Il questionario cicloproustiano di Chiara Doni

Il tratto principale del tuo carattere?
Determinazione.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Sincerità e la presenza.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Empatia.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La loro trasparenza e la loro capacità di farmi sentire sempre speciale.

Il tuo peggior difetto?
Il desiderio di perfezione e la sensazione di non sentirmi mai abbastanza: mai abbastanza intelligente, mai abbastanza capace, mai abbastanza forte.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Ovviamente andare in bici con le persone con cui amo condividere il tempo. Mi piace molto anche sperimentare, in condivisione, in cucina.

Cosa sogni per la tua felicità?
Una casa nella natura tra le colline, un matrimonio con la persona da amare per sempre ed una mia famiglia, un lavoro che mi appassioni e che mi soddisfi intellettualmente ed umanamente. Le mie amiche del cuore per sempre, così come sono ora.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere una persona cara. Specialmente la persona attorno a cui ruota la mia intera vita e con cui condivido la maggior parte del mio tempo libero.

Cosa vorresti essere?
Umanamente: una persona ricca, umanamente e culturalmente, che si spende per essere sempre la propria parte migliore e con molto da dare a chi le sta vicino, una persona da cui trarre ispirazione.
Professionalmente: ai tempi dell’università sognavo di fare la ricercatrice per i mari del mondo e di dedicare la mia vita alla scienza ed alla natura. Nel tempo ho poi compreso che, oltre alla scienza, anche lo sport non poteva mancare nella mia vita. Ho desiderato diventare una atleta professionista ed ancora di più desidero crescere, studiare e lavorare come esperto di nutrizione con atleti professionisti e persone che hanno bisogno di raggiungere un obiettivo cercato o migliorare il proprio stato di salute

In che paese/nazione vorresti vivere?
Non saprei dire con esattezza. Adoro la mia Nazione, con tutti i suoi pro ed i suoi contro e non mi dispiace pensare di vivere la vita qui, tra Lecco e Bergamo, magari con piccole trasferte ad Arco in estate ed a Sanremo in inverno.

Il tuo colore preferito?
Azzurro.

Il tuo animale preferito?
Il coniglio.

Il tuo scrittore preferito?
Due opposti: Susanna Tamaro ed Oriana Fallaci.

Il tuo film preferito?
I Tenenbaum.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Ed Sheeran e Coma Cose,

Il tuo corridore preferito?
Van Vleuten/Anna Van Der Breggen.

Un eroe nella tua vita reale?
Mio zio Felice, per la sua voglia continua di fare e non fermarsi mai.

Una tua eroina nella vita reale?
La mia amica Betty , per la sua determinazione e per il suo modo di affrontare la vita con il sorriso sulle labbra.

Il tuo nome preferito?
Vera.

Cosa detesti?
Le persone che mentono.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Odiare un personaggio storico? Li trovo così vecchi e polverosi che sarebbe come odiare un libro di storia. E comunque, sono sicura che anche quelli più 'cattivi' avrebbero un account Instagram davvero interessante!

L’impresa storica che ammiri di più?
Non so se possa essere definita impresa storica, in quanto di storia e di strada ce ne è ancora molta da scrivere e da percorrere. Mi piace pensare alla lotta per l’uguaglianza di genere, alle donne che nella scienza (Marie Curie, Margherita Hack), nella letteratura (Simone de Beauvoir, Virginia Woolf), nella storia (Giovanna D’arco), nella propria vita (Madre Teresa di Calcutta) hanno avuto il coraggio di insorgere contro gli schemi imposti dalla società per rivoluzionarla con le proprie scoperte, con le proprie parole e pensieri e con le proprie azioni.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Luca Vergallito, che in poco, con sacrificio e determinazione, dal mondo comune diventa ciclista WT.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Se avessi l’occasione di correrla, dal Tour de France.

Un dono che vorresti avere?
Il teletrasporto, per poter raggiungere persone e luoghi dove stare bene. Pensando a qualcosa di più concreto, l’amore, quello vero che ti fa sentire al sicuro, per sempre.

Come ti senti attualmente?
Sto bene, un poco affranta in quanto nonostante i diversi tentativi non sono riuscita ad approdare alla professione che avrei desiderato svolgere, ma sono confidente di poter trovare una nuova strada probabilmente più adatta a me.

Lascia scritto il tuo motto della vita
If you can dream it you can do it.
Per aspera ad astra.


Il questionario cicloproustiano di Alberto Bruttomesso

Il tratto principale del tuo carattere?
Determinazione.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Coraggio.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
La positività.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Passare dei bei momenti.

Il tuo peggior difetto?
Testardaggine (a volte).

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Netflix e Playstation.

Cosa sogni per la tua felicità?
Realizzare i miei desideri.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Arrivare a una certa età rimpiangendo qualcosa.

Cosa vorresti essere?
Quello che sono.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Sto bene qui.

Il tuo colore preferito?
Nero.

Il tuo animale preferito?
Leone.

Il tuo scrittore preferito?
Non ne ho uno in particolare.

Il tuo film preferito?
Non ne ho uno in particolare.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Non ne ho uno in particolare.

Il tuo corridore preferito?
Boonen e Sagan.

Il tuo nome preferito?
Ettore.

Cosa detesti?
La disonestà.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler.

L’impresa storica che ammiri di più?
L'uomo sulla luna.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Tripletta Mondiale di Sagan.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Tour de France.

Un dono che vorresti avere?
Stare sempre bene fisicamente.

Come ti senti attualmente?
Bene.

Lascia scritto il tuo motto della vita.
Non è un motto ma: vedere sempre il bicchiere mezzo pieno.


Acqua e sapone ovvero Federica Venturelli

Federica Venturelli ovvero acqua e sapone. Da qualche settimana, si è iscritta all'università, alla facoltà di Farmacia, dopo tre mesi di stacco totale dalla scuola, affrontato l'esame di Stato: pensava a Medicina, ma non sarebbe stato compatibile con la sua carriera, allora ecco un percorso simile. Proprio i suoi genitori sono farmacisti e le hanno spiegato quanto sia difficile, ma interessante: lei ha ben chiaro che le strade sono molte, una, quella che più le interessa, è la ricerca. Prima, però, ci sono le pagine dei libri e le ore seduta ad una scrivania; rispetto al liceo ci si può organizzare meglio, ma c'è anche più da fare. L'anno prossimo, poi, passerà tra le under 23 e le cose si complicheranno: «Prenderò bastonate, senza dubbio. Sarà difficile anche restare con il gruppo e non perdere contatto dopo cinque chilometri. Ma ho voglia di provare, di crescere, stranamente non ho paura. Anche se l'avessi, non si torna indietro, quindi un respiro e si va. Capirò se la mia testa è forte quanto le mie gambe, se saprò mettermi al servizio di atlete più esperte e fare fatica senza chiedere nulla per me, se non imparare. I risultati non verranno subito, allora mi riprenderò la mia quotidianità, quella di una ragazza di diciotto anni, perché questo sono». Acqua e sapone e piedi ben piantati a terra. Qualche volta pecca di umiltà, forse, ma è talmente merce rara che è un peccato piacevole, a cui si sorride, si empatizza. Per esempio, quando racconta l'emozione del momento del conferimento dell'onorificenza di Alfiere del Lavoro, venticinque ragazzi in tutta Italia. Oppure quando dice: «L'anno scorso non avrei vinto una volata nemmeno con l'aiuto di cento persone, altrochè». E quando aggiunge: «Ho ottenuto fin troppo, rispetto a quanto mi aspettavo».

UCI 2023 World Championship Glasgow - Women Junior Road Race - 05/08/2023 - Marta Pavesi (ITA) Federica Venturelli (ITA) - photo Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Le piace la matematica e ogni ragionamento ha radici profonde, un teorema da dimostrare, in cui lei stessa, tra ipotesi e tesi, arriva alla dimostrazione, senza mai indulgere con la propria persona: «Sì, tendo a sottovalutarmi ed in parte è un meccanismo irrazionale, tuttavia ho capito che, un poco, è un qualcosa che metto in atto volontariamente, essendone perfettamente conscia. La definisco una sorta di protezione dalla delusione: so che posso puntare al podio, ma penso al decimo posto per non soffrire. Credo che il 2023 possa cambiare questo aspetto, possa lasciare andar via quel timore di non riuscirci, possa restituirmi la consapevolezza di quel che valgo».
La matematica che ha a che vedere con un giro di pista, con secondi persi o guadagnati, con i tempi, con i record, quelli del mondo, perché ha a che vedere con gli esseri umani, anche se sembra fredda, distante. Basta ascoltare Venturelli parlare del suo record del mondo nell'inseguimento individuale per capire quanto non sia vero, quanto la matematica sia così vicina a quel che sentono le persone, talvolta sia il motivo. Quel record era già vicino all'Europeo, soli due secondi in più.

2023 UEC Road European Championships - Drenthe - Junior Mixed Team Relay - Emmen - Emmen 38, km - 21/09/2023 - Andrea Bessega - Andrea Montagner - Luca Giami - Eleonora La Bella - Alice Toniolli - Federica Venturelli (ITA) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Glielo dicono, le chiedono se voglia provare, resta senza parole: «Se devo provare, provo, ma non succederà, non può succedere». Il timore più grande è quello di sbagliare ritmo, di non riuscire a fare il record e di perdere la maglia di campionessa europea: «Tranquilla, Federica. Se succedesse, ne hai addosso una ancora più bella: quella del Mondiale dell'anno scorso». Il record non arriva, ma il tempo migliora: solo un secondo, un minuscolo secondo. Al Mondiale, sparirà anche quello: 2:15.678. In un giorno in cui non ci pensava più ed era partita forte solo perché le avversarie erano andate a tutta: «Ero sotto i tempi della tabella, quando ho visto Marco Villa incitami, dirmi di continuare così, ho capito che stava succedendo qualcosa: c'era uno tsunami dentro me. Non ho fatto altro che spingere, poi ho guardato il tabellone luminoso, ho visto il tempo e non sono riuscita a trattenere il pianto: piangevo di gusto». Marco Villa e Diego Bragato: le sue guide in nazionale, per tranquillizzarla, per darle l'energia necessaria. «Prima di una gara, Diego mi abbraccia: è come se mi dicesse di non pensarci che andrà tutto nel migliore dei modi». Per loro l'importante è il percorso, i risultati arriveranno.

2023 UEC Road European Championships - Drenthe - Junior Women's Road Race - Drijber - Col Du VAM 69 km - 24/09/2023 - Federica Venturelli (Italy) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Acqua e sapone, talento e quella madison mai provata assieme. Parliamo di quella con Vittoria Grassi, al Mondiale, dopo essere stata quarta per due anni di fila: nella camera di Venturelli, c'è una foto di loro due sul podio, che si guardano con ammirazione, memorizzando ogni dettaglio dei volti e della felicità. Si conoscevano, certo, si conoscevano bene, ma l'oro al primo test insieme, la maglia iridata in quel modo, proprio non era nelle idee. Acqua e sapone ed errori «da cui ho imparato, spero di avere imparato, almeno, d'altra parte servono a questo». Sì, l'omnium all'Europeo: prima della corsa a punti, Venturelli è seconda, davanti a lei c'è Cat Ferguson. Nell'ultima prova, le due atlete si marcano strette: gli scatti le ingannano, perdono entrambe. Un quarto posto ed il quarto posto brucia. «Con tutto il legno che ho raccolto quest'anno, posso fare il falegname»: lo scriverà dopo la prova in linea juniores, a Glasgow. In quel momento era rammaricata, oggi, appena glielo ricordiamo scoppia in una fragorosa risata. Si cresce, il tempo passa e cambia: prendete lo svolgimento della sua stagione su strada. Inizia in ritardo a causa di qualche problema fisico, partecipa a varie brevi corse a tappe, per volontà del CT Sangalli, vince, si piazza, fa bene insomma. «Dai, possiamo dire che queste prestazioni compensano quel legno al Mondiale. Almeno per me è così». Detto con convinzione, decisione, con la consapevolezza che vuole tenersi stretta, dopo quest'anno.

2023 UEC Road European Championships - Drenthe - Junior Women's Road Race - Drijber - Col Du VAM 69 km - 24/09/2023 - Federica Venturelli (Italy) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Il pensiero va allora all'Europeo: tre medaglie in tre gare, due ori e un argento. Federica Venturelli raffronta, bilancia: «Nella gestione dello sforzo non è cambiato molto rispetto allo scorso anno, sono certamente migliorata dal punto di vista fisico, di resa della prestazione». Nessun fatto passa inosservato, tutto è utile per riflettere e cambiare, l'analisi è dettagliata, come quando ci si allena, come quando si studia. Si sta parlando dell'oro a cronometro all'Europeo: «Quella medaglia viene dal Mondiale. In quel caso, ero partita a tutta, ad un ritmo insostenibile. All'Europeo sono riuscita a partire gestendomi. Prima due secondi di vantaggio, poi quattordici, alla fine ventitrè». Si potrebbe chiederle cosa abbia pensato in quei chilometri, mentre il vantaggio aumentava o calava, mentre l'acido lattico iniziava a pizzicare ed il respiro si faceva più pesante, affannato, si potrebbe chiederle cosa pensi in generale a cronometro, durante lo sforzo che più le piace perché sfida il limite. Così facciamo, lei tentenna qualche istante, poi prende la parola: «Sembrerà strano, assurdo, forse ridicolo, ma, credimi, non lo ricordo. Forse è un meccanismo naturale per eliminare la sofferenza, il dolore fisico, quasi una purificazione. Da questo punto di vista è un bene, il problema è che questa memoria mancante mi fa spesso dubitare di aver dato tutto. Non potendo ricordare i pensieri, mi assale il dubbio che avrei potuto dare di più. Chissà...no, dopo le gare sono sempre stanchissima, quindi eliminiamo pure questo dubbio».

2023 UEC Road European Championships - Drenthe - Junior Mixed Team Relay - Emmen - Emmen 38, km - 21/09/2023 - Eleonora La Bella - Alice Toniolli - Federica Venturelli (ITA) - photo Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Acqua e sapone e la bicicletta, che sia strada, pista o cross non cambia molto, tutto è collegato, i risultati sono connessi. Federica Venturelli scoprì la bicicletta grazie al fratello: «Oggi, dopo aver smesso, mio fratello è molto distante da questo mondo, non lo segue più come una volta. Mi dice "brava" per i risultati che ottengo, apprezza e riconosce l'impegno che ci metto, ma non è più la sua quotidianità. Però il legame con mio fratello è raro ed è umano. Si tratta di una condivisione profonda che mi rende fiera. Per una volta, lo sport c'entra poco». Acqua e sapone e Federica Venturelli: l'avevamo detto.


Il questionario cicloproustiano di Sara Casasola

Il tratto principale del tuo carattere?
Testardaggine.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Sensibilità.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Sincerità.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La fiducia reciproca.

Il tuo peggior difetto?
Impazienza.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Camminare in montagna.

Cosa sogni per la tua felicità?
Una bella famiglia e potermi realizzare in ambito ciclistico.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Gravi problemi di salute per qualcuno a cui tengo.

Cosa vorresti essere?
Una persona migliore ogni giorno.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Italia, in Friuli, nella zona collinare o sotto i monti.

Il tuo colore preferito?
Verde acqua.

Il tuo animale preferito?
Cane.

Il tuo scrittore preferito?
John Green.

Il tuo film preferito?
Hunger Games.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
The Script.

Il tuo corridore preferito?
Elizabeth Stannard.

Un eroe nella tua vita reale?
Mio padre.

Una tua eroina nella vita reale?
Mia madre.

Il tuo nome preferito?
Lara.

Cosa detesti?
Le ingiustizie e la scorrettezza/ mancanza di rispetto da parte di altre persone.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Adolf Hitler.

L’impresa storica che ammiri di più?
L’unificazione d’Italia.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Ce ne sono tante, una tra tutte la Parigi-Roubaix vinta da Elisa Longo Borghini.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
In generale nessuna.

Un dono che vorresti avere?
La capacità di disinteressarmi e di non dar peso alle cose negative.

Come ti senti attualmente?
Serena, felice di quello che ho e delle persone che ho accanto.

Lascia scritto il tuo motto della vita
Da ogni cosa negativa si può sempre trarre qualcosa di buono per migliorarsi.


Questionario cicloproustiano di Andrea Pasqualon

Il tratto principale del tuo carattere?
Sicuramente la mia testardaggine, quella che ha aiutato a realizzarmi.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Il sorriso, la positività e la voglia di raggiungere i propri obiettivi. senza mai arrendersi davanti alle difficoltà.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Sicuramente la bellezza fisica e interiore, questo in primis, ma è molto importante anche il fatto di sapersi realizzare sia in campo lavorativo che familiare. Per me quest'ultimo fatto conta molto.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Il fatto che ci siano sempre, soprattutto nel momento del bisogno. Un amico, poi, vede le cose con un altro occhio e a volte può davvero aiutare a rinascere dalle sconfitte.

Il tuo peggior difetto?
Non so accettare il disordine in casa, in quanto sono un tipo abbastanza ordinato.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Sicuramente lo sci, che sia alpino alpinismo o di fondo: è certamente tra i miei hobby preferiti, durante i periodi di riposo.

Cosa sogni per la tua felicità?
Sogno di poter, un giorno, concludere la mia carriera con una vittoria in una grande classica, una Monumento: lo dico perché sono quelle corse che rimangono impresse nelle menti di ogni appassionato di sport.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
La perdita di mia figlia Joyel.

Cosa vorresti essere?
Sono grato per quello che sono, quindi ringrazio Dio e i miei genitori che mi hanno donato la vita e la possibilità di realizzarmi in campo lavorativo.

In che paese/nazione vorresti vivere?
A vita, in Italia, anche se Andorra non mi dispiace come luogo per trascorrere parte della mia quotidianità, essendo un amante della montagna.

Il tuo colore preferito?
Il blu

Il tuo animale preferito?
L'aquila, unica nella sua bellezza e maestosità.

Il tuo scrittore preferito?
Mauro Corona.

Il tuo film preferito?
Top Gun

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Franco Battiato, un grande maestro di musica.

Il tuo corridore preferito?
Marco Pantani.

Un eroe nella tua vita reale?
Alberto Tomba.

Una tua eroina nella vita reale?
La bicicletta.

Il tuo nome preferito?
Philippe

Cosa detesti?
Il disordine e il ritardo, parlando di persone.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Nessuno in particolare.

L’impresa storica che ammiri di più?
Le imprese di Marco Pantani: mi hanno sempre emozionato perché vinceva a modo suo, staccando tutti gli avversari.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Quando Pantani staccò Pavel Tonkov a Plan di Montecampione.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Dalla Parigi-Roubaix.

Un dono che vorresti avere?
Avere un poco più di motore e quindi saper soffrire meno e raccogliere qualche risultato in più, nel ciclismo, senza faticare così tanto.

Come ti senti attualmente?
Molto bene, soddisfatto della mia crescita costante anno per anno e sicuramente ancora con molta voglia di pedalare nei prossimi anni.

Lascia scritto il tuo motto della vita
Il vincere è l’arte del non sapersi arrendere.


Il questionario cicloproustiano di Mattia De Marchi

Il tratto principale del tuo carattere?
Umiltà.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Umiltà.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Deve sorridere.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La fiducia.

Il tuo peggior difetto?
Delle volte, forse, sono troppo buono, non so se sia realmente un difetto, ma credo che dovrei essere più stronzo. Almeno in qualche occasione.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Andare in bici, pianificare nuovi giri in bici.

Cosa sogni per la tua felicità?
Una bici per tutti, perché rende tutti felici.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Forse non andare più in bici.

Cosa vorresti essere?
Sono umile, ma anche consapevole di quello che sono e non lo cambierei.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Dico sempre che è bello viaggiare, vedere e conoscere posti e culture nuove, ma casa è sempre casa!

Il tuo colore preferito?
Panna off white.

Il tuo animale preferito?
Cane.

Il tuo scrittore preferito?
Mi vergogno un poco, ma anche dal punto di vista dei libri non ho una grande cultura. Credo che il libro che più mi è rimasto in mente sia "Il piccolo principe". Oppure, forse, ora che ci penso, uno dei libri che mi sono piaciuti di più è stato Ebano di Ryszard Kapuściński.

Il tuo film preferito?
Può essere anche un cartone? Il Re Leone, forse perché lo riguardavo ogni volta, quando ero piccolino ed ero a casa ammalato.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Non ho una cultura musicale così ampia, ascolto molto più la radio mentre pedalo.

Il tuo corridore preferito?
Mio cugino perché si è guadagnato con sudore e fatica ogni singola soddisfazione.

Un eroe nella tua vita reale o un'eroina nella vita reale?
Queste due domande le metto insieme: eroe ed eroina, per me, sono mamma e papà, sarà scontato ma sono molto fortunato. Mi hanno sempre lasciato la libertà di scegliere quello che volevo fare senza mettermi alcun paletto.

Il tuo nome preferito?
Achille.

Cosa detesti?
Chi crede abbastanza nella persona che è.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Tutti i personaggi che, anche nel 2023, pensano di risolvere i problemi con le guerre.

L’impresa storica che ammiri di più?
Non è un’impresa storica, si tratta di una cosa successa nella prima guerra mondiale nelle zone dove pedaliamo molto spesso. Nell’altopiano di Asiago e in uno dei luoghi più affascinanti, il monte Cengio. Lascio scritto qui sotto quello che accadde in quello sperone di montagna:

Il mito racconta che i soldati italiani, rimasti senza munizioni, si avvinghiarono ai corpi degli assalitori trascinandoli, insieme a loro, nel precipizio del Cengio. Da allora uno sperone roccioso sopra al dirupo è soprannominato "Il salto del Granatiere".

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Non mi piace la parola "impresa" perché sono dell’idea che non stiamo facendo nulla di eroico quando siamo in bici, parlerei più di gesta storiche. Sicuramente gli anni di Pantani: non c’è una giornata in particolare, mi hanno segnato e sicuramente spinto ad appassionarmi alla bici.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Il sogno del cassetto comunque resta un Giro d’Italia, ma penso non sarà mai possibile quindi...

Un dono che vorresti avere?
Bacchetta magica per far avere un poco più rispetto verso noi ciclisti. Molte volte abbiamo le nostre colpe, spesso, però, sembra che in Italia il più debole e piccolo sia colui che va preso di mira.

Come ti senti attualmente?
Felice, pensieroso. Sono in un momento in cui sto cercando di capire dove vorrei essere fra qualche anno nel mondo della bici. Insomma, nella stessa situazione precedente alla nascita di Enough, con la differenza che ora sono molto più felice.

Lascia scritto il tuo motto della vita
Tieni sempre un euro in tasca.


Il questionario cicloproustiano di Bryan Olivo

Il tratto principale del tuo carattere?
L’altruismo.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Lealtà.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
L’eleganza.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La fiducia.

Il tuo peggior difetto?
Testardaggine.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Motorsport.

Cosa sogni per la tua felicità?
Passare professionista.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere i miei genitori.

Cosa vorresti essere?
Un ciclista professionista.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Spagna.

Il tuo colore preferito?
Blu.

Il tuo animale preferito?
Cane.

Il tuo scrittore preferito?
Leopardi.

Il tuo film preferito?
Unbroken.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Russ Millions.

Il tuo corridore preferito?
Van der Poel.

Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà.

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma.

Il tuo nome preferito?
Bryan.

Cosa detesti?
La poca professionalità.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Stalin.

L’impresa storica che ammiri di più?
L’impero Romano.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Froome al Giro d’Italia.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Mondiale.

Un dono che vorresti avere?
L'esplosività.

Come ti senti attualmente?
Felice

Lascia scritto il tuo motto della vita.
Crederci sempre.

Foto: Sprint Cycling Agency


Fatica e dolore, gioia e orgoglio: il ciclismo di Samantha Arnaudo

Difficile pensarlo oggi, ma c'è stato un momento in cui Samantha Arnaudo e la bicicletta avevano ben poco in comune. Nonostante la solarità, quando va a riprendere quegli attimi, nei ricordi, dalla voce di Arnaudo filtra ancora un poco di sofferenza, di quel senso di inadeguatezza che si prova cimentandosi in qualcosa che sentiamo non appartenerci o, per quanto, non appartenerci ancora. La frase principale è: «Non volevo più soffrire», lì, come una lama, con cui ci si taglia ancora oggi. Samantha Arnaudo suonava il violino e su quella bicicletta "l'aveva messa" il suo ragazzo: «Ogni strappo era una salita interminabile, dolore ai muscoli, quasi impossibilità di proseguire. Il peggio è che il malessere non iniziava lì. Faticavo persino a mettere le tacchette, cadevo, spesso in maniera assolutamente ingenua. Uscivo in bici solo nel fine settimana, ma era già troppo».

Le parole spaziano rapidamente fra i vari episodi, soffermandosi su quelli più significativi, i primi tentativi di scalare il Colle Fauniera, ad esempio. Quel giorno in cui, dopo vari tentativi, dal versante di Demonte, si fermò: «Basta, torno a casa. Sono stanca, non è possibile». E voleva veramente tornare indietro, rinunciare, lasciar perdere, poi chissà cosa accade nella mente, certe volte, quando si cambia idea, da un momento all'altro e si tramuta la rabbia ed il dolore in qualcosa di differente. Per Samantha Arnaudo è uno scatto: «Era pura rabbia, non c'era altro. Sono arrivata così e, per molto tempo, non ho più voluto percorrere quel versante». Fino a che, quando ci è tornata, tutto era più facile ed il segreto si annidava proprio in quei giorni in cui la fatica era maggiore.

«Mi sono detta che non volevo più stare così e per evitarlo c'era solo un modo: pedalare, allenarsi, abituarsi alla salita, alle montagne». Così, a sette anni di distanza da quei momenti, Samantha Arnaudo ha vinto la Gran Fondo Fausto Coppi, la Haute Route Alpes, la Maratona delle Dolomiti, la Haute Route Ventoux e molte altre corse. Così, come dicevamo, a sette anni di distanza pensare alle prime pedalate fa strano: «Dico spesso che il ciclismo mi ha resa più forte: a livello fisico, certo, ma soprattutto a livello mentale e su questo voglio soffermarmi. Pensiamo alla maggior parte dei dubbi e delle paure di tutti i giorni: perché ne soffriamo? Spesso perché ci sentiamo deboli e temiamo di non riuscire ad affrontare le difficoltà, se e quando si presenteranno. Attraverso il ciclismo, ho iniziato a sentire di avere le capacità per andare oltre. Questo cambia tutto, rende più coraggiosi, più consapevoli». Allora si può anche stare da soli, in alta montagna, dopo 240 chilometri, più di 5000 metri di dislivello, e pensare solo a spingere sui pedali, azzerando tutto il resto: questo è il bello della fatica in sella, secondo Samantha Arnaudo. «Se riesco ad andare più veloce, ci metto meno tempo e, se ci metto meno tempo, soffro meno. Il principio è lo stesso di quel primo scatto sul Fauniera. Dipende solo da te: può fare paura, nel mio caso è una tranquillità. Scelgo io cosa fare e come farlo».

Il tono si fa riflessivo e Arnaudo riprende a raccontare: «Sai che, talvolta, chi va piano, chi fa più fatica, è quasi visto come "sfigato" da chi va forte, io, per storia personale, mi rivedo negli ultimi. Alla prima Gran Fondo Fausto Coppi puntavo solo ad arrivare al traguardo, ma alla Madonna del Colletto volevo fermarmi, andarmene. Non l'ho fatto solo perché il mio ragazzo, che era lì, si sarebbe arrabbiato se non avessi continuato, ma volevo farlo, so cosa si prova. Non serve dire molto a chi fa più fatica, a chi sta iniziando, serve provare a fargli capire che può, che anche lui può. Serve dirgli che la sua fatica ha molto più valore di quella di tutti gli altri, perché non è ricompensata, non subito almeno. Perché si fa fatica solo per arrivare in fondo, senza altri desideri». Arrivare alla linea di partenza, essendo conosciuti, non è semplice: c'è controllo, tutti sanno che correrai per vincere e non vogliono lasciarti la ruota. Arnaudo ci pensa e ripensa alla Haute Route Alpes di agosto.

Quell'idea fissa: «Voglio staccare Janine Meyer. Devo staccarla». A bruciare c'era ancora il secondo posto all'Ötztaler Radmarathon di circa un mese prima: «Non tanto per la seconda posizione, quanto per quei venti minuti di distacco che mi sembravano troppi per come avevo affrontato la corsa». Anche in questo caso, è la possibilità di essere da sola, di andare all'attacco, come fosse una gara di un giorno, come l'arrivo fosse dietro l'angolo, la sua arma vincente, il suo segreto: «Piuttosto mi sfinisco, ma devo staccarla, devo vincere io». Sono queste le frasi nella sua testa, in salita, «l'unico luogo in cui faccio meno fatica degli altri». Talvolta pensando a Marco Pantani, un corridore che l'ha emozionata, ispirata in quello che fa. In salita stacca Meyer, in pianura può essere tranquilla: vince in questo modo, si gode il successo ma pensa già agli altri obiettivi, con voglia di costruire, di continuare. Si emoziona per la vittoria, si emoziona perché con lei c'è la sorella Susanna e basta l'inciso per dire tutto: «Bellissimo condividere tutto questo con una sorella». In famiglia, sono quattro sorelle: Stefania non è legata al mondo dello sport, ma segue le sue gare, la più piccola, invece, è ancora una bambina, Era in piazza a Cuneo, il giorno della Fausto Coppi, tra tantissima gente, alla gara di casa: «Ha un'emotività molto forte. Quando mi ha vista arrivare, è scoppiata in un pianto che non riesco a scordare».

Samantha Arnaudo che, forse, in sella non sarebbe nemmeno salita, e che da quella sella ha pensato più volte di scendere. Certamente in bicicletta ha trascorso tantissime ore ad allenarsi per soffrire un poco meno, per sentirsi a proprio agio, per riuscirci. Ci racconta che, soprattutto agli inizi, le capitava di restare a guardare atlete professioniste, ammirata. In particolare la colpiva Lizzie Deignan, il modo in cui pedalava, avrebbe voluto assomigliarle. Qualche tempo fa, il suo ragazzo le ha detto: «Ora le somigli». E lei è rimasta lì, senza molte parole, perché dopo anni, ora davvero si sente una ciclista.


Il questionario cicloproustianto di Chloé Dygert

Il tratto principale del tuo carattere?
Capacità di superare le difficoltà.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Fiducia e lealtà.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Fiducia e lealtà.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Onestà.

Il tuo peggior difetto?
Troppi per citarne solo uno!

Il tuo hobby preferito?
Pulizia e organizzazione.

Cosa sogni per la tua felicità?
Sogno di essere la miglior ciclista del mondo.

Quale sarebbe, per te, la disgrazia più grande?
Perdere la mia mentalità.

Cosa vorresti essere?
La migliore del mondo.

In quale paese ti piacerebbe vivere?
Stati Uniti d'America.

Il tuo colore preferito?
Rosa.

Il tuo animale preferito?
Mi piacciono le scimmie o le rane.

Il tuo scrittore preferito?
Stephenie Meyer.

Il tuo film preferito?
Ever After.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Michael Jackson.

Il tuo ciclista preferito?
Pauline Ferrand-Prévot

Un eroe/eroina nella tua vita reale?
Molte persone che ammiro, non solo una.

Il tuo nome preferito?
Vesper o Aston.

Cosa odi?
Un sacco di cose... ah!

Il personaggio della storia che odi più di tutti?
Quelli fastidiosi, ditemi qualcuno o qualcosa e vi dirò chi è fastidioso.

Quale impresa ciclistica ricordi di più?
Vincere la cronometro nello Yorkshire 2019.

Da quale gara non vorresti mai ritirarti?
Campionati del mondo.

Un regalo che vorresti avere?
Mi piacerebbe saper cantare, o avere pazienza.

Come ti senti attualmente?
Davvero bene, ho appena mangiato un cioccolatino Ferrero Rocher!

Scrivi il tuo motto di vita
Prefissati standard elevati. Non importa quanto sia bello, può sempre essere migliore.


Sono sempre una ciclista: intervista a Chiara Doni

Era ormai diverso tempo che Chiara Doni aveva deciso: avrebbe voluto diventare una ciclista professionista. Da sempre, il suo lavoro le assorbe ogni istante e Chiara racconta di sentirsi in gabbia, di non essere pronta a passare, in quella gabbia, tutti gli anni di una carriera lavorativa: «Per il mio lavoro ho rinunciato a tanto. Dirò di più: da molto tempo la mia vita è ed è stata solo e soprattutto lavoro. Qualcosa che assorbe ogni attimo della quotidianità e, come sempre, quando accade così, a risentirne è tutto il resto: i rapporti, le relazioni, il tempo libero. Come sostenere questa situazione?».
La boccata d'aria è, per lei, la corsa a piedi, infatti si cimenta spesso nelle mezze maratone, almeno fino a che un problema ad un piede glielo impedisce: dopo dieci chilometri di gara inizia ad accusare dolore e proseguire diventa impossibile. Il caso vuole che, proprio in quel momento, in palestra, cominci a interessarsi di biciclette, di ciclismo: settecento euro per una bici. Un tentativo, un diversivo all'inizio, qualcosa che possa accompagnarla fuori dai pensieri: «Si dice "pannolati", giusto? Ecco, i miei primi giri in bicicletta erano proprio assieme ad un gruppo di "pannolatissimi", non sto esagerando. Però stavo bene, mi divertivo. Uscivamo al mattino alle sette, sette e mezza, perché, per mezzogiorno, le loro mogli li volevano a tavola, a pranzo. Se tardavamo, ricordo che iniziavano a squillare i cellulari: "Dove siete? Quando arrivate?". Era il segnale che bisognava pedalare per non tardare troppo». Chiara Doni non pensava ad altro, però, nei suoi giri, accumulava coppette su Strava e questo qualcosa doveva pur voler dire.

Tre Valli Varesine Women 2023 - Chiara Doni (ITA - Team Jayco AlUla) - Foto Alessandro Perrone/SprintCyclingAgency©2023

«Non mi sono mai sentita abbastanza, non mi sono mai piaciuta: è valso per ogni campo della mia vita. Riconoscersi brava in qualcosa, o, ancora di più, molto brava non era per me. Si tratta di una forma di insicurezza che non so da dove origini, con cui però bisogna convivere ed io a conviverci ho imparato, tra alti e bassi. Tra le cose che mi permettono di conviverci c'è lo sport. Vogliamo parlare della bicicletta? Parliamo della bicicletta: l'insicurezza c'è ed è tanta fino a che non agganci il pedale e parti, dopo sparisce, ed è bellissimo liberarsene per chi se la porta sempre addosso». Talmente è tanta l'insicurezza che, alcune volte, si sceglie anche di non andare, di non partire: a Chiara Doni è successo così per la Maratona delle Dolomiti, che pur aveva atteso, aveva voluto. Niente, non è riuscita ad affrontarla: il timore e l'insicurezza l'hanno bloccata. Non è partita. Racconta Chiara del momento in cui quei dubbi svaniscono, in cui si prende consapevolezza, e questo ci porta dritti alla Zwift Academy che Doni ha frequentato, arrivando alla fase finale. «Il momento in cui attacchi e resti da sola: ti volti e non c'è nessuno. Quello è lo snodo di ogni cosa. Alla Zwift Academy, in salita, mi è successo e quella salita me la sono goduta: affaticata, ma serena, tranquilla. Qualcuno ha ritenuto che non fossi la migliore, che non dovessi vincere io e va bene così. Chissà se le cose fossero andate diversamente. Di sicuro quello che è accaduto lì, mi ha convinto del fatto che i numeri li ho».

Giro dell'Emilia Internazionale Donne Elite - Chiara Doni (ITA - Team Jayco AlUla) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Ed allora si torna all'inizio, ve l'avevamo già detto: Chiara Doni aveva deciso che avrebbe voluto diventare una ciclista professionista. Al suo fianco c'è Luca Vergallito, dapprima coach, poi compagno. Vergallito analizza i numeri, le prestazioni, con il distacco e l'oggettività necessaria per confermare che quella possibilità c'è, che, se vuole, può provarci, deve provarci. Doni non lo dice in casa, in famiglia. A saperlo, all'ultimo, sarà suo padre: «Mi ha detto che stavo facendo una follia: mollare il lavoro che avevo scelto, a trentotto anni, dopo essermi affermata, era una sciocchezza. Soprattutto era assurdo farlo senza avere alcuna certezza. Sono sincera, quel discorso me l'aspettavo, forse anche per questo avevo aspettato a parlarne. Lo capisco bene, alla luce dell'affetto che un genitore ha per i figli. Ma non lo condivido, non ci riesco. Forse il mio lavoro non l'ho nemmeno scelto desiderandolo veramente, forse l'ho scelto perché le circostanze, l'ambiente che vivevo, mi hanno convinto che fosse giusto così. In ogni caso, perché non dovrebbe esserci la possibilità di cambiare? Soprattutto: perché questa possibilità deve essere preclusa solo per l'età, per i miei trentotto anni?». Il ragionamento non finisce qui: Doni è perfettamente consapevole dei rischi di una scelta del genere, sa che, a trentotto anni, si possono avere due, tre, quattro anni nel professionismo, poi bisogna smettere. Ha già pensato ad un percorso, un progetto strutturato, che parta dalla sua laurea in biologia, dalla specializzazione in tossicologia, e, attraverso un master all'estero, le permetta di lavorare nel mondo del ciclismo anche al termine del professionismo. Un progetto che le permetta di leggere, di studiare, cosa che ora non riesce a fare perché passa già tutto il giorno sulle pagine ed a sera è stanchissima. Un progetto che, però, probabilmente, non viene capito.
L'età, i trentotto anni, sono uno dei punti a cui chi l'ha criticata si è aggrappato spesso: «In alcuni casi, mi hanno fatto sentire davvero vecchia. I commenti sulla mia età si sono susseguiti per mesi. Ripeto: perché a trentotto anni non si deve poter credere di cambiare, di farcela? A qualsiasi età ci si può evolvere». A fine luglio, la telefonata che aspettava, mentre sta pedalando sulla Forcola: Jayco AlUla le propone di correre, come stagista, il Giro dell'Emilia e la Tre Valli Varesine. All'inizio piange per la felicità, poi la tensione, la preoccupazione, tutto quello che c'è da fare ed i conti con le aspettative che chi propone una possibilità di questo tipo legittimamente nutre, ma anche con le proprie aspettative. Si tratta di un qualcosa che la prende completamente per settimane e si placa solo quando incontra la squadra: «Se avessi potuto scegliere, per la preoccupazione che avevo e per la solita insicurezza, non sarei partita nemmeno questa volta, come per la Maratona delle Dolomiti, non potevo, così ho corso». La difficoltà maggiore è nello stare in gruppo: ci sono spallate, spinte e Doni si sposta appena qualche atleta vuole farsi strada in mezzo al plotone: «Letizia Paternoster mi ha fatto da mamma, mi ha aiutato a mettere il numero, mi ha spiegato che dovevo provare a tenere la posizione e che una ciclista non cede mai il posto che ha conquistato. Poi arriva la fatica ed a me la fatica piace, entusiasma cercare il miglioramento, mettermi alla prova». La gara termina, Chiara arriva sessantasettesima e le voci della gente si fanno sentire : «Motorone, motorone e poi arriva oltre il sessantesimo posto?».

Tre Valli Varesine Women 2023 - Chiara Doni (Team Jayco AlUla) - Foto Alessandro Perrone/SprintCyclingAgency©2023

Cita questa, ma ce ne sono molte altre a cui si sforza di non pensare: «Sanno che sono caduta? Che la mia bici non frenava? Ho fatto tutta la gara con l'angoscia di andare addosso a qualcuno, di provocare una caduta. A San Luca non funzionava il cambio, mi è scesa la catena, un signore ha cercato di aiutarmi ma c'era poco da fare. Sono ripartita con la bici di scorta, anche se, a quel punto, avrei potuto tranquillamente ritirarmi, non l'ho fatto, perché non volevo un DNF nella mia prima e forse unica volta al Giro dell'Emilia, e, nonostante i crampi, sono andata a riprendere atlete che mi avevano superato. Questo chi critica non lo sa. Purtroppo c'è ignoranza, non ci si rende conto di quanto possa far male un giudizio non pesato, molte persone, poi, parlano per frustrazione personale. Credo che si debba davvero dare retta a poche persone: ascoltare tutti, ma capire quali parole fare proprie e quali invece ci avvelenano. Noi affidiamo tutto ai social, ma le persone non sono come appaiono su Instagram, quello è, di fatto, un modo per nascondersi».
Chiara Doni si chiede cosa avrebbe potuto dire oggi, se quelle gare fossero andate diversamente, se avesse avuto tra le mani quel contratto che invece non avrà. Parla di due ferite, la Zwift Academy e questa avventura, ferite che, come sempre, sono andate ad incidere nei sogni, nelle cose a cui più si è legati. Ferite che, spesso, sono connesse a quel che si è, a quel che si fa: «In discesa, qualche volta ho pensato di lasciare andare di più i freni, ma, proprio in quell'istante, mi veniva in mente il mio lavoro, il fatto che, se fossi caduta facendomi male, sarebbe stato un problema ed il giorno dopo mi aspettavano in ufficio. Non posso negarlo, nella mia testa c'era anche questo». Ma, nonostante le ferite, la bicicletta resta importante nella quotidianità di Chiara ed in quel mondo continua a credere ci sia un posto anche per lei, senza farsi spaventare eccessivamente dalle paure, perché, altrimenti, non varrebbe la pena esserci, avere la possibilità di fare, di impegnarsi. Questo è il punto e Chiara Doni lo racconta con convinzione, mentre ci saluta: «Sono insicura, ma ho imparato a battermi per le cose in cui credo, per far sentire la mia voce e spronare chi ha un dono, un talento, a non lasciare perdere. La storia di Luca Vergallito la conosciamo tutti».