Domani c'è il Mondiale
Quella corsa che tutti sognano: chi corre e chi aspetta, chi scrive e chi tifa. Quella gara che ti dà una maglia che, se ce ne fosse bisogno, rende ancora più unico il ciclismo. Potevamo fare una lista di trenta, quaranta nomi, fra quelli che vinceranno e indosseranno la maglia arc-en-ciel per tutto il 2022. Talmente tanti i possibili finali del multiverso di Leuven: un percorso che pare meno duro di quello che si prospettava alla vigilia e che si apre a diversi scenari. Ne abbiamo scelti dieci: diteci anche la vostra.
𝐖𝐨𝐮𝐭 𝐯𝐚𝐧 𝐀𝐞𝐫𝐭 è il più completo e continuo del 2021 e potrebbe vincere in qualsiasi modo. Gli argenti conquistati in diverse occasioni fra poche ore vorranno fondersi e come per una strana alchimia diventare oro. Corre in casa, tutti sono per lui, il gruppo è contro di lui (come si è sempre contro il più forte), ma se dovesse vincere, paradossalmente, non farebbe scontento nessuno. Almeno così ci piace credere.
𝐌𝐚𝐭𝐡𝐢𝐞𝐮 𝐯𝐚𝐧 𝐝𝐞𝐫 𝐏𝐨𝐞𝐥 arriva a fari spenti che sembra un po' un paradosso quando si parla di lui ma è così. Naïf nel modo di correre a volte, e anche di organizzare la sua stagione che difatti gli lascia strascichi fisici. C'è quella rampa a sei dall'arrivo che pare fatta apposta per il miglior van der Poel. Ma sarà il miglior van der Poel?
𝐉𝐮𝐥𝐢𝐚𝐧 𝐀𝐥𝐚𝐩𝐡𝐢𝐥𝐢𝐩𝐩𝐞 più di testa che di gambe perché il campione uscente in rare occasioni quest'anno ha dimostrato quell'attitudine vista la stagione precedente. Il discorso è che lui è Alaphilippe, non uno qualsiasi, e, se pure non al meglio: scommettereste mai contro uno così? In Francia hanno in cantiere una serie di piani alternativi da fare impallidire uno sceneggiatore folle e che vanno da Laporte a Cosnefroy, passando per Sénéchal e Démare e finendo a Turgis. Squadrone.
𝐌𝐚𝐭𝐭𝐞𝐨 𝐓𝐫𝐞𝐧𝐭𝐢𝐧 per l'Italia. Perché potevamo dire Colbrelli e la forma della vita, o Nizzolo e Ballerini e il loro spunto finale, ma se c'è un azzurro che si meriterebbe di vincere è lui. Uscito bene dalla Vuelta è in crescita, ha l'esperienza giusta, e sogna uno svolgimento simile ad Harrogate 2019 ma con finale completamente diverso.
𝐄𝐭𝐡𝐚𝐧 𝐇𝐚𝐲𝐭𝐞𝐫 è il più giovane fra quelli su cui scommetteremmo. Se non si conoscesse la sua stagione sembrerebbe folle inserirlo qui, ma va forte e soprattutto, un po' con caratteristiche simili a quelle di van Aert, potrebbe vincere (quasi) in ogni modo. Da valutare sulla lunga distanza , ma per la Gran Bretagna più lui che Pidcock.
𝐌𝐢𝐜𝐡𝐚𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐭𝐭𝐡𝐞𝐰𝐬 perché ovunque ti giri lui c'è sempre. Magari non vince ma è lì. Si attacca e non ti molla e poi, visto lo spunto veloce, può infilarti. Il percorso è tagliato per lui che corre sempre davanti e coperto a ruota altrui e ha la forza giusta per resistere alle accelerate. In casa australiana però non fanno mistero di guardare con buon occhio il finale di Ewan. Nel caso arrivassero davanti entrambi: chi si sacrifica per chi?
𝐌𝐚𝐭𝐞𝐣 𝐌𝐨𝐡𝐨𝐫𝐢č è la punta di una Slovenia che presenta i dominatori di Tour (Pogačar) e Vuelta (Roglič) i quali forse si sarebbero aspettati (come anche noi umili osservatori) un tracciato più duro, ma con quel talento mai darli per vinti. Mohorič ha tutto per vincere: scatto, spunto, fondo, scaltrezza, forma e capacità di guida della bici. Ha già vinto due mondiali in passato che male non fa. Si saprà ripetere?
𝐑𝐞𝐦𝐜𝐨 𝐄𝐯𝐞𝐧𝐞𝐩𝐨𝐞𝐥 perché se vogliamo una gara spettacolare con attacchi che partono magari dalla media distanza, scorribande già nel circuito fiammingo con uomini forti, guardiamo lui. Che si dice pronto a spendersi alla causa van Aert ma è così ambizioso che un modo per cercare di far saltare il banco lo troverà. O almeno ci proverà.
𝐌𝐚𝐠𝐧𝐮𝐬 𝐂𝐨𝐫𝐭 𝐍𝐢𝐞𝐥𝐬𝐞𝐧 esce dalla Vuelta come uno spauracchio. È una delle punte di una formazione danese che da più parti hanno definito gli Avengers. Completo, alla stagione migliore della carriera, come tutto il movimento danese è all'apice. Può adattarsi alle più svariate situazioni: volata ristretta, corsa dura, persino fuga. Due anni fa Pedersen, domani l'iride potrebbe prendere di nuovo la strada della piccola nazione nord-europea.
𝐌𝐚𝐫𝐜 𝐇𝐢𝐫𝐬𝐜𝐡𝐢: ci piacciono quei nomi che potrebbero fare corsa dura e Hirschi è uno che calza a pennello in caso di selezione. Non è l'Hirschi del 2020, ma è in crescita e, seppure giovanissimo, lo stiamo imparando a conoscere come profilo che si ingrossa non appena si alza la posta in palio. La Svizzera sin qui al Mondiale è arrivata più volte vicina al colpo grosso: magari con Hirschi, che ha fondo e resistenza e alla fine di 270km si difende bene anche in uno sprint ristretto, è quella buona.
E poi ancora Sagan e Stuyven, Lampaert e Teuns, Kristoff e Asgreen, Pedersen e Valgren, magari Aranburu (la Spagna ogni tanto qualche scherzetto lo combina), Degenkolb o Politt. Bissegger e Almeida, Simmons, Kwiatkowski o Štybar. Qualcuno magari ce lo siamo lasciati per strada, ma insomma l'elenco ci pare sufficiente.
E i vostri favoriti chi sono?
Foto: Luigi Sestili
UCI e Gravel, ne parliamo con Enough
L'annuncio UCI, riguardante la creazione di una nuova serie gravel e di un campionato mondiale apposito, ha aperto un interessante dibattito nell'ambiente. Abbiamo scambiato qualche impressione con Federico Damiani, una delle anime del team Enough, che in Italia è velocemente diventato un riferimento nel settore: «Sono tematiche complesse in cui la lucidità di analisi è fondamentale. Prima di farsi un'idea specifica di ciò che potrebbe accadere, bisognerebbe conoscere in maniera accurata quello che l'UCI vorrà fare e a oggi questo non lo sa nessuno. La speranza è che venga salvaguardato il clima di condivisione e festa che, soprattutto qui in Europa, è alla base del mondo gravel. Nessuno, anche ai vertici, però ha detto che questo non avverrà». Damiani pone l'accento su un tema importante: si parla spesso di spirito e disciplina gravel, ma il termine gravel racchiude un insieme di cose talmente diverse da non potersi semplificare così. «È una disciplina così vasta da non essere una disciplina: credo che se questo avverrà, sarà sul modello americano, gare più veloci su fondo sterrato. In Europa, invece, abbiamo gare più lunghe e basate anche molto sulla fruizione del paesaggio, che si avvicinano di più al mondo ultracycling. Basta fare un confronto fra Unbound Gravel e Badlands».
Le gare lunghe, specifica Damiani, sono, in fondo, un modo diverso di viaggiare: «Di solito nel viaggio scegli tu dove andare, come e quando, riservandoti anche di rimandare. In queste gare invece è il mondo a “capitarti” addosso e tu lo vivi in quel momento».
Un indizio che propende per il modello americano è il fatto che, a quanto pare, sarà prevista una vera e propria Gravel Fondo Series per le qualificazioni agli eventi più importanti. «Qui i punti sono due. Il primo è capire in che relazione saranno questi eventi con il calendario gravel che conosciamo. Di certo, se i nomi maggiormente rappresentativi non dovessero partecipare a queste gare, il potenziale Campione del Mondo in carica sarà parzialmente delegittimato. Il secondo, invece, concerne il fatto che chi partecipa a questi eventi anche per il paesaggio e i luoghi che vede, e sono moltissimi, farà più fatica a dedicare un intero fine settimana a una gara che in realtà da questo punto di vista non offre nulla». A questo proposito gli fa eco Mattia De Marchi, recente vincitore di Badlands: «Dovremo essere noi bravi a raccontare alle persone che, qualunque sia la decisione presa, nella visione della bicicletta e del ciclismo non cambierà nulla: già adesso ci sono persone che hanno una maggiore propensione agonistica e altre che invece vogliono solo godersi il momento».
Già, perché tanto De Marchi quanto Damiani sono concordi sul dire che nessuna scelta UCI potrà mai cambiare ciò che il gravel significa per ciascuno. «Crediamo sia sbagliato togliere l'aspetto di festa e scambio dalle gare gravel, però non bisogna nemmeno demonizzare la parte di agonismo che c'è. Quella c'è in tutte le circostanze della vita, non si può fingere di non vederla». Mattia De Marchi continua: «Mantenere le relazioni è molto semplice: basterebbe dormire tutti nello stesso villaggio e preservare i momenti di convivialità. Evitare che ad un certo punto ci sia un fuggi fuggi ognuno nella propria camera di albergo perché “si deve gareggiare”. Se lo si farà, questa scelta potrà anche avere buoni effetti». Il vincitore di Badlands si riferisce alla possibilità che più professionisti si avvicinino a questo mondo, soprattutto coloro che soffrono l'eccessiva competitività, le rinunce e le pressioni. «Saranno pochi, magari, ma di certo qualcuno ci sarà e questo sarà il modo per raccontare un ciclismo diverso, per far capire che può esserci». Del resto, come Federico Damiani spiega bene: «Il mondo gravel non è più un mondo di nicchia e ovviamente crescendo ha iniziato a suscitare interessi commerciali. Peter Stetina ha detto che si sarebbe dovuti per forza arrivare a questo punto. Non so se “per forza”, ma che ci si sarebbe arrivati era prevedibile».
Di fronte a ciò che accade, allora, la domanda migliore che ci si possa fare è come leggerlo per trasformarlo in una opportunità. «Se si avvicinassero sempre più media? Se anche la televisione provasse a raccontare una gara in Kenya, ad esempio? Forse non in diretta, ma in leggera differita. Un sacco di persone seguono i nostri tracciati sulle mappe interattive - continua De Marchi - proviamo a pensare a cosa potrebbe voler dire seguire le immagini televisive. Non tanto per la cronaca, per raccontare il prima e il dopo. Per raccontare gli ultimi ancora più dei primi: è in loro che le persone si immedesimano».
Il mondo cambia e Federico Damiani fa notare che ciò che avviene ora nel gravel è già avvenuto nella mountain bike senza tutte queste discussioni: «Non mi risulta che ci siano persone che si domandano se sia corretto oppure no disputare una gara di cross country. Il punto è sempre il come. Penso alle regole: è del tutto ovvio che delle regole servano, ovunque non solo nel gravel. Ad oggi si rispettano anche tante regole non scritte, per esempio in alcuni eventi, fermarsi tutti assieme ai ristori e poi ripartire. Se ci saranno tante regole scritte, dubito che qualcuno rispetterà quelle non scritte. Anche perché il livello cresce sempre».
Detto che in ogni scelta è lecito seguire anche una logica commerciale, l'importante è che non ci si limiti esclusivamente a quella. «Si può parlare con i brand, ma è necessario parlare anche con gli atleti o gli organizzatori degli eventi e questo, purtroppo, al momento non è stato fatto. Speriamo che l’UCI lo faccia presto» si augurano Federico e Mattia.
Il giudizio è, quindi, sospeso almeno fino a quando non ne sapremo di più.
Il motore della polivalenza
Tra i vari spunti nati durante l'Europeo appena concluso, il discorso sulla multidisciplinarità che coinvolge i protagonisti di (quasi) tutte le gare ha un'importanza centrale.
Volendo stringere il campo ai medagliati fa impressione come molti di loro abbiano in comune la pratica di altre discipline, o un passato che non si è cibato di sola strada e in alcuni casi nemmeno di solo ciclismo. Su 36 medaglie assegnate nelle prove individuali ben 22 affondano le radici altrove - e da questo dato abbiamo tenuto fuori Evenepoel, ex calciatore.
Si parla di corridori di elevata caratura, senza ombra di dubbio, ma un talento non è tale se non è coltivato e allenato, ed è così che grazie al lavoro al di fuori della strada (ciclocross, mtb, pista) migliora l'esplosività, la capacità di esprimersi fuori soglia, l'abilità nella guida del mezzo, il colpo d'occhio, persino la qualità della pedalata. E la capacità di portare nelle varie specialità ciò che si è assorbito altrove, e in alcuni casi non per forza solo nel ciclismo, è un'importante tema di dibattito.
Il podio della gara juniores maschile è formata da due che in inverno praticano ciclocross: Grégoire e Martinez. Se Grégoire - un predestinato assoluto del ciclismo mondiale - sceglie il fango più per allenarsi in inverno e non perdere il colpo di pedale, Martinez è attualmente vice campione nazionale nel cx tra gli junior. Carente ancora nella capacità di guida, è proprio insistendo nel fuoristrada che riuscirà a limare i propri difetti. Dello stesso avviso è Uijtdebroeks (argento nella crono), da molti considerato il più grande talento tra i 2003: l'anno prossimo salterà direttamente da junior al World Tour, ma prima di farlo ha già detto che gareggerà nel ciclocross per migliorare le sue capacità di guida.
In mezzo ai due francesi è arrivato il norvegese Hagenes, uno che d'inverno fa sci di fondo e lo ha fatto anche a buon livello tanto da dominare una gara di coppa di Norvegia lo scorso anno. Alla domanda se continuerà con entrambe le attività ci ha risposto che l'impegno su strada con la Jumbo-Visma Development Team l'anno prossimo sarà centrale, ma che d'inverno continuerà a infilarsi gli sci ai piedi per mantenere la forma. E aggiungiamo noi: per staccare, rilassarsi e poi tornare a divertirsi in bici, altro punto focale del discorso.
L'ungherese Vas tra tutti è l'esempio più eclatante: il suo motore è impressionante, le sue caratteristiche sono un vero trattato sulla multidisciplinarità. Vas è stata battuta da Zanardi (a proposito: campionessa europea su pista), ma poche settimane fa arrivava quarta a Tokyo nella prova di Cross Country di MTB dietro le dominatrici svizzere, mentre in inverno è una che, seppur giovanissima, un po' alla volta mette con profitto la sua bici in mezzo o davanti alle élite olandesi.
Due terzi del podio della crono maschile under 23 arriva da pista (Price-Pejtersen, Danimarca) e ciclocross (Waerenskjold, Norvegia). Se il danese continua l'attività nei velodromi, il norvegese, dopo aver vinto diversi titoli nazionali, ora nel ciclocross si cimenta più per tenersi allenato che per un fatto puramente agonistico.
Il podio della crono maschile non ha bisogno certo di presentazione: Ganna e Küng su pista hanno giusto qualche risultato importante, mentre tra le donne élite, Reusser (oro nella crono) arriva da Triathlon (come anche Segaert, oro nella crono junior maschile) e Bike Marathon, Muzic (bronzo in linea) la puoi trovare gareggiare, a volte, nel ciclocross.
Una delle vittorie più imprevedibili della rassegna europea, quella di Thibau Nys, nasce proprio dalle brughiere, infangate o polverose a seconda del momento.
Di che leggenda del CX parliamo quando parliamo di suo padre Sven inutile dirlo, ma anche Thibau qualcosa ha fatto prima di sorprendere tutti nello sprint ristretto davanti al Duomo, incuriosendoci non tanto per la vittoria - fosse veloce si sapeva - quanto per essere riuscito a rimanere attaccato ai migliori: i limiti del classe 2002 belga sono ancora inesplorati e su strada potrà fare una carriera ancora superiore di quella accennata nel fuoristrada. Che continuerà comunque a praticare con profitto portando poi sull'asfalto tutto quello che avrà assorbito e imparato.
E ancora: Ivanchenko, oro nella crono junior femminile, ha dominato i recenti mondiali su pista di categoria con tre ori; Niedermaier, seconda, arriva dallo Sci Alpinismo, un mondo che continua a frequentare, mentre Uijen, terza, si difende bene anche su pista, come Le Huitouze, bronzo nella crono junior maschile, e Brennauer, bronzo élite femminile sempre contro il tempo.
Infine van Dijk, un oro e due argenti a Trento e un palmarès da favola a cronometro, ha iniziato la sua carriera sportiva nello speed skating praticato a buon livello - e buon livello per lo speed skating in Olanda significa avere una certa rilevanza.
Vuol dire poco o nulla, magari, in taluni casi, soprattutto se parliamo di attività svolte in età precoce, ma è evidente come questi motori abbiano iniziato a svilupparsi non solo lontano dalla strada, ma anche dalle due ruote. E così, all'apparenza, sembra male non faccia.
Anche l'Italia mostra qualcosa in ambito multidisciplinarità, pur rimanendo la pista ciò che dà maggiore impulso al movimento. Zanardi l'abbiamo già nominata, mentre Guazzini, campionessa europea a cronometro tra le Under 23 punta a diventare una big assoluta nei velodromi. E ci siamo fermati alle medaglie altrimenti l'elenco sarebbe sterminato.
Si iniziano anche a intravedere anche alcuni giovanissimi che partendo da esperienze maturate nel ciclocross (tre nomi: Realini, Masciarelli e Olivo, il quale va forte anche su pista) provano a ottenere risultati anche su strada. Qualcosa si muove anche da noi ed è arrivato il momento di investire ulteriormente e di spingere sull'acceleratore della polivalenza (che significa proprio il contrario dell'abbandonare un'attività a discapito dell'altra, soprattutto nel caso del ciclocross) che come abbiamo visto, può dare solo buoni frutti.
Foto: Bettini
Come un puzzle - TRENTINO 2021 - DAY 2
Anno dopo anno il serbatoio da cui si attinge nel settore a cronometro italiano è sempre più ricco di talento: Bonetto, Romele, Barale, Cipressa, tanto per citare ragazzi e ragazze che ieri mattina la medaglia nelle due prove junior non la conquistano, ma mostrano come il futuro abbia trovato le prossime locomotive.
Non importa che le medaglie non siano arrivate, anzi, non è un male. Il livello internazionale è estremamente alto, alcuni avversari sembrano già professionisti (e tra questi alcuni passeranno professionisti fra pochi mesi). C'è fermento, c'è voglia, c'è talento, passione, che ritrovi non solo in chi corre, ma anche in tutti quelli che aspettano un autografo dietro le transenne o nell'alpino che insiste per farsi fare una foto con il fan club di un corridore.
Tra questi talenti c'è Samuele Bonetto. 5° nella prova junior del mattino, lui dice di sentirsi un diesel e di lui dicono che ha margini importanti, e che quei margini li vedi dai piccoli errori che ancora compie (e per fortuna).
Corre senza computerino: «Vado a tutta da subito, corro a sensazione. Perché sono andato più forte nella seconda parte? Perché questo dice il mio motore». È un ragazzo, ma come tutti i ragazzi della sua età che fanno ciclismo pare ormai fatto e pronto.
Lo capisci dal potenziale, lo cogli subito da come parla. «A soli 3 secondi dal podio ci avrei messo la firma. Tra Europeo e Mondiale su pista, fino a Trento, sono stato sballottato qua e là» Sì, però, aggiunge, è stato un bel girare: campione europeo e mondiale dell'inseguimento in meno di un mese. Correndo, aggiunge, equipaggiato con una bici, casco compreso, con pezzi appartenenti a Ganna, Consonni, Milan, Lamon e Scartezzini. Praticamente un puzzle. «Non è che già a ottobre al Mondiale vuoi rubare il posto a questi campioni?» scherzo. «Ma va! Ne deve passare di acqua sotto i ponti», mi risponde. Schietto e divertito. Mica male 'sto Bonetto.
Foto: Bettini
Il Monumentale degli Europei di Ciclismo - TRENTINO 2021
Plumelec, Herning, Glasgow, Alkmaar, Plouay e Trento: che cos'hanno in comune queste città? Facile, visto il tema del dibattito, sono (state e saranno nel caso di Trento) le sedi dei Campionati Europei di ciclismo da quando, nel 2016, la manifestazione si è aperta ai professionisti.
Sagan, Kristoff, Trentin, Viviani e Nizzolo: e loro chi sono? Cinque tra i corridori più resistenti ed esplosivi del gruppo, a sprazzi qualcuno di loro persino il numero uno al mondo; quel tipo di corridori che se li vedi di fianco faresti bene a scrollarteli di dosso sapendo che ti potrebbero battere quattro volte e mezzo su cinque allo sprint. Sì, ma vogliamo sapere di più; entrando nell'argomento, chi sono? Ancora più facile: sono i cinque vincitori delle prime cinque edizioni degli UEC, i campionati europei, con Nizzolo, vincitore uscente, che non difenderà sulle strade di Trento la sua maglia bianca con una striscia celesta, una blu, un'altra azzurra e le stelline gialle: i colori che rappresentano l'Europa. Un po' a sorpresa, infatti, è rimasto fuori dagli otto scelti dal CT Davide Cassani.
Lo scorso anno, in Francia, proprio Nizzolo fu il terminale offensivo di una nazionale che corse alla perfezione, come per altro accadde nelle due precedenti edizioni; il velocista milanese infilò Démare, Ackermann e van der Poel sulla linea del traguardo dopo essere stato magnificamente pilotato da Ballerini, andando a chiudere una splendida doppietta: aveva conquistato il tricolore esattamente tre giorni prima.
Nel 2019 fu Viviani il goleador azzurro sul percorso di Alkmaar. Il velocista veronese visse una delle migliori stagioni in carriera e quel giorno, senza troppi dubbi, corse la sua miglior gara di sempre su strada. L'Italia, come al solito, si mostrò decisa e compatta, portò fuori la fuga decisiva e poi si affidò a un Elia tirato a lucido. Nel vento olandese il plurimedagliato olimpico andò via con Lampaert e Ackermann; rimase solo insieme al belga per poi batterlo allo sprint, vincendo praticamente per distacco con la risolutezza di un cacciatore di classiche navigato.
Del 2018 - poi indietro non torniamo più, promesso - si ricorda una delle edizioni più spettacolari con un podio che a rivederlo oggi fa quasi paura: Matteo Trentin, nel circuito di Glasgow, tra pioggia e una planimetria degna di uno slalom speciale, sconfisse Mathieu van der Poel e Wout van Aert che ancora all'epoca non erano, almeno su strada, sul fango sì, quei due Dioscuri che conosciamo oggi. Fu un'edizione spettacolare, snobbata da diversi big, ma indimenticabile per i nostri colori.
L'Italia, dunque, dopo aver vinto le ultime tre edizioni, si appresta così a ospitare un evento che anno dopo anno cresce d'importanza all'interno del calendario internazionale diventando così riferimento e appuntamento (quasi) da non perdere anche per i professionisti – basta vedere alcuni dei nomi presenti nella starting list.
E Trento, per gli Europei 2021, come vedremo a breve, mette in campo uno scenario estremamente affascinante dal punto di vista del paesaggio e complicato da quello tecnico; il percorso sarà, senza nemmeno farlo apposta, ancora un dolcetto da gustare per quei corridori simil-Sagan vecchia maniera, quelli che abbiamo già definito esplosivi, veloci e resistenti. Ma attenzione, come vedremo, diverse nazionali quelle ruote veloci ed esplosive le lasceranno a casa (chi per scelta tecnica, chi per prepararsi verso il Mondiale che si correrà settimana prossima) portando corridori che fanno della corsa d'attacco il loro mantra. Altre addirittura infarciscono il proprio roster di scalatori e scattisti. Le premesse per vederne delle belle e per variare le chiavi di lettura della gara ci sono tutte.
E toccherà a loro, ma non solo, mettere in strada il meglio che avranno nelle gambe e nella testa il 9 e il 12 settembre del 2021 per la cronometro individuale e poi per la gara in linea, come sempre l'appuntamento clou di ogni manifestazione ciclistica di questo tipo.
Sarà l'occasione anche per vedere le giovani speranze del vecchio continente: si partirà l'8 settembre con le prove a cronometro dedicate agli juniores, ragazzi e ragazze, e la staffetta mista dove l'Italia parte con ambizioni importanti. Il giorno dopo invece il menù sarà ricco che più ricco non si può con ben quattro gare contro il tempo: crono donne Under 23, crono donne élite, crono uomini Under 23 e infine a chiudere la giornata la crono individuale uomini élite su un percorso di soli 22,4 km.
Dal giorno 10 si cambia: il cronometro servirà, ma fino a un certo punto. Niente più prove contro il tempo: la tre giorni finale sarà dedicata a quelle che sono indubbiamente le gare più affascinanti, quelle in linea. Si parte venerdì con le due corse dedicate agli junior, maschile e femminile. La giornata si chiuderà con la gara Under 23 femminile, categoria un po' di mezzo, visto che a tutti gli effetti durante la stagione nel circuito di gare donne, non esiste.
Sabato? Uomini under 23 e donne élite a fare da antipasto alla gara di domenica: la prova in linea uomini.
I PERCORSI
Parlando proprio della prova su strada maschile: 179,2 km, non troppo lunga, siamo abituati a ben altro, ma proprio per questo motivo si apre a diversi scenari. La prima parte, di 73 km, sarà un tratto in linea con partenza da Trento: Piazza del Duomo quella non ufficiale, il km 0 in Corso del Lavoro e della Scienza. I primi 61 km induriranno le gambe dei corridori con le salite di Cadine e Vezzano, quello di Vigo Cavedine e poi su verso il Bondone che si affaccia sopra Trento, precisamente si arriverà fino ai 1040 metri di Candrai. Da lì, giù verso Trento da dove partirà il circuito che caratterizzerà tutte le altre gare in linea in programma con la salita del Povo da affrontare per ben otto volte.
Lo strappetto, a noi che lo abbiamo provato, lo ammettiamo, ha fatto del male, ma gli atleti lo supereranno più o meno agevolmente (3,6km al 4,7% difficilmente potrà mettere paura ai corridori più forti) una salita che faranno di rapporto e che nel momento clou scaleranno in sette, massimo otto minuti. L'ultimo passaggio sarà quello decisivo perché proietterà verso le medaglie. Resta da capire come verrà intepretata una corsa breve e con un circuito così particolare.
Per certi versi il tipo di percorso – al netto di un centinaio di chilometri in meno – può essere tagliato per corridori "da Sanremo" come li abbiamo già definiti: veloci per il finale, ma anche esplosivi in caso di attacco all'ultimo giro. Dopo la salita, una discesa velocissima, dritta, un altro strappetto prima di arrivare di nuovo in centro città. Da lì diverse curve, un paio a gomito che immettono verso il breve rettilineo d'arrivo che presenta un coefficiente di difficoltà da non sottovalutare: fondo in lastricato che in caso di pioggia risulterebbe ancora più insidioso. Il percorso non darà respiro: giro dopo giro, infatti, superando la linea del traguardo dopo circa 1 km si tornerà a salire. Difficile l'interpretazione e, difficile da capire chi, in ogni categoria, potrebbe essere l'uomo da battere.
Per quanto riguarda tutte le altre gare, invece, il percorso è interamente cittadino. Le sei cronometro individuali si disputeranno sulla medesima lunghezza e per le vie della città: 22,4 km. È vero, per i professionisti è un chilometraggio limitato, ma potrebbe stare proprio qui il fascino della corsa. Prova velocissima che esalterà i passistoni capaci di volare via nell'esercizio breve e a grandissime velocità.
Anche da un punto di vista planimetrico tutto sembra spingere verso medie da record. Interessante il fatto che, disputandosi tutte e sei le cronometro individuali sulla medesima distanza (la prova a squadra che chiuderà il programma di giovedì 8 sarà su due giri del percorso) si potrà fare anche un confronto tra i tempi delle diverse categorie: sicuramente qualche prestazione a sorpresa e che farà dibattere non dovrebbe mancare.
Se la prova in linea dei professionisti avrà una parte fuori città, tutte e cinque le altre gare in linea invece si disputeranno all'interno del circuito che abbiamo descritto sopra. 14,8 km da percorrere 5 volte per le junior, 6 volte per le under 23, 8 volte per gli junior e le élite, 10 volte per gli under 23. La selezione e l'esito finale dipenderà anche dal meteo: in caso di pioggia occhio al fondo stradale che in città (e sul ciottolato finale) può fare male; occhio pure alle curve che immettono alla linea d'arrivo: tecniche e adatte a chi, in caso di gruppetto, avrà gambe e coraggio per anticipare.
PROVA IN LINEA ELITE MASCHILE (domenica 12 settembre – partenza ore 12.30 – arrivo ore 17 circa)
Un pranzo solitamente inizia dall'antipasto, o ancora meglio: da inviti e prenotazioni. Da un'idea di menù. Nel nostro caso, svelati i piatti ci tuffiamo subito sulla portata principale: la prova in linea di domenica 12 settembre. Ci ha stupito un po' scorrere la starting list e vedere l'assenza di diversi corridori veloci che su un percorso di questo genere si sarebbero potuti esaltare, ma evidentemente le scelte dei tecnici mirano a una corsa con un disegno più imprevedibile e fatto di possibili attacchi da lontano. Oppure si pensa che su uno dei passaggi sul Povo qualcuno abbia le gambe per portare via di forza una fuga verso l'arrivo. Quello che è certo è che saranno moltissime le squadre che non vorranno arrivare allo sprint. Oltretutto il circuito si correrà per tre quarti in salita e discesa, pianura sarà pochissima e quella che ci sarà, sarà fatta di curve e di un tratto in ciottolato.
L'Italia, in quanto tri-campione uscente e nazione ospitante, non può che fregiarsi del titolo di nazionale di riferimento. Oltretutto sarà il penultimo grande torneo con Cassani alla guida e gli Azzurri hanno per questo tutta una serie di motivazioni in più. Dopo aver appreso con stupore l'assenza del campione in carica Nizzolo, l'idea principale è che si andrà per Sonny Colbrelli. Il campione italiano ha mostrato in questa stagione di poter ambire a ripetere l'impresa di Nizzolo nel 2020 che, come detto in precedenza, nel giro di pochi giorni sopra la maglia tricolore indossò quella da campione europeo. Oltretutto Colbrelli arriva da una vittoria al Tour of Benelux conquistata con uno strapotere che di recente si è vista di rado da parte di un corridore italiano.
In seconda battuta un Matteo Trentin che un titolo europeo lo ha già vinto, uno mondiale lo ha sfiorato e che esce da una Vuelta chiusa in crescendo. Con loro Diego Ulissi, adattissimo al chilometraggio ridotto e dotato di spunto veloce e Andrea Bagioli anche lui in arrivo dalla Vuelta e dunque con un ritmo gara che potrebbe anche tenerlo davanti nelle fasi più importanti. Quattro corridori messi in ordine di punta di velocità che potrebbero dire la loro qualora si dovessero trovare all'interno di un gruppetto ristretto nei momenti concitati e decisivi. Gli altri quattro azzurri spaziano dal talento ancora non del tutto mostrato di Gianni Moscon, carta da giocare in caso di attacco nel finale, ma utile anche se si dovesse tenere chiusa la corsa o ricucire per gli sprint dei compagni di squadra, fino al talento già invece ampiamente espresso di Filippo Ganna il quale presumibilmente sarà chiamato a tenere l'andatura o gli attacchi insieme a Giovanni Aleotti, che da neoprofessionista corona una stagione sopra le righe con una maglia azzurra. Infine Mattia Cattaneo, premiato per un'ottima stagione e anche lui probabilmente inserito per far fatica. Certo la caratura di tutti e otto ci fa ben sperare per una medaglia. Detto fuori dai denti: qualsiasi risultato dovesse arrivare al di fuori dei primi tre, sarebbe da prendere con delusione. Quello che non dovrebbe scarseggiare sarà lo spirito di squadra, sarà la voglia di dare spettacolo e mettere in mostra la maglia azzurra: in tutti gli anni della gestione Cassani (a parte qualche eccezione, vedi ad esempio Imola), l'impegno, il coraggio e la fantasia sono stati sempre presenti.
Le altre nazionali (assente ingiustificata la Gran Bretagna che avrebbe potuto schierare tra gli altri un Ethan Hayter in grande condizione) invece, se escludiamo la Norvegia con Kristoff, la Slovacchia con Sagan, la Spagna con Garcia Cortina e la Germania con Walscheid, sembrano orientate decisamente a una corsa tutta d'attacco.
Il Belgio ha l'attaccante dalla media distanza per antonomasia: Remco Evenepoel. Da valutare però la forma con cui arriva. Infatti, dopo un agosto da bambino prodigio qual è, Evenepoel qualche giorno fa si è ritirato dal Tour of Benelux per un malanno. Con lui Dylan Teuns per provare a partire sulla salita di Povo e portare via un gruppetto, mentre Gianni Vermeersch è la loro carta veloce, Philippe Gilbert quella di grande esperienza e da non sottovalutare (di recente sembra davvero un buon Gilbert), e Victor Campenaerts un outsider da temere: sta andando fortissimo quest'anno e al Giro ha lasciato la sua stramba impronta. Harm Vanhoucke, invece, è uno scalatore puro nato per attaccare da lontano, con lui Ben Hermans con un'idea simile. A chiudere il giovane Stan Dewulf corridore tagliato per le corse di un giorno e che mira a vestire i panni della carta a sorpresa, magari con una bella stoccata da finisseur.
L'Olanda punta su Bauke Mollema: servirebbe corsa durissima e forse un chilometraggio maggiore per esaltarlo, ma come sottovalutare il levriero di Groeningen? In caso di giornata calda occhio a lui. Ide Schelling è uno dei nomi nuovi tra i puncheur di quest'annata, ma ha bisogno di partire al momento giusto. Timo Roosen, Jan Maas (chiamato all'ultimo momento al posto dell'infortunato van Baarle), Koen Bouwman e Niki Terpstra sono qui a lavorare per gli altri, o per qualche fuga poco sanguinosa a fini del risultato finale, mentre Nick Van der Lijke è un po' il nome che non ti aspetti. La sua convocazione è figlia però di un'annata positiva che ci fa domandare come mai corra ancora per una Continental danese. Sarà lui la ruota più veloce nel comparto orange.
Abbiamo detto di una Slovacchia tutta per Peter Sagan: con la presenza dei fedelissimi Juraj (suo fratello) e Baska. L'ex campione del mondo è stato anche il primo vincitore della storia dell'Europei per professionisti e nelle ultime uscite, dopo aver firmato per il prossimo triennio con la francese Total Direct Energie, sembra aver acquisito nuova linfa. In caso di sprint ristretto a 25/30 corridori è sicuramente una delle ruote più veloci del carrozzone, ma la domanda da porsi è: riuscirà Sagan a restare agganciato a un gruppo così ristretto?
E abbiamo anticipato di una Norvegia che schiera un pezzo da novanta come Alexander Kristoff. Anche lui come Sagan ha già vinto un titolo europeo (esono le uniche due vittorie non italiane), preferirebbe freddo e magari un chilometraggio decisamente superiore ai 250 km (più è dura e più lui emerge), ma pure nel suo caso potarselo allo sprint sarebbe quanto meno pericoloso per gli altri. La nazionale scandinava (che come vedremo in seguito punta a fare incetta di medaglie nelle categorie giovanili), schiera una squadra affidabilissima che si farà trovare davanti in ogni fase di gara: Andreas Leknessund in caso di corsa dura o fuga dalla media o lunga distanza, Sven Erik Bystrøm è qualcosa in più del fratello di armi di Kristoff. Se puntate a un nome diverso per il podio, quello del ventinovenne di Haugesund, ex campione del mondo tra gli Under 23, fa proprio al caso vostro.
Ci sarà al via anche Odd Christian Eiking, che chissà che l'onda lunga di una storica Vuelta non lo porti a fare risultato anche qui, mentre Markus Hoelgaard e Kristian Aasvold vedono premiata una stagione di grande qualità e potrebbero essere pericolosissimi da portare allo sprint. Verosimilmente, però, si lavorerà tutti per Alexander Kristoff.
La Francia, come il Belgio, sceglie di non portare velocisti, anzi fa qualcosa in più: porta persino scalatori. Ed è infatti molta la curiosità intorno alla nazionale di Voeckler. Come si giocheranno le loro carte Thibaut Pinot e Romain Bardet? Aurelien Paret-Peintre veloce e resistente, è l'uomo giusto in caso di sprint ristretto mentre Franck Bonnamour (che all'ultimo ha sostituito G.Martin) è corridore uscito benissimo dal Tour de France e potrà farsi vedere in fuga, ma i gradi di capitano, su un tracciato nervoso, ma non impossibile, potrebbero dividersi tra la Bretagna di Warren Barguil e Valentin Madouas e soprattutto la Normandia di un Benoît Cosnefroy in grandissimo spolvero dopo il successo di Pluoay. Cosnefroy è, per chi scrive, probabilmente il favorito assoluto.
La Spagna arriva un po' in sordina vista l'assenza di Valverde caduto alla Vuelta; una Vuelta che restituisce diversi ritiri illustri come Luis Leon Sanchez o Landa, e costringe Aranburu - adattissimo al percorso - al forfait e dunque punterà tutto sulla buona vena del veloce Ivan Garcia Cortina, su David De La Cruz (anche se il tracciato nongli si addice) e sui fratelli Gorka e Ion Izagirre. Da seguire con attenzione Roger Adrià della Kern e Antonio Soto della Euskaltel, due nomi meno conosciuti al grande pubblico, ma di sicuro prospetto. Restando nella penisola iberica la scelta del Portogallo verte tutta su uomini affidabili, resistenti, esplosivi come Joao Almeida (capitano) e Rui Costa (vice). I due saranno affiancati da Ruben Guerreiro (da non sottovalutare andasse in fuga), i passisti Andre Carvalho, Nelson Oliveira e Rui Oliveira, e Rafael Reis uno dei grandi mattatori della recente Volta a Portugal.
Per l'Austria i nomi più interessanti - ma non gli unici - saranno Marco Haller (in caso di sprint ristretto), Michael Gogl e Tobias Bayer per una corsa selettiva, Alexandre Riabushenko sarà il capitano della Bielorussia, mentre Mihkel Räim (occhio a lui in caso di volata) e Rein Taaramäe guideranno l'Estonia. L'Ungheria avrà Attila Valter - in maglia rosa per qualche giorno al Giro quest'anno - e la Polonia con diverse assenze punta sul veloce Pavel Bernas; la Svizzera sarà tutta per Marc Hirschi, che nelle ultime settimane sta crescendo, anche se pare ancora lontano dai livelli del 2020, ma tra i selezionati figura anche uno dei corridori più in forma di questo 2021: ovvero Gino Mäder. e infine nell'Ucraina l'uomo di spicco sarà Mark Padun.
Mancano ancora le conferme ufficiali dei corridori che difenderanno i colori di Spagna (Garcia Cortina), Danimarca (Asgreen e Cort Nielsen), Germania (Walscheid e Steimle) e Slovenia (Pogačar, Mohorič e Roglič), tra le nazionali più importanti al via. Aggiorneremo l'articolo mano a mano che i nomi saranno ufficializzati.
LE STELLINE DEI FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ Cosnefroy
⭐⭐⭐⭐ Colbrelli, Pogačar
⭐⭐⭐ P.Sagan, Kristoff, Evenepoel
⭐⭐ Almeida, Trentin, Bagioli, Teuns, Mäder
⭐ Mollema, Bystrøm, Haller, Schelling, Guerreiro, Dewulf, Pareit-Peintre
ÉLITE DONNE (sabato 11 settembre - partenza ore 14.15)
Sarà ancora una volta Olanda contro Italia. Sarà Annemiek van Vleuten e Marianne Vos contro Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli (in grande condizione) e magari, in caso di sprint più numeroso occhio a Elisa Balsamo (campione under 23 uscente). Le altre? Un po' le solite note. Lotte Kopecky (Belgio) soprattutto, ma occhio anche a Lisa Brennauer (Germania), Juliette Labous (Francia), Katarzyna Niewiadoma (Polonia), Cecilie Ludwig (Danimarca) e le due svizzere in grande forma: Marlene Reusser ed Elise Chabbey. Dopo quello che è accaduto a Tokyo, con la fuga bidone che ha premiato l'austriaca Anna Kiesenhofer (presente anche qui a Trento), ci immaginiamo un'altra condotta di gara da parte delle nazionali più forti.
LE STELLINE DELLE FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐ van Vleuten
⭐⭐⭐⭐ Vos, Longo Borghini, Kopecky
⭐⭐⭐ Cavalli, Ludwig
⭐⭐ Niewiadoma, Reusser
⭐ Labous, Brennauer, Chabbey
UNDER 23 FEMMINILE (venerdì 10 settembre - partenza ore 16.30)
La categoria che durante l'anno non c'è torna forte per l'Europeo. L'Italia un anno fa conquistò una meravigliosa medaglia d'oro con Elisa Balsamo, su un percorso di questo genere l'Olanda però è di nuovo punto di riferimento con Wiebes, favorita per il titolo. Con lei occhio a Smulders e van Anrooij. Da seguire con attenzione per l'Italia, Guazzini, ma anche la crossista Realini e la forte pistard Zanardi, per la Danimarca Norsgaard, qual ora scegliesse la gara Under 23 a discapito della prova élite, e per la Francia Muzic e Le Net. Possibili outsider la Svizzera Rüegg, l'ungherese Vas e la portoghese Martins (quest'ultima per una corsa poco selettiva).
UNDER 23 MASCHILE (sabato 11 settembre - partenza ore 9.00)
Nella categoria che segna il passaggio ai professionisti c'è tanta carne al fuoco. Ci sono quelli che non aspetteranno uno sprint come Ayuso e ci sono quelli che prediligeranno l'arrivo di un gruppetto come Tobias Halland Johannessen (ma anche il suo gemello per un canovaccio simile). I francesi Retaillaeu che ha già mostrato sprazzi del suo talento come stagista in maglia AG2R e Lapeira o i nostri Baroncini e Colnaghi sperano in una gara non per forza dura. L'Italia però potrà contare anche su Zana. Il corridore della Bardiani sarà la nostra punta in caso di corsa decisa sulla salita del Povo, altrimenti, come detto, si andrà per Colnaghi, suo futuro compagno di squadra con la squadra dei Reverberi, e Baroncini, che poche settimane fa ha firmato con la Trek-Segafredo.
Ci sarà l'Olanda che su tracciati simili hanno fatto la voce grossa al recente Tour de l'Avenir e in altre corse giovanili: Hoole, Marijn Van der Berg e Van Uden sono tra i favoriti assoluti per il titolo essendo sia veloci in caso di sprint numeroso che abili ad arrivare davanti in caso di volata di un gruppetto. Anche il Belgio presenta una mezza corazzata: Van Tricht (di recente stagista Quick Step), il figlio d'arte Thibaut Njs, Vandenabeele (scalatore, percorso non adattissimo al ui che oltretutto non appare in grande forma) ma soprattutto Berckmoes. Il classe 2001, che l'anno prossimo passerà con la Top Sport Vlaanderen, potrebbe sfruttare, sulla salita del Povo, le sue doti di scattista e passista: sarà lui probabilmente il numero uno in casa belga. La Russia punta forte su Syritsa, corridore un po' indecifrabile come tutti i connazionali, ma che se in giornata può essere devastante, mentre la Slovenia si affida a Hočevar, temibile allo sprint e la Slovacchia al talentuoso Štoček.
JUNIOR FEMMINILE (venerdì 10 settembre - partenza ore 13.50)
Categoria che, vista anche la giovane età delle concorrenti, è tutta da scoprire: anche qui sarà Olanda (Geurts, Van der Meiden) contro Italia (Ciabocco, Barale e Cipressi ), con possibili inserimenti di atlete delle solite note: Francia, Russia e Germania su tutte.
JUNIOR MASCHILE (venerdì 10 settembre - partenza ore 9.00)
La gara Junior, che aprirà il programma di venerdì, vede come favoriti assoluti i norvegesi. Su tutti quel talento (clamoroso) di Per Strand Hagenes. Il nome del giovane norvegese va scritto e memorizzato perché potrebbe essere uno dei volti nuovi del ciclismo mondiale a stretto giro di posta, va forte anche nello sci di fondo e si giocherà l'oro con i suoi connazionali Fredheim e Braensetter, con lo spagnolo Romeo, i francesi Martinez, Rolland e Gregoire, lo slovacco Svrcek e soprattutto il belga Uijtdebroeks.
LE CRONOMETRO
Fitto programma anche quello delle prove contro il tempo che oltre alle 6 gare per le diverse categorie aggiunge anche la staffetta mista che chiuderà il programma del primo giorno e dove l'Italia sarà la favorita assoluta per la medaglia d'oro.
La prova più importante è sicuramente quella degli élite: si va per l'oro anche qui, dove Ganna, visto anche il percorso, è il maggiore candidato per il titolo. Sarà una sfida incandescente e di altissimo livello, però. A contendersi le medaglie infatti, oltre al nostro Ganna, sette nomi che danno assoluta garanzia: Pogačar, Evenepoel, Bissegger, Kung, Asgreen, Bjerg e Affini. Può Bastare? Le altre nazionali, invece, appaiono tagliate fuori con qualche piccola speranza per la Francia che schiera un Cavagna che di recente però non ha mostrato una grande forma e che dunque appare un gradino sotto, come il Portogallo con Nelson Oliveira.
Tra le donne élite sarà Van Vleuten il nome per l'oro, e occhio alla svizzera Reusser in grande condizione, mentre per l'Italia Bussi e Cecchini proveranno a salire sul podio, ma non sarà facile. Da seguire con attenzione la gara Under 23 uomini: Price-Pejtersen contro tutti (e per tutti diciamo norvegesi e olandesi: insomma ciò che il 2021 ha offerto). Mentre tra gli Junior la contesa potrebbe chiudersi a un Uijtdebroeks contro la Norvegia, ma occhio al campioncino all rounder svizzero Christen. Difficile se non impossibile che l'Italia possa arrivare a medaglia nelle due prove maschili giovanili.
Diverso il discorso tra le ragazze invece dove tra le junior si punta su Carlotta Cipressi per una medaglia e tra le Under 23, con Hanna Ludwig favorita per uno storico terzo titolo consecutivo, su Vittoria Guazzini.
Per le altre gare in programma l'articolo verrà aggiornata mano a mano che arriveranno le conferme sulla starting list ufficiale.
IL PROGRAMMA COMPLETO
Mercoledì 8 settembre 2021
09:15 - Cronometro individuale donne junior – 22,4 km
10:45 - Cronometro individuale uomini junior – 22,4 km
14:30 - Team Relay (crono a squadre uomini/donne) – 44,8 km (2 giri del circuito di 22,4 km)
Giovedì 9 settembre 2021
09:15 - Cronometro individuale donne under 23 – 22,4 km
10:45 - Cronometro individuale donne élite – 22,4 km
14:15 - Cronometro individuale uomini under 23 – 22,4 km
16:00 - Cronometro individuale uomini élite – 22,4 km
Venerdì 10 settembre 2021
09:00 - Prova in linea uomini junior – 107,2 km
13:50 - Prova in linea donne junior – 67,6 km
16:30 - Prova in linea donne under 23 – 80,8 km
Sabato 11 settembre 2021
09:00 - Prova in linea uomini under 23 – 133,6 km
14:15 - Prova in linea donne élite – 107,2 km
Domenica 12 settembre 2021
12:30 - Prova in linea uomini élite – 179,2 km
DOVE SEGUIRE LA CORSA
Alvento seguirà a modo suo giorno dopo giorno l'evento raccontando la corsa, i protagonisti e il dietro le quinte. Troverete i nostri articoli sul nostro sito, sulla nostra pagina Facebook, troverete qualche impressione su Twitter mentre su Instagram vi faremo vivere l'evento, sempre con uno sguardo alventiano, attraverso le "stories".
A questo indirizzo trovate le info sulla corsa, le starting list, le guide tecniche, la mappa e il programma di tutti gli eventi (non solo le gare, ma anche tutto quello che Trento offrirà in quei giorni): UEC EUROROAD TRENTINO 2021
Sito ufficiale di Trentino 2021: TRENTINO 2021
Foto in evidenza: Jered Gruber
Pauline Ferrand-Prevot e... i leoni da tastiera
Torniamo sul rapporto tra social network e atleti professionisti, dopo il post di qualche giorno fa sulle dichiarazioni di Chris Froome. Non prendeteci per ripetitivi, nemmeno per ossessionati. Semplicemente riteniamo che il rispetto della persona venga prima di tutto, prima del tifo e delle aspettative di prestazione.
È per questo che ci piace dare voce agli atleti che provano ad opporsi a questa brutta deriva. Magari il messaggio arriverà a poche persone, ma se riuscisse ad ingenerare un piccolo cambiamento, sarebbe già un successo.
Dopo le gare dei Mondiali di MTB della Val di Sole, Pauline Ferrand-Prevot, vera superstar del settore (nel 2014/15, a soli 23 anni, ha indossato la maglia iridata di campione del mondo in tre discipline ciclistiche diverse contemporaneamente, prima volta nella storia del ciclismo maschile e femminile), affida ai suoi canali social un messaggio di risposta ai numerosi attacchi ricevuti a seguito di quelle che sono state ritenute dai suoi fan delle prestazioni deludenti ai recenti Campionati del Mondo di Mountain Bike.
«La vita non ha a che fare solo con la vittoria o la sconfitta.
La vita di una persona ha piuttosto a che fare con l’essere o meno felici.
Non ho letto i commenti delle persone sulla mia gara di ieri perché non voglio che qualcuno possa decidere come mi devo sentire. Quello che posso dire a tutti è che sono molto felice della mia vita, anche se non ho vinto la medaglia olimpica e se non indosso la maglia iridata, e non ho alcuna intenzione di cambiare la mia vita per vincere un titolo olimpico o un mondiale.
La mia famiglia, i miei amici, la mia piccola Mauricette ed io siamo in salute.
Mi guadagno da vivere facendo ciò che più amo al mondo, correre in bici, e ho la fortuna di non definire tutto ciò ‘un lavoro’. Ho il privilegio di viaggiare per tutto il mondo, conoscendo nuove persone e potendomi confrontare con culture diverse dalla mia.
La vita non ha a che vedere solo con le vittorie o le sconfitte.
La vita ha a che vedere con l’imparare qualcosa, con i tentativi andati male ma con la possibilità di riprovarci.
Io vivo per raggiungere gli obiettivi che mi sono posta e non credo di averli ancora raggiunti tutti. Potrò sbagliare e potrò fallire, ma questo non mi impedirà di provarci ancora. Fino a quando non li avrò raggiunti».
Foto: Red Bull Content Pool
Chris Froome e i leoni da tastiera
Nei giorni scorsi Chris Froome ha pubblicato sul suo canale YouTube un video per raccontare l'esperienza all'ultimo Tour e tra le varie cose ha voluto prendere posizione sui sempre più numerosi e violenti attacchi che gli atleti subiscono da parte del pubblico dei social network.
Abbiamo deciso di riproporre i punti salienti del suo discorso, che condividiamo nel suo senso e nelle sue finalità.
«Dopo la fine del Tour de France mi sono preso qualche giorno di pausa perché avevo davvero bisogno di staccare. Dopo l’incidente del primo giorno è stato molto pesante per me portare a termine la corsa; ci siamo scontrati a più di 60 km/h: c’erano corridori e biciclette sparse ovunque, io ho sbattuto violentemente la parte alta della coscia contro qualcosa, credo fosse la bici di un altro corridore e il dolore era talmente forte da non riuscire nemmeno ad alzarmi in piedi e permettere ai soccorritori di aiutarmi a tornare in sella. Nonostante questo, sentivo che per me era fondamentale terminare il Tour de France, anche se pieno di lividi e con il dolore alle ossa che mi sono portato fino a Parigi; dopo tutto quello che mi era successo avevo bisogno di mettere quei chilometri nelle gambe e sono orgoglioso di esserci riuscito.
L’aspetto che mi ha colpito di più di questo Tour de France è stato il sostegno del pubblico: mai, neppure negli anni in cui ho portato la maglia gialla fino a Parigi o lottavo per riuscirci, la gente mi aveva sostenuto in questo modo. Nonostante fossi per la maggior parte del tempo in fondo al gruppo, le persone non smettevano di incitarmi, di spronarmi e di farmi sentire la loro vicinanza e il loro affetto. Avere il loro incoraggiamento mi ha aiutato a non mollare e per questo mi sento di ringraziarli di cuore.
Proprio questo sostegno da parte delle persone in un momento molto difficile per me mi ha fatto riflettere su un tema di cui hanno parlato alcuni atleti durante le Olimpiadi e che penso sia di fondamentale importanza, ovvero l’impatto che le eccessive critiche hanno sulla serenità psicologica ed in definitiva sulla salute mentale degli atleti.
A livello generale pare ci sia l’aspettativa, da parte del pubblico, di trovarsi di fronte non a delle persone normali, seppur eccellenti nel loro sport, ma a dei veri e propri extraterrestri in grado di reggere qualsiasi tipo di pressione e di attacco. Io credo che questo sia profondamente sbagliato perché non tutti gli atleti riescono a gestire questo tipo di stress.
Ci sono sempre più atleti che soffrono a causa di quello che gli utenti dei social network scrivono su di loro; i social media consentono a chiunque di sedersi dietro a uno schermo e insultare un atleta, con un linguaggio che le persone non si permetterebbero mai di avere se incontrassero lo stesso atleta, la stessa persona, per strada o al supermercato.
Io sono convinto che essere un atleta significhi lavorare duro per dimostrare le proprie capacità sportive nelle corse e negli eventi, ma non è incluso anche il fatto di avere questo carico ulteriore di energia per sopportare questo tipo di pressioni e di critiche, spesso eccessive e gratuite.
Quello che vorrei dire alle persone è di pensarci due volte prima di scaricare il loro odio e insultare o criticare ferocemente un atleta. Siamo tutti qua fuori per dare il meglio di noi, per ottenere i risultati migliori possibili quando rappresentiamo il nostro Paese o il nostro team. Provate a mettervi al nostro posto e magari abbiate un po’ più di pazienza quando non risultiamo all’altezza delle vostre aspettative, perché i primi a dispiacersi e a soffrire se i risultati non arrivano siamo proprio noi atleti».
Foto: Bettini
La sfida a Pogačar viene dal Nord
Il ciclismo del nord Europa vive, senza ombra di dubbio, il momento migliore della propria storia. A vittorie sporadiche e a volte isolate, nell'arco dei decenni, fa seguito un vivaio sempre più prolifico e di qualità da cui attingere.
Chiariamo: ciclismo del nord non con riferimento a Belgio e Olanda, ma ancora più su, Danimarca e Norvegia per la precisione.
I risultati dei danesi, recenti, sono sotto gli occhi di tutti, dal Mondiale di Pedersen all'esplosione di Vingegaard, passando per le monumento di Fuglsang e il Fiandre di Asgreen fino alla definitiva maturazione di corridori come Cort Nielsen, di recente vincitore di una tappa alla Vuelta, e diversi risultati di peso qua e là. E tanto altro arriverà grazie a interessanti giovani in rampa di lancio.
In una direzione simile (verso il vertice) si muove la Norvegia, che ai soliti noti (vedi Kristoff, e dove Hushovd e Arvesen sono stati un po' pionieri di questa nuova generazione, tanto che Arvesen ora è direttore sportivo della squadra norvegese UNO X-Pro Cycling Team, compagine emergente del ciclismo mondiale) affianca alcuni fra i maggiori talenti da seguire a livello assoluto: Foss, Leknessund e da quest'anno anche Tobias Halland Johannessen.
Il giovane "norge" Tobias, grazie anche all'aiuto del gemello Anders, è stato l'autentico dominatore del Tour de l'Avenir, concluso, pochi minuti fa, con due vittorie di tappa (che per la Norvegia diventano cinque su dieci se contiamo quella di Anders e le due di Wærenskjold) e la vittoria nella classifica generale, conquistata davanti a due corridori già presenti nel mondo del professionismo: lo spagnolo Carlos Rodriguez (INEOS Grenadiers) e l'italiano Filippo Zana (Bardiani). Rodriguez che oggi sfiora un'impresa clamorosa, rimontando 2'11 dei 2'18'' che aveva di distacco, con una fuga solitaria di quasi 50 km.
Tobias Halland Johannessen (per farla più breve: THJ), corridore esplosivo più che scalatore puro, è alla sua prima vera e propria stagione su strada dove si è diviso tra squadra Continental e Professional; arriva da mountain bike e ciclocross, vive vicino a Oslo e in alta montagna non si è mai praticamente testato: alla conquista del Tour de l'Avenir mette vicino anche il podio al Giro Under 23 alle spalle di quel fenomeno che porta il nome di Ayuso.
Nelle scorse settimane, THJ ha prolungato di tre anni il contratto con la Uno X Pro Cycling Team, la squadra, si diceva, rivelazione, della stagione, che a suon di investimenti vuole crescere a dismisura facendosi portavoce del movimento nordico.
In pochi anni, UNO X ha creato due squadre - prima la Continental, poi quella Professional - e ha lanciato diversi corridori sia norvegesi che danesi (i già citati Foss e Leknessund, ma anche Hindsgaul, il campione europeo U23 Hvideberg, il vice campione olimpico su pista Larsen, e poi Andersen, Wærenskjold, eccetera), si è messa in grande evidenza in diverse corse in Belgio, dal 2022 avrà la sua squadra femminile (già chiesta la licenza per far parte del Women's World Tour) e dal 2023 l'idea è chiara: Uno X vorrà entrare nel mondo del WT.
Uno X che lo scorso anno ha tesserato simbolicamente Johannes Klæbo, il fondista più forte del mondo.
Nella giornata di ieri, poi, al termine della fatica fatta sulle Alpi francesi dai ragazzi del Tour de l'Avenir, il CEO di Uno X, Vegar Kulset, tra il serio e il faceto (ma nemmeno troppo) scriveva così su Twitter: «Uno X Mobility (progetto fondato proprio da Kulset e improntato a diverse soluzioni per la mobilità sostenibile N.d.A.) e Uno X Pro Cycling Team invitano LEGO™ a unirsi con i propri mattoncini all'avventura norvegese-danese. Vingegaard e i fratelli Halland Johannessen nella stessa squadra potrebbero diventare dei seri avversari per Pogačar in un paio di anni».
Il vento del nord spira e sembra davvero fare sul serio.
Il ciclismo femminile e il bisogno di cambiamento
Ogni anno The Cyclists' Alliance (TCA) conduce un articolato sondaggio per fotografare lo status quo del ciclismo femminile.
Obiettivo dell’indagine è quello di mettere in evidenza le principali criticità su cui intervenire per arrivare finalmente ad una situazione paritaria, sotto molteplici punti di vista, fra uomini e donne nel ciclismo professionistico.
Da pochi giorni sono stati presentati i risultati del sondaggio condotto per il 2021, che riteniamo importante condividere con i nostri lettori.
Sono 97 le cicliste professioniste che hanno partecipato, con la seguente suddivisione per disciplina: 68% strada, 13% pista, 7% ciclocross, 7% mtb cross country, 4% mtb marathon e 2% eRacing. Delle cicliste su strada il 27% è costituito da atlete che fanno parte di team World Tour, mentre il 73% gareggiano in team Continental.
Queste le criticità più rilevanti, emerse dal sondaggio.
SALARI
L’86% delle intervistate pensa che i salari siano troppo bassi rispetto all’impegno richiesto per la pratica di uno sport come il ciclismo a livello professionistico.
Il numero di cicliste professioniste senza salario è aumentato dal 17% nel 2018 al 34% nel 2021.
A causa della mancanza di un salario minimo stabilito per le atlete delle squadre Continental continua ad aumentare il divario salariale fra atlete delle squadre WT e atlete delle squadre Continental.
L’ottenimento di un salario minimo garantito anche per le atlete delle squadre Continental è uno degli aspetti indicati come determinanti per le atlete, seguito dalla richiesta di una maggiore copertura da parte delle TV per le gare femminili.
ASPETTI CONTRATTUALI
Anche in ambito contrattuale è presente una marcata disparità di trattamento fra atlete WT e atlete Continental con tutta una serie di minori tutele per le atlete Continental. Per citare un esempio l’assistenza medica è prevista da contratto per il 94% delle atlete WT, mentre solo il 33% delle atlete delle squadre Continental può usufruire dei medesimi servizi.
SECONDO LAVORO E STUDIO
Molte atlete portano avanti la loro carriera di cicliste professioniste mentre svolgono un secondo lavoro per far fronte alle necessità finanziarie e/o si dedicano ad un percorso di studi per assicurarsi la possibilità di un lavoro al termine della loro carriera da atlete.
Delle atlete intervistate il 38% si dedica allo studio mentre porta avanti la sua carriera; il 39% svolge un secondo lavoro, il 14% combina studio e un secondo lavoro con la propria carriera sportiva.
Fra le atlete che hanno un secondo lavoro il 24% lavora meno di 20 ore alla settimana, mentre il 15% lavora più di 20 ore settimanali. Il 67% delle atlete che lavorano più di 20 ore la settimana lo fanno perché non ricevono un salario dal proprio team, mentre il 14% riceve un salario inferiore ai 5.000 euro all’anno. Occorre sottolineare che le atlete, che lavorano più di 20 ore settimanali, sono quelle con un più elevato titolo di studio (il 67% ha conseguito un master o un dottorato, il 20% ha una laurea), che consente loro di trovare occupazioni che permettono una maggiore autonomia e quindi sono più facilmente gestibili insieme agli impegni per gare e allenamenti.
IMPATTO DEL COVID19 SULLA STAGIONE 2021
Rispetto alla stagione 2020, l’impatto del Covid19 sulla stagione in corso è stato tendenzialmente inferiore, ma continua ad evidenziarsi un maggiore effetto negativo sulle atlete delle squadre Continental, rispetto a quelle WT.
Nel 2020 il 29% delle atlete era andata incontro ad una contrazione salariale o lo aveva perso del tutto, mentre nel 2021 solo il 5% delle atlete WT ha sperimentato una riduzione di salario e l’1% delle atlete di squadre Continental si è ritrovata senza salario a causa delle problematiche legate al Covid19.
Nel 2021 il 20% delle atlete di squadre Continental hanno dovuto sostenere autonomamente il costo dei test Covid19 necessari per i viaggi per partecipare alle gare, mentre per il 94% delle atlete WT afferma che le spese per i test Covid19 sono a carico del team e parte del contratto che le lega alla squadra.
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La seconda e terza parte dell’indagine condotta da TCA, relative a temi legali, etici e culturali all’interno del gruppo, verranno presentate nelle prossime settimane e saranno oggetto di un successivo nostro approfondimento.
Il monumentale del Tour 2021
Nemmeno il tempo di posare penne e biciclette che dopo il Giro arriva il Tour. Nemmeno il tempo di rifiatare che dopo la Corsa Rosa è tempo di Grande Boucle. Se il Giro è il nostro figlio (prediletto) che gioca nel giardino di casa, il Tour è quel posto da andare a visitare almeno una volta nella vita. Se il Giro è partigianeria, il Tour è sciovinismo; se il Giro è rosa il Tour è inevitabilmente giallo; come il Giro è un'avventura nostrana, il Tour è un enorme carrozzone mediatico che trascina e coinvolge. Se il Giro segna la fine della primavera, il Tour simboleggia l'inizio dell'estate con campi di colza e girasoli, carovane inestinguibili, asfalto che si scioglie, vini pregiati e formaggi, castelli, Massiccio Centrale e Pirenei.
Se il Giro era la Gazzetta con Gregori e Pastonesi, il Tour erano le mattinate a leggere e rileggere (e assimilare in qualche modo) i pezzi di Mura - e a volte, per un meraviglioso incrocio del destino, anche quelli di Clerici da Wimbledon, Londra. Se il Giro 2021 è stato Bernal, allora il Tour sarà, come nel 2020, un affare sloveno, almeno sulla carta.
IL GIALLO DEI FAVORITI IN GIALLO
Se mi dessero un colpo in testa o se alzassi troppo il gomito allora sì, forse solo in quel momento potrei fantasticare su vincitori differenti dal duo nato vicino al confine giuliano. Primož Roglič e Tadej Pogačar, nell'accezione confidenziale "Rogla e Pogi" come due personaggi di una seria animata. Loro due il Tour 2020 lo animeranno e potranno soltanto perderlo.
Secondo e primo lo scorso anno dopo quel ribaltone che è storia a La Planches de Belles Filles, i due sloveni sono i più forti interpreti delle corse a tappe. Mancherà a questo Tour quello che, se e solo se riuscirà a esprimersi al massimo risolvendo i problemi alla schiena, potrebbe inserirsi in questo duopolio, Egan Bernal, mentre Evenepoel è ancora un cucciolo che sta imparando a muoversi nel mondo selvaggio dei Grandi Giri.
Altri, a guardarsi intorno al momento non ce ne sono, salvo exploit, incursioni o crescite improvvise, attendendo chi preme da dietro (Pidcock? Ayuso?) o chi magari persegue una via più graduale nella propria crescita (Almeida? Vlasov?).
Non staremo qui a definire caratteristiche, pro e contro dei due ragazzi sloveni, le conosciamo a memoria: duri a cronometro, forti in salita, bravi a guidare la bici - forse Pogačar un po' di più - e nel districarsi tra i pericoli. Coraggiosi, veloci persino negli sprint ristretti come dimostrano anche i due successi consecutivi alla Liegi Bastogne Liegi davanti, entrambe le volte, a un certo Alaphilippe. Per non parlare delle loro squadre: col passare delle stagioni hanno aggiunto tasselli di spessore per coprire il più possibile le spalle ai propri capitani.
Pogačar rappresenta la freschezza, il volto del giovane lupo che si fa strada, Roglič invece pensa e ripensa ancora allo smacco di qualche mese fa quando perse la maglia gialla il penultimo giorno dopo un dominio senza apparenti titubanze. Avvicinamento differente il loro: anche rispetto alla più tradizionale marcia di preparazione. Pogačar è passato da casa, Giro di Slovenia, ha vinto, con la sua squadra ha dominato, concedendo favori, il modo in cui ha impresso il ritmo in salita ha spaventato: facilità assoluta sono le prime due parole che mi vengono in mente. Spopola perché è giovane e simpatico, piace a media e tifosi, e la tranquillità assoluta con la quale costruisce ogni successo è una delle sue armi migliori.
La squadra è tutta per lui: ancora più che nel recente passato. Via le ruote veloci (Kristoff, aria di divorzio e, ahinoi, resta a casa pure un Trentin acciaccato), dentro Vegard Stake Laengen per coprire il suo capitano in pianura dall'alto dei suoi centimetri, Formolo e Rafał Majka scudieri in salita, Marc Hirschi forte (nel 2020 più che forte) dappertutto potrebbe anche rappresentare una sorta di piano B per conquistare qualche tappa.
A proposito di piano B: Brandon McNulty sarà da seguire, lui stesso prenderà appunti dal suo coetaneo cercando di restargli il più vicino possibile in classifica qualora ci fosse bisogno di qualche intuizione dal punto di vista tattico. Infine Mikkel Bjerg, locomotiva in pianura, si difende anche in salita quando sono a inizio tappa: chi vi scrive stravede per lui e lo giudica, per il presente e per il futuro, una delle pedine più preziose per ogni capitano e su ogni terreno. Leggasi: potenziale gregario più forte del mondo.
Roglič non corre dalla Liegi: banalmente, viene da dire, che la squadra sa il fatto suo, che lo hanno tenuto alla larga dalle pressioni e da ogni rischio, che tanto uno così sa arrivare ben preparato alle corse senza gli spettri di una cattiva preparazione, però, forse e dico forse, qualche chilometro in corsa avrebbe fatto bene al vice-campione uscente del Tour, nonché dominatore della Vuelta solo pochi mesi fa. Certo, l'idea del corridore che si prepara al Tour e (quasi) solo al Tour l'abbiamo già sperimentata negli anni e francamente non ci è mai piaciuta. Mossa per finire in crescendo? Staremo a vedere. Altra domanda che resta in sospeso: dove Roglič può essere più forte di Pogačar? Difficile dirlo perché il più giovane dei due appare una sua versione potenziata. Dove Roglič va forte, Pogačar un po' di più e poi, rispetto al corridore dell'UAE-Team Emirates, il portacolori della Jumbo-Visma ogni tanto scricchiola (mentalmente) in qualche scelta in corsa. Vicino, però, ha una squadra che pare abbia tutto per aiutarlo a inseguire il sogno di vincere il Tour de France. A margine le dichiarazioni di qualche giorno fa che ha lasciato un po' di stucco chi conosce bene i tratti di un corridore taciturno da apparire glaciale, ma non lo è, che preferisce sempre mettere davanti alle parole i fatti: «Al Tour de France non lotterò per la vittoria finale e prenderò quello che viene». Pretattica, l'avrebbe definita Brera.
La squadra lo scorso anno fu perfetta, se è chiaro come il Tour si è risolto nel testa a testa dell'ultima cronometro. Tony Martin e Robert Gesink sono gregari attempati ma affidabili, uno in pianura l'altro in salita, ritorna Mike Teunissen: volate all'occorrenza e tirate in pianura, Steven Kruijswijk un punto di domanda: il miglior Kruijswijk può lottare fino alla fine per l'alta classifica e quindi essere arma importante per Roglič in salita, ma quanto è lontano dall'essere quel corridore? Sepp Kuss deve fare un po' pace con se stesso e capire come si corre bene, detto questo in salita è sicuramente un corridore che vale molto di più di quello visto in questo 2021. A proposito di punti interrogativi: Wout van Aert.
Lo scorso anno strepitoso al Tour - ma non solo. Ma fu un rientro e un momento particolare. Spianava le salite con una potenza tale da sembrare Indurain e chiuse in crescendo come fosse un uomo da classifica. In volata si piazzava fino a vincere, spesso in testa al gruppo anche in pianura, ma pure lui: sarà il miglior van Aert? La vittoria al campionato belga di qualche giorno fa pare abbia fugato ogni dubbio. L'ultimo posto, che sarebbe stato di Dumoulin, prima che l'olandese si facesse da parte, se l'è preso, invece, Jonas Vingegaard: la sua presenza rinforza la batteria di uomini da salita.
GRANATIERI ALTERNATIVI
Parlando proprio di squadre, chi può muovere le acque è un team intero: la INEOS Grenadiers. Cosa potranno fare i britannici per cercare di scalfire l'inossidabile potenza di Pogačar e Roglič? Trenino o manovre a sorpresa e spettacolari? Geraint Thomas, Richard Carapaz, Richie Porte; un tridente che potremmo mettere in qualsiasi ordine, difficile trovare al momento uno più favorito dell'altro. Diversi tra di loro: Thomas quello più completo, Carapaz il più intelligente, Porte quello sempre un po' sfortunato che però lo scorso anno a suon di regolarità e in un Tour dove finalmente filò tutto liscio per lui, si tolse la soddisfazione di salire sul podio proprio alle spalle dei due sloveni.
Chi sarà favorito tra i tre ce lo dirà solo lo spartiacque delle prime, insidiose tappe: dalla Bretagna alla cronometro del quinto giorno. Dopo cinque giorni di corsa forse avremo tutto un po' più chiaro – l'impressione però è che anche dopo la crono i tre saranno più o meno in zona. Se pensate che il quarto uomo INEOS, sarà Tao Geoghegan Hart si capisce come la forza di questa squadra sia immensa, ma allo stesso tempo come manchi qualcosa, una vera punta da trenta gol a stagione, che sarebbe potuto essere Bernal il quale però dopo la vittoria al Giro, ha preferito staccare, giustamente, la spina.
Carapaz ha la sembianze del terzo incomodo nella sfida slovena, del rognoso rompitore di piani altrui, d'altra parte davanti a Roglič c'è già arrivato, era il Giro 2019, mentre alla Vuelta 2020 lo ha fatto patire in un paio di occasioni; qualcuno, sibilino invece, dice di tenere d'occhio proprio Geoghegan Hart arrivato un po' a fari spenti – un po': un eufemismo. Il resto della squadra è, perdonateci l'enfasi: clamoroso. Luke Rowe e Dylan van Baarle, Michal Kwiatkowski e Jonathan Castroviejo: cosa chiedere di meglio se non che uno dei capitani che verrà strada facendo possa vincere la gialla finale?
OUTSIDER
Dietro i favoriti, il primo nome che viene in mente, uscito in maniera impressionante dal Tour de Suisse, è Rigoberto Urán. Garate, suo direttore sportivo alla EF, dice di non aver mai visto un Urán così forte: obiettivo podio alla portata, ma il colombiano dovrà inevitabilmente salire di colpi se vuole provare a bissare quel 2017 quando finì per meno di un minuto alle spalle di Chris Froome. Tra un Tour de Suisse e un Tour de France la differenza non è soltanto nei luoghi in cui si corre. La squadra con lui è davvero forte, Vaughters ha messo insieme un gruppo che è un mix di esperienza e gioventù niente male. Da capire quanto potranno essere utili alla sua causa corridori che all'apparenza potrebbero andare più a caccia di tappe che sostenerlo quando la strada sale, a eccezione del portoghese Ruben Guerreiro, alla ricerca di risposte dopo il ritiro al Giro e dell'americano Neilson Powless, lo scorso anno protagonista al Tour di diverse fughe in montagna. Stefan Bissegger proverà il colpaccio nella crono, Sergio Higuita dovrà scrollarsi di dosso l'etichetta dell'ennesimo colombiano incompiuto. Occhio a Jonas Rutsch: uomo da fughe a lunga gittata, forte sul passo, si difende sugli strappi, potrebbe regalare qualche soddisfazione parziale ai fucsia americani.
Capitano dell'Astana investita dalla clamorosa scelta di licenziare il factotum Vinokourov, c'è Jakob Fuglsang, anche lui apparso in crescendo in Svizzera, rispetto all'inizio della stagione: ma l'obiettivo massimo potrebbe essere un piazzamento a ridosso del podio. In salita è forte, ma non di certo al livello dei migliori, la sua squadra in passato ha saputo anche inventarsi tattiche interessanti, ma il problema qui al Tour sarà avere a che fare con tre corazzate che potrebbero rispedire al mittente ogni lettera scritta con un po' di fantasia. A proposito di squadra: da non tralasciare Ion Izagirre, seconda punta per la classifica, mentre Aleksej Lutsenko è sempre la solita incognita: corridore che se in giornata ti vince il tappone di montagna, salvo poi prendere vagonate di minuti in una tappa non durissima.
La Movistar cala un tris d'assi, che, col passare dei giorni, potrebbe diventare una coppia, sempre che Alejandro Valverde (verosimilmente a caccia di tappe e della forma verso Tokyo) non finisca di sorprendere. Miguel Ángel López è in crescita; dopo aver tentennato al Delfinato, alla Mont Ventoux Dénivelé Challenge ha piazzato un clamoroso record di scalata vincendo con un vantaggio che sembra appartenere a un'altra epoca. Il problema intorno allo scalatore colombiano è sempre il solito: classico corridore che lo aspetti e non arriva per poi sorprenderti. Sulla carta in salita, potrebbe essere uno col tesserino di quel club con il motto che fa "non ha rivali", pochi sanno andare forte come lui, dovrà però salvarsi dalla prima insidiosa settimana a causa di quei blackout che lo vedono spesso coinvolto, e oltretutto i quasi 60 km a cronometro rischiano di penalizzarlo pesantemente.
Enric Mas è un regolarista, a volte poco appariscente, ma che difendendosi a crono e in montagna potrà ambire ai piani alti (molto alti) della generale. La Movistar al Tour vedrà anche un quarto uomo che tutti ormai conosciamo: Marc Soler, uno capace di fare il bello e il cattivo tempo all'interno della stessa giornata, come se fosse una giornata ordinaria in riva all'oceano. Partirà sicuramente in sordina e magari col compito di conquistare una tappa. La squadra, tuttavia, presenta un comparto capace di poter dire la sua e magari essere spesso anche ago della bilancia nella lotta ai piani alti della classifica.
Il mondo si è ribaltato parlando di Simon Yates: favorito al Giro, qui potrebbe essere al via solo per provare a vincere qualche tappa. A noi piacerebbe proprio questo scenario. In squadra con lui c'è uno dei beniamini del pubblico: Esteban Chaves. Forse è in una delle sue migliori stagioni e dopo tutto quello che ha passato in carriera è un piacere vederlo scattare e lottare nelle brevi corse a tappe. Anche per lui però, oltre a una top ten è difficile immaginare. Essendo però tra i più forti in salita, la sua ruota potrebbe essere d'ispirazione per chi volesse provare a far saltare il banco. In casa Bike Exchange l'australiano Lucas Hamilton merita un po' di considerazione, anche se poi a vedere il suo storico (un 25° posto e un ritiro al Giro) nelle grandi corse a tappe, viene difficile pensarlo davanti a lottare per un piazzamento importante. Ma una vittoria di tappa, dopo tutto, perché no?
C'è David Gaudu: altro corridore che ci piace tanto. Forte di quelli forti davvero in montagna, il portacolori della Groupama-FDJ si potrebbe definire deluso se a fine Tour non avrà conquistato almeno un traguardo di alta quota. Non dovrà fare i conti con Pinot in squadra, ma con un percorso che a cronometro lo vedrà pagare dazio. Occhio a lui perché è uno che nella bagarre sa andare forte, e non per forza in quella di alta montagna. In carriera ha vinto due tappe alla Vuelta e ha un podio alla Liegi, risultati che forse non raccontano pienamente le qualità da scaltro scalatore, abbastanza veloce e che non disdegna lanciarsi all'avventura. Da ragazzo, poco meno di cinque anni fa, vinse un Tour de l'Avenir sconfiggendo, tra gli altri, un certo Egan Bernal. Da lì è passata un'era, ma Gaudu è pronto a riscrivere la sua storia.
Tra i nomi più interessanti, ecco due che difenderanno i colori delle altre due World Tour francesi che non abbiamo ancora nominato, Ben O'Connor (AG2R) e Guillaume Martin (Cofidis). Scalatori puri, potrebbero sfruttare il marcamento nei piani alti della classifica per provare a vincere una tappa. O'Connor, uscendo di classifica al Giro 2020, ha conquistato così la vittoria più importante della carriera, mentre il ciclofilosofo Martin ha dichiarato alla vigilia che quest'anno non curerà la classifica e andrà a caccia di tappe. Occhio a lui anche nella prima parte di corsa, scalatore sì, Martin, ma capace di spuntarla anche nelle frazioni miste e insidiose che i corridori affronteranno sin da sabato. Entrambi dovrebbero avere (abbastanza) via libera dalle proprie squadre: l'Ag2R ha perso Jungels alla vigilia - ne avrà per tutta la stagione ed era l'altro nome designato per fare classifica - mentre di fianco all'atipico corridore australiano saranno da seguire in salita Aurélien Paret-Peintre chiamato al salto di qualità definitivo e Nans Peters a caccia di un'altra tappa in un Grande Giro, in montagna possibilmente, dopo i successi al Giro del 2019 e al Tour del 2020. La Cofidis, invece, per l'alta montagna schiererà Jesús Herrada e Rubén Fernández pronti a farsi in mille per il capitano, ma anche a sfruttare le proprie occasioni nelle fughe in salita.
Capitolo BORA-hansgrohe: prima squadra ad aver presentato i suoi uomini e non senza polemiche. Per la classifica o giù di lì, resta fuori Schachmann. Abbastanza incomprensibile la mancata convocazione del tedesco vincitore della Parigi-Nizza e apparso tutto sommato in buona condizione al Tour de Suisse, nonché recente vincitore del campionato nazionale . I motivi però probabilmente vanno ricercati in qualche questione extracorsa - tradotto: le voci di divorzio con la squadra a fine stagione.
E allora per la classifica si punta tutto su Emanuel Buchmann, ritirato al Giro quando era in odore di podio e dell'eterno incompiuto Wilco Kelderman che proprio al Giro, ma nel 2020, ha conquistato il suo unico podio in carriera in una corsa a tappe. Tra i tedeschi mancherà uno dei protagonisti assoluti del Tour 2020: Lennard Kämna. Il tedesco pare di nuovo vittima di quei problemi fisici che qualche stagione fa lo avevano messo KO quando era passato da poco professionista: un peccato per la BORA, ma visto il modo spettacolare che ha di interpretare le corse, anche un peccato per tutti noi.
Siamo in Francia e si parla ancora di Francia ed ecco Nairo Quintana e Warren Barguil a difendere i colori di una delle squadre invitate al Tour: l'Arkéa Samsic. La squadra di casa vorrebbe vedere almeno uno dei due lottare per le parti nobili della classifica, noi vi confidiamo il nostro desiderio: sarebbe bello vedere Nairoman di nuovo ai livelli di tante stagioni fa, ma ci appare in calo, e allora speriamo che almeno uno dei due possa sganciarsi subito dalla classifica per puntare alle tappe e alla maglia a Pois. Maglia a Pois che già in passato ha vestito Barguil: occhio a lui i primi giorni nella sua Bretagna – che poi è anche la patria del suo sponsor. Questa primavera ha dimostrato una certa - sorprendente - affinità con i percorsi tortuosi - vedi il pavé del Belgio. Che stia facendo un pensierino alla maglia gialla nelle prime tappe?
Tiesj Benoot, in una DSM un po' ridimensionata rispetto allo splendido 2020, sarà l'uomo di classifica, ma il "Gargamella" belga è difficile credere possa ottenere di più di un piazzamento tra il decimo e il ventesimo posto, anche seguendo il più ottimistico dei pensieri.
In casa Bahrain qualche sorpresa va registrata. Intanto non saranno al via Landa, ancora fuori dopo la brutta caduta al Giro, e Caruso, chiamato a un po' di riposo meritato e non ai soliti lavori forzati: il ragusano sarà una delle punte italiane per i Giochi di Tokyo. Ma a due assenze telefonate una ci ha lasciato abbastanza di stucco: Mark Padun. In Francia, dopo i due successi al Delfinato si è scatenato un orrendo polverone mediatico che lo ha visto coinvolto e i Bahrain hanno evidentemente voluto spostare i riflettori. Luci che allora, per la classifica, saranno puntate sulle forme affusolate dell'australiano Jack Haig e dell'olandese Wout Poels, autentiche mine vaganti che potrebbero ambire a un posto nei primi dieci. Con loro Pello Bilbao, deludente al Giro, già in passato ha dimostrato di essere uno dei fondisti più forti del gruppo e chissà, poco marcato e con la gamba fatta al Giro, potrebbe rivelarsi un vero e proprio outsider in classifica.
Se Trek-Segafredo, Lotto Soudal, Alpecin Fenix (forse Xandro Meurisse ambisce a una top 20), B&B, Intermarché - Wanty - Gobert (George Zimmermann per la generale?) e Deceuninck-Quick Step potrebbero non avere un vero e proprio uomo per la classifica, puntando però forte su altri settori – vedremo in seguito – la francese TotalEnergies, arrivata al Tour con i connotati (nome e colori sociali) cambiati proverà a tenere in classifica tre corridori: Pierre Latour, Cristián Rodríguez e Victor De la Parte: visto il livello, però, compito difficile per loro.
Infine la Qhubeka-Assos orfana di Pozzovivo proverà a fare classifica con Sergio Henao, mentre la Israel Start-Up Nation che vedrà al via Froome – senza alcuna velleità – per la classifica punta tutto su Michael Woods apparso in questo 2021 in grande forma. Il canadese è un osso duro in salita, ma lo sarà sin da subito con il Mûr-de-Bretagne che il secondo giorno pare particolarmente adatto alle sue doti di scattista. Certo, le due cronometro e la tenuta nelle tre settimane fanno di lui un corridore che al massimo potrà ambire a un piazzamento tra il sesto e il decimo posto – e sarebbe comunque un grande successo.
CACCIATORI DI TA... PPE
Può la categoria dei cacciatori di tappe essere più fornita di quella degli uomini di classifica? Siamo al Tour è la risposta è sì. C'è praticamente il meglio del meglio salvo qualche eccezione. Alcuni ve li abbiamo già citati, altri arrivano di seguito. Intanto il più atteso: Mathieu van der Poel, quello che avrà gli occhi puntati addosso da tutto il mondo ciclistico. Sabato insegue quel sogno sempre sfuggito al nonno Raymond Poulidor: conquistare la maglia gialla. Poi pare che si fermerà in anticipo per Tokyo – anche se non è detto - , ma intanto sarà un lusso vederlo all'esordio in un Grande Giro.
Dovrà fare a pugni, si spera non letteralmente con quel gruppetto di ragazzi che puntano alla maglia verde: Sonny Colbrelli, Michael Matthews, Peter Sagan (il già nominato Wout van Aert), su tutti, ruote più o meno veloci e capaci anche di tenere duro su tracciati vallonati. Tra questi veloci, ma capaci anche di piazzarsi su percorsi più impegnativi, impossibile non fare anche i nomi di: Ivan Garcia Cortina (Movistar), Luka Mezgec (Team BikeExchange) Alex Aranburu (Astana, in casa - ormai quasi ex - kazaka da seguire il neo campione di Spagna Omar Fraile, un altro di quelli capaci di tutto e del suo contrario), Cristophe Laporte, probabilmente all'ultimo Tour in maglia Cofidis, cerca piazzamenti in volata e magari una vittoria sin da subito. Jasper Stuyven ed Edward Theuns per la Trek-Segafredo, Danny Van Poppel (Intermarché-Wanty), lo spagnolo Carlos Barbero per la Qhubeka, Greg Van Avermaet e Oliver Naesen per l'AG2R, un altro belga – Philippe Gilbert -, i danesi Magnus Cort e Michael Valgren per la EF, Davide Ballerini se avrà spazio, diviso tra Cavendish e Alaphilippe, Søren Kragh Andersen ed Nils Eekhoff per il Team DSM, e i francesi Anthony Turgis (Team TotalEnergies) e Clément Russo (Arkéa).
A proposito di francesi: un discorso a parte lo merita Julian Alaphilippe. Il campione del mondo sarà la punta dei belgi della Deceuninck-Quick Step, ma la sua forma resta una mezza incognita. Il 2021 del campione iridato non è stata all'altezza delle grandi aspettative che si hanno su di lui – capace comunque di vincere la Freccia Vallone e di salire sul podio alla Strade Bianche e alla Liegi -, di recente, al Tour de Suisse, ha dato qualche spunto ma non ha vinto, staccando poi nell'ultima tappa un biglietto per tornare in anticipo a casa in vista della nascita del suo primogenito.
Ora, discorsi extra ciclistici a parte, il suo nome è uno di quelli che non solo mediaticamente, ma anche tecnicamente desta più interesse. Non solo perché è una degna maglia iridata, ma anche per l'idea di quello che ha sempre saputo dare al Tour anche quando ancora non era l'Alaphilippe che tutti conosciamo oggi. Quando era un corridore un po' scriteriato, classico baroudeur francese sempre all'attacco, più che gestore delle azioni. Istintivo per vocazione più che calcolatore: andare, infilare e vincere non è mai stato nel suo interesse.
Cosa aspettarsi da lui? Impossibile fare un pronostico. Potrebbe prendere la maglia gialla subito e magari tenerla per un bel po' come fece due anni fa e chiudere in alta classifica. Potrebbe lasciare andare velleità di questo genere per vincere più tappe possibili e magari lottare per la verde o la pois. Insomma, con uno così mai dire mai, a maggior ragione dopo averlo visto in questo 2021: un po' si è nascosto, un po' non ha mai trovato il colpo di pedale giusto. Di fianco a lui invece scopriremo l'ennesimo passo in avanti di Cattaneo. Ma ne parleremo nel capitolo dedicato agli italiani in Francia. Infine Dan Martin – Israel Start-Up Nation: già vincitore di una tappa al Giro quest'anno, l'irlandese non curerà la classifica ma di sicuro proverà a conquistare una bella tappa di montagna.
VELOCISTI
Abbiamo parlato di ruote veloci, ma non di protagonisti di quelle che dovrebbero essere almeno sei o sette tappe dedicate agli sprint di gruppo. Spiccano tre nomi su tutti: Caleb Ewan, Arnaud Démare e Tim Merlier. Tutti e tre che oltre alle volate andranno a caccia della maglia verde contendendola ai sopra citati Colbrelli, Sagan e compagnia.
Ai tre aggiungiamo il sorprendente Mark Cavendish di questo 2021, un altra ruota veloce non più giovanissima come André Greipel, il rampante Cees Bol. E poi ancora: Jasper Philipsen, che sarà l'alternativa a Merlier in casa Alpecin Fenix per gli sprint di gruppo (chissà come gestirà la squadra belga, la convivenza tra tante ruote veloci, all'esordio al Tour de France), Nacer Bouhanni che dovrà raffreddare il suo bollore in volata, il connazionale Bryan Coquard, che pensate, quasi 50 successi in carriera, nessuno nel World Tour, l'ex campione del mondo Mads Pedersen, che deve riscattare una stagione che lo ha visto protagonista di un'alba rossa entusiasmante con il successo alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne salvo poi collezionare una serie di controprestazioni dietro l'altra. E infine il già citato van Aert che dovesse avere via libera per disputare gli sprint – così sarà – ha tutto per tenere testa ai migliori velocisti presenti.
FUGAIOLI
Al Giro di fughe ne sono arrivate tante, forse pure troppe, e di sicuro la battaglia che vedrà protagonisti i più coraggiosi di giornata sarà uno dei motivi più interessanti del Tour 2021. Tanti, in questo senso, i nomi da seguire, soprattutto in quelle squadre che non avranno da offrire molto in chiave classifica. Certo, le dinamiche della corsa potrebbero mutare le scelte fatte in partenza, come successe lo scorso anno che l'Ineos, dopo il ritiro di Bernal rivoluzionò il suo modo di correre e cercò le fughe per vincere le tappe. Impossibile citare o azzeccare tutti i nomi, ma su qualcuno ci possiamo mettere la mano sul fuoco. Thomas De Gendt per esempio, per riscattare un Giro che più opaco non si poteva per via di alcuni problemi fisici. Il belga il colpo in canna ce lo avrebbe ma dipende da come sarà la sua condizione. In casa Lotto uno che scalpita per ripercorrere le sue orme è Brent van Moer, capace di vincere la prima tappa del Delfinato poche settimane fa, grazie a un numero proprio alla De Gendt. Tra i belgi un occhio al giovane Harry Sweeny, neopro australiano che dopo aver dimostrato una certa duttilità nelle categorie giovanili, ha avuto un buon impatto nel suo primo anno da professionista.
Ci saranno francesi attaccanti nati come Benoît Cosnefroy, sperando non lo sprechino per fargli vestire la maglia a pois solo per qualche giorno, ma lo utilizzino con più criterio. Caratteristiche ideali le sue per andare in fuga e vincere, non per andare in fuga solo per onore di firma o per fare la raccolta punti dei GPM. Altri francesi in vista: Pierre Rolland e Quentin Pacher della B&B Hotels, ma soprattutto Valentin Madouas. Diviso tra le velleità di classifica dell'amico Gaudu e tra le volate di Démare, il bretone, che correrà dov'è nato i primi giorni, ha tutto per infiammare il pubblico di casa, sia nelle tappe miste che in quelle di alta montagna. Altro uomo da seguire su ogni terreno è Matej Mohorič che dopo la spettacolare e per fortuna senza troppe conseguenza caduta al Giro, punta forte a una tappa in questo Tour per trovare la definitiva consacrazione. La Bahrain vola e lui, veloce, coraggioso e resistente, è pronto a prenotare un posto in business class. Altri due da non sottovalutare e già protagonisti in questa stagione: Stefan Kueng (Groupama-Fdj) e Victor Campenaerts (Qhubeka Assos)
Per le tappe dure da seguire sicuramente: Bauke Mollema, anche lui vuole dare una risposta ai mugugni arrivati durante il Giro dove la volontà non è mancata, le gambe dei giorni migliori sì, Dylan Teuns (Bahrain), Michael Gogl per la Qhubeka e il connazionale Patrick Konrad per la BORA-hansgrohe. Quest'ultimo dovrà dare una mano a Buchmann e Kelderman, ma è pronto a giocarsi le sue carte soprattutto quando ci sarà da sgomitare negli sprint ristretti e nelle tappe vallonate.
Tra i tedeschi c'è uno dei corridori che è cresciuto maggiormente in questo 2021: Ide Schelling. L'olandese potrebbe ricalcare le orme di Kämna che con la maglia del team bianco-nero-verde lo scorso anno accese le strade francesi. Meno forte in salita, ma scaltro e con una pedalata redditizia che, se sfruttata in fuga, potrebbe dargli più di una soddisfazione. Sempre in vista dell'alta montagna ancora in casa Trek-Segafredo: Toms Skujiņš in grande forma e Julien Bernard sono attaccanti nati, mentre Silvan Dillier (Alpecin) e Jan Bakelants (Intermarché) sono due garanzie nel farsi trovare pronti, via ad andare in fuga e provare così il successo di tappa.
LES ITALIENS?
Poca gloria apparente per i pochi italiani al via: nove. Mai numero così basso da 37 anni a questa parte. Per la classifica nessuno, forse Mattia Cattaneo potrebbe provare a tenere, magari trovandosi in buona posizione dopo la prima cronometro, ma immaginarselo migliorare il diciassettesimo posto della Vuelta 2020, appare francamente difficile, ma ci speriamo. Con lui in squadra Davide Ballerini: un po' per Alaphilippe, un po' per Cavendish, magari potrà sfruttare un giorno di libertà entrando in fuga e facendo valere le sue doti veloci. Certo se il britannico non dovesse dare garanzie, magari la squadra gli potrebbe anche concedere qualche spazio nelle convulse volate di gruppo.
Lorenzo Rota, portacolori della Intermarché, anche lui all'esordio al Tour de France, cercherà la fuga giusta, magari in qualche tappa altimetricamente complessa, mentre Daniel Oss e Jacopo Guarnieri saranno i fedeli scudieri di Démare e Sagan. Nulla di più: ci appare già un compito impegnativo.
Davide Formolo sarà uomo di fiducia di Pogačar che pare lo abbia espressamente chiesto alla sua squadra per l'affidabilità in salita. Un Formolo libero da compiti di gregariato potrebbe colpire da lontano, ma verosimilmente la sua corsa sarà il più parallelo possibile a quella del numero uno sloveno. Kristian Sbaragli, in una squadra ricca di mezze punte e con un finalizzatore che porta il nome di van der Poel, dovrebbe trovare le porte chiuse per velleità personali. Certo la Alpecin Fenix già al Giro ha mostrato di poter far ruotare tutti i suoi uomini regalando chance a chiunque.
Vincenzo Nibali, non ha bisogno di presentazione, qui al Tour per dare segnali in vista di Tokyo, difficilmente, anzi è impossibile faccia classifica, però una vittoria di tappa non è preclusa. Abbiamo tenuto per ultimo il fiore all'occhiello della nostra spedizione. Quello che è attualmente, risultati alla mano, il corridore italiano più in forma. Dopo aver fatto vedere grandi cose al Romandia e al Delfinato (due successi di tappa, ma ne potevano arrivare anche il doppio), Sonny Colbrelli ha conquistato il campionato italiano pochi giorni fa. Quella maglia, Sonny, sogna di cambiarla con la gialla del primo giorno, ma soprattutto, obiettivo forse più alla portata vista la condizione, con quella verde, vinta per la seconda e ultima volta da un italiano nel 2010: Alessandro Petacchi. C'è la gamba, c'è il terreno c'è tutto per coronare questo sogno. Sorretto, Sonny, da una condizione irripetibile e che lo proietta anche tra i possibili favoriti per il mondiale di fine settembre.
IL PERCORSO
Non vi tediamo con l'analisi tappa dopo tappa, ma uno sguardo generale è dovuto. Grand Départ in Bretagna e attenzione: potrà succedere di tutto. Intanto i percorsi sono tortuosi e accidentati: guai a farsi trovare scoperti e senza squadra. Danno brutto tempo nel week end e questa potrebbe essere un'altra chiave: qualcuno dopo cinque giorni – ovvero dopo la prima delle due cronometro (la Changé-Laval Espace Mayenne di 27,2 km), potrebbe essere già decisamente tagliato fuori dalla classifica.
Bretagna, poi cronometro, poi una volata volata prima del lungo week end del 2, 3 e 4 luglio quando la carovana prenderà la strada delle Alpi. Venerdì 2 tappa (molto) insidiosa verso Le Creusot, 250 km, la più lunga. Accidentata: una classica e da quelle parti non si scherza, ma sarà solo l'antipasto di quello che avverrà in alta montagna. Sabato arrivo a Le Grand-Bornard, una delle tappe più interessanti di questo Tour de France con tre scalate molto impegnative negli ultimi 60 km e l'arrivo dopo la discesa de Col de la Colombière. Il giorno successivo invece, con la Cluses-Tignes, primo vero arrivo in salita di questo Tour, agli oltre 2107 metri della celebre località sciistica dove nel 2019 non si riuscì ad arrivare a causa della frana che costrinse l'organizzazione a neutralizzare la tappa sull'Iseran. Per la verità il menù alpino, però ci sembra alquanto scarso quest'anno, vedremo se i corridori ci smentiranno.
Riposo, tappa da fuga e poi il giorno dopo la tappa più attesa di tutte: la Sorgues-Malaucène con il doppio Ventoux (la seconda scalata sarà quella “vera”) da affrontare. Fa paura solo all'idea: noi, noti masochisti, già non vediamo l'ora di pensare a qualsiasi scenario. Tappa per scalatori veri, per squadre che verranno messe in seria difficoltà, per chi, da dietro vorrà recuperare il tempo perso e per chi invece semplicemente farà di tutto per chiudere la tappa in orario.
Prima dei Pirenei ci sarà occasione per le fughe, per ricaricare, per concedere, per vedere qualche volata e qualche riscossa, fino al giorno 11 luglio con la Céret-Andorra. Sarà quello che si suole dire l'antipasto prima della portata principale sui Pirenei che affronteranno i corridori dopo il secondo giorno di riposo del 12 luglio. Verso Saint-Gaudens ancora un po' di tregua (fuga inevitabile) e poi il gran finale. La Muret-Saint-Lairy-Soulan di 178km (con Peyresourde e arrivo in salita lungo e duro) è una delle tappe 5 stelle di questa edizione, il giorno dopo invece, tappa breve come ci sta purtroppo abituando il Tour (129 km) ma con due salite mitiche: Tourmalet e arrivo a Luz Ardiden.
Venerdì tranquillo prima dell'ultimo sabato di Tour de France: come lo scorso anno la cronometro che potrebbe risultare decisiva. Si corre nella zona dei vini di Bordeaux, si arriva a Saint-Émilion. 30 km decisivi per la classifica prima della solita passerella sui Campi Elisi dove una vittoria vale quanto una grande classica.
I FAVORITI DI ALVENTO PER LA MAGLIA GIALLA
⭐⭐⭐⭐⭐ Pogačar
⭐⭐⭐⭐ Roglič
⭐⭐⭐ Thomas, Carapaz
⭐⭐ Lopez, Uran, Mas, Gaudu, Porte
⭐ McNulty, Fuglsang, Alaphilippe, S.Yates, Chaves, Buchmann, Kelderman
I FAVORITI DI ALVENTO PER LA MAGLIA A POIS
⭐⭐⭐⭐⭐ Quintana
⭐⭐⭐⭐ G.Martin
⭐⭐⭐ Pogačar, Roglič, Barguil
⭐⭐ Lopez, Mollema, Cosnefroy, Paret-Peintre
⭐ Soler, Higuita, Carapaz, Thomas, Chaves
I FAVORITI DI ALVENTO PER LA MAGLIA VERDE
⭐⭐⭐⭐⭐ Colbrelli, van Aert
⭐⭐⭐⭐ Sagan
⭐⭐⭐ Ewan, Matthews, Démare, van der Poel
⭐⭐ Laporte, Coquard, Merlier, Bouhanni, Garcia Cortina
⭐ Bol, Cavendish, Ballerini, Mezgec
I FAVORITI DI ALVENTO PER LA MAGLIA BIANCA
⭐⭐⭐⭐⭐ Pogačar
⭐⭐⭐⭐ Gaudu
⭐⭐⭐ Vingegaard, McNulty
⭐⭐ Madouas, Hamilton, Paret-Peintre
⭐ Powless, Higuita, Zimmermann, Donovan
Foto in evidenza: A.S.O./Pauline Ballet