma niente triangolare piazza del Grote Markt, nessun tentativo di assimilare immagini a quadri e affreschi come quelli all'interno della cattedrale di Nostra Signora, niente Municipio, né Palazzo delle Corporazioni a far da sfondo, niente statua di Silvio Brabone mentre sconfigge il gigante Druon Antigoon, niente tavolini (vuoti) dei caffè con i loro tendoni (chiusi). Bandiere poche, solo la tensione pre gara che si sposta sulla Steenplein, in riva alla Schelda («in questo momento più semplice dal punto di vista logistico, più pratico per tenere lontano il pubblico», spiegano gli organizzatori) che resta il punto di riferimento, sia nel suo silenzio assordante che nella capacità di essere, ora e sempre, come in un ciclo continuo, soprattutto quando nelle Fiandre si parla di intrattenimento a due ruote. Sullo sfondo in lontananza si vedrà un'altra statua: quello del Lange Wapper, gigante che popola i racconti folcloristici dei fiamminghi e che sarà semplice accostare metaforicamente a colui che poche ore dopo vincerà la Corsa.

Wout van Aert, e riprendiamo il filo: ha sofferto ad Harelbeke – della settimana belga la corsa che più si avvicina al Fiandre -, ma alla Gand-Wevelgem ha colto il primo successo in una grande classica del suo paese, inteso come Stato, nazione, e pareva una mancanza, se volete, un dato stonato nel suo palmarès già ricco in qualità più che in quantità. Si è parlato in abbondanza dell'opera di Nathan van Hooydonck, nome da pittore più che da santo, fondamentale compagno di squadra, e si è discusso dell'importanza della squadra anche domenica. Gliene servirà una più solida, è vero, ma fino a un certo punto: perché a un certo punto non si potrà bluffare, e con Oude Kwaremont e Paterberg come trampolino finale conterà soltanto quello che ognuno avrà dentro da trasmettere fuori: forza, potenza, cambio di ritmo, testa, energia: elementi che sembrano disegnati sulla sagoma del demolitore di pietre (RollingStone è copyright di altri) nato a Herentals, non troppo lontano da Anversa.

Van der Poel o dell'inganno. Subito un chiarimento: toni leggeri per definire quel prodigio di talento e istinto, di mulinate sui pedali da mettere alla prova la forza demolitrice di un fiume in piena. Alla Dwars door Vlaanderen a un certo punto si è staccato su una breve e ripida salitella: come se gli avessero levato il pane di bocca. Come se ce lo avessero levato a noi: c'è stato un attimo di silenzio e di costernazione nel tentativo di darci delle spiegazioni. Per qualcuno, ad esempio Eddy Planckaert, uno che al nord ha vinto qualcosina, è stato un mezzo bluff: «Bastava vederlo come pedalava nel finale sotto l'occhio della telecamera che lo aspettava. Smorfie da faccia distrutta: la sua idea è quella di togliersi di dosso il titolo del favorito assoluto».
La risposta del van olandese non si è fatta attendere: «Ma quale bluff: caldo, brutta giornata, non ne avevo, ma questo non vuol dire che non ne avrò al Fiandre» Nelle ultime ore ha aggiunto: «Sono un po' stanco. Forse sono arrivato un po' lungo con la condizione. Domenica il favorito sarà van Aert».

Insomma, il nipote di Poulidor e figlio di Adrie si cala sempre meglio nel ruolo di personaggio e ora inizia a giocare un po' di più con la sua immagine – a margine di tutto ciò, interessante considerazione di Walter Godefroot: «Mathieu per come corre ricorda più suo nonno che suo padre».

Intanto, dal Belgio, https://wiewintdekoers.be/, un sito che si occupa di prevedere i risultati delle corse ciclistiche partendo da dati basati su statistiche e prestazioni rielaborati da un'intelligenza artificiale, lo mette favorito assoluto (davanti a Van Avermaet, van Aert, Naesen e Stuyven). Fra poche ore scarteremo anche la caramella con la faccia dell'olandese sopra, scopriremo che sapore avrà e anche se questi ricercatori dell'Università di Anversa c'avranno preso.

Caldo e brutta giornata nei giorni scorsi anche per Alaphilippe. E stanchezza: «Sono un po' stanco, lo ammetto, il calendario italiano sta pesando sulle mie gambe». Il caldo è un po' il leitmotiv della corsa di mercoledì, ultimo capitolo di avvicinamento all'appuntamento che conta nel giorno di Pasqua e che a causa dello slittamento a ottobre della Roubaix, chiude in anticipo il blocco delle classiche sulle pietre.

Lampaert, quarto all'arrivo, quel caldo lo ha accusato in tutti i sensi, ma mai sottovalutarlo, van Baarle ha tirato fuori invece un numero da scuola d'élite e finalmente dopo tanto sbagliare i tempi il suo tempo è arrivato. Occhio anche a lui, ma stavolta è difficile lo lasceranno andare, anche se serviranno squadre solide e non solo le solite come nel caso della Quick Step (domani sarà Elegant e non Dececuninck e all'ultimo momento non schiera Štybar, fermato per un problema cardiaco), che dopo le meraviglie viste ad Harelbeke si è disfatta tra Gand e Waregem, ma ci giochiamo la dannazione eterna dell'anima su una corsa d'attacco e di testa da parte dei ragazzi di Lefevere.

Capitolo dedicato agli altri: numerosi, anche se il nuovo percorso difficilmente racconta bugie o storie di carneadi e sorprese, piuttosto può raccontare leggende di marcamenti e dispettucci, che è un po' uno dei paradigmi del ciclismo, fatto sta che da tenere d'occhio: Van Avermaet e Naesen, coppia AG2R che pare non prendersi troppo, i francesi Sénéchal, Turgis e Laporte (chi vi scrive pensa anche a Coquard), e poi ancora dal Belgio: Stuyven e Wellens, Benoot e G.Vermeersch. I tedeschi si affidano alle affilate speranze di Politt e a quelle un po' affievolite di Degenkolb, poi ancora la dinamite danese di Asgreen, Pedersen e Kragh Andersen (quest'ultimo mai troppo in palla per la verità a parte quel quasi colpaccio su via Roma a Sanremo) e quella norvegese di Kristoff, qui sette volte nei primi cinque su nove partecipazioni, con una vittoria, nel 2015, e due terzi posti nel 2019 e 2020. Ci sarà Sagan, scopriremo in che versione, mentre la Spagna si affida a Garcia Cortina e la Svizzera punta su Küng, uno che va forte, generoso, ma avrebbe bisogno di azzeccare i tempi giusti e di arrivare possibilmente da solo sfruttando il marcamento altrui.

Italiani: Trentin, Colbrelli e Nizzolo apparsi brillanti di recente saranno chiamati a una gara super per sperare in una top ten, Bettiol non è al meglio, ma da lui ci si può aspettare di tutto, in tutti i sensi. Ballerini, un po' in calo di recente, forse avrebbe spostato le sue mire sulla Roubaix, domani per lui sarà tutta esperienza utile.

IL PERCORSO

Più o meno lo stesso dal 2012, senza De Muur, tolto, poi rimesso, ma non ci sarà quest'anno ed è un torto non tanto alla storia di cui il ciclismo si fa spesso beffe, ma dal punto di vista tecnico una vera mancanza seppure nella sua versione a un centinaio di chilometri dall'arrivo. Da Anversa a Oudenaarde sono circa 254 chilometri, 19 muri (due in più dell'anno scorso) e sei tratti in pavè. Il finale è un mondiale sulle pietre, un circuito che prevede il doppio passaggio Vecchio Kwaremont-Paterberg che scatenerà la rissa finale. Se quei tre ne avranno potrebbe non esserci storia per gli altri. Ma anche alla Sanremo pensavamo andasse così e la realtà fu ben diversa.

I FAVORITI DI ALVENTO

⭐⭐⭐⭐⭐ van Aert
⭐⭐⭐⭐ van der Poel, Alaphilippe
⭐⭐⭐ van Baarle, Asgreen, Stuyven
⭐⭐ Kristoff, Sénéchal, Lampaert, Küng, Van Avermaet, Trentin, O.Naesen
⭐Politt, Turgis, Laporte, Wellens, Degenkolb, Nizzolo, Colbrelli, Matthews, Pidcock, Pedersen, Kragh Andersen, Benoot, Bettiol, Barguil, Livyns, D.Van Poppel, Vanmarcke, Madouas

Foto: Nico Vereecken / PN / BettiniPhoto © 2020