Il Tour di Caramas

Non sei il favorito della corsa, ma non importa, hai puntato tutta (o quasi) la stagione ai 3400 km circa che ti servono per arrivare a Parigi, partendo da quella splendida città che è Bilbao. In che posizione si vedrà, non è questo il concetto, vale per chi arriva primo, per chi arriva ultimo. Ti sei preparato per mesi, questa gara l’hai sognata, ti sei immaginato diversi scenari in cui avresti potuto attaccare, quella salita, quella discesa, hai studiato il percorso e quindi hai cerchiato di rosso un punto in particolare che ti ispirava. Hai rinunciato a tane cose, come fa chiunque nella vita si pone degli obiettivi, hai studiato la tattica con i tuoi compagni di squadra e i tuoi direttori sportivi, poi arriva il giorno del Tour de France e si parte.

L'avventura inizia da Bilbao, piena di sogni e speranze e passi centosessanta chilometri di corsa tra la pancia e la coda del gruppo, limi, quando sai limare, limi lo stesso anche se non ne sei capace, urli "occhio!" quando c'è da passare di fianco a un collega, compagno, avversario, arriva la prima delle due salite più attese e ti fai trovare davanti, poi discesa, curva, si va a terra.

Sei caduto e ti rialzi, ti guardi intorno e incroci per un attimo lo sguardo di Enric Mas, destino identico, o quasi. Controlli il ginocchio, immaginiamo soltanto il dolore, ma prendi e riparti: vuoi concludere la tappa, un destino che invece a Enric Mas è precluso.

Vai avanti lo stesso, sbuffi, fai fatica, hai la gamba che sanguina, un tuo compagno si avvicina e cerca di farti forza soltanto standoti vicino: ci sono certi momenti in cui una presenza, un’ombra può bastare e quel tuo compagno condivide con te il dolore e sa che in quel momento il silenzio è il miglior conforto possibile.

Intanto, Mas si è ritirato. Non è ripartito, dopo mesi a pensare all’obiettivo podio - fattibile, altroché - il suo Tour de France è durato giusto qualche ora.

Tu arrivi al traguardo, invece, con il ginocchio quasi aperto in due: micro frattura della rotula. All’indomani non riparti, anche il tuo Tour è durato poco più di qualche ora.

Foto in evidenza: Sprint Cycling Agency
Foto Enric Mas da Twitter, Team Movistar


Il Monumentale del Tour de France

Il bello di tutto questo è che nemmeno te ne accorgi e parte il Tour de France. La stagione vola: sensazioni che affascinano, o forse è semplicemente un abbaglio, un modo per dare una spiegazione o per romanzare ciò che il tempo fa quando corre come un matto. L'altra mattina stavo sfogliando alvento27; stavo leggendo i pezzi sul Giro d’Italia, quando all’improvviso si sono riaccese lampadine che sembravano già spente e pronte per andare nei rifiuti. All’improvviso mi sono accorto che funzionava di nuovo tutto nel mio cervello, tutto pronto a rimettersi in moto e così mi sono detto: «Caspita! Fra pochi giorni parte il Tour de France, c’è un monumentale da fare!».

Ecco, un po’ in estrema sintesi, la vera storia su come sono arrivato anche quest’anno a tutto questo.

FAVORITI

Pogacar e Vingegaard - Foto: ASO/Pauline Ballet

Manteniamo la tradizione e partiamo dagli attori protagonisti dell’evento, con la consapevolezza che un Tour (de Netflix) come quello dello scorso anno resta unico, ma allo stesso tempo si parte con i pronostici ribaltati rispetto al 2022, e poi una strana idea: e se a vincere fosse un terzo incomodo?

Due su tutti, intanto: Jonas Vingegaard e Tadej Pogačar. Non pensavate mica che potessimo inventarci qualcosa (o qualcuno) di completamente diverso?

IL DANESE E LO SLOVENO

La Super Planche des Belles Filles - Foto: ASO/Charly Lopez

Il danese arriva a questa corsa correndo poco e vincendo tanto; il danese ha un solo obiettivo prima di tagliare il traguardo e trovare conforto al telefono con sua moglie, punto fondamentale della sua maturità agonistica e umana, un solo obiettivo: vincere il Tour de France. Il danese scalda poco la platea perché poco lo vedi, come alcuni suoi predecessori che facevano della corsa gialla una ragione di vita sportiva, e pare snobbare tutto il resto; il danese sembra non voglia lasciare nulla al caso, il danese va forte in salita e a crono (poche crono a questo Tour, ridatecele!), anzi in salita, all’ultimo Tour, è stato il più forte, però, naturalmente c’è un però: ci sono tutta una serie di incertezze a cui ti mette di fronte uno sport che si pratica in bici, e quando quello sport lo pratichi nelle tre settimane della corsa francese, sei sempre in discussione. La pressione ti divora almeno diciotto ore su ventiquattro - sempre che quando corrono il Tour non se lo sognino pure, dovremmo chiederglielo un giorno: «Ma voi, durante il Tour de France, sognate di correre le tappe? Sognate sfide per la maglia gialla, difficoltà in salita, braccia alzate al traguardo?». La maggior parte ci risponderebbe che non si ricorda cosa sogna, se sogna.

Insomma, il più grosso dei però ha la forma di quello sloveno di nome Tadej Pogačar che ha un ciuffo ribelle che fa impazzire il tifo nemmeno appartenesse a una banda di impomatati. Lo sloveno per certi versi è agli antipodi del danese e forse questa è una parte della storia che ispira e cattura; lo sloveno corre tanto, forse pure troppo, ma gli chiediamo sempre di più, e ha un talento che facciamo ancora fatica a misurare. Lo sloveno è spugna e non lo vedi (quasi) mai ripetere gli stessi errori. Lo sloveno quest’anno, nell’unica sfida diretta, ha staccato il rivale danese, lo ha battuto nettamente. Lo sloveno ha caratura e blasone superiori (ma non sono quelli che ti aiutano a vincere, sia chiaro).

Lo sloveno ha dalla sua le tappe miste dove poter provare a guadagnare qualcosa, con la coscienza, però di rischiare di bruciare energie come già accaduto nel 2022. Lo sloveno forse, così pare, analizzando le sue prestazioni, soffre un certo tipo di salite rispetto al danese, almeno era così fino allo scorso anno, oppure non riesce a fare fino in fondo la differenza che vorrebbe; lo sloveno, però, non ha mai paura di superare i propri limiti e si diverte da matti, a volte rischia di strafare e forse questa è un’altra parte della sua storia che di lui piace così tanto. Lo sloveno quest’anno ha una squadra decisamente forte - ha accorciato le distanze con quella del danese. Lo sloveno che arriva da un brutto infortunio, e vedendo il percorso, impegnativo sin dalla prima tappa, c’è bisogno di partire forte. Ai recenti campionati sloveni ha dimostrato di stare subito bene, ma il Tour è un’altra cosa e lo sloveno lo sa, e lo sa pure il danese che ha visto la sua stagione procedere senza intoppi.

LE SQUADRE DI RIFERIMENTO

Jumbo Visma - Foto: ASO/Charly Lopez

È una sfida anche tra le due squadre: la Jumbo Visma per la salita si affiderà a Sepp Kuss e Wilco Kelderman, principalmente, potendo contare su Wout van Aert chiamato agli straordinari se la condizione dovesse essere quella dei giorni migliori e non abbiamo dubbi che lo sarà.

Stessa cosa per quanto riguarda due pezzi da novanta delle corse di un giorno come Tiesj Benoot e Dylan van Baarle, capaci di dare un supporto notevole anche quando la strada sale, oltre che in pianura o nei percorsi più misti. Poi c’è Christophe Laporte, che si dividerà tra gloria personale, possibilità di lanciarsi in volata, dare una mano a tutti, persino, e qui andiamo un po’ più avanti, affinare la condizione in vista del Mondiale. Infine Nathan van Hooydonk, che, dopo una grande primavera, sarà il portaborracce.

La squadra di Pogačar, tuttavia, a ogni sessione di mercato tira fuori il budget che c’è in lei e migliora tassello dopo tassello, per provare a dare una mano allo sloveno a vincere più Tour possibili. Rafał Majka, Marc Soler e Adam Yates sono un trio di prima qualità in salita - Yates farà anche classifica, parola di Gianetti, il Team Manager, e potrebbe essere anche alta classifica.

Matteo Trentin è uno dei corridori più intelligenti del gruppo come capacità di lettura della corsa, di posizionamento. Già fondamentale per Pogačar al Fiandre, saprà dare i giusti consigli al ragazzo sloveno durante tutta la corsa. Mikkel Bjerg è l’inesauribile locomotiva, Felix Grossschartner il primo ad azionarsi quando la strada sale e infine Vegard Stake Laengen, perché in tutte le squadre serve uno che faccia su e giù dall’ammiraglia.

OUTSIDER - ALLA RICERCA DEGLI ANTI POGAGAARD

Enric Mas (ESP - Movistar Team) - Foto: Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2022

Poi ci sono tutti gli altri.

Se fosse una gara di motorsport, un lunedì di pasquetta, oppure fosse l’orrendo esperimento di qualche anno fa, Tour 2018, quando, nella tappa che portava il gruppo da Bagneres de Luchon a Saint Lary Soulan per il totale di ben 65 chilometri, si partì “ a griglia” seguendo l’ordine di classifica, insomma se fosse qualcosa del genere e usassimo per spiegare gli avversari di quei due una griglia di partenza, quella griglia di partenza vedrebbe, dalla seconda fila in poi, una lotta sui millesimi tra corridori distanziati dai due sopra di diversi secondi a giro.

Un problema per tutti concorrere con sloveno e danese: sarebbe come mettere di fronte cilindrate differenti, insomma tira una brutta aria per chi non si chiama Pogačar o Vingeaard e allora provochiamo: e se tra i due litiganti vincesse comunque un terzo corridore, perché poi nel ciclismo si sa, tutto può succedere? “Non è comunque un'ipotesi da scartare anche se, trattandosi di un'ipotesi, eè solo una eventualità come dire ipotetica appunto e quindi in fondo comunque ancora possibile anche se poco probabile” - per citare il maestro Fabio Noaro, uno dei tormentoni che ha maggiormente stimolato la mia adolescenza.

Tornando seri, forse, chi parte con ambizioni da classifica?

Partiamo da due spagnoli: Mikel Landa Meana ed Enric Mas Nicolau. Il primo, capitano della Bahrain Victorious, sta vivendo un'ottima stagione anche se spesso contraddistinta dai suoi classici alti e bassi, ma, correndo con regolarità e visto il percorso impegnativo e la quasi totale assenza di chilometri a cronometro (22km!), ambisce a salire sul terzo gradino del podio.

Sbilanciamoci: in una corsa regolare Landa ha tutto per finire nelle prime cinque posizioni, guardando anche il livello dei suoi avversari, il problema è che se c’è una corsa difficilmente regolare quella è il Tour de France. In ogni caso chance della vita per salire sul podio, lui che negli ultimi quattro Tour disputati non è mai uscito dai primi sette, ma appunto, solo sfiorando la possibilità di farsi fare la foto a Parigi con l'Arc de Triomphe sullo sfondo.

Pello Bilbao - Foto: Ilario Biondi/BettiniPhoto©2021

Anche lui ha una squadra competitiva, con Pello Bilbao, occhio a lui nelle primissime tappe, e Jack Haig in versione stakanovista (dopo il Giro, ha corso il Delfinato e ora il Tour) a dargli supporto (con loro Wout Poels) e perché no, a tenere duro in classifica generale; squadra che punterà anche alle tappe con Matej Mohorič, che ha diverse chance per provare a vincere di nuovo al Tour, Fred Wright, fresco conquistatore del titolo nazionale britannico - primo successo in carriera tra i professionisti - e con Phil Bauhaus, velocista, e Nikias Arndt a tirargli le volate.

Le differenze, però, nel paniere dei corridori da classifica, sono davvero minime e potrebbero essere influenzate da fattori realmente infinitesimali, piccoli margini: momento storico della carriera, adattabilità al percorso, stato di forma, fortuna, e squadra. Enric Mas, Team Movistar, in questo potrebbe essere avvantaggiato. Sfruttando l’ottimo momento della sua squadra e la capacità anche sua di essere regolare in salita, può ad ambire a un posto sul podio, senza dimenticare come, il Mas visto lo scorso anno da un certo punto in avanti, è stato davvero l’anti-Pogačar su diversi terreni. Allo stesso tempo, però, quest’anno non ha ancora rubato l’occhio come si credeva. Si pensa, tuttavia, che la sua stagione sia tutta finalizzata sulla corsa che parte sabato da Bilbao (e sulla successiva Vuelta).

Di fianco avrà una squadra davvero molto competitiva per spingerlo verso il suo obiettivo: Matteo Jorgenson, una delle rivelazioni stagionali, Ruben Guerreiro (entrambi avranno anche l’idea di vincere una tappa e provare a fare classifica), Gorka Izagirre, Antonio Pedrero, Gregor Muehlberger, e Nelson Oliveira sono corridori votati alla causa, solidi, dove li metti stanno. Con loro Alex Aranburu per le tappe miste, gli arrivi a ranghi ristretti.

Jai Hindley - Foto: Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Dopo due spagnoli è il turno di due australiani: uno è Jai Hindley, al via con una squadra divisa tra volate (Jordi Meeus, e il treno composto da Marco Haller e Danny van Poppel) e salita (Patrick Konrad, Bob Jungels ed Emanuel Buchmann, c'è anche Nils Politt che andrà anche a caccia di tappe). Hindley che ha già vinto un Grande Giro e al via della corsa non è che siano in molti a vantare questo privilegio - Simon Yates, Vuelta 2018, Bernal Tour 2019 e Giro 2021, Pogačar, Tour 2020 e 2021, Hindley Giro 2022 e Vingegaard Tour 2022. Anche lui fa della regolarità in salita la sua arma migliore, ma, come dimostrato al Giro 2020 e al Giro 2022, è corridore che più si va avanti e più riesce a tirare fuori il meglio di sé.

L’altro è Ben O’Connor che a sprazzi è corridore davvero forte in salita, e di salite ce ne sono a sufficienza. Al Delfinato, pur prendendo una discreta paga da Vingegaard in classifica, è stato comunque il secondo degli umani, vincendo una tappa e salendo sul podio, candidandosi così anche lui come uno dei più forti tra gli outsider. L’Ag2R è per lui, con qualche asterisco (Benoit Cosnefroy che ambisce a vincere almeno una tappa, ma è corridore discontinuo), e con altri che si inseriranno nelle fughe e daranno battaglia nelle tappe più impegnative (Nans Peters, Aurélien Paret-Peintre, Felix Gall, in grandissima forma, Clément Berthet).

Variabili impazzite: Richard Carapaz e David Gaudu. Il primo arriva da una stagione un po’ particolare. Non ha corso molto e ha avuto pochi alti (una vittoria al Mercan Tour Classic Alpes-Maritimes) quando la concorrenza non era di grandissimo livello, e diversi bassi soprattutto nelle classifiche generali delle brevi corse a tappe a cui ha partecipato, dimostrandosi più affidabile negli arrivi tortuosi che nelle tappe con montagne in successione. Certo, stesse bene, fosse il miglior Carapaz, partirebbe poco sotto i primi due, ma al momento ci sembra lontano dallo standard a cui ci aveva abituati. Si sarà nascosto?

EF Education Easy Post, però che non aspetta solo il campione olimpico, ma porta Rigoberto Uran per puntare alla top ten con la sua proverbiale regolarità, Neilson Powless, reduce da una campagna del Nord sorprendente, anche lui tra ambizioni di classifica e nel caso saprà essere punto di riferimento per le fughe in montagna, ed Esteban Chaves per provare a vincere una tappa con tanto dislivello. Con loro, a dare una mano, ma anche a caccia di tappe, Alberto Bettiol e Magnus Cort Nielsen, tutt’altro che stanchi dal Giro, l’inossidabile Andrey Amador e James Shaw, diviso tra compiti da assolvere per la squadra e ambizioni personali.

12/03/2023 - Paris-Nice - Etape 8 - Nice / Nice (118,4km) - GAUDU David (GROUPAMA - FDJ), POGACAR Tadej (UAE TEAM EMIRATES), VINGEGAARD Jonas (JUMBO-VISMA)

David Gaudu, alla Parigi-Nizza, aveva dato evidenti segnali di una crescita quasi inarrestabile dopo le grandi cose fatte al Tour 2022. Nella breve corsa a tappe francese di inizio stagione, per alcuni momenti, è sembrato assumere il ruolo di anti-Pogačar, andando pure più forte di Vingegaard, poi all’improvviso si è incrinato qualcosa. Prima il “solito” malanno fisico, poi una diatriba interna alla squadra che pare abbia persino portato all’esclusione di Démare dal Tour de France. E proprio l’esclusione del velocista francese ha fatto sì che la squadra fosse tutta per l'occhialuto scalatore bretone, ma stando all'ultimo Delfinato la sua condizione pare incerta. La squadra, tuttavia, è di qualità: Thibaut Pinot - al suo ultimo Tour de France - Valentin Madouas, fresco di tricolore, che sogna di vestire il giallo i primi giorni per poi aiutare l’amico di sempre. Stefan Kueng, Kevin Geniets, Olivier Le Gac, Lars van den Berg e Quentin Pacher, sono un gruppo di corridori di tutto rispetto e buono su diversi terreni.

Due giovani da tenere d’occhio: Mattias Skjelmose Jensen e Carlos Rodriguez Cano i quali arrivano, però, da percorsi, in questo 2023, completamente differenti. Il danese della Lidl Trek è al suo momento migliore della carriera, anche più di quando da ragazzo rivaleggiava con Evenepoel. Vince e convince, si difende in salita, corre bene e ha una squadra attrezzata per i compiti di supporto. Potrebbe essere la grande sorpresa di questa corsa, non fosse altro che parte già con alte credenziali. Al suo fianco: Mads Pedersen per le volate (e la maglia verde), Jasper Stuyven e Tony Gallopin che proveranno a vincere una tappa. Come? Lo vedremo. Quinn Simmons da scatenare nelle fughe, Alex Kirsch, il gregario per eccellenza della squadra americana, Juanpe Lopez, l’uomo da tenere al fianco di Skjelmose, e Giulio Ciccone, sul quale, ne parleremo, versano quasi tutte le speranze del nostro ciclismo al Tour.

Carlos Rodriguez, invece, lo scorso anno è stata una delle rivelazioni, e quest’anno, complice anche una brutta caduta alla Strade Bianche, ha fatto più fatica. Le ultime uscite, però, sono confortanti. Al Delfinato è andato forte, ha chiuso in top ten e soprattutto è apparso in crescita. Sarà una delle armi di una INEOS Grenadiers che porta tanti capitani ma nessuno che convince pienamente. Thomas Pidcock, vincitore sull’Alpe d’Huez lo scorso anno, proverà a tenere duro in classifica, su di lui non è mai stato nascosto un progetto per farlo diventare corridore da classifica al Tour. Opinione personale: una top ten sarebbe un risultato enorme, ma è uno dei corridori dotati di maggior classe in gruppo, quindi non ci sarebbe nulla di cui stupirsi. Sarà da tenere d'occhio anche, o soprattutto, nelle prime due tappe.

Egan Bernal (COL - Ineos Grenadiers) - Foto: Ilario Biondi/BettiniPhoto©2021

Egan Bernal è uno dei corridori da osservare, in assoluto, con più attenzione, entusiasmo e curiosità. Conosciamo tutti la sua storia e abbiamo seguito tutti il lento recupero dal gravissimo infortunio dello scorso anno. Già vederlo al Tour con una condizione in crescita è qualcosa che mette la pelle d’oca. Quarto uomo, a metà tra fare classifica e uscirne fuori in maniera inesorabile, è Daniel Felipe Martinez: quando non viene chiamato a fare risultato in prima persona è capace di grandi cose, troppo imprevedibile per fare un pronostico sincero e lucido sul suo Tour de France.

Tutti gli altri in ordine di possibilità, blasone, ambizione: Romain Bardet, Team DSM, punta a una top five, ma è cosciente di quanto gli altri viaggino spediti. Interessante seguire l’evoluzione del suo compagno di squadra Matthew Dinham, neo professionista classe 2000 australiano, scalatore dotato anche di un buono spunto veloce.

Tobias Halland Johannessen sarà l’uomo di classifica per la UNO X, scommessa dopo i problemi fisici, ma pare in crescita. Su Simon Yates, poco da aggiungere, senza giornate negative o malanni, si potrebbe giocare il podio, ma senza alti e bassi sarebbe un altro corridore. Infine, in casa Israel PremierTech, da seguire Dylan Teuns, Michael Woods o Nick Schultz, per un’eventuale classifica.

A caccia di tappe o di alta classifica anche Guillaume Martin, Louis Meintjes, Alexej Lutsenko, tutti corridori con ambizioni da top ten, o, qualora si aprissero spazi, anche qualcosa di più.

VELOCISTI, TAPPISTI, OGNI GENERE DI CORRIDORI AL VIA

Pedersen e Cort Nielsen - Foto: ASO/Charly Lopez

Si parte intanto da quella che può essere la sfida per eccellenza in un Grande Giro per i migliori cacciatori di tappe degli ultimi anni che vede di fronte: Mathieu van der Poel, Wout van Aert, Biniam Girmay e Julian Alaphilippe, questi ultimi due, come dimostrato recentemente, decisamente ritrovati dopo un periodo di appannamento che pareva non passasse più. Hanno tante tappe per divertirsi e divertire, pure, volendo, per provare a vestire la maglia gialla anche solo per un giorno. Già a partire dalle frazioni nei Paesi Baschi.

A caccia di tappe, in fuga, strappando nel finale, con doti di esplosività, oppure con fantasia e capacità di leggere l’azione giusta, sfruttando la condizione di forma, oppure in salita, troviamo tanti nomi, alcun già accennati sopra, e che ci capita di leggere nelle top ten di tutte le corse più importanti della stagione. Christophe Laporte, Benoit Cosnefroy, Matej Mohorič, Thibaut Pinot, Valentin Madouas, Stefan Kueng, Ben Turner, Rasmus Tiller, Anton Charmig, Dylan Teuns, Magnus Cort, Remi Cavagna, Simon Clarke, Michael Woods, Corbin Strong, Maxim Van Gils, George Zimmerman, Alberto Rui Costa, Ruben Guerreiro, Alex Aranburu, Nils Politt, Fred Wright, Quinten Hermans, Felix Gall, Axel Zingle, Victor Lafay, Ion Izagirre, Pierre Latour, Mathieu Burgaudeau, Valentin Ferron, Clement Champoussin, Matis Louvel, Warren Barguil. Ce n’è per tutti i gusti.

Per le volate lo scettro se lo contenderanno: Jasper Philipsen, Fabio Jakobsen, Caleb Ewan, Dylan Groenewegen, Mads Pedersen, Phil Bauhaus, Sam Welsford, Alexander Kristoff (o Søren Wærenskjold), Jordi Meeus, Mike Teunissen - quando non si getterà negli sprint Girmay - Mark Cavendish, Bryan Coquard, Peter Sagan, Luca Mozzato. A questo vanno aggiunti i già citati Wout van Aert e Christophe Laporte.

LES ITALIENS

Giulio Ciccone (ITA - Trek - Segafredo) - Foto: Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Il capitolo italiani è nettamente più breve di quello che si poteva solo immaginare qualche anno fa. Il Tour 2023 arriva in un momento storico difficile per tutto il nostro movimento maschile e che non si conta solo nei pochi risultati di peso, ma anche nella definitiva scomparsa degli sponsor: alla vigilia del Tour, infatti, anche l’ultimo marchio italiano all’interno del World Tour si è fatto da parte, Segafredo, sostituito da Lidl che va ad affiancare Trek. Chissà se qualcuno da qualche parte si è accorto di quello che sta succedendo al nostro ciclismo o basterà soltanto continuare a pesare il movimento sui risultati che nascondono la polvere sotto il tappeto; quei risultati che riescono a ottenere con continuità quel paio di ragazzi super talentuosi e che magari arrivano dalla pista, oppure su quelle vittorie, piazzamenti o segnali che arrivano di tanto in tanto da Giro d'Italia o per lo più da gare minori.

Oltretutto parlare solo di numeri, sette corridori al via, numero più basso di partecipanti al Tour da quarant'anni, non è solo l'unica statistica da evidenziare, ma lo è anche l'età media dei corridori, 31 anni. Lo è anche il ruolo che avranno a questo Tour, maggiormente di supporto, qualcuno con speranze di piazzamenti, forse uno solo davvero in corsa per qualcosa.

Ecco i sette corridori: Giulio Ciccone è la nostra principale speranza di vedere qualcosa di buono per le tappe, punterà presumibilmente anche alla maglia a pois. Luca Mozzato si getterà negli sprint per trovare, con la sua proverbiale continuità, più piazzamenti nei dieci possibili. Se sta bene, il velocista veneto è capace anche di entrare nella fuga giusta. Alberto Bettiol lo conosciamo: quando è in giornata può provare a vincere ovunque. Lo aspettiamo senza fare pronostici in merito. Daniel Oss sarà uomo squadra alla TotalEnergies, Gianni Moscon un punto interrogativo: al Giro è stato uomo ombra in salita per Mark Cavendish, al Tour proverà a vincere qualche tappa o ormai ha preso a cuore il ruolo di fedelissimo del velocista inglese? Jacopo Guarnieri menerà in volata per Caleb Ewan, mentre Matteo Trentin, infine, sarà scudiero di Pogačar.

IL PERCORSO

Da: https://twitter.com/ammattipyoraily

È un disegno insolito: si parte dal sud con i Pirenei quasi subito per un disegno che vede troppi pochi chilometri (usiamo un eufemismo) a cronometro: 22! e tappe davvero troppo brevi, anche quelle di montagne. Per qualcuno l’esaltazione di uno sport sempre più esplosivo, per altri la negazione di una disciplina che fa del fondo e della resistenza la sua arma migliore. Ma questi sono i tempi.

Si parte dall’estero, per loro, dai Paesi Baschi, da Bilbao, e sarà subito una tappa elettrizzante dove ci si aspetta spettacolo tra quei corridori che negli anni hanno saputo esaltarci anche nelle prove di un giorno. Terreno mosso, impegnativo, per la Bilbao-Bilbao, 182 km, difficile possa arrivare la volata, anzi impossibile, anzi, molto probabilmente vedremo già una sfida tra gli uomini di classifica e i più forti classicomani al via di questo Tour. Occhio alle cadute.

Il secondo giorno è meno duro di quello precedente con l’arrivo a San Sebastian, ma ancora possibile sfida tra i vari van der Poel, Alaphilippe, eccetera, con lo Jaizkibel a fare da punto di rottura. Mi aspetto gli uomini di classifica controllare e controllarsi, ma occhio alle fughe.

Terza e quarta tappa sono due volate, il quinto giorno da Pau a Laruns si ricomincia a salire, ma sarà solo un antipasto della tappa numero sei, con arrivo a Cauterets Cambasque (salita pedalabile), preceduta però dal Tourmalet, frazione impegnativa, sì, ma breve: 144,9 km. Su entrambe le tappe c’è scritto fuga.

La settima tappa, arrivo a Bordeaux, è roba per velocisti, l’ottava è qualcosa di simile e fanno, nella prima settimana, salvo fughe: quattro arrivi da gruppo compatto. Il nono giorno si fa sul serio con l’arrivo più impegnativo e forse simbolo di questa edizione di Tour de France. Nel Massiccio Centrale si corre la Saint-Léonard-de-Noblat - Puy de Dome, tappa tutta mossa fino a Clermont-Ferrand e poi quei 13,3 km finali con una rampa finale di 4 chilometri che porta su in cima al più giovane vulcano della Chaine des Puys. Salita, con finale chiuso al pubblico e normalmente chiuso al traffico, persino a quello pedonale, che torna al Tour dopo 35 anni (a vincere fu un danese..., in passato Coppi, e Anquetil). Quattro chilometri finali, che portano all’arrivo, costantemente in doppia cifra.

Ci si riposa e si riprende l’11 luglio con una frazione fatta apposta per le fughe, da Vulcania a Issoire, che precede un’altra probabile volata, tappa 11, con arrivo a Moulins prima di una frazione mossa, molto interessante, con arrivo a Belleville-en-Beaujolais che, però, verosimilmente, pare perfetta per una fuga.

Il 14 luglio per i francesi conta, si sa, e allora si è scelto di arrivare su una salita storica come la Grand Colombier, (monti del Giura) 17,4 km al 7,1%. Peccato che il disegno della tappa svilisca il tutto. Un solo GPM, 137,8 km la lunghezza. Lasciamo a voi ogni commento.

La tappa nel Giura percede le Alpi: prima si arriva a Morzine, dopo aver scalato tra gli altri Col de la Ramaz e Joux Plane, una delle salite più dure di questa edizione di Tour de France, e infine, domenica 16 luglio arrivo a Saint Gervais Mont Blanc, 179 km e un continuo su e giù fino alla scalata finale.

Dopo il secondo e ultimo giorno di riposo si riparte con la crono di 22 km da Passy a Combloux che precede la tappa regina di questo Tour. Da Saint Gervais Mont Blanc a Courchevel, 165 km, oltre 5.000 metri di dislivello e da scalare Col des Saisses, Cormet de Roselend, Côte de Longefoy e Col de la Loze, cima più alta di questo Tour. Tappa 18 e 19 sarà per velocisti superstiti o fughe, mentre sabato 22 luglio, ultima possibilità per provare a ribaltare la classifica con l’arrivo a Le Markstein dopo aver attraversato i Vosgi e alcune salite simbolo della zona come Ballon d’Alsace e Petit Ballon.

Infine, classica passerella parigina.

In poche parole: Cosa va? Belle le tappe miste, promossa l'idea, sia dal punto di vista tecnico che del paesaggio, di percorrere tutte e cinque le catene montuose francesi. Interessantissimo soprattutto partire subito con frazioni vallonate come quelle nei Paesi Baschi dove ci aspettiamo anche tantissima gente sulle strade. Cosa non va? Diverse tappe di montagna (e sin qui, ok), ma con chilometraggi troppo brevi (nessuna tappa sopra i 200 km!), e quelle pirenaiche molto poco stuzzicanti, e poi una sola cronometro di 22 km. Come al solito, però, e chiudiamo con la banalità delle banalità: la corsa la renderanno entusiasmante i corridori, in particolare, molto probabilmente, i due maggiori pretendenti alla classifica finale e le loro due squadre, arrivate a questo Tour, praticamente a ranghi completi e in grande forma.

LE STELLINE DI ALVENTO

MAGLIA GIALLA

⭐⭐⭐⭐⭐ Jonas Vingegaard, Tadej Pogačar
⭐⭐⭐⭐
⭐⭐⭐ Jai Hindley, Mikel Landa, Enric Mas, Ben O’Connor
⭐⭐ Richard Carapaz, David Gaudu, Mattias Skjelmose Jensen, Adam Yates
⭐ Carlos Rodriguez, Romain Bardet, Pello Bilbao, Simon Yates, TH Johannessen

MAGLIA VERDE

⭐⭐⭐⭐⭐ Jasper Philipsen, Wout van Aert
⭐⭐⭐⭐Mads Pedersen
⭐⭐⭐ Mathieu van der Poel, Fabio Jakobsen
⭐⭐ Caleb Ewan, Dylan Groenewegen
⭐Biniam Girmay, Jordi Meeus, Julian Alaphilippe

MAGLIA A POIS

⭐⭐⭐⭐⭐ Giulio Ciccone, Thibaut Pinot
⭐⭐⭐⭐ Warren Barguil
⭐⭐⭐ Tadej Pogačar, Jonas Vingegaard
⭐⭐ Richard Carapaz, David Gaudu
⭐ Enric Mas, Romain Bardet, Thomas Pidcock

MAGLIA BIANCA

⭐⭐⭐⭐⭐Tadej Pogačar
⭐⭐⭐⭐ Mattias Skjelmose
⭐⭐⭐ Carlos Rodriguez
⭐⭐ Thomas Pidcock, Tobias Halland Johannessen
⭐Matthew Dhinam, Maxim Van Gils

Foto in evidenza: ASO/Pauline Ballet


Tutto quello che è successo al Giro Next Gen

Per capire che Giro è stato e come sia apparso (quasi) inscalfibile il regno in rosa del favorito assoluto, basta citare alla lettera la frase che Alessio Martinelli, Green Project-Bardiani CSF- Faizanè, sesto in classifica e migliore italiano, ci ha detto a fine corsa, nella zona dedicata alle interviste tra Piazza Unità d’Italia e il lungomare triestino, «Staune-Mittet? Aveva una gamba in più», che forse non saranno le parole più corrette o precise possibili, ma credo sintetizzino perfettamente ciò che è avvenuto da Agliè (Torino) a Trieste, dall' 11 al 18 giugno, 8 tappe in cui non ci si è fatti mancare nulla.

Talenti già fatti, altri da costruire, una corsa ben organizzata, alcuni scenari incantevoli (Stelvio, Cansiglio, Trieste), sorprese, delusioni, senza dimenticare ciò che è successo sullo Stelvio dove 31 corridori, 4 ammiraglie (e rispettivi direttori sportivi) e persino due moto staffette della polizia, sono stati mandati a casa per traino irregolare. Sono state usate tante parole, chi ha seguito la vicenda un’idea se l’è fatta (se proprio volete, ne ho parlato qui): su chi ha sbagliato (corridori, direttori sportivi, giuria: dov’era in quel momento?), su chi ha perseverato (alcuni interventi dei protagonisti della vicenda non meritano nemmeno di essere riportati), su chi ne gioverà insegnamento, su chi capirà che magari il ciclismo non è proprio il suo mestiere nel momento in cui si pensa di doversi attaccare a un’ammiraglia per chiudere lo Stelvio in tempo (massimo, ma non c’era bisogno, con quel distacco sarebbero arrivati su tranquillamente). Trovo dunque inutile soffermarmi ancora su un momento di questo genere, e così, come piace a chi scrive: parliamo di ciclismo.

UNO STAUNE-MITTET NON VIVE SEMPRE E SOLTANTO IL PRESENTE

Il norvegese della Jumbo Visma Devo era il favorito della vigilia e ha vinto, magari non proprio in souplesse, ma è apparso da subito in pieno controllo. A tratti è sembrato un gigante in mezzo ai nani e non me ne vogliano i suoi avversari, ma il classe 2002 di Lillehammer, nel finale della tappa regina, quella di Pian del Cansiglio, ha disintegrato la concorrenza. Quel giorno arrivava da una giornata nella quale aveva preso un buco e ci si chiedeva se fosse un piccolo segnale di qualche scricchiolio da parte sua. Poi nella tappa che si sviluppava tutta in Veneto, con l’arrivo nello splendido altopiano tra Vittorio Veneto e Sacile, Jan Christen lo scuoteva, lo spaventava, andando in fuga, arrivando a una ventina di secondi dalla possibilità di strappargli, almeno virtualmente la maglia rosa. Sull’ultima salita, invece, molto impegnativa solo nel primo tratto e poi esercizio perfetto per un verace passista scalatore come lui, Staune-Mittet, vorace, finiva per mangiargli quasi due minuti, staccando tutti gli altri e mettendo il sigillo finale sulla corsa dopo aver preso tappa e maglia sullo Stelvio, e dopo essere stato il migliore tra gli uomini di classifica anche nella crono d’apertura. Staune-Mittet era il favorito della vigilia e ha vinto: esperienza nelle corse a tappe maturata in questi anni, inquadrato e completo, quasi un calcolatore che già ora non concede moltissimo alle azioni avventate o fini a se stesse, ed è questo uno dei motivi per cui mi scalda pochissimo il cuore, perdonate l’opinione non dovuta, non mi stupirei se il prossimo anno lo dovessimo vedere, salvo compiti di gregariato per Vingegaard e/o Roglič, provare a fare classifica al Giro o alla Vuelta. Avrebbe già chiesto, stando a quello che ha raccontato a fine gara, di poter correre il Giro dei grandi l’anno prossimo, intanto quest’estate proverà una storica doppietta Giro-Tour (de l’Avenir), roba riuscita solo a un certo Baronchelli cinquant'anni fa, e visto il secondo posto lo scorso anno, battuto solo da Uijtdebroeks, non ci pare un’impresa così peregrina.

LA LOTTA PER IL PODIO E LA CLASSIFICA

La classifica ha messo in luce alcuni nomi non pronosticabili alla vigilia almeno per quanto riguarda i piani alti. Darren Rafferty sul podio è un risultato eccezionale. Il giovane irlandese ha sempre mostrato di essere perlopiù cacciatore di tappe, grazie a una solida consistenza sul passo (e a cronometro), un corridore da classiche vallonate, bravo ovunque, sì, ma non fino al punto da scalare la generale del Giro Under 23 e soprattutto di fare quel tipo di prestazioni sullo Stelvio (per lui, come per tanti altri era la prima volta su salite di un certa lunghezza e difficoltà) dove fino alla rampa finale era persino in lotta per il successo di tappa.

Dopo una primavera ricca di piazzamenti ne è arrivato un altro, che gli fa fare un ulteriore salto di qualità allargando i suoi orizzonti, Rafferty rappresenta bene il principio secondo cui gli irlandesi in gruppo sono pochi ma buoni; Rafferty a un certo punto ci ha fatto pensare ad una sorta di effetto Leo Hayter, ovvero, come accaduto lo scorso anno, un corridore di Axel Merckx capace di ribaltare il pronostico, ma Staune-Mittet non ha (praticamente mai) ceduto il passo. Una via di mezzo tra Dunbar e Healy per interpretazione delle gare e caratteristiche tecniche, Rafferty nel 2022, da primo anno tra gli Under 23 vinse la Strade Bianche di Romagna, corsa troppo bella per essere vera e dunque durata una sola edizione, proseguendo la naturale crescita come corridore da gare di un giorno già vista da juniores. Vediamo cosa gli riserverà il futuro, fatto sta che come tutti gli irlandesi nel giro del ciclismo che conta ha una caratteristica importante: va davvero forte.

Sul podio anche Hannes Wilksch, Germania, ex DSM ora alla Tudor. Anche lui arriva da un percorso di crescita naturale, quasi scontato per quanto lineare, improntato alle corse a tappe: corridore poco appariscente, ma continuo, dopo i due settimi posti nel 2022 tra Giro e Avenir, si insedia sul podio grazie soprattutto alla prova offerta nella tappa di Pian del Cansiglio e che ne rispecchia pienamente le caratteristiche. Invece di seguire subito l’andatura asfissiante di Staune Mittet nella scalata finale, va su del suo senza strafare, recuperando chilometro dopo chilometro i suoi avversari e finendo per arrivare a ridosso della maglia rosa norvegese. Il suo futuro è legato a una squadra giusta per crescere, una Tudor che al suo primo anno come  Professional piazza vittorie tra i professionisti e al suo secondo come Continental/u23 un corridore sul podio al Giro, una squadra che zitta zitta in pochi mesi ci dimostra la bontà del suo progetto.

In alto in classifica segnaliamo come tra i colombiani della Sidermec GW Shimano in classifica lascia l’impronta più Germán Dario Gómez (4° a 11” dal podio, lo ricorderete al Mondiale 2019: salì agli onori della cronaca perché fu inquadrato a lungo con la ruota in mano a bordo strada in attesa dell’arrivo della macchina dell’assistenza che tardò ad arrivare. Gomez a un certo punto si sedette a terra e scoppiò in lacrime: concluse ugualmente la sua prova 60° a 16’49’’ da Simmons vincitore). Dicevo: più Gomez che Santiago Umba (10°) grazie soprattutto alla tappa di Pian del Cansiglio. Umba che fino a pochi chilometri dalla vetta dello Stelvio pareva il più forte in salita del gruppo, sgambettava, poi alla fine si staccava, come succede sul Cansiglio dove, prima attacca e poi rimbalza. Più che essergli mancate le gambe, nonostante le sue prime stagioni siano state caratterizzate da diversi problemi fisici, parlando con Gianni Savio alla partenza dell’ultima tappa, emergono alcuni limiti del giovanissimo corridore legati più a una questione di mentalità. «Le qualità sono quelle del corridore di primissimo livello - mi dice Savio - ciò che gli manca in questo momento è la cattiveria agonistica», dove, probabilmente, si intende qualcosa di legato alla componente mentale: gestione tattica e nervosa dei momenti di gara. Tuttavia, Umba ha mostrato a sprazzi al Giro di essere un corridore sul punto di fare il salto di qualità e quando lo farà potrà giocarsi traguardi di una certa importanza. Pare che l’anno prossimo sarà chiamato a dimostrare il suo potenziale con la Eolo di Basso e Contador.

Restando in top ten delude a livello di risultato finale William Lecerf, lo stesso però non si può dire dell'atteggiamento. La sua squadra, la Soudal Quick Step Devo, è stata una delle più attive e anche il piccolo scalatore belga ci ha provato più e più volte. Ha rischiato di saltare, ha peggiorato il 4° posto dello scorso anno, ma almeno si è fatto vedere anche in azioni partite lontano dal traguardo.

CONOSCERE I VINCITORI DI TAPPA

Tutti di grandissima qualità: 6 vittorie su 8 arrivano da corridori che nel 2024 saranno nel World Tour. Alec Segaert, Belgio, Lotto Dstny, vince nella crono iniziale. Segaert va forte abbastanza ovunque e in un Giro senza troppa concorrenza a livello di classifica generale, soprattutto considerata la classe media e quella posizioni che vanno dalla quinta alla quindicesima, si scopre anche uomo di classifica - chiude undicesimo nella generale. Sono certo che l’ottimo corridore belga da professionista si toglierà soddisfazioni a cronometro, nelle corse di un giorno di un certo tipo, persino in qualche breve corsa a tappe non troppo dura, ma difficilmente lo vedremo fare classifica in un Grande Giro.

Il secondo giorno vince Gil Gelders, ancora Belgio, Soudal Quick Step Devo Team, che si iscrive in un club ristretto di corridori capaci di vincere più di una tappa nella corsa rosa dei giovani, avendo conquistato un successo anche nel 2022. Gelders è un attaccante nato, corridore estremamente versatile, dotato, oltre che di motore, anche di intelligenza tattica come successo alla Gent-Wevelgem quando partì al momento giusto prima nella fuga che andò al traguardo e poi con l’azione decisiva nel finale, e difatti a Cherasco è autore di qualcosa di simile. Attacca con Zamperini e Rafferty distante dal traguardo, ma fiutando l’azione decisiva, a un certo punto lascia per strada i due nel tortuoso finale con il gruppo che pare rientrare. Dietro, però, un rallentamento taglia fuori il favorito di tappa Busatto negandogli la possibilità di riprendere Gelders, e il belga vince. Occhio a lui e a queste sue azioni anche tra i professionisti.

La terza tappa è di Luke Lamperti: americano che praticava motocross, mountain bike, crit race e ora si esibisce nel ciclismo strada. Lamperti rappresenta perfettamente quel tipo di corridore che piace alla Trinity Racing guidata dall’ex professionista Peter Kennaugh, una squadra che cura molto non solo i dettagli tecnici, ma anche l’immagine, dando anche l’aspetto di una squadra che affronta le corse quasi con leggerezza. Veloce, potente e resistente, Lamperti è un tipo di corridore che da professionista potrà piazzarsi su diversi terreni. La tappa di Magenta è stata l’unica volata del Giro e l’americano della Trinity è riuscito ad anticipare Bruttomesso, corridore del Cycling Team Friuli, davvero di pochissimo. Per sapere dove il classe 2002 californiano correrà nella prossima stagione occorre ancora attendere un po’, si parla di un imminente annuncio del passaggio in Quick Step per il 2024, prima Lamperti correrà il mondiale scozzese tra i favoriti, forse persino favorito assoluto.

La quarta tappa ve l’abbiamo accennata, ne abbiamo parlato e ne parleremo anche nel prossimo numero di alvento: vince Johannes Staune-Mittet davanti a Faure-Prost, grandissima sorpresa di questo Giro:  è la frazione che disegna in maniera netta la classifica. Il quinto giorno arriva un’altra fuga, ancora un contrattacco: stavolta è Lukas Nerurkar, giovane scalatore inglese della Trinity Racing, che vince a Manerba, con Busatto terzo, che si deve accontentare dell’ennesimo piazzamento al Giro. Nerurkar il giorno prima era stato forse la grande delusione, 23° a 6'44'' dal vincitore di tappa dopo che la sua squadra aveva lavorato tutto il giorno, convinti di fare risultato pieno sullo sullo Stelvio. Nemmeno ventiquattro ore dopo, però, si rende protagonista dell'attacco decisivo che gli permette di scrivere il suo nome nel libro dei ricordi di questo Giro.

La sesta tappa la vince Alessandro Romele, Colpack Ballan, ed è l’unico successo di un corridore italiano in questa edizione di corsa. Il ragazzo bergamasco, ex campione italiano tra gli junior, è un corridore che vedrei bene già il prossimo anno nella massima categoria. Alla vigilia del giro ho affermato come, un successo di tappa di un corridore italiano diverso da Busatto, Bruttomesso (già con un contratto nel World Tour per il 2024), un Bardiani, De Pretto e Moro (per loro si attende solo l’ufficialità stando ai rumors), sarebbe quasi certamente valso un posto tra i professionisti nella prossima stagione. Ora mi attendo l’annuncio, perché Romele, corridore nato per andare in fuga - in questa maniera ha vinto anche il Liberazione poche settimane fa - in un periodo un po' complicato per il ciclismo italiano giovanile è sicuramente una delle realtà più interessanti.

Al settimo giorno c’è stata la tappa regina con arrivo a Pian del Cansiglio: ha vinto Jan Christen, svizzero della Hagens Berman Axeon, corridore tra i più promettenti del ciclismo mondiale. Classe 2004, lo scorso anno è stato campione europeo tra gli jr su strada e l’anno prima campione mondiale nel ciclocross, sempre nella categoria “Under 19”. Oltre alla vittoria di tappa, Christen ha chiuso al 7° posto in classifica generale, e dal 2024 correrà con Pogačar (al quale per certi versi assomiglia, anche in bicicletta e per tratti somatici). Nella tappa del Cansiglio, consapevole di non poter tenere la ruota di quei due, tre migliori corridori in salita, ha attaccato a una sessantina di chilometri dal traguardo, anticipando. Prima si è liberato della scomoda compagnia di Busatto, che aveva provato a seguirlo, e  poi di quella di Cretti e Gelders nel finale verso l’altipiano veneto, ottenendo così la prima vittoria in carriera tra gli Under 23. Cosa potrà diventare? Difficile dirlo: si difende a cronometro e nelle salite lunghe, come ha dimostrato al Giro non soffre particolarmente nemmeno le salite di media durata e ravvicinate: certo tra i professionisti per imporsi servirà un ulteriore passo in avanti.

Infine l’ultimo giorno, verso Trieste, vince Anders Foldager che salva alla grandissima la spedizione della Biesse Carrera, squadra che negli ultimi anni al Giro si è spesso tolta qualche soddisfazione. Quest’anno è toccato al danese, eccellente cacciatore di tappe e in futuro probabilmente di classiche grazie soprattutto alla capacità di resistere sulle salite brevi e allo spunto veloce. Nel 2024 correrà con la Jayco AlUla che lo ha già annunciato qualche mese fa.

L’ITALIA GUARDA DA LONTANO MA NON SOLO

Confronto (quasi) impietoso con una parte del mondo per quanto riguarda l’Italia da classifica generale nelle corse a tappe, ma questa ormai è un’abitudine. Malsana, ma questa è la piega: se pensate che corridori come De Pretto tra gli Under 23 hanno disputato tre corse a tappe in carriera, e che a metà giugno è la prima corsa a tappe della stagione capite che ci sono tante cose che non vanno dal punto di vista formativo nella maggioranza delle squadre italiane. Senza entrare troppo nel merito di come ci si allena (a tal proposito vi invito ad ascoltare le parole di Gaffuri e Vergallito, nel podcast di Angliru, e che mi sento di quotare al 100%) le problematiche sono diverse: si sceglie - anche per questioni economiche - di correre perlopiù in Italia dove il calendario non aiuta: è possibile che fino a giugno non ci siano corse a tappe nel nostro paese a cui prendere parte? E poi da giugno a fine stagione quasi in sequenza: Giro d’Italia, Giro del Veneto, Valle d’Aosta e Giro del Friuli. Scalatori ormai non ne produciamo più e la colpa è anche dei percorsi (spesso piatti o tutti molto simili, circuito con salitella dura da affrontare più volte e difatti è un periodo dove si producono ragazzi veloci e resistenti, da corse di un giorno, ma troppa poca attenzione per le corse a tappe o le corse con tanto dislivello); per quanto riguarda i cronoman, dopo esserci abituati discretamente bene per qualche anno (grazie più al talento individuale), siamo tornati a fare un passo indietro: anche qui molte squadre italiane ci puntano poco o niente, siamo lontani dallo standard per esperienza e materiali (il risultato dei corridori italiani nella crono d'apertura del Giro Next gen è emblematica sulla situazione) e allora “ci accontentiamo” di alcune belle realtà che si sono messe in mostra in questo Giro e che hanno perlopiù caratteristiche da cacciatori di classiche o tappisti. È il caso del già citato Romele, di Bruttomesso, velocista, 2° a Magenta, di Busatto, il corridore italiano più rappresentativo tra quelli che corrono ancora tra gli Under 23 che al Giro la vittoria l’ha solamente sfiorata e De Pretto, della Zalf, 5 volte nei 10 su otto tappe, maglia ciclamino a premiare una regolarità che nessuno è riuscito ad avere durante gli 8 giorni di gara. Menzione anche per Luca Cretti, quarto anno della Colpack che vive una sorprendente settimana di grazia, la migliore della vita: 2° a Trieste, 4° a Pian del Cansiglio dopo aver ceduto solo nel finale a Christen, 8° a Manerba del Garda, 2° nella classifica a punti e in quella dei GPM, qui preceduto soltanto dal dominatore della corsa, Johannes Staune-Mittet.

Qualcuno dirà: e Alessio Martinelli? Ci arriviamo: per quanto il suo 6° posto sia un risultato prestigioso e di peso, Martinelli, ottimo Giro il suo, deve essere ancora inquadrato come tipo di corridore e lui stesso si focalizza bene su quali sono i suoi pregi e difetti: regolarista, si sente competitivo nelle corse di un giorno («Perché mi diverto di più») più che nelle corse a tappe («Anche se avendo un ottimo recupero, i tecnici mi dicono di insistere nelle corse a tappe»), anche se da qui a fine stagione è più facile che, almeno con la maglia della nazionale guidata da Marino Amadori, lo rivedremo al Tour de l’Avenir, dove però i capitani saranno verosimilmente Piganzoli e Pellizzari. Proprio su Giulio Pellizzari, classe 2003, compagno di squadra di Martinelli, apriamo una piccola parentesi: doveva essere il corridore di punta del movimento italiano per provare a fare classifica, ma è arrivato al Giro ammalato e si è fermato prima del via della seconda tappa: una vera disdetta. Come ci ha rivelato Amadori, però, alla vigilia dell’ultima tappa, la nazionale italiana punterà concretamente su di lui al Tour de l’Avenir dandogli la possibilità di misurarsi contro i migliori della categoria Under 23 e soprattutto di dare segnali importanti in salita.

LE SQUADRE

Tra i team devo stranieri che fanno la voce grossa sicuramente Jumbo Visma e Soudal Quick Step, con una tappa a testa,  la vittoria finale di Staune-Mittet e per i gialloneri arriva anche il 9° posto in classifica di Tijmen Graat e la vittoria nella classifica a squadre. Bene la Circus-ReUz-Technord che, pur non vincendo con Busatto, lanciano la sorpresa Alexy Faure-Prost al 5° posto e miglior 2004 (maglia bianca finale), e bene anche la Lotto Dstny del già citato Segaert. Tra le italiane, Green Project- Bardiani CSF-Faizanè, dopo le polemiche suscitate dalla nascita del progetto continentale e qualche difficoltà iniziale, raccoglie (per la verità segnali che arrivano da inizio stagione) i primi frutti davvero buoni del suo percorso con la speranza che questa sia la strada giusta per lanciare talenti nel ciclismo italiano. Bene Colpack e Biesse Carrera, che vincono una tappa a testa, mentre la Zalf oltre ad animare le tappe soprattutto con le fughe di Zamperini, sempre molto attivo, vede il suo nome negli ordini d’arrivo grazie perlopiù al talentuoso Davide De Pretto.

Capitolo CTF, squadra riferimento del movimento italiano e che in pochi anni oltre ad aver lanciato un numero di talenti importanti nel World Tour ormai parte a ogni corsa con gli occhi puntati addosso. Ho avuto l’onore di seguire l’ultima tappa del Giro insieme a loro, squadra di casa, e ovviamente non hanno nascosto la delusione per un Giro nel quale sono arrivati senza uomini per puntare alla classifica (Davide De Cassan), ma cercando la vittoria di tappa che non è arrivata. La parte piena del bicchiere è la crescita di Roman Ermakov, passista russo classe 2004, con margini di miglioramento da scoprire sia nella gestione e lettura nella corsa sia in salita dove, pur pesando parecchio può contare su una certa regolarità di passo e, come mi hanno detto dalla squadra, «dotato di grandi doti di endurance».

La parte vuota del bicchiere è quella di aver mancato le fughe decisive in un Giro che ha visto 5 fughe su 8 tappe al traguardo: soprattutto nel giorno in cui sono andate via i due Colpack, Romele e Meris, e De Pretto, e l’ultimo giorno a Trieste, in casa, oltre a non essere riusciti a concretizzare, nell’unica occasione per velocisti, il lavoro fatto per Bruttomesso, secondo per un'incollatura da Lamperti nell’arrivo di Magenta. Per organizzazione e professionalità, CTF però resta una delle squadre da seguire, un riferimento, una squadra che guarda sempre avanti e che sicuramente riuscirà a cavare qualcosa di buono anche da una corsa che non è andata come ci si aspettava, e come si aspettavano principalmente loro.

SORPRESE

Andiamo alle sorprese della corsa e torniamo a dare uno sguardo alla classifica generale, un discorso rimasto in sospeso qualche paragrafo prima: 5° posto e maglia bianca per Alexy Faure-Prost: «Sinceramente nemmeno io mi aspettavo di andare così forte e di essere così in forma per tutto il Giro» ci dice mescolando inglese e francese rispondendo al mio inglese, parecchio rabberciato in un momento in cui il sole batteva forte sulle nostre teste all'arrivo di Trieste. Faure Prost, che in stagione ha conquistato la Get Up Cup in Belgio (davanti al compagno di squadra Busatto), è stato pedina fondamentale alla Liegi Espoirs vinta dal corridore veneto quest’anno. Busatto, al Giro, ha ricambiato il favore: fondamentale per tenere la maglia di miglior primo anno sulle spalle del compagno di squadra francese, fondamentale il lavoro svolto nel finale nella tappa di Pian del Cansiglio dove Faure-Prost è andato in difficoltà.

Citiamo, infine, anche anche Matteo Scalco, 17° in classifica generale, 3° in quella della maglia bianca (dietro Faure-Prost e Christen, davanti a Ermakov e Svarre), 3° miglior italiano dopo Martinelli e Meris, e reduce, prima del Giro, della vittoria conquistata alla Coppa della Pace.

Foto: La Presse da Comunicati Stampa RCS


Il monumentale del Giro Next Gen: guida al Giro Under 23

In principio fu il Giro d’Italia dilettanti, chi scrive ricorda perlopiù quei ritagli di giornali, titoletti e trafiletti, voci su un certo abile scalatore capace di fare la differenza in ogni salita, di scattare col rapportone e staccare tutti. Era Marco Pantani, all’epoca ancora con i capelli. Era Marco Pantani che correva, anzi saltellava su una bici grigia marchiata Carrera, aveva già firmato, infatti, un contratto per la stagione successiva proprio con la squadra di Boifava. Era Marco Pantani che distrusse la concorrenza nel tappone dolomitico del Giro d’Italia dilettanti 1992.

Fu una tappa epica dove Marco Pantani, dopo la sua supremazia dimostrata su tutte le salite del Giro, si involò sul Valparola e giunse tutto solo sull’affollatissimo rettilineo d’arrivo dei Piani di Pezzè, distanziando Pavel Cherkasov, il già tenace Andrea Noè, Alexander Chefer e Vincenzo Galati.” Scriveva Gino Goti, regista televisivo (ma non solo), al seguito della corsa dal 1991 fino al 2004.

Quella di Pantani seguiva le vittorie di Wladimir Belli (1990) e Francesco Casagrande (1991), sempre col Pirata sul podio, che anno dopo anno migliorò di una posizione, e dopo di lui agguantarono il successo finale due corridori che lasciarono poi il segno anche nella massima categoria: Gilberto Simoni (1993) e Leonardo Piepoli (1994), corridori con il lignaggio dei grandi scalatori. Era un’epoca d’oro per il pedale italico.

Saltando in avanti nell’albo d’oro della corsa citiamo, in quanto fonte di diversi spunti, altre due affermazioni, come quella di Danilo Di Luca, primo nel Giro dei dilettanti nel 1998 e, successivamente, nel 2007, in quello dei professionisti; e c’è chi ha vinto e poi, dopo una buona carriera tra i professionisti, è diventato un punto di riferimento per un certo modo di raccontare il ciclismo attraverso il mondo social: Lello Ferrara è il nome, primo al Giro dei dilettanti nel 2000.

80¡ Giro d'Italia 2003 - 14a tappa Marostica Alpe di Pampeago - km 162 - Marco Pantani (Mercatone Uno) - BettiniPhoto©2010

La corsa proseguì tra vittorie di corridori che invece ebbero un peso inferiore nel mondo a due ruote: Frattini, 2001, Muraglia, 2002, Kairelis, 2003, Marzano 2004. La corsa non venne organizzata nel 2005, mentre nel 2006 fu conquistata da Dario Cataldo che passò professionista e di lui si diceva fosse il prossimo e atteso possibile grande protagonista italiano per le gare di tre settimane.

La corsa, poi, non si disputò per diversi anni fino a quando venne presa in mano dal geniale Giancarlo Brocci e per quattro anni, sotto il nome di Giro Bio, dal 2009 al 2012 vide trionfare nell’ordine: due colombiani, Cayetano Sarmiento e Carlos Betancur (a proposito di talenti mai del tutto espressi), Mattia Cattaneo (pensate: l’ultimo vincitore italiano di questa corsa, e parliamo del 2011) e nel 2012 da Joe Dombrowski, con un certo Aru sul podio.

Interrotta ancora per quattro anni, fu Davide Cassani a spingere affinché si potesse correre nuovamente una delle manifestazioni ciclistiche al mondo più importanti quando si parla di livello giovanile: insieme a Marco Selleri e Marco Pavarini di Extra Giro hanno reso possibile la rinascita del Giro, e così è stato dal 2017 al 2022, chiudendo la corsa, a differenza di quello che era successo fino alle edizioni precedenti, al mondo élite (dilettanti fino ai 27 anni), lasciando spazio solo ed esclusivamente ai corridori Under 23. Da qui la corsa cambiò nome in Giro d’Italia Giovani, conosciuta anche come Giro d’Italia Under 23.

Tom Pidcock da @giroditaliau23

Dal 2017 al 2022 nessun successo italiano, ma nomi di una certa importanza: due russi, Pavel Sivakov e Aleksandr Vlasov, il colombiano Andrés Camilo Ardila, l’inglese Tom Pidcock, lo spagnolo Juan Ayuso e infine, all’incirca dodici mesi fa, il vincitore uscente, il fratello d’arte Leo Hayter. Che sorprese tutti vincendo a Pinzolo il secondo giorno di corsa e stravincendo la tappa con arrivo a Santa Caterina Valfurva, il giorno successivo, dopo aver passato indenne Tonale e Mortirolo. Tappa che vide Lenny Martinez provare a sbaragliare la concorrenza attaccando da lontano salvo poi saltare in aria a fondovalle. Hayter vinse con quasi 5’ di vantaggio su Grégoire e chiuse lì, a doppia mandata, il primo posto nella Corsa Rosa dei giovani. Una tappa caratterizzata da estreme difficoltà altimetriche, che ha lasciato diversi strascichi e alimentato polemiche in gruppo, tra i direttori sportivi e team manager e di cui si parla ancora.

E l’Italia in tutto questo, dalla ripresa del Giro Under 23, che ha combinato? Un solo podio, con Kevin Colleoni nel 2020, ma diversi corridori che oggi brillano anche tra i professionisti e che hanno vinto tappe (Milan, Affini, Baroncini, Dainese) sfiorato il podio finale (Covi e Aleotti). Cosa aspettarsi quest’anno, quando la corsa verrà organizzata per la prima volta da RCS e si chiamerà Giro Next Gen, è il tema del nostro dibattito.

IL PERCORSO E POSSIBILI FAVORITI DI TAPPA

Otto tappe disegnate all’estremo nord della penisola.

TAPPA 1

Si parte con una cronometro di 9,4 km, da Aglié ad Aglié di nove chilometri, che verosimilmente sorriderà a quei corridori capaci di esprimere potenza in un esercizio breve e che militano in squadre ben attrezzate anche a livello di materiali per correre in contesti di questo genere. Crono semplice, veloce, con lunghi rettilinei e una leggera salitella finale che porta al Castello di Agliè.

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Segaert, Hagenes, Moro, De Decker.


TAPPA 2

 

Il secondo giorno è già tempo per i corridori più esplosivi, quelli che una volta passati professionisti faranno a spallate sugli arrivi all’insù con i velocisti più resistenti del gruppo. La San Francesco al Campo-Cherasco è una frazione mossa con un finale che ricalca quello che vide Philippe Gilbert vincere al Gran Piemonte nel 2010. Sono in tanti tra quelli presenti ad ambire alla tappa piemontese.

Da tenere d’occhio: Busatto, Lamperti, Gudnitz, Bruttomesso, Huising.


TAPPA 3

 

Terza tappa: molto banalmente la quiete prima della tempesta. Molto banalmente la tappa più piatta della corsa. Si arriva a Magenta e si sprinta. Occhio come sempre che in questa corsa ci sono solo cinque corridori per squadra e non è detto che arrivi pure una possibile fuga.

Da tenere d’occhio: Lamperti, van Sintmaartensdijk, Pollefliet, Persico, Portello.


TAPPA 4

Il quarto giorno, mercoledì 14 giugno, si fa la corsa. Arrivo sullo Stelvio: tappa che non fa paura come quella del Mortirolo del 2022 (e pensiamo anche che susciterà meno polemiche), ma farà la differenza in maniera forse definitiva andando a disegnare la classifica. Si sale verso Bormio e poi ecco i 30 tornanti in 22 km che caratterizzano una delle salite più affascinanti del mondo. Affermazione senza tema di smentita.
22 km al 7% di media e un arrivo a quota 2758 metri. I ragazzi saranno chiamati a una prova durissima, inedita per la quasi totalità di loro. Sarà una giornata brutale e dall’esito tutt’altro che scontato. Molti dei diesse e team manager delle squadre al via non sanno nemmeno come potranno reagire i propri corridori alle difficoltà altimetriche di questa giornata.

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Nerurkar, Lecerf, Pickering, Pellizzari.


TAPPA 5

La quinta tappa prova a dare tregua, ma forse anche no. La Cesano Maderno-Manerba del Garda vede una seconda parte adattissima ai colpi di mano, a qualche cacciatore di tappa che ha superato bene (e magari ha conservato energie) lo Stelvio, una tappa dove, se qualche uomo di classifica dovesse mostrare il fianco, rischierebbe di saltare. Finale mosso che sembra fatto apposta per quei corridori da corse vallonate.

Da tenere d’occhio: Busatto, Foldager, Hagenes, Gelders, De Pretto.


TAPPA 6


Ci si avvicina alla fine e venerdì 16 giugno si pensa a quei velocisti superstiti non solo delle cinque tappe precedenti, ma anche quelli che soffriranno di meno il GPM di Valico della Fricca posto crudelmente a inizio tappa.

Da tenere d’occhio: Bruttomesso, Lamperti, De Decker, Persico, Portello.


TAPPA 7

Ed ecco il (quasi) gran finale sabato con arrivo a Pian del Cansiglio. È la tappa più lunga, 176 km, e tra Valmorel, Nevegal e il finale verso il Pian del Cansiglio c’è spazio per ribaltare completamente il Giro (sempre che, come successo nelle ultime due edizioni, non si trovi, strada facendo, un padrone dall’aria inscalfibile).

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Pellizzari, Morgado, Hagenes, Gruel.


TAPPA 8

Infine l’ultimo giorno da Tavagnacco a Trieste, le zone che pedala chi scrive: tappa dal profilo mosso, dal finale scenografico, ma con un probabile arrivo in volata o comunque di un gruppo ben nutrito. Anche qui, fuga permettendo.

Da tenere d’occhio: Lamperti, Bruttomesso, Persico, Pollefliet, Epis.


 

CORRIDORI DA SEGUIRE

Giulio Pellizzari  - Foto: Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

(NB A oggi, venerdì 9 giugno, non tutte le squadre hanno ufficializzato le proprie selezioni e quindi si parla di un analisi fatta sulla startlist provvisoria: alcuni nomi di questo zibaldone potrebbero cambiare nelle prossime ore)

Chi scrive si è imposto di non andare troppo nello specifico altrimenti il rischio di appesantire la lettura più di quello che potrebbe essere sarebbe concreto, e allora via con uno zibaldone di corridori da seguire per classifica, per le tappe, per le volate, per le fughe.

Intanto qualche numero, dato in forma marginale: 35 squadre, 17 italiane e 18 dall’estero. I team così detti Devo, le squadre di sviluppo delle compagini che militano nel mondo del professionismo, compresi Green Project-Bardiani e Cycling Team Friuli sono ben 14. Il fatto di correre con le squadre di club e non con le nazionali, rende altissima la competizione, e ancora più interessante capire come si muovono gli scopritori di talenti e i vari movimenti ciclistici, e aiuta a capire anche qual è la profondità di alcuni dei migliori vivai al mondo.

PER LA CLASSIFICA

Foto: Johannes Staune-Mittet - Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Tre nomi su tutti: Johannes Staune-Mittet, (Norvegia, Jumbo Visma), perché prima di passare a tutti gli effetti professionista vuole vincere la corsa italiana dopo essere salito sul podio al Tour de l’Avenir lo scorso anno. Ha mestiere ed esperienza maturata in diverse corse a tappe già disputate che lo pongono come favorito (quasi) assoluto. Con lui la Jumbo Visma Devo porta uno squadrone: Per Strand Hagenes, anche lui norvegese - l’autore di questo pezzo stravede per il classe 2003 ex sciatore, e prevede un futuro estremamente roseo anche nella massima categoria, dove peraltro ha già vinto - può ambire anche lui all’alta classifica, a patto di resistere sullo Stelvio; Tijmen Graat, Menno Huising e Loe van Belle, sono tre corridori che farebbero i capitani in quasi tutte le altre squadre al via, proveranno a stare vicino ai capitani, tireranno quando ci sarà da tirare, ma chissà che, in una corsa dal disegno tattico tutt’altro che scontato, troveranno il loro spazio e magari si inseriranno in un’azione mirata a far saltare il banco.

Antonio Morgado (Hagens Berman Axeon): Merckx cerca il (difficile) bis dopo il successo nel 2022 di Hayter e lo fa con il primo anno portoghese, uno dei più forti, continui e completi corridori tra i suoi coetanei. Anzi potremmo esagerare e definirlo talento generazionale, ma vedremo. Come Staune-Mittet non ha paura di alcun tipo di terreno, a differenza di Staune Mittet è un attaccante nato, e potrà dire la sua anche nella cronometro, sugli arrivi mossi, oltre che in salita. Nella squadra americana occhi puntati su quell’altro potenziale fuoriclasse del 2004 che è Jan Christen, lo svizzero, forte in diverse discipline, dovrà però difendersi sullo Stelvio. Superato quello scoglio, occhio a lui per un piazzamento importante. Secondo Axel Merckx, però, e chi siamo noi per contraddirlo, l’uomo per la classifica sarà proprio lo svizzero, promesso sposo della UAE, mentre sempre a detta del team manger della squadra americana, Axel Merckx, Morgado proverà invece a vincere qualche tappa.

Il terzo nome è quello del belga William Lecerf della Soudal Quick Step Devo team. Lo scalatore belga è particolarmente adatto al percorso di questo Giro e ha già dimostrato il suo livello in alcune corse tra i professionisti, anche a tappe.

La DSM presenta una squadra molto giovane, ma fa paura con il belga Vlad Van Mechelen (altro talento del 2004, corridore molto estroverso anche al di fuori delle corse in bici) e Max van der Muelen, indovinate? Un altro 2004. Entrambi vanno forte su tutti i terreni, ma non hanno grandissima esperienza ancora e sono chiamati anche loro a dare una risposta alle domande difficili che porrà lo Stelvio.

Il primo anno danese Tobias Svarre è l’uomo della ColoQuick per la classifica: punterà, insieme al veloce e resistente Joshua Gudnitz, anche alle tappe più vallonate.

La Tudor Pro Cycling ha due corridori da tenere d’occhio per la classifica, il tedesco Hannes Wilskch, in ottima forma come dimostrato di recente all’Orlen Grand Prix e Mathys Rondel, francese. Soprattutto Wilkisch, 7° lo scorso anno sia al Giro che all'Avenir, è tra i corridori maggiormente papabili per una top ten, oppure per qualcosa in più.

Anders Foldager - Foto Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Il danese Anders Foldager può essere l’uomo di classifica per la Biesse Carrera, anche se verosimilmente lo vediamo più adatto a cacciare tappe che a pensare a una posizione di vertice nella generale. La Tirol Ktm si affida a Marco Schrettl, visto in forma in salita alla Oberösterreich Rundfahrt. Il Cycling Team Friuli si affida a Roman Ermakov, russo, corridore che proverà a tenere duro per un piazzamento nei primi 10, 15. Scalatore, si difende bene a cronometro, il classe 2004 sta, però, recuperando dopo una caduta all’Oberösterreich Rundfahrt che ne ha messo in dubbio la partecipazione al Giro.

La Groupama non ha un gruppo estremamente competitivo come il 2022, ma ugualmente da tenere d’occhio. Si sono “ringiovaniti” per forza di cose dopo il passaggio tra i professionisti del folto gruppo capitanato da Martinez e Grégoire, e punteranno soprattutto sul talentuosissimo Thibaud Gruel, francese forte su tutti i terreni e con la vocazione dell’attaccante, su Brieuc Rolland, andato forte di recente all’Alpes Isère Tour, e su Tym Brennsaeter, corridore che al 2° anno nella categoria deve ancora confermare ciò che di buono fece tra gli juniores, ma lo citiamo come possibile scommessa.

La Leopard TOGT Pro Cycling ha nel lussemburghese Mats Wenzel il corridore da seguire con maggiore interesse, viste le buone qualità dimostrate in questi anni anche in salita. Wenzel è un corridore che, piazzandosi con regolarità ovunque, può scalare la classifica.

Lukas Nerurkar - Foto: Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

La Trinity Racing sarà una delle squadre più competitive al via, anche nel provare a piazzare un corridore sul podio: Lukas Nerurkar, soprattutto, ma anche Finlay Pickering, hanno importanti qualità quando la strada sale e possono lasciare il segno in una corsa che nelle ultime tre stagioni è stata vinta da due corridori britannici. Nerurkar, che in carriera ha già corso alcune brevi corse a tappe tra i professionisti, è andato molto forte al Gran Camino (vincendo la classifica dei giovani), e potrebbe essere il più quotato outsider per insidiare il favorito Staune Mittet.

Ci sono poi i colombiani di Savio: German Gomez ed Edgar Andres Pinzon che possono dire la loro, ma dovranno superare indenni le insidie delle prime tappe dove tradizionalmente gli escarabajos tendono a perdersi e a perdere minuti. Stelvio e Pian del Cansiglio, però, rappresentano il terreno ideale per loro.

Ludovico Crescioli  - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021

L’Italia? Si pensa soprattutto al duo Green Project- Bardiani, Alessio Martinelli e Giulio Pellizzari, l’ordine sceglietelo voi, per la classifica. Entrambi non nascondono ambizioni da prime cinque posizioni. Da seguire anche Ludovico Crescioli, classe 2003, che un paio di stagioni fa dava del filo da torcere a Lenny Martinez al Lunigiana e che prova a trovare il suo spazio anche tra gli Under 23, chissà possa esplodere proprio a questo Giro, magari puntando alla classifica generale o a qualche bella tappa. E infine due scalatori della Q36.5: il primo anno Raffaele Mosca ed Edoardo Sandri, che ha già maturato parecchia esperienza nella categoria.

PER LE TAPPE

Foto: Francesco Busatto - Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Qui tutto o tanto potrebbe girare intorno al nome di Francesco Busatto, faro del movimento italiano Under 23, uno dei corridori più competitivi della categoria anche a livello internazionale e, scusate se lo diciamo, ma la cosa non è che di recente accada troppo spesso. Fra qualche mese correrà ufficialmente nel World Tour e con la maglia della Intermarché ha dimostrato di essere corridore di categoria superiore. Vincitore quest’anno della Liegi U23, primo italiano della storia a riuscirci, chissà se vorrà provare pure a tenere duro in classifica, vedremo. Ha almeno 3 tappe disegnate su misura, a partire dal secondo giorno a Cherasco.

Dicevamo dei tanti cacciatori di tappe, eccoli: Darren Rafferty, Artem Schmidt e Kasper Andersen (Hagens Berman Axeon) arrivano al Giro in grande forma e dopo aver corso parecchio in Italia quest’anno; Davide Dapporto (Team Technipes InEmiliaRomagna) proverà a lasciare il segno entrando nella fuga giusta; Santiago Umba (GW Shimano Sidermec) presentato un paio di anni fa da Savio come l’Alaphilippe colombiano, ma frenato da qualche problema fisico, è resistente e dotato di spunto veloce (sennò che Alaphilippe sarebbe!), punta alle tappe, ma potrebbe tenere anche in classifica generale.

Ci sono poi Gil Gelders e Jonathan Vervenne, coppia belga della Soudal Quick Step Devo, corridori di qualità, con Gelders già vincitore di una tappa al Giro lo scorso anno e della Gent-Wevelgem di categoria pochi mesi fa. Corridore versatile e grande capacità di fiutare la fuga giusta, Gelders può anche essere uomo da classifica. Vervenne, invece, campione nazionale a cronometro qualche settimana fa, punta proprio alla tappa d’apertura. Andrea Debiasi (CTF) è uno dei corridori più continui e meno pubblicizzati del gruppo, ma anche lui è capace di tenere duro e poi difendersi grazie allo spunto veloce: sarà una delle armi del sodalizio friulano per provare a vincere una tappa che manca dal 2020 quando, a Rosà, Milan vinse in volata battendo Meeus e Stewart.

2021 UEC Road European Championships - Men’s Junior Road - Trento - Trento 105,7 km - 10/09/2021 - Alessandro Romele (ITA) - photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021

Continuiamo la lista dei cacciatori di tappe con Alessandro Romele (Colpack Ballan) corridore con la fuga nel sangue e che potrà animare diverse tappe e puntare anche a vincerle, l’estone della DSM Frank Aron Ragilo e il suo compagno di squadra l’olandese Enzo Leijnse, il francese Jordan Labrosse della AG2R e Matteo Scalco, Green Project-Bardiani, che si testerà soprattutto sullo Stelvio.

C’è poi il gruppo dei velocisti resistenti: Alberto Bruttomesso (CTF) già vincitore di una tappa lo scorso anno al Giro Under 23, in maglia Zalf, è uno che può provare a piazzarsi (e vincere) in tutte le tappe che non vedono coinvolti direttamente gli uomini di classifica, però dovrà fare i conti con l’americano Luke Lamperti (Trinity Racing), che potrebbe anche essere il dominatore delle volate a disposizione, ma che sa tenere duro anche in arrivi più mossi. Ci sono poi anche Fabian Weiss, svizzero della Tudor, Davide Persico, forse il velocista per certi versi più puro del gruppo, il poliedrico austriaco Alexander Hajek, Tirol KTM, anche lui capace di tenere duro su arrivi più complicati, e il forte duo della Lotto formato dal pistard Gianluca Pollefliet e da Tijl De Decker già a segno tra i professionisti vincitore della Paris-Roubaix di categoria poche settimane fa. Entrambi possono fare bene anche nella crono d'apertura.

ANCORA DA NON PERDERE

Non è finita: non vanno dimenticati, a partire dalla Circus-ReUz-Technord, oltre a Busatto, anche il francese Alexy Faure-Prost (proverà a fare classifica?), il belga Tim Rex (fratello d’arte), il connazionale Jelle Vermoote e soprattutto l’olandese Roel van Sintmaartensdijk, dal nome quasi impronunciabile (ci vuole parecchio esercizio), che non teme gli arrivi più complicati, ma ama soprattutto buttarsi in volate di gruppo dove potrebbe togliersi grosse soddisfazioni.

Manuel Oioli (Italy) - Foto: Luca Bettini/BettiniPhoto©2021

Continuiamo la carrellata citando l’appassionato di film di Tarantino, Manuel Oioli, corridore di vertice tra gli junior che ancora non ha trovato la sua dimensione tra gli Under 23, ma il Giro di categoria potrebbe essere il suo Le Iene; mentre Davide De Pretto (Zalf) punta a essere uno degli attori principali soprattutto nelle tappe più mosse in una Zalf come al solito molto competitiva e che vede al via anche Giosuè Epis, anche lui proverà a rompere le uova nel paniere dei “big” soprattutto nella tappa di Cherasco, e Manlio Moro. Moro è un passista e pistard di livello assoluto e punta (molto) forte alla tappa d’apertura.

C’è poi Alessio Bonelli, della selezione Interregionale, dopo aver vinto una tappa due anni fa in questa corsa non si è mai più confermato a quei livelli, ma chissà, mentre Sergio Meris, ancora Colpack Ballan, può essere un outsider sia per la classifica che nelle tappe più dure.

A proposito di attori che studiano per diventare grandi interpreti: Giacomo Villa (Biesse Carrera), vincitore quest’anno del Trofeo Piva e tra i più forti italiani nella categoria nelle corse di un giorno impegnative, corridore che ha tutte le caratteristiche per provare a vincere una tappa, magari andando in fuga.

Alessio Portello, Q36.5, è velocista (puro) e un paio di occasioni importanti ce le avrà per provare a lasciare il segno, così come punta forte a una vittoria di tappa il tedesco della Leopard Tim Torn Teutenberg, uno dei corridori più titolati in corsa, grazie soprattutto alla sua attitudine in pista, essendo un asso dell’Eliminazione, diversi i risultati di prestigio conquistati negli ovali di tutto il mondo. TTT come viene, in modo semplice e banale, chiamato, può lanciarsi sia negli arrivi più mossi che nelle volate di gruppo.

Alec Segaert - Foto: Vincent Kalut/PN/SprintCyclingAgency©2023

Restando sempre all’estero citiamo il britannico Noah Hobbs, Groupama La Conti, fisico compatto, caratteristiche da velocista resistente, il belga Alec Segaert (chi scrive a inizio stagione lo immaginava tra i dominatori di questo 2023, invece finora un periodo sottotono, con l'impressione che corra "meglio" tra i professionisti, come se soffrisse una mancanza di motivazioni, ma questa è un'opinione del tutto personale) ha tutto per fare grandi cose anche a questo Giro, cominciando dalla crono iniziale: sarà uno dei favoriti ad Agliè, infatti, e da seguire anche il suo compagno di squadra Robin Orins, all rounder “di razza”. Molto interessanti anche gli australiani della ARA |Skip Capital: Hamish McKenzie, argento mondiale jr lo scorso anno dietro un imbattibile Joshua Tarling, che può dire la sua subito ad Agliè e i compagni di squadra Brady Gilmore, soprattutto, che cercherà gloria in volata, e William Eaves.

Infine (meno male che dovevamo essere brevi…) citiamo in ordine sparso per caratteristiche altri corridori che proveranno a mettersi in luce chi in fuga, chi tenendo duro in classifica, chi in salita, chi in volata: Gabriel Fede, talento italiano in forza all’AG2R dove al momento non ha trovato grande spazio, passista scalatore, magari andrà in fuga, Davide Toneatti e Simone Zanini (Astana Qazaqstan), Tommaso Dati (Mastromarco), Pietro Aimonetto (Ciclistica Rostese), Tommaso Bergagna e Lorenzo Peschi (General Store), Marco Manenti (Hopplà-Petroli Firenze-Don Camillo), Andrea Piras (Beltrami TSA), Elia Tovazzi e Dennis Lock (Sias Rime), Marco Di Bernardo (UC Trevigiani), Gabriele Raccagni (Eolo), Aivaras Mikutis e Arnaud Tendon (Tudor), e infine Michiel Lambrecht (Bingoal).

In tutto questo, doverosa precisazione, il fascino di una corsa di questo genere è l’imprevedibilità data anche dalla presenza di soli cinque corridori per squadra: facilmente si renderanno protagonisti altri corridori che non abbiamo citato, ma è il ciclismo degli Under 23, e ci piace così.

FAVORITI

⭐⭐⭐⭐⭐Staune-Mittet
⭐⭐⭐⭐ Morgado
⭐⭐⭐ Pellizzari, Lecerf, Christen, Nerurkar
⭐⭐ Martinelli, Wilksch, Pickering, Hagenes
⭐ Huising, Graat, Gelders, Gomez, Ermakov, Gruel, Umba, Van Mechelen

Immagine in apertura:  Leo Hayter da @giroditaliau23


Top&Flop alvento weekly #9

TOP

Juan Ayuso

Torna alle corse dopo 226 giorni e alla terza tappa del Romandia vince la crono, primo successo nel WT e veste la maglia di leader che perderà poi in salita il giorno dopo, ma poco importa. Che cos’è il talento ce lo ha spiegato bene il giovanissimo spagnolo.

Max Poole

A proposito di giovani e talenti, il corridore inglese della DSM, alla sua prima vera stagione da professionista, nelle ultime due corse a tappe disputate ha chiuso all’11° posto il Tour of the Alps e al 4° il Romandia. Forte in salita, a suo agio col maltempo, siete ancora in tempo per salire sul suo carro.

Andrea Debiasi

Non deve sfuggire al grande pubblico la crescita di questo corridore classe 2001 che milita nel Cycling Team Friuli. Veloce e resistente, nelle ultime settimane di gara ha ottenuto un 3° posto di tappa al Tour de Bretagne, è stato 2° a San Vendemiano e 6° al Giro del Belvedere. Altro corridore degli ex bianconeri friulani in rampa di lancio.

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FLOP

Romain Bardet

Col cuore in mano inseriamo una delle stelle del ciclismo francese che nella tappa del Romandia con arrivo in salita pensavamo di vedere lottare per vincere (dopo essersi piazzato pure in volata) e invece abbiamo visto staccarsi nel momento clou della corsa.

Ivan Ramiro Sosa

Qualche stagione fa pareva poter diventare uno degli scalatori più forti del gruppo, persino da poter diventare corridore influente per i Grandi Giri. Invece lo abbiamo visto in difficoltà (si fa per dire, chiude la classifica al 3° posto) anche nella “sua” Vuelta Asturias, dominata nel 2022. Risultato che gli vale l'esclusione dagli otto per il Giro.

Tour de Bretagne

Il video della caduta di quasi la totalità del gruppo, su una stradina stretta e completamente sporca di fango, ha fatto il giro del mondo. Chiediamo: ma tutte quelle moto che anticipano il gruppo nelle corse perché non hanno segnalato il pericolo, magari neutralizzando quel passaggio estremamente pericoloso?

Foto copertina: per gentile concessione del Cycling team Friuli


Il Monumentale del Giro 2023

Pochi sono gli argomenti imprescindibili nella ciclosfera: uno di questi è il Monumentale del Giro d’Italia, la guida di alvento alla Corsa Rosa, da tenere aperta lì, sul comodino, il telefono, il computer, il tablet, e da consultare durante i giorni che vanno dal 6 al 28 maggio 2023.

Prendiamo gli ingredienti e iniziamo tagliando la cipolla, un po’ anche per creare lacrime di scena a causa di quello che è già passato, in un’epoca in cui tutto, invece di trasformarsi, pare cancellarsi con una velocità che pare poco umana e, ahinoi, troppo al passo con i tempi: è stata una primavera delle classiche, che, perdonateci il termine abusato e a tratti più fastidioso di una zanzara d’estate, di una cimice che fa capolino in mezzo a vecchi serramenti nelle prime giornate calde di febbraio, potremmo definire semplicemente pazzesca, una primavera delle classiche che ci ha fatto divertire. Più semplicemente ha vissuto sulle sfuriate di van der Poel (Poggio), Pogačar (Oude Kwaremont); sullo stesso sloveno che attaccava da lontano all’Amstel e da vicinissimo alla Freccia: in entrambi i casi quanto gli bastava e serviva per vincere. Ha vissuto sulle spalle di van Aert, solide per reggere urti e polemiche, per vincere e piazzarsi, e su quelle con livrea iridata di Remco Evenepoel, che si è visto poco, ma quando si è visto pure lui se non cannibale, almeno cannibalino, dimostrando una certa fame, facilità, dimestichezza nell’uso della bicicletta come mezzo per vincere corse.

Prepariamo il soffritto: la primavera delle classiche ci porta diretti al Giro, e il Giro per alvento ormai significa anche (non soprattutto!) la guida più completa che potete trovare in circolazione: IL MONUMENTALE DEL GIRO D’ITALIA (2023). Scritto così, come se stessimo urlando.

Buttiamo la pasta: saranno tre settimane da vivere, sui nostri canali social, con la nostra newsletter, con le nostre istantanee, i nostri podcast, saranno tre settimane dove i protagonisti saranno loro, i corridori e dove noi avremo l'onore di raccontarli.

Mentre eXistenZ lo mettiamo "in paaausa", noi ci siamo: “Venite a tavola che è pronto!

UOMINI DI CLASSIFICA

FAVORITI

Stavolta cercheremo di farla (un po’) più breve perché non serve spiegare ogni volta la vita dei corridori, come fosse quella dei santi, snocciolando imprese e delusioni, e allora via intanto con i pretendenti alla maglia rosa finale.

REMCO EVENEPOEL

Foto: Remco Evenepoel - Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Sulle strade del Giro fece il suo esordio in una corsa a tappe di tre settimane e dopo aver brillato, inizialmente, si spense, lentamente, fino al ritiro, andando in difficoltà nella tappa con gli sterrati e ritirandosi a seguito di una caduta qualche giorno dopo. Torna al Giro con una Vuelta, la maglia di campione del Mondo, due Liegi all’attivo e la consapevolezza di essere, se non il favorito numero uno, qualcosa di molto simile. Il percorso è tagliato per lui e fatichiamo a trovare un punto debole, al massimo gli possiamo dire occhio alle strade, sempre ricche di tracobetti™.

PRIMOŽ ROGLIČ

Foto: Primoz Roglic - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

O occhio a Roglič. Una caduta nell’ultima Vuelta ci ha privato all’improvviso della sfida massima tra i due, che oggi si ripeterà sulle strade del Giro dove lo sloveno ha già sfiorato il successo. Tre crono dove battersi testa a testa con Evenepoel e se l’antipasto della sfida tra i due è stato quello assaggiato in Spagna al Catalunya, ci sarà da divertirsi anche per argomenti che riguardano contorno ed extra corsa. E chissà che non sia proprio l'aspetto nervoso a far pendere la bilancia su un corridore rispetto all'altro.

Le differenze tra i due? Evenepoel è più fresco, ha un motore che si è visto di rado, soprattutto in uno sforzo di lunga durata; se decide di partire bisogna mettersi giù a blocco per provare ad arginarlo; è migliorato a tal punto da potersi battere anche sugli arrivi esplosivi e alla vigilia, spavaldo annuncia: «Mi sento molto più forte che nel 2022 quando vinsi la Vuelta». Roglič dovrà dare sfogo alla fantasia per cercare di scalfire l’inscalfibile apparente, poi lo ribadiamo: le crono potranno essere decisive in un senso o nell’altro, così come la capacità di stare sul pezzo lungo le strade italiane e, a costo di diventare ripetitivi, le scaramucce possibili tra i due potranno avere il loro peso.

ALTERNATIVE

JOÃO ALMEIDA

Foto: Joao Almeida - Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Il primo che ci viene in mente è Joao Almeida. Regolarista se ce n’è uno. Si difenderà a cronometro e sulle lunghe salite, dove, mi raccomando, se lo vedete staccarsi non preoccupatevi, fa parte dell’ordinaria amministrazione: non ci saranno problemi, perché la sua capacità di limitare i danni è quasi unica in gruppo. A inizio carriera pareva un corridore temibile pure sulle brevi salite e con uno spunto veloce, ora, che comunque di anni ne ha (soltanto) 25, pare abbia leggermente modificato le sue caratteristiche: più regolare che esplosivo. Difficile insidiare i primi due, perché, pur difendendosi su ogni terreno, gli sono superiori, cronometro incluse, ma se ci fosse spazio, fossimo in voi terremmo nota del suo nome.

ALEKSANDR VLASOV

Foto: Aleksandr Vlasov - Vincent Kalut/PhotoNews/SprintCyclingAgency©2022

Ma serve un altro Vlasov rispetto a quello visto sin qui nel 2023. Serve quel corridore capace di tenere duro in salita, di brillare quando c’è da essere esplosivi, di andare forte anche a cronometro. Le tre settimane non lo spaventano, anzi, è il classico corridore che in un GT cresce alla distanza, e il finale di Giro, fatto per uomini da terza settimana, sembra proprio una dedica a questo tipo di corridori.

TAO GEOGHEGAN HART

Foto: Tao Geoghegan Hart - Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

Chi invece ce lo aspettiamo partire forte sin da subito è il rosso di Londra, già vincitore di un Giro d’Italia, seppure un Giro atipico e che ancora oggi porta la firma di Dennis sullo Stelvio. Ma Geoghegan Hart sta benissimo e fino al primo giorno di riposo potrà togliersi tante soddisfazioni. Un punto a favore e su cui dovranno lavorare in Ineos è l’incredibile profondità di squadra con gente forte su ogni terreno e con diverse alternative per la classifica generale.

QUARTETTO BAHRAIN (DAMIANO CARUSO, JACK HAIG, SANTIAGO BUITRAGO, GINO MÄDER)

Foto: Damiano Caruso - Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2022

Tutti e quattro perché è difficile sceglierne uno. Tre di questi quattro, poi, hanno uno storico importante nei Grandi Giri: podio e top ten, tra Giro e Tour (Caruso), podio alla Vuelta (Haig), top 5 alla Vuelta (Mäder); il quarto, Buitrago, è forse uno dei corridori più in forma del gruppo come dimostrato recentemente alla Liegi. Se dovessero mancare l’appuntamento con l’alta classifica, ognuno di questi potrà provare a vincere una o più tappe in montagna. Se dovessimo sceglierne uno, tuttavia, vi diremmo di fare un pensierino su Haig, forse quello più convincente e completo, anche se spesso coinvolto in cadute e incidenti di gara. Tuttavia, Caruso ha destato una bella impressione al Romandia.

HUGH CARTHY

Foto: Hugh Carthy ©PHOTOGOMEZSPORT2020

Il magrissimo, ai limiti dell’anoressia, inglese, c’è sempre e quando c’è lo si nota. Va forte con ogni condizione meteo e in salita sulla carta se la gioca con tutti quelli che non si chiamano Remco o arrivano dalla Slovenia e vestono la maglia Jumbo-Visma. La sua squadra sta bene, lui sta bene, un piazzamento in alta classifica è alla sua portata come già dimostrato più volte in carriera.

OUTSIDER

Foto: Haimar Zubeldia - Luis Angel Gomez/BettiniPhoto©2017

C’è poi quel gruppo di corridori che, approfittando di alcune situazioni di campo che non staremo di certo qui ad elencare, ma si possono intuire, potranno inserirsi nella lotta per l’alta classifica oppure, prendendo esempio da uno dei massimi esponenti della regolarità nei Grandi Giri, ovvero Haimar Zubeldia, potranno ambire a un piazzamento nei primi dieci, quindici di classifica. Andando magari in fuga e recuperando minuti a grappoli, oppure sfruttando doti di fondo fondamentali nel prosieguo di una corsa lunga tre settimane.

LORENZO FORTUNATO

Foto: Lorenzo Fortunato - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Per alcuni, vedi Lorenzo Fortunato, entrare nei dieci sarebbe l’ennesima conferma di una carriera a buoni livelli nelle grandi corse a tappe e sarebbe un risultato con i fiocchi per la Eolo-Kometa. Lo scalatore bolognese, però, non nasconde l’idea di poter tornare a vincere anche una tappa dopo la splendida impresa sullo Zoncolan due stagioni fa. Sul piatto c’è soprattutto la voglia di riscatto dopo un Giro 2022 sotto le aspettative e l'avvicinamento, Tour of the Alps e Vuelta Asturias, dà fiducia, ma aumenta le aspettative.

GLI ALTRI INEOS (SIVAKOV, ARENSMAN, THOMAS)

Ad altri, come gli Ineos che non si chiamano Geoghegan Hart, guardiamo invece con perplessità, questo se dovessimo prendere per buono in questo caso l’avvicinamento al Giro. Presentiamoli a suon di bordate: Pavel Sivakov ormai è un gregario di lusso: peccato! esclamiamo senza timore di offendere qualcuno, il Sivakov degli Under 23 era un signor corridore che avrebbe meritato ben altri spazi, ma spesso vocazione non fa rima con ambizione e guardiamo avanti verso un Giro probabilmente di gregariato; Thymen Arensman in questo inizio di stagione ha assunto invece le sembianze dell’incompiuto -almeno momentaneamente - arrivando a far dire a chi scrive, “se esistesse un premio delusione, quello del 2023 spetterebbe di diritto al Principe di Eternia”. Dotato di notevole fondo, da Arensman ci aspettiamo cose importanti nella terza settimana del Giro e chissà che non possa essere ancora in alta classifica o entrarci in qualche maniera, come fece lo scorso anno in Spagna alla Vuelta. Infine Geraint Thomas, palmarès e carisma con pochi eguali tra i partenti di questa edizione di Giro, sempre chi scrive provò a scommetterci contro lo scorso anno alla vigilia del Tour, la risposta del gallese fu pronta, quasi esagerata: 3° posto alle spalle dei due dominatori. Quest’anno ci riproviamo perché il Thomas visto finora non convince nemmeno lui.

LENNARD KÄMNA

Foto: Lennard Kämna - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Chi invece ha convinto, è convinto e convince - e punta alla classifica, magari a uno di quei piazzamenti che non ti cambiano la carriera in senso assoluto, ma che aiutano, che fanno morale, che ti fanno trovare un bel rinnovo di contratto eccetera - è Lenny Kämna, uno dei corridori più amati dal tifo, anche italiano. Cacciatore di tappe per antonomasia, il tedesco, messi da parte alcuni problemi di varia natura, nelle ultime stagioni si sta specializzando come corridore dall’istinto fatale: quando parte a caccia di una tappa difficilmente sbaglia. Al Giro occasioni ghiotte ce ne sono, ma lui, con un occhio al compagno di squadra Vlasov e uno alla propria classifica, proverà a tenere duro. Nel 2022 vinse sull’Etna e poi si fece trovare costantemente davanti, puntuale nel dare una mano a Hindley. Speriamo solo che non stravolga troppo la sua natura da corridore istintivo.

JAY VINE

Foto: Jay Vine - Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2023

Tutto ancora da scoprire. Il corridore visto al Tour Down Under, forte a crono e in “salita” potrebbe ambire a un piazzamento importante, idem quello visto alla Vuelta a fine 2022, ma: 1) Il Giro non è la Vuelta, tantomeno lo è la breve corsa a tappe australiana che si corre a gennaio; 2) viene da un problema fisico che lo ha costretto a fermarsi per diverse settimane; 3) spesso finisce a terra e in una corsa di così lunga durata, per questioni di probabilità, i pericoli aumentano. Di certo sarà uno dei corridori da seguire maggiormente, può perdere poco a cronometro, può vincere in salita, non ha paura di attaccare, e magari, oltre ad aiutare Almeida, potrebbe pure essere tra i favoriti per la maglia dei Gran Premi della Montagna.

DOMENICO POZZOVIVO

Foto: Domenico Pozzovivo - Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

E di Domenico Pozzovivo che diciamo? Altro Giro, altra corsa. Quello che inizia sabato sarà il suo 24esimo Grande Giro, e arriverà dopo aver passato il secondo inverno consecutivo ad allenarsi senza un contratto in mano. Alla fine la Israel-PremierTech gli dà una bella chance che lui - coetaneo di chi scrive - non vuole sciupare.

RIGOBERTO URAN

 

Foto: Rigoberto Uran - Luis Angel Gomez/BettiniPhoto©2021

A proposito di età che avanza e di tante corse a tappe sulle spalle: al via pure Rigoberto Uran con l’ambizione di provare a entrare nei 10 e di formare con Carthy una coppia molto interessante. Il suo tempo è passato? Mai darlo per finito, perché come ha dimostrato nell'ultima edizione della Vuelta, ha esperienza e classe per vincere ancora, e per piazzarsi in corse di alto livello.

THIBAUT PINOT

Foto: Thibaut Pinot - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

E visto che ci piace trovare un filo conduttore svolazzando in punta di penna tra paragrafo e paragrafo: il talento trova rifugio in Thibaut Pinot, agli ultimi canti della sua carriera. È in forma e al Giro proverà a lasciare il segno, prima di lasciare il ciclismo, in salita e perché no, in classifica generale, spazio ce n’è, tifo sulle strade per lui altrettanto.

AURÉLIEN PARET-PEINTRE

Foto: Aurélien Paret-Peintre - Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023 

Chiudiamo la carrellata con Aurélien Paret-Peintre. Il francese dell’AG2R, veloce, completo e regolare, vuole provare a migliorare il 16° posto ottenuto al Giro nel 2020 (e il 15° ottenuto al Tour la stagione successiva). Può essere una delle sorprese del Giro: anche lui è in ottima forma come dimostra il piazzamento nei primi venti ottenuto alla Liegi-Bastogne-Liegi. Correndo con metodicità, un risultato tra il 10° e 15° posto è alla sua portata.

TUTTO IL RESTO DI QUELLO CHE DOVRESTE SAPERE SUL GIRO

Diamo uno sguardo generale a quello che sarà il resto del gruppo in corsa, analizzando ogni singola squadra - tolti i già citati - le loro ambizioni e i loro corridori.

Soudal-Quick Step

Foto: Mattia Cattaneo - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Squadra interamente guidata dal guardiano del faro Evenepoel; squadra che, dopo le legnate prese al Nord, arriva al Giro con ambizioni importanti di successo finale, ma soprattutto con un gruppo di corridori solidi di fianco al proprio capitano: Mattia Cattaneo, Jan Hirt e soprattutto Ilan van Wilder sono un terzetto che potrebbe fare anche corsa propria, a memoria di chi scrive è il più forte gruppo messo insieme da Lefevere in un Grande Giro, almeno in chiave classifica generale. Con loro Louis Vervaeke che sta andando forte da inizio stagione, Davide Ballerini che se ne avrà le possibilità potrà togliersi ambizioni personali magari in qualche sprint ristretto o in fuga, Pieter Serry, votato a tirare sempre e comunque, e Josef Černý, uno degli uomini più affidabili in pianura e tra gli outsider per la cronometro di apertura.

AG2R Citroën Team

Foto: Andrea Vendrame - Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2022

L’AG2R prova a flirtare con i primi dieci posti della classifica con il più vecchio dei fratelli Paret-Peintre, avrà in Andrea Vendrame l’uomo chiave per le fughe, anche quelle che prenderanno il largo nelle tappe di montagna; Nicolas Prodhomme e Paul Lapeira sono due ragazzi che non hanno ancora espresso (del tutto il primo, quasi nulla il secondo) il proprio potenziale visto nelle categorie giovanili. Con loro l’interessante neo pro Alex Baudin, che di sicuro vedremo all'attacco e il redivivo Larry Warbasse, corridore che invece da tempo si vede molto poco davanti.

Alpecin-Deceunink

Foto: Stefano Oldani - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

L’Alpecin Deceuninck scalda meno che la scorsa edizione per il semplice fatto che manca van der Poel, ma se le cose dovessero andare come nel 2022, corridori per dare spettacolo e fare risultato ci sono. Stefano Oldani vuole provare a vincere di nuovo una tappa, e ne ha tutte le carte in regola, seppure il suo avvio di stagione non è stato privo di difficoltà fisiche. Idem Nicola Conci, corridore dal grande talento ancora inespresso. Manca Philipsen? Non c’è problema: a giocarsi le volate ecco Kaden Groves, uno che sa già vincere traguardi importanti davanti a gente importante e insieme a Pedersen uno dei velocisti di punta della corsa rosa 2023. L’australiano oltretutto potrà contare su un buon supporto per gli sprint.

Astana Qazaqstan Team

Foto: Samuele Battistella - Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Come l’Alpecin anche l’Astana non ha corridori per la classifica (forse Vadim Pronskiy? Chissà fino a che punto), ma non vivrà delle sole (possibili) volate di Mark Cavendish, che in questo senso è un po' lasciato da solo, quanto anche dell’ottimo stato di forma di Simone Velasco e Christian Scaroni, della voglia di riscatto di due grandi talenti del ciclismo italiano che si accendono a corrente alternata per vari motivi, Samuele Battistella e Gianni Moscon e delle fiammate in salita di Joe Dombrowski, sempre difficile da pronosticare, ma spesso capace di tirare fuori il numero in una tappa di salita. Completa la selezione uno dei corridori più esperti: Luis Leon Sanchez che nei Grandi Giri (quattro tappe vinte al Tour, la maglia dei GPM alla Vuelta, anche se per entrambe le statistiche parliamo di una vita agonistica fa), ha trovato giornate in cui appariva quasi imbattibile. Ma le primavere del murciano saranno 40 a fine stagione.

Bahrain-Victorious

Foto: Jonathan Milan (ITA - Bahrain - Victorious) - Dion Kerckhoffs/CV/SprintCyclingAgency©2023

Quattro capitani già citati, e con loro tre corridori italiani assolutamente da seguire: Jonathan Milan, all’esordio in un Grande Giro, per le volate, per dare ancora più volume al suo motore, per lavorare forte in pianura proteggendo i capitani; Andrea Pasqualon darà una mano ovunque e magari cercherà la giornata libera per vincere: in Bahrain non hanno mai disdegnato le vittorie di tappa nei Grandi Giri pur curando la classifica generale, e quindi interessante vedere anche gli ulteriori progressi di uno dei corridori più interessanti del ciclismo italiano, Edoardo Zambanini, lo scorso anno vicino al successo in fuga alla Vuelta.

BORA-hansgrohe

Foto: Giovanni Aleotti - Luca Bettini/BettiniPhoto©2021

Capitolo BORA-hansgrohe, i campioni uscenti: niente Hindley, ma Vlasov e Kämna, e in generale una squadra solida in salita (Patrick Konrad, in grande forma, Bob Jungels, anonimo fin ora, Giovanni Aleotti, ci piacerebbe vederlo libero di provarci, ma tant’è, e infine Toni Palzer); con Cesare Benedetti a pulire e smistare palloni e Nico Denz, che al Giro si è spesso espresso bene, tuttofare, buono ovunque e in qualsiasi situazione. Lo scorso anno misero a ferro e fuoco la tappa di Torino, e poi vinsero al penultimo giorno il Giro grazie alle gambe di Hindley, quest’anno dovranno inventarsi nuovamente qualcosa se vogliono ribaltare una corsa che vede il pronostico completamente blindato sui due citati a inizio articolo.

Cofidis

Foto: Simone Consonni - Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Niente corridori per la classifica, ma diverse pedine per provare a vincere su svariati terreni, cosa che per altro in questa stagione gli sta riuscendo molto bene. Simone Consonni, lanciato da Davide Cimolai, sarà la ruota veloce, e da lui passano le maggiori ambizioni della squadra francese, Remy Rochas, Hugo Toumire, Alexandre Delettre e François Bidard si faranno vedere in fuga in salita, insieme a Jonathan Lastra, finora in ombra. Tutti corridori magari non di grido, ma che possono provare a vincere una tappa.

EF Education-EasyPost

Foto: Ben Healy - Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Due capitani per la classifica e diversi battitori liberi: la EF Education arriva al Giro come una delle squadre più interessanti da seguire. Alberto Bettiol cerca il riscatto dopo una primavera condizionata da cadute e problemi fisici, al Giro è già riuscito a svoltare la stagione, e poi al via ci sarà Ben Healy, uno dei corridori di culto di questo 2023. L'irlandese nei primi nove giorni di gara, se sorretto dalla stessa condizione vista nell'ultimo mese, può essere uno dei protagonisti assoluti della corsa. L'altro nome da seguire è quello di Magnus Cort Nielsen, che nelle corse a tappe in un modo o nell'altro riesce sempre a lasciare una zampata.

Eolo-Kometa

Foto: Vincenzo Albanese - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Citato Fortunato, Vincenzo Albanese è l'altro capitano: meriterebbe una vittoria di peso dopo tanti piazzamenti e una bruttissima caduta che lo ha tenuto fuori diversi mesi dalle competizioni. I soliti fratelli Bais (Davide e Mattia), con Mirco Maestri e Francesco Gavazzi li vedremo spesso, se non di più, in fuga. E si sa che prima o poi la fuga arriva…

GreenProject-Bardiani

Foto: Samuele Zoccarato-  Luca Bettini/Photo©2021

Come dimostrato di recente i ragazzi della GreenProject Bardiani- CSF- Faizanè si stanno avvicinando al Giro d’Italia tirati a lucido: l’obiettivo sarà ben figurare nelle fughe, ma riuscire a mettere anche qualità che significa provare a vincere le tappe. Filippo Fiorelli è l’uomo veloce, starà a lui capire come e dove sfruttare il suo spunto e la sua resistenza; Luca Covili proverà a tenere duro e a fare classifica. Samuele Zoccarato è il corazziere: l’ideale per i verdi sarebbe averlo in fuga in compagnia di altri compagni di squadra, sarebbe una locomotiva importante. Davide Gabburo, dopo aver sfiorato il successo nel 2022, a Napoli, ci riprova, Alessandro Tonelli è l’esperto, Martin Marcellusi, Henok Mulubhran e Filippo Magli tre interessanti esordienti, visti anche in forma nelle corse di avvicinamento al Giro.

Groupama-FDJ

Foto: Stefan Küng - Peter De Voecht/PN/SprintCyclingAgency©2023

Madiot manda al Giro Stefan Küng con l'obiettivo di conquistare la maglia rosa alla prima tappa. Corridore che dà lustro alla lista di partenza, lo svizzero sarà importante pedina su ogni terreno per Pinot. Pedina per la salita sarà il giovane neozelandese Reuben Thompson, interessante carpire i suoi progressi anche tra i professionisti, dopo avergli visto vincere il Val d’Aosta nel 2021: ha doti da corridore vero. Con Bruno Armirail, Ignatas Konovalovas e Rudy Molard si sta in una botte di ferro, anche se quest’ultimo ha sofferto questa prima parte di stagione, chiudono la selezione Fabien Lienhard e l’olandese Lars van der Berg, gregari, ma soprattutto Jake Stewart, temibile sugli arrivi per corridori esplosivi, anche se è in arrivo da una primavera tutt’altro che esaltante.

Ineos Grenadiers

Foto: Filippo Ganna - Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Tolti i già nominati resta ancora tanta carne al fuoco: basta il nome di Filippo Ganna, uno dei corridori in assoluto più attesi in questa corsa. Obiettivo dichiarato: la prima tappa con la conseguente maglia di leader. Sabato a Ortona ci aspettano le fiamme nella crono d’apertura. Restano Laurens De Plus, visto in grandissima forma in salita quest'anno, Salvatore Puccio e Ben Swift, gregari fondamentali in una squadra ricca di punte.

Intermarché- Circus-Wanty

Foto: Lorenzo Rota - Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Potremmo definirla una formazione a trazione anteriore ,quella belga, tra le rivelazioni di queste ultime due stagioni ciclistiche. Se Nicolò Bonifazio insegue il successo in volata, ma noi, inguaribili romantici, lo vedremmo bene anche in fuga, Lorenzo Rota sarà colui che proverà a vincere le tappe - le poche concesse dal percorso - con percorso vallonato. Sven Erik Bystrøm avrà compiti simili all'italiano: inserirsi nelle fughe e vincere, un discorso non troppo diverso riguarda il roubelista Laurenz Rex, forte sul passo, ma che, nonostante la stazza, può difendersi bene anche su salite più brevi. Simone Petilli, ma soprattutto Rein Taaramäe, saranno i due corridori votati alla classifica generale e a difendersi in salita. Lo scorso anno dal paniere ICW spuntò fuori Hirt, quest'anno i due appena citati hanno le loro chance per provare a ripetere le gesta dello scalatore ceco.

Israel-Premier Tech

Foto: Marco Frigo - Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Con Domenico Pozzovivo due neoprofessionisti utili in salita e da seguire anche in ottica futura per i Grandi Giri: Matthew Riccitello e Marco Frigo. Simon Clarke andrà a caccia di tappe come Mads Wurz Schmidt, mentre i discorsi su Steve Williams cambiano a seconda del momento. Diversi alti e bassi in carriera, ma tante anche le qualità per provare a vincere una tappa.

Jumbo-Visma

Foto: Sepp Kuss e Primoz Roglic - Luis Angel Gomez/BettiniPhoto©2021

La squadra è costruita intorno a Roglič, per Roglič. Sepp Kuss e Tobias Foss sono le alternative in salita e per la classifica, Edoardo Affini è l’uomo che unisce tattica e potenza, Jan Tratnik il trattore capace di trenate letteralmente su ogni tipo di terreno, ma anche di cercare il colpo personale. Michael Hessmann è l’esordiente: lo scorso anno, 3° al Tour de l’Avenir, è stata una delle liete sorprese della categoria. Imparerà il mestiere dando una mano ai suoi. Sui colpi personali: riuscirà Koen Bowman a ripetere l’incredibile Giro 2022? (Due tappe e la maglia dei Gran Premi della Montagna). Difficile, visti i nomi in squadra. Infine con loro l’eterno Robert Gesink.

*Dopo l'annuncio della selezione ufficiale, Foss e Gesink restano fuori causa Covid e verranno sostituiti da Rohan Dennis e Jos van Emden.

Movistar Team

Foto: Fernando Gaviria - Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Una delle squadre più in forma da diversi mesi a questa parte, che pur non avendo una selezione stellare, sa tirare fuori in diverse corse il colpo vincente o quasi. Al Giro ci proveranno Fernando Gaviria, con il supporto di Max Kanter, nelle volate, Will Barta nelle crono, Einer Augusto Rubio e Carlos Verona in salita (magari in fuga), mentre Óscar Rodríguez potrebbe pure provare a fare classifica.

Team Arkéa Samsic

Foto: Alessandro Verre - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Sei corridori su otto fanno l’esordio al Giro d’Italia (l'hanno già corso il “vecchio” Maxime Bouet e David Dekker, quest'ultimo proverà a piazzarsi in volata): l’ Arkéa Samsic si presenta con una selezione non di certo irresistibile e nella quale spicca soprattutto il nome di Warren Barguil. Il francese viene da una primavera non all’altezza delle ultime stagioni, ma al Giro può lasciare il segno, in classifica, in fuga, nella lotta per la maglia dei Gran premi della Montagna. L’altro corridore da seguire è Alessandro Verre che senza veri e propri capitani ha una bella chance oltre che di fare esperienza, magari per un futuro da uomo di classifica, anche per provare a vincere una tappa.

Team Corratec

Foto: Valerio Conti - Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Cenerentola del Giro con ancora zero vittorie stagionali all’attivo: l’obiettivo è quello di mettersi in mostra in fuga, ma alcuni corridori possono anche provare a vincere una tappa, vedi Valerio Conti. Nicolas Dalla Valle e Attilio Viviani sono le ruote veloci, Alexander Konychev cerca il riscatto dopo anni difficili, Stefano Gandin, Alessandro Iacchi e Charlie Quarterman carne da fuga.

Team DSM

Foto: Andreas Leknessund - Inaki Azanza/SprintCyclingAgency©2023

Andreas Leknessund per provare a fare classifica, esplodere, prima o poi, o “più semplicemente” (??) vincere qualche tappa di montagna partendo da lontano: occhio a lui perché potrebbe essere una delle sorprese della corsa. Alberto Dainese per le volate di gruppo, Marius Mayrhofer per quelle con gruppo più selezionato, Harm Vanhoucke per farsi vedere ogni tanto in alta montagna o magari in zona top 20 di classifica. Il resto dei corridori scelti per il Giro potranno provare a scrivere la loro storia strada facendo.

Team Jayco-AlUla

Foto: Alessandro De Marchi - Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2022

Senza un vero e proprio uomo di classifica, qui sta la novità, ma con Michael Matthews che torna al giro dopo tre anni e dopo che, nel 2014, proprio sulle strade italiane, iniziò a togliersi le prime grandi soddisfazioni della carriera (tappa in maglia rosa a Montecassino sotto la pioggia). Un paio di frazioni nella prima settimana potrebbero sorridergli. Eddie Dunbar e Filippo Zana sono i corridori chiamati a tenere il più duro possibile in salita e poi vedere, prima della fatidica ultima settimana, a che punto potranno trovarsi e con quali ambizioni. Alessandro De Marchi non ha bisogno di presentazioni: cerca una vittoria di tappa a modo suo: la fuga, ma quella di qualità. Infine si rivede Lukas Postlberger, che nel 2017 anticipò il gruppo il primo giorno conquistando tappa e maglia: il corridore austriaco non arriva da un inizio 2023 memorabile, ma ogni tanto ha colpi di questo genere.

Trek-Segafredo

Foto: Mads Pedersen - POOL Jan De Meuleneir/SprintCyclingAgency©2023

Come ha detto Ciccone nel momento in cui hanno annunciato il suo forfait al Giro: “Mi si è spezzato il cuore”. Noi abbiamo provato la stessa sensazione. E allora la Trek-Segafredo, squadra di matrice americana ma con co-sponsor italiano, arriva al Giro per diversi motivi senza un corridore di casa, ma con due punte in momenti totalmente differenti delle loro carriere, per età e ambizioni: uno è Mads Pedersen, corridore nel suo momento di massima brillantezza e in assoluto fra i più attesi: obiettivo tappe in ogni modo e maglia ciclamino. Con lui l’inossidabile Bauke Mollema che, nonostante le 36 primavere, tenterà di fare classifica, difendendosi a crono e in montagna e vincere una tappa. Il contorno in casa italoamericana prevede Natnael Tesfatsion, veloce e resistente, come alternativa a Pedersen; Dan Hoole e Toms Skuijns: al servizio della squadra e magari con la licenza di provarci anche a livello personale, e infine Alex Kirsch, Amanuel Ghebreizgabhier e Otto Vergaerde, uomini di supporto fondamentale per i risultati di squadra.

UAE-Team Emirates

Foto: Diego Ulissi - Ilario Biondi/BettiniPhoto©2020

Non solo Almeida e Vine per la corazzata emiratina, ma diversi corridori che proveranno a togliersi soddisfazioni personali, quando non chiamati a difendere un possibile risultato importante in classifica del portoghese, che punta al podio, o dell'australiano. Alessandro Covi e Davide Formolo proveranno a vincere una tappa in salita, Diego Ulissi qualche arrivo in un gruppetto sgranato, Brandon McNulty è una terza carta (e che carta!) per la classifica, mentre Pascal Ackermann sarà uno dei velocisti principali del Giro 106.

IL PERCORSO

Nei primi nove giorni di corsa, prima del riposo, due crono al primo e all’ultimo giorno. Piatta la seconda, per veri specialisti, e anche abbastanza “lunga” (33,4 km) considerato lo stato attuale delle cose, quando si parla di cronometro lunghe negli ultimi anni. Già dal primo giorno si fa sul serio nonostante i “soli” 18km: nel finale si sale e ci si può piantare, attenzione. Favoriti quei corridori à la Ganna e Küng, ma occhio ai primi distacchi tra gli uomini di classifica.

Nei primi nove giorni di corsa, due crono e in mezzo un arrivo in salita interessante sul Gran Sasso d’Italia (Campo Imperatore). Lo diciamo? Lo diciamo: “qui non si saprà chi vincerà il Giro, ma sicuramente si conoscerà il nome di chi non lo potrà vincere”; uno decisamente abbordabile (Lago Laceno), almeno 3 volate e due tappe miste. Occhio anche alle fughe che ormai è consuetudine come nei Grandi Giri arrivino sin troppo spesso, ma dipenderà dalle dinamiche di corsa e dalle scelte delle squadre più forti.

La seconda settimana, quella che va dalla tappa 10 alla 15, dalla Scandiano-Viareggio alla Seregno-Bergamo, è quella sulla carta più semplice, si fa per dire. Terreno per le fughe in almeno 4 tappe su 6, in alternativa in quelle 4 tappe potremmo vedere 3 volate di gruppo. L’arrivo in salita di Crans Montana sicuramente cambierà la classifica, la tappa di Bergamo può creare grattacapi, ma dipende da come verrà affrontata. Un antipasto di un’ultima settimana come da tradizione terribile, forse pure troppo: speriamo non faccia diventare il tutto una lunga attesa e un lungo rimandare all’indomani le azioni decisive.

Tolto l’arrivo di Caorle e il finale su Roma, gli altri 4 giorni saranno quelli più provanti con gli arrivi a Monte Bondone, Val di Zoldo, Tre Cime di Lavaredo e poi la cronoscalata sul Monte Lussari, per riscrivere la classifica. Un po’ di rammarico c’è, vedendo il percorso, l’assenza di un arrivo in discesa, per esempio, stona parecchio nel disegno di una corsa come il Giro. Stesso discorso se prendiamo in esame gli arrivi misti o vallonati o come dir si voglia: c'è carenza.

LE STELLINE DI  ALVENTO

MAGLIA ROSA

⭐⭐⭐⭐⭐Evenepoel
⭐⭐⭐⭐Roglič
⭐⭐⭐Almeida, Vlasov
⭐⭐Thomas, Haig, Geoghegan Hart
⭐Pinot, Caruso, Carthy, Kämna, Vine, Arensman

MAGLIA CICLAMINO

⭐⭐⭐⭐⭐Pedersen
⭐⭐⭐⭐ Matthews
⭐⭐⭐ Evenepoel, Roglič, Gaviria
⭐⭐ Consonni, Ackermann, Geoghegan Hart, Cort
⭐Almeida, Kämna, Milan, Healy, Dainese

MAGLIA AZZURRA

⭐⭐⭐⭐⭐Buitrago
⭐⭐⭐⭐ Kämna, Vine
⭐⭐⭐Evenepoel, Roglič
⭐⭐ Mollema, Barguil, Leknessund, Pinot
⭐Bouwman, Cepeda, Zana

MAGLIA BIANCA

⭐⭐⭐⭐⭐Evenepoel
⭐⭐⭐⭐ Almeida
⭐⭐⭐Arensman, van Wilder, Buitrago
⭐⭐McNulty, Zana
⭐Riccitello

Foto in evidenza: Daniele Molineris

NB: DEI PARAGRAFI POTREBBERO SUBIRE CAMBIAMENTI A CAUSA DEL MANCATO ANNUNCIO DI ALCUNE SELEZIONI UFFICIALI


Top&Flop alvento weekly #8

TOP

Remco Evenepoel

Ha vinto la Liegi-Bastogne-Liegi quasi in scioltezza, sembrava non fare sforzo talmente elegante, potente e dominante. Ora arriva il Giro dove potrebbe da subito sostituire la maglia da campione del mondo con quella Rosa.

Tao Geoghegan Hart

Era dai tempi in cui vinceva il Giro nel 2020 che il corridore di Londra non andava così forte: 2 tappe e la classifica finale al Tour of The Alps, 3° alla Tirreno Adriatico, 6° alla Ruta del Sol, tappa e 3° posto finale anche alla Comunitat Valenciana. Al Giro con ambizioni da podio.

Lennard Kämna

Un piacere da vedere quando attacca. Un killer, se cerchia una tappa, possibilmente di montagna, quella sarà sua.

FLOP

Geraint Thomas e Thymen Arensman

Al Tour of the Alps sono usciti presto di classifica correndo entrambi in supporto di Geoghegan hart. In generale la loro prima parte di stagione appare tutt'altro che esaltante. Fra qualche settimana, sulle strade del Giro d'Italia, ci aspettiamo ben altre prestazioni.

Alexandr Vlasov

Come sopra: saprà salire di colpi al Giro dopo un inizio di stagione sotto tono?

Neilson Powless

Dalle stelle fiamminghe, alle stalle ardennesi. Ci si aspettava decisamente qualcosa in più, ma nelle controprestazioni tra Asmtel e Liegi, pesano le cadute.


Top&Flop - alvento weekly #7

TOP

Cofidis

In Francia si sono disputate tre corse in tre giorni e la Cofidis ne ha vinte due, una con Lafay (Classic Grand Besançon Doubs) e una con Jesús Herrada (Tour du Doubs) confermandosi la squadra transalpina più in palla di questo inizio 2023. In quei giorni, quando non hanno vinto (Tour du Jura), hanno piazzato Martin al 3° posto.

Matteo Busatto

Esaltarsi per una diretta scritta? Fatto! È quello che è successo a diversi appassionati che nel pomeriggio di sabato seguivano su directvelo la diretta - senza immagini, ma con qualche video che rimbalzava da Twitter e qualche foto - della Liegi Bastogne Liegi Under 23. Quando nell’ultimo aggiornamento abbiamo letto: “Busatto vince la volata del gruppo e si aggiudica la corsa”, beh immaginate la nostra contentezza. Mai come la sua e le sue lacrime per aver conquistato il primo successo in carriera, categoria juniores compresa. Talento vero? Pare decisamente di sì e ora, caro ciclismo (italiano), non sprechiamolo.

Kévin Vauquelin

Va sempre più forte, e sabato, al Tour du Jura, conquista la terza vittoria stagionale in carriera. Arrivo in salita, sotto la pioggia che lui non disprezza e in mezzo alla nebbia, dove poter scaricare i suoi cavalli che lo rendono un corridore perfetto per le cronoscalate… chissà che non si faccia vedere al Giro prima o poi, troverebbe percorsi adatti e tanti tifosi che già lo seguono.

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FLOP

L’auto dell’Amstel

Che bisogno c’era di mettere un'auto dell’organizzazione pochi metri davanti a Pogačar che quella corsa l’avrebbe vinta senza bisogno di polemiche su presunte scie acquisite? Sì va bene, si voleva mostrare lo sponsor della corsa… ma permetteteci di dire... anzi meglio di no... fate finta che lo abbiamo fatto.

Tiesj Benoot

Alla vigilia dichiara come l'Amstel sia la corsa che più gli si addice fra le varie classiche primaverili, ma torna a casa con un 15° posto e alcuni tentativi ad inseguire che non portano frutti. Lui e la Jumbo, anticipati dal gruppo Pogačar, ampiamente bocciati.

Soudal-Quick Step

Ci risiamo. Al Brabante coprono la fuga di Cavagna che nel finale non ne ha per resistere a Godon e Healy. Recidivi all’Amstel dove, pur potendo contare su un Bagioli in crescita (6° posto finale, bravo!), coprono la fuga con dentro Pogačar, Pidcock e…Van Tricht, che si staccherà non appena i migliori inizieranno a fare sul serio. Ora tocca a Evenepoel salvare la baracca alla Liegi.


10 nomi per la Liegi-Bastogne-Liegi

È la decana e chiude questa primavera ciclistica dando il lancio alla stagione dei Grandi Giri o per meglio dire, al Giro d'Italia, ma ancora non è tempo di parlarne. È la decana, con le sue aspre colline, con il suo modo di essere aperta a diverse soluzioni, tanto che non sai mai dove potrebbe accendersi e decidersi la corsa.

È la decana, e nonostante tutto ama cambiare. È la decana, la Liegi-Bastogne-Liegi, con quel nome che in bocca assume una musicalità tutta sua e che chiuderà questa prima parte del Trofeo Alvento di Fantacycling.

A voi i dieci nomi da seguire alla Liegi-Bastogne-Liegi - e tra parentesi il costo in crediti per comprarli al Fantaciclismo di Fanta-cycling.

Grafica by Fanta-Cycling.com

1. Tadej Pogačar (77 fantacrediti) - Basta il nome, vero?

Amstel Gold Race 2023 - 57th Edition - Maastricht - Berg en Terblijt 253,6 km - 16/04/2023 - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - photo Dion Kerckhoffs/CV/SprintCyclingAgency©2023

 

2. Remco Evenepoel (63) - Campione in carica per una sfida che si prospetta decisamente interessante, se non addirittura epocale, con lo sloveno. Vi immaginate un testa a testa fra i due?

Volta Ciclista a Catalunya 2023 - 102nd Edition - 6th stage Martorell - Molins de Rei 183 km - 25/03/2023 - Remco Evenepoel (BEL - Soudal - Quick Step) - Primoz Roglic (SLO - Jumbo - Visma) - Marc Soler (ESP - UAE Team Emirates) - photo Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

3. Neilson Powless (27) - Caduto all’Amstel, caduto alla Freccia, ma se sta bene alla Liegi può impensierire i favoriti e chissà…


4. Michael Woods (23) - Le Ardenne lo hanno sempre visto protagonista anche nelle annate in cui in precedenza ha raccolto di meno. Arriva da un 4° posto alla Freccia e la Liegi l'ha sfiorata più di una volta.

La Fleche Wallonne 2023 - 87th Edition - Herve - Mur de Huy 194,3 km - 19/04/2023 - Michael Woods (CAN - Israel - Premier Tech) - photo Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

5. Matjas Skjelmose Jensen (12) - Tra i nomi nuovi di queste ultime due stagioni, all’Amstel ha dimostrato di poterci stare anche sopra un certo chilometraggio e alla Freccia è stato il primo degli umani. Da seguire per una top ten.

Paris Nice 2023 - 81st Edition - 4th stage Saint-Amand-Montrond - La Loge des Gardes 164,7 km - 08/03/2023 - Mattias Skjelmose (DEN - Trek - Segafredo) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

6. Romain Bardet (27) - Lui da queste parti si è sempre mosso bene e alla Freccia ha mostrato di avere la forma necessaria per puntare pure a un piazzamento sul podio.

Faun Drome Classic 2023 - 11th Edition - Etoile sur Rhone - Etoile sur Rhone 191,5 km 26/02/2023 - Romain Bardet (FRA - Team DSM) - photo Alessandro Perrone/SprintCyclingAgency©2023

 

7. Alexej Lutsenko (19) - Nelle ultime settimane abbiamo rivisto un Lutsenko d’annata.

Amstel Gold Race 2023 - 57th Edition - Maastricht - Berg en Terblijt 253,6 km - 16/04/2023 - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Alexey Lutsenko (KAZ - Astana Qazaqstan Team) - photo POOL/SprintCyclingAgency©2023

8. Benoît Cosnefroy (19) - Enigmatico, capace di alternare grandi cose a débâcle a causa di una salute un po' cagionevole. Le Ardenne sono il suo pane, ma quest’anno è andato forte anche al Fiandre. 

Grand Prix Cycliste de QuŽbec 2022 - 11th Edition - Quebec Quebec 201.6 km - 09/09/2022 - Benoit Cosnefroy (FRA - AG2R Citroen Team) - photo Brian Hodes/SprintCyclingAgency©2022

9. Giulio Ciccone (23) - Al solito chi scrive sponsorizza Ciccone per questa corsa, perfettamente tagliata per il combattivo corridore abruzzese.

Volta Ciclista a Catalunya 2023 - 102nd Edition - 2nd stage Mataro - Vallter 165,5 km - 21/03/2023 - Primoz Roglic (SLO - Jumbo - Visma) - Giulio Ciccone (ITA - Trek - Segafredo) - Remco Evenepoel (BEL - Soudal - Quick Step) - photo Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

10. Ben Healy (5) - Come lasciarlo fuori dopo quello visto nelle scorse settimane?

GP Industria & Artigianto Larciano 2023 - 45th Edition - Larciano - Larciano 199,8 km - 26/03/2023 - Ben Healy (IRL - EF Education - EasyPost) - photo Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Foto in copertina: ASO/Karenn EDWARDS


Ben Healy, l'artista

Mi accorsi di lui quando, prendendo nota dei corridori al via del Tour de l’Avenir del 2019, vidi spuntare il suo nome all’interno della selezione della squadra del Centre Mondial du Cyclisme. L’Irlanda, infatti, non era iscritta alla corsa. Era uno dei più giovani, 19 anni ancora da compiere, ma non solo, uno dei classe 2000 (primo anno nella categoria Under 23) più attesi, dopo l’11° posto ottenuto quella primavera alla Gent-Wevelgem e poi altri risultati interessanti, seguendo sempre quel canovaccio che ormai tutti gli appassionati hanno iniziato a conoscere: la fuga.

Foto: Tour de l'Avenir 2019, Facebook

La mattina del 19 agosto 2019 ad Espalion pioveva. Nel pomeriggio, a Saint-Julien-Chapteuil, il tempo non aveva certo dato tregua, anzi a tratti si era messo ancora più di traverso e Ben Healy, inglese di nascita, ma irlandese d’adozione (la famiglia da parte di padre arriva proprio dall’Irlanda e lui scelse la licenza irlandese perché da junior, nonostante i risultati brillanti, tra cui il giro dei Paesi Baschi vinto davanti a Evenepoel, fu ignorato dalla federazione britannica in vista del Mondiale), si lanciò in fuga in quella quarta tappa, e da quella fuga raccolse poi la vittoria, battendo corridori tutt’altro che disavvezzi a certi esercizi, soprattutto se caratterizzati dall’incessante ticchettio sulla testa della pioggia: Hulgaard e Jorgenson, i suoi compagni d’avventura anticipati a circa quattro chilometri dall’arrivo. L’anno dopo vinse di nuovo in Francia attaccando da lontano alla Ronde de l’Isard. Stavolta con il sole.

E con il sole lo vidi dal vivo a Castelfranco Veneto, nel 2021, al Giro d’Italia Under 23. Indovinate un po’ la successione dei fatti? Al mattino, al via da San Vito al Tagliamento, un tiro di schioppo dietro casa mia, gli dissi: «Today is the day, Ben!». Lui non mi rispose, anzi, ma fece qualcosa di più. Mi guardò con un ghigno a denti stretti, poco convinto, quasi fosse un tentativo di tenere fuori dal suo prezioso campo vitale qualcosa inteso probabilmente come un anatema lanciato da uno sconosciuto. Aveva la maglia bianca con la striscia verde e il trifoglio, simbolo di campione nazionale in carica, a difenderlo dalle mie maledizioni.

Come andò a finire… andò a finire che Healy vinse quella tappa, prima attaccando da lontano e poi lasciando per strada i suoi compagni di fuga, staccati a circa tre chilometri dall’arrivo. Dopo il traguardo mi avvicinai a lui complimentandomi, rispose: «Attack is the way» come fosse la cosa più normale al mondo. Chiuse quel Giro d’Italia al 12° posto in classifica, finendo anche secondo nella crono di Guastalla vinta da Baroncini e terzo il giorno dopo nella frazione di Sestola vinta da Ayuso davanti a Tobias Halland Johannesen e con la promessa che un giorno avrebbe provato (e ci proverà prima o poi) a fare classifica anche nei Grandi Giri.

“Artista della fuga” lo chiamano, e Tom Gloag, suo ex compagno di squadra in maglia Trinity Racing, un giorno mi disse: «Quando lo trovi nella starting list stai pur certo che non sarà mai una gara normale». Artista o dotato di una personalità simile, lo definisce invece uno dei suoi direttori sportivi, Tom Southam. «Quando l’ho visto per la prima volta non ho pensato fosse un corridore, semmai uno studente di storia dell’arte o qualcosa del genere»

GP Industria & Artigianato Larciano 2023 - 45th Edition - Larciano - Larciano 199,8 km - 26/03/2023 - Ben Healy (IRL - EF Education - EasyPost) - photo Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Ben Healy, classe 2000, sta mettendo in campo anche tra i professionisti tutta la sua disciplina appresa, più che a Storia dell'arte, combattendo il vento trasversale che lo sfidava ogni domenica nelle zone di casa sin da quando era bambino. Ha iniziato con la mountain bike e solo dopo un po’ si è appassionato al ciclismo su strada: non ha nulla di così particolare da raccontare, né chissà quale background indimenticabile, Ben Healy, già da tempo corridore di culto, non spicca per quello che è, anche se sbirciando il suo profilo Instagram si capisce come ci tenga, ma per quello che fa.

Alla Parigi-Roubaix di quest’anno era presente, ma non tra gli iscritti alla gara, semmai come turista, accompagnatore, infine soigneur. Voleva gustarsi l'atmosfera di una delle corse più affascinanti, ma sulle quali, visti i 60 chili di peso, difficilmente potrà mai essere protagonista, forse nemmeno andando in fuga. «Il mio segreto per evadere dal gruppo? Nessuno, semplicemente provarci e riprovarci fino a che hai le gambe».

La squadra gli ha spiegato i punti in cui si sarebbe dovuto fare trovare pronto con il rifornimento, gli ha dato borracce e ruote e lui era lì, come nel suo stile, attento, nonostante quell’espressione un po’ stralunata disegnata da occhi nerissimi e ciglia lunghe. La sua giornata è stata descritta dalla squadra in cui milita, la EF EasyPost, e i nodi focali sono stati: lo stupore nel vedere gruppi sparpagliati ovunque e non vivere di persona quelle sensazioni, ma cogliere l’assurda sofferenza di una corsa come la Roubaix; il rumore delle bici sulle pietre, la difficoltà di stare al passo di una gara fatta a cinquanta chilometri all’ora di media, che ha significato anticipare il gruppo di pochissimi minuti; i suoi compagni di squadra che lo cercavano per ricevere il rifornimento, e infine l'ormai noto siparietto con James Shaw.

Shaw, suo compagno di squadra, al via non aveva preso la precauzione (come per altro fanno in tanti) di correre con i guantini, e a un certo punto, proprio nella zona in cui si trovava Healy, si fermò per un attimo per poi ripartire stremato e le mani indolenzite e sanguinanti. Momento immortalato anche dalle immagini di un telefono:

https://twitter.com/keirp/status/1646986600327282689

«Pover'uomo», esclama Ben con quel sorrisino beffardo che stiamo imparando a conoscere, gli occhi scuri che sembrano sempre rivelare o nascondere qualcosa. «Non lo invidio. Spero che arrivi al velodromo con le mani ancora intatte». Ghigno healyano. Sipario.

Pochi giorni dopo ha rimesso i panni del corridore, interpretando nuovamente quello del fuggitivo-protagonista. Come il miglior De Gendt di sempre, come Ben Healy da più o meno il suo sempre. Ha anticipato, ha attaccato. Prima al Brabante e poi all’Amstel: le Ardenne sembrano essere le terre fatte su misura per uno che ha fatto pratica sulle tortuose colline d'oltremanica.

Secondo al Brabante, battuto allo sprint da Godon, uno parecchio veloce, dopo averlo provato a staccare su diversi muri e dopo essergli rimasto appeso, per qualche grazia ricevuta, sull’ultima collina e poi secondo all’Amstel Gold Race di pochi giorni fa. Secondo dietro Pogačar, primo degli umani, e infatti esultante, in un mese in cui gli è riuscito di sbloccarsi in Italia, vittoria a Larciano e poi tappa alla Coppi & Bartali.

Lo si attendeva in corse di più alto livello e ha risposto bene come secondo degli umani dietro un alieno e staccando un compagno di tante battaglie nelle categorie giovanili delle corse in Gran Bretagna, Tom Pidcock. Mica se lo aspettava, Ben: «Cosa dire della mia Amstel? Che è stata una corsa surreale». Niente male come inizio: ci vediamo nella prossima fuga, magari proprio sulle strade del Giro d’Italia.