Viaggio dietro le quinte di Gironimo: il podcast di alvento

Gironimo è, alla fine, un nome che contiene un destino. La parola Giro, infatti, non poteva che riferirsi al Giro d’Italia, alle sue strade e alle sue storie, piccole o grandi. Gironimo potrebbe anche essere, e, forse, in qualche modo è, uno di quegli indiani che il gruppo dei ciclisti vede da lontano, quando si appresta a scalare una vetta: semplici persone in attesa della corsa, che paiono tribù indiane schierate. Un richiamo al viaggio, agli spazi sterminati ed agli spostamenti infiniti che il ciclismo esplora. Gironimo è tutto questo ed è, soprattutto, un podcast, giunto quest’anno alla sua seconda edizione: quello di Alvento sulla via del Giro d’Italia. Quattro voci, Filippo Cauz, Michele Pelacci, Leonardo Piccione, Marta Bacigalupo, il nostro furgone Nerone, e tanti aspetti da scoprire alla vigilia della puntata zero, che avrete la possibilità di ascoltare questa sera. Abbiamo pensato ad un’intervista diversa, una chiacchierata di redazione, potremmo dire, in cui mettere sul tavolo progetti e pensieri. A farci compagnia proprio Leonardo Piccione e Michele Pelacci.

Le voci e la voce sono il primo elemento su cui soffermarsi, perché quello di Gironimo sarà un racconto da ascoltare, non da leggere: «Credo questo sia il settimo Giro d’Italia per me e Filippo Cauz. Sei consecutivi, uno più indietro nel tempo- racconta Leonardo Piccione- ed in questi anni abbiamo capito come il Giro, meglio di qualunque altra gara, si presti ad un racconto diverso da quello scritto. Perché è una corsa fresca, con tante storie: la trama secondaria, diciamo così, è interessante quanto quella principale. Non sempre accade: il Tour de France, ad esempio, pone al centro il racconto primario. Al Giro abbiamo tanti atleti esordienti, tanti corridori da incontrare, voci mai sentite da ascoltare per la prima volta, con cui familiarizzare. Non solo le voci degli atleti, quelle dei tifosi, di chi lavora in un museo, di chi vi capita per caso. Ogni storia ha una voce, come ogni luogo: Gironimo vuole provare a dare spazio alla voce delle storie». Allora, anche se il Giro d’Italia è alla sua edizione numero 107, la noia non fa parte del viaggio, non è un rischio che si corre, perché si incontrano luoghi mai visti, le sedi di partenza e di arrivo cambiano, lo spirito della scoperta turistica si mantiene sempre vivo e, anche qualora si torni in città già visitate, è maggio ad essere l’incognita: la natura che rinasce, il clima ed il cielo a fare scherzi, a sorprendere. «Pensiamo al Giro come ad un romanzo: la quarta di copertina può già svelare una qualche anteprima, ma il libro va letto, altrimenti non si saprà davvero mai come si risolve il mistero. Quest’anno abbiamo un favorito d’obbligo, inutile negarlo: è Tadej Pogačar. Potrebbe essere un Giro senza storia? Certo ed in quel caso saranno ancor di più le storie. L’analisi tattica o tecnica non sono mai state al centro del podcast, pur essendo importanti perché raccontiamo un evento sportivo, se il dominio dello sloveno dovesse ridurre ancora il tempo per questo tipo di analisi, quei minuti saranno destinati a nuove storie e nuovi incontri. La noia non si annida qui, semmai può annidarsi nella routine, negli spostamenti, nelle code. A noi non è successo, perché il mondo del Giro assorbe completamente e la bellezza fa persino dimenticare di essere stanchi».

Michele Pelacci ascolta attento la riflessione di Piccione, poi interviene: «Sono d’accordo. Tuttavia introduco una differenziazione: se il dominio di Pogačar dovesse limitarsi alle tappe finali, anche uno stradominio, non vedrei grandi problemi. Se, però, dovesse “ammazzare” la gara già ad Oropa, avrei qualche dubbio in più. Penso che una gara “spenta”, in qualche modo, rovini la storyline, pur centrale. Perché tutti ricordano il Giro dell’anno scorso? Per un finale drammatico, non per il podio o per una posizione di rincalzo, ma per la vittoria. Il Giro del 2022, ad esempio, è ricordato molto meno: l’esempio è quello del ragazzo invitato al ballo, che, però, resta in un angolo, nascosto. L’anno scorso il volto della corsa è cambiato presto: Ganna ed Evenepoel con il Covid, Tao Geoghegan Hart ritirato per una caduta. La trama non può non risentirne».

Spiega Pelacci che, per lui che ha scoperto il ciclismo nel 2019, essere sulla strada ha significato comprendere realmente cosa sia il ciclismo: «Uno sport senza senso per la fatica che ha dietro, per i sacrifici che lo compongono. Vivere il Giro d’Italia dal vivo permette di meglio ponderare i giudizi e di evitare quelli inutili». Già, ma come si racconta Tadej Pogačar? La domanda sembra inevitabile visto che a parere unanime sarà il protagonista. Leonardo Piccione confessa di non averlo mai incontrato dal vivo e questo sarà un punto non poco importante nell’evoluzione del podcast: «Potrò parlargli per la prima volta, anche solo attraverso una domanda in conferenza stampa, se vincerà una tappa od indosserà la maglia rosa. Il racconto sarà legato all’evoluzione della nostra conoscenza del campione, un’angolazione differente, una sfida diversa rispetto a quella di Giri con pronostici serrati». Il tono dovrà restare leggero, senza però scadere nel linguaggio o nelle idee.

L’abbiamo nominata prima ed è, senza dubbio, la novità più importante di questa seconda edizione: Marta Bacigalupo, nuova voce del racconto, a cui, tra le altre cose, sarà affidato proprio il compito di scovare nuove curiosità su Pogačar. L’idea della sua partecipazione nasce, in qualche modo, dopo un incontro a Gattorna, durante l’undicesima tappa dello scorso anno: «Marta è entusiasta, allegra. In più, ha uno sguardo maggiormente da tifosa- spiega Pelacci- e non credo nemmeno desideri lavorare nel mondo del ciclismo: questa leggerezza porta una prospettiva che arricchirà le nostre chiacchierate. In più- Michele si lascia andare ad una risata- anche Marta guiderà Nerone e si dividerà con me i tanti chilometri giornalieri».

Sì, Marta sarà la prima voce femminile nel nostro podcast, aspetto importante, assieme alla freschezza che saprà portare, ed è proprio parlando di lei che iniziamo a svelarvi qualche pillola: il suo interesse per il mondo dei tarocchi farà sì che il Giro di Gironimo verrà anche interpretato attraverso le carte. Intanto, a proposito di interpretazioni, un pronostico sul podio di questo Giro 2024 l’abbiamo già chiesto ai nostri inviati: Pogačar, Thomas, Bardet, il tris di Piccione, Pogačar, Daniel Martinez, Valentin Paret-Peintre, quello di Pelacci. Ma non ci siamo fermati qui, Piccione e Pelacci si sono anche sbilanciati su altri aspetti: la tappa “sorpresa”, quella che, pur non indicata dai più come decisiva, potrebbe incidere sulla gara: Piccione segnala quella degli sterrati di Rapolano Terme, «potrebbe non accadere nulla, come potrebbe essere addirittura più incisiva di quella di Prati di Tivo. Ricordiamo tutti Pogačar alla Strade Bianche», Pelacci, invece, indica la prima perché «l’ho pedalata ed il finale di San Vito non è per nulla semplice».

Tour of the Alps 2023 – 46th Edition – 5th stage Cavalese – Brunico 144,5 km – 21/04/2023 – Giulio Pellizzari (ITA – Green Project – Bardiani CSF – Faizanè) – Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

Leonardo Piccione introduce il tema legato agli italiani in corsa: Pellizzari, Piganzoli e Tiberi, i più attesi. Si aspetta Andrea Vendrame vincitore di “almeno una tappa” ed è curioso di conoscere Andrea Pietrobon, da quanto sappiamo appassionato di musica e musicista che si diletta con chitarra e pianoforte. Michele Pelacci si sbilancia in un pronostico: «Secondo me, possiamo vincere almeno sei o sette tappe. Gli atleti italiani sono in varie squadre, questo è il bello. Personalmente farei attenzione a parlare di ciclismo italiano in crisi, perché il ciclismo non è solo il ciclismo su strada e bisogna considerarlo a tutto tondo. Credo sia necessario mantenere, però, un profilo basso e continuare a lavorare». Due domande le ha già preparate: a Giulio Pellizzari, che condivide con lui la fede milanista, vorrebbe domandare una sua idea rispetto ad un cambio di allenatore del Milan: «Io sì, ed il più presto possibile». Da Zambanini, invece, vorrebbe sapere se ha mai lavorato nell’agriturismo di famiglia. E se invece parlassimo di nome a sorpresa? C’è accordo: Florian Lipowitz, più per le tappe, secondo Leonardo Piccione, in particolare, per le prime frazioni, che per la classifica.

Michele Pelacci ci confessa qualcosa che ancora non conoscevamo: «Ma tu sapevi che ho altri due nomi? In realtà, sono Michele Florindo Callisto Pelacci. Di Lipowitz mi piace anche il nome particolare: Florian e Florindo hanno qualche assonanza». Vorrebbe mantenere l’incognita, ma la nostra domanda lo fa cadere in tentazione: «Michele, sveliamo ai nostri lettori gli altri tuoi nominativi?». Qualche secondo e: «Ma sì, scrivi tutto, scrivi tutto».

Giro d’Italia 2023 – 106th Edition – 6th stage Napoli – Napoli 162 km – 11/05/2023 – Mads Pedersen (DEN – Trek – Segafredo) – Jonathan Milan (ITA – Bahrain – Victorious) – Fernando Gaviria (COL – Movistar Team) – photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Si torna seri. Non mancherà l’improvvisazione, «qualcosa che noi italiani sappiamo fare, nel bene e nel male», ma allo stesso tempo lo studio e le scalette saranno preparate con cura e precisione, «una curatela che vorremmo non arrivasse all’ascoltatore sottoforma di “peso”, ma di qualità del prodotto». Anche per i luoghi, prosegue Piccione, vale un poco quello che vale per la conoscenza delle persone, che si arricchisce tassello dopo tassello: «Consideriamo Napoli, dove il Giro fa ritorno: la prima volta, con il sole e la festa, ricordo una sorta di stordimento, di sbalordimento. L’anno scorso abbiamo pensato ad un altro racconto, quest’anno parleremo di geologia, di quello che accade sotto quella terra e quel mare, dell’attività tellurica costante, della scienza». Anche per Leonardo Piccione il Giro d’Italia è un ritorno a casa dall’Islanda, dove trascorre molto del proprio tempo, proprio quando là il clima inizia ad addolcirsi e le ore di luce si ampliano, mentre il sole non tramonta. I suoi amici islandesi gli chiedono se sia matto ad andarsene proprio adesso, lui risponde solamente: «C’è il Giro». La curiosità, da parte sua, è per Prati di Tivo, un lato del Gran Sasso che non ha mai visitato, ma che molti gli dicono assomigli all’Islanda, nei colori e nelle sfumature. Chissà. La stessa curiosità Michele Pelacci la nutre per Livigno, dove il Giro trascorrerà il giorno di riposo, e per il Monte Grappa ed il suo santuario: «Avrò la bicicletta con me, al mattino qualche sgambatina la farò, perchè è bello pedalare al Giro. Ovviamente pedalo volentieri con i nostri lettori, però mettiamo le cose in chiaro: chi vuole pedalare con Pelacci deve svegliarsi presto. Non ci sono sabati e domeniche che tengano. Massimo alle sette e mezza».

Proprio Michele Pelacci, in queste tre settimane, proverà ad imparare qualche parola di giapponese legata al ciclismo, con il supporto di Shimano: «Non riuscivo nemmeno ad imparare il francese al Tour de France Femmes, non so come finirà con il giapponese, in ogni caso, sarò studioso». Mentre Domenico Pozzovivo narrerà il percorso delle tappe: «Si tratta- spiega Piccione- di un qualcosa in divenire, ma Pozzovivo conosce veramente quasi ogni strada d’Italia, ogni curiosità, ogni museo. Sarà un racconto differente dalla classica ricognizione». Il Museo della Magia ed il Museo del Calcio Balilla sono già sul taccuino. Chissà, tra le altre cose, che anche Lisa Vittozzi, la campionessa di Biathlon, non faccia un’incursione nel viaggio.

«Abbiamo parlato delle cose che cambiano e di quelle che restano uguali- prosegue Piccione- bene, l’accoglienza del Giro nelle città non è mai cambiata. Dalla televisione non si colgono molti aspetti, ma basta osservare il volto sorpreso di adulti e bambini, quando il plotone giunge anche in un piccolo paese, in un borgo, per non avere dubbi. Basta leggere i cartelloni e gli striscioni che vengono preparati per comprenderlo. Non sempre queste persone aspettano qualche atleta in particolare, spesso attendono solo il Giro». Michele Pelacci è impaziente, scalpita: «Del Giro si inizia a parlare molto presto e sembra lontano, molto lontano, in realtà si avvicina in un attimo. Allora i pronostici, le tattiche, le squadre, i favoriti, le possibilità. Ora basta, bisogna partire perché il Giro inizia davvero». Così sono partiti e stasera inizia anche Gironimo.


Il monumentale del Giro 2024

Per qualche minuto proviamo a mettere da parte quel discorso che un po' mi annoia, ovvero il fatto che il Giro 2024, fatta eccezione per qualche nome, per uno soprattutto, sia forse uno dei più poveri che molti ricordano a livello di partecipazione. Pazienza, il Giro è il Giro ed è inutile continuare a battere quel tasto: ormai il Tour domina, il calendario è zeppo di eventi, il World Tour fa i suoi danni e quindi appare sempre più difficile vedere al via della Corsa Rosa il meglio del ciclismo mondiale. Questo è.

Il Giro 2024, piuttosto, rischia di entrare nella storia di questo sport in quanto il grande favorito, Tadej Pogačar, proverà l’impresa di vincere nello stesso anno Corsa Rosa e Grande Boucle e quindi, se non altro, forse di riflesso, forse per l’importanza capitale che questa competizione riesce ad avere nonostante tutto, sarà una corsa da seguire - banalità disarmante.

Lo sarà per i soliti spunti che ci saprà dare: perché, restando nel campo dei luoghi comuni, non sarà soltanto una competizione sportiva. Ci farà conoscere zone mai viste d’Italia, rivederne alcune conosciute; ci farà conoscere personaggi e storie alle loro spalle, anzi, più andremo avanti e più il verdetto che sembra già scritto prenderà la sua forma sempre più definitiva e più, per forza di cose, ci appassioneremo ad altri corridori. La mattina guarderemo la cartina, altimetria e planimetria, uno sguardo al Garibaldi, e inizieremo a fantasticare su chi potrà vincere la tappa, su chi andrà in fuga; ci saranno tappe in cui inizieremo a fare i conti su chi potrà guadagnare posizioni. Aspetteremo la newsletter di alvento, quotidiana, e il suo podcast. Mica poco.

In questa guida, che vi terrà compagnia, si spera buona compagnia, nelle prossime settimane, abbiamo provato a raccontarvi il più possibile sui corridori al via, i favoriti e le loro squadre, velocisti e cacciatori di tappe. In fondo troverete come di consueto una breve analisi del percorso e la griglia dei favoriti a tutto lo scibile ciclistico vestito a festa, quella festa chiamata Giro d’Italia e in cui noi ci buttiamo a capofitto.

Il FAVORITO

Tour de France 2023 - 110th Edition - 6th stage Tarbes - Cauterets Cambasque 145 km - 06/07/2023 - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Assoluto, uno solo, Tadej Pogačar. UAE team Emirates che non ha nemmeno bisogno di portarsi dietro chissà che squadra eccezionale, talmente è la superiorità del corridore rispetto alla concorrenza. Diciamola tutta: l’unico modo che ha Pogačar per perdere questo Giro è ammalarsi o cadere. Pure bucando più volte o bucando malamente qualche tappa può vincere la Corsa Rosa con una decina di minuti di vantaggio sul secondo. Se vuole, risparmiandosi in vista del Tour, può farla sua al piccolo trotto. Se vuole, Tadej Pogačar può prendere la maglia rosa al primo giorno e tenerla fino all’ultimo. Non vedevo una superiorità così netta dal 1999. La squadra: Rafał Majka, Felix Grossschartner e Domen Novak sono gli uomini per la salita: non mi stupirei di vederne almeno uno di questi chiudere nei primi dieci, quindici, anche in classifica generale, in particolare uno dei primi due. Vegard Staeke Laengen e Mikkel Bjerg saranno i faticatori in pianura - chissà, Bjerg proverà magari a vincere pure la crono. Infine, presente anche una coppia per le volate: Rui Oliveira a pilotare Juan Sebastian Molano.

LA LOTTA AL PODIO

Giro d'Italia 2023 - 106th Edition - 21th stage Roma - Roma 126 km - 28/05/2023 - Primoz Roglic (SLO - Jumbo - Visma) - Telemark - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Incerta e che vede quattro corridori in prima fila: O’Connor, Tiberi, Bardet, Thomas. Ben O’Connor, capitano della Decathlon AG2R La Mondiale, squadra a dir poco sorprendente e che si è presa il lusso persino di cannibalizzare alcuni ordini d’arrivo in questo inizio di stagione, alzando il tiro anche in corse di un certo peso. Se O’Connor dovesse mantenere il livello della sua squadra è difficile immaginarlo giù dal podio. A crono si difende, in salita è tra i più forti al via, se non il secondo più forte, e, se il favorito assoluto lo permetterà, vorrà provare a vincere una tappa, cosa già riuscita in passato sia al Giro che al Tour dove, non va dimenticato quando si sminuisce tutto ciò che non è Pogačar, ha concluso al 4° posto nel 2021 inventandosi un grande numero nella tappa con arrivo a Tignes. I contro? Si ammala, cade, oppure, inspiegabilmente, abbassa le prestazioni da un giorno all’altro. Non disdegna il brutto tempo, né il freddo, e ha una squadra di assoluto valore di fianco. A cominciare dai fratelli Paret-Peintre: Valentin e Aurélien, il terzetto è stato già collaudato al Tour of the Alps, da capire quale fratello tirerà per chi: entrambi, tuttavia, hanno la chance di chiudere nei primi 10 la classifica generale. In più i due Paret-Peintre potranno ambire a qualche fuga, anche se, a differenza dello scorso anno (vittoria di Aurelien a Lago Laceno che otterrà pure il 16° posto in classifica generale finale) non si potrà più sfruttare l’effetto sorpresa. Per il resto sarà una squadra sbilanciata per provare a entrare in fuga e vincere tappe a ripetizione: Alex Baudin, Bastien Tronchon, Damien Touzé e soprattutto Andrea Vendrame, quando non verranno chiamati a difendere il proprio capitano, tra pianura e salita, si getteranno nelle fughe, ma non quelle di giornata che fanno felici gli sponsor, bensì quelle che hanno serie possibilità di andare fino all’arrivo. Chiude la lista degli otto Larry Warbasse, passista scalatore con un piazzamento al 17° posto al giro nel 2020, il più esperto della compagnia francese.

2019 Road World Championship Yorkshire - Men Junior Time Trial - Harrogate - Harrogate 28 km - 23/09/2019 - Antonio Tiberi (ITA) - Foto Luca Bettini/BettiniPhoto©2019

Il secondo nome per il podio è quello di Antonio Tiberi e fino a poche settimane fa era difficile pronosticarlo. Ha cambiato marcia nel giro delle ultime corse crescendo da metà Catalunya in poi (chiusa in top ten e risultando, dopo le difficoltà patite a Vallter 2000, uno dei migliori in salita alle spalle di Pogačar), con un Tour of the Alps corso per vincere e una Liegi-Bastogne-Liegi solida che ne ha messo in mostra anche le doti di fondo già venute fuori nella seconda parte di Vuelta 2023. Se in salita il corridore laziale se la giocherà con tutti quelli che non si chiamano Pogačar, anzi,  dalla sua potrebbe esserci persino un po' di energia messa da parte per il gran finale, molte delle sue possibilità dipenderanno dal livello nella cronometro. Non pochi 71 km di questi tempi, tutt’altro, anche se l’impressione è che i nomi fatti potrebbero più o meno eguagliarsi anche contro il tempo a eccezione di Thomas (forse il più forte) e Bardet (forse il più debole tra i pretendenti al podio, ma non è detto) - ci arriveremo. Sarà capitano Bahrain Victorious, Tiberi, e anche qui non è affatto scontato vedere un ragazzo italiano di 22 anni in questo periodo capitano di una squadra World Tour in un grande giro: la pressione su di lui sarà enorme. Di fianco, per la salita, ma anche per avere consigli su come gestire tutta questa serie di situazioni e i riflettori che inevitabilmente punteranno su di lui, Damiano Caruso: uno che sa benissimo come lavorare di fianco a un capitano. Squadra bahreinita che per le montagne potrà contare anche sull’austriaco Rainer Kepplinger e sul norvegese Torstein Traeen. Interessante anche il terzetto per le volate: Jasha Sutterlin e Andrea Pasqualon come apripista (ma anche come lavoratori in pianura per Tiberi) di Phil Bauhaus, velocista sottovalutato, ma che sa benissimo come battere allo sprint anche i più forti al mondo. Ultimo arrivato, ha sostituito Wout Poels non senza polemiche, Edoardo Zambanini. Buona promessa del ciclismo italiano, veloce e resistente, oltre a dare una mano ai suoi lo vedo bene in fuga o negli sprint a ranghi molto ridotti.

Giro d'Italia 2023 - 106th Edition - 9th stage Savignano sul Rubicone - Cesena 35 km - 14/05/2023 - Geraint Thomas (GBR - INEOS Grenadiers) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Geraint Thomas è il terzo nome per il podio e guida una Ineos che, a livello di forza di squadra, è forse la migliore al via di questo Giro. Compirà 38 anni durante il Giro, Thomas, e avrà dalla sua i tanti chilometri a cronometro per provare a scavare un vantaggio nei confronti degli avversari diretti. Nelle ultime uscite è apparso via via in crescita e come sempre punterà sulla regolarità in salita per conquistare un altro posto sul podio in un grande giro e vista l’età sarà un fatto eventualmente da sottolineare. Dovrà guardarsi anche in casa dove Thymen Arensman, 6° nel 2023, sarà un avversario accreditato soprattutto grazie alla sua capacità di crescere nell’arco delle tre settimane. L’olandese, per la verità, non arriva da un grande Tour de Romandie, ma è evidente come abbia pagato il carico di lavoro che tornerà utile proprio al Giro. C’è Filippo Ganna che si candida a conquistare le due tappe a cronometro, Tobias Foss che, oltre a essere avversario in casa per le due prove contro il tempo, sarà la terza pedina per la classifica, ma più verosimilmente sarà uomo da tenere di fianco ai due capitani. Jonathan Narvaez lavorerà per i suoi e andrà a caccia di tappe, così come il giovane Magnus Sheffield: entrambi potrebbero anche sfruttare la loro capacità di adattarsi al maltempo, qualora, come lo scorso anno, pioggia e freddo dovessero presentarsi puntali con le tappe del Giro. Infine i cugini Swift, Ben e Connor, affidabili gregari che torneranno molto utili anche, o soprattutto, nella tappa con gli sterrati.

Tour of the Alps 2024 - 47th Edition - 5th stage Levico Terme - Levico Terme 118,6 km - 19/04/2024 - Romain Bardet (FRA - Team dsm-firmenich PostNL) - Juan Pedro Lopez (ESP - Lidl - Trek) - Foto: Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2024

Il quarto nome per il podio è Romain Bardet: anche lui come Antonio Tiberi ha scalato prepotentemente le gerarchie nelle ultime settimane di gare dopo aver destato una buona impressione al Tour of the Alps, ma soprattutto dopo essere stato il primo degli umani alla Liegi-Bastogne-Liegi. 2° alle spalle di Pogačar: ci riuscirà anche al Giro? È il suo obiettivo, come quello di una squadra che ad aprile ha ricominciato a macinare risultati e vittorie grazie soprattutto alle volate di un sorprendente Tobias Lund Andresen e di Fabio Jakobsen al Giro di Turchia. E saranno proprio loro due i velocisti di punta della squadra. Difficile, dopo aver visto gli sprint più recenti, capire quali saranno le gerarchie, dovessi scommettere direi che il giovane danese restituirà il favore visto al Turchia al più esperto olandese il quale fa l’esordio assoluto al Giro. Julius van den Berg, Timo Roosen e Bram Welten saranno i mezzi pesanti per portarli velocemente fuori dal gruppo in caso di volata, mentre Chris Hamilton, Gijs Leemreize e Kevin Vermaerke i prescelti per stare di fianco a Bardet in salita, sì, ma anche per entrare in fuga e provare a vincere una tappa. Puncheur che si difendono bene sulle pendenze più o meno impegnative, soprattutto Vermaerke, finora autore della sua migliore stagione tra i professionisti, hanno tutte le caratteristiche per provarci.

OUTSIDER, VELOCISTI, UOMINI DA FUGHE: TUTTO (O QUASI) QUELLO CHE OFFRE IL GIRO 2024

Non avere troppi nomi dal grande blasone al via di un Giro d’Italia ha il suo aspetto positivo: intanto aiuta a far conoscere a un pubblico più vasto corridori che durante l’anno starebbero nascosti negli ordini d’arrivo. Poi, visto che il ciclismo è sport all'apparenza democratico, dà proprio a questi ragazzi la possibilità di strappare un risultato che magari altrove, vedi un Tour de France, risulterebbe molto difficile da raggiungere. È una corsa che ti fa conoscere le storie, detto e ripetuto in mille e più varianti, ma anche caratteristiche, è una corsa che può essere trampolino di lancio, conferma, che può segnare graditi ritorni, dopo periodi difficili, nell’alta classifica di una corsa a tappe lunga tre settimane.

Tour of the Alps 2024 - 47th Edition - 5th stage Levico Terme - Levico Terme 118,6 km - 19/04/2024 - Juan Pedro Lopez (ESP - Lidl - Trek) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Juanpe Lopez in questo discorso si inserisce come corridore che arriva al Giro 2024 nel miglior momento della carriera e desideroso di migliorare il 10° posto del 2022 quando vestì la maglia rosa per diversi giorni e finì pure per conquistare a fine corsa quella di miglior giovane. Da lì non ha saputo ripetersi, ma al Tour of the Alps, vinto di recente, ha fatto vedere di avere trovato la solidità giusta in salita per ambire a migliorare il risultato di due anni fa. La squadra non sarà soltanto per lui anche se in Lidl-Trek hanno sempre dimostrato di essere sempre tutti a disposizione dei propri compagni a seconda degli obiettivi, che siano di giornata o lungo l’arco di più settimane. Jonathan Milan è il velocista di punta, non solo della squadra, ma vuole esserlo nuovamente anche del Giro, dopo aver conquistato la maglia ciclamino nel 2023 - quest’anno c’è più concorrenza, va detto. Ha un supporto che in pochi possono vantare: Dan Hoole, Jasper Stuyven, Edward Theuns e Simone Consonni sono il miglior treno del Giro, mentre Andrea Bagioli darà una mano dove potrà e Amanuel Ghebreigzabhier sarà il corridore candidato ad aiutare Lopez in salita.

Tour de Romandie 2024 - 77th Edition - 4th stage Saillon - Leysin 151,7 km - 27/04/2024 - Florian Lipowitz (GER - BORA - hansgrohe) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2024

Dani Martinez e Florian Lipowitz formano la coppia di mine vaganti in salita scelta per capitanare una BORA-hansgrohe che porterà però il suo meglio al Tour. Con i due ci sarà Maximilian Schachmann, che al Giro del 2018 ha conquistato uno dei successi più importanti della carriera e che di recente, dopo due stagioni di buio totale, ha ricominciato a dare qualche segnale di vita. Occhio a lui per le lunghe fughe che possono andare al traguardo. Per le volate c’è Danny van Poppel, già miglior pesce pilota del gruppo, l’olandese ha l’occasione della carriera di poter correre in proprio le volate di un grande giro. Completano la rosa per il Giro d’Italia quattro gregari: Giovanni Aleotti, che potrà dare una mano anche in salita, Ryan Mullen e Jonas Koch principalmente per la pianura e per allungare il gruppo in vista degli sprint e Patrick Gamper, quest’ultimo si prenderà spesso anche la licenza di andare in fuga.

Tour of Britain 2023 - 19th Edition - 4th stage - Sherwood Forest Newark-on-Trent 166,6 km - 06/09/2023 - Olav Kooij (NED - Jumbo - Visma) - Bora - hansgrohe - photo Peter Goding/SprintCyclingAgency©2023

Cian Uijtdebroeks e Attila Valter sono la coppia, da non sottovalutare, che mette in campo la Visma | Lease a Bike. Una stagione, per i calabroni olandesi, che finora non è filata come speravano, anzi, sta andando tutto storto. Il grave incidente di Vingegaard e l'infortunio di van Aert ha costretto la squadra a ridisegnare selezioni e obiettivi. Al Giro ci arrivano con il giovanissimo belga e il più esperto ungherese entrambi con la possibilità di entrare nei 10. L’Uijtdebroeks di questa prima parte di stagione non fa pensare a qualcosa di più di un risultato intorno al sesto o ottavo posto, troppo il divario a cronometro, non solo dagli specialisti, ma il potenziale sarebbe pure da podio. Di Valter, invece, si dice come abbia lavorato sotto traccia per sorprendere al Giro. La squadra, come nel caso di Bora e Lidl, non sarà solo per difendere gli uomini da classifica, ma le forze vengono equamente distribuite. Robert Gesink (alla 23esima partecipazione a un grande Giro), verrà chiamato a dare man forte quando la strada sale, Edoardo Affini, dopo aver tirato al Nord, riprende in Italia il suo lavoro, in pianura dividerà il suo compito con Jan Tratnik, il quale andrà anche a caccia di tappe e sarà fondamentale in salita per i propri capitani. A caccia di tappe andrà anche Christophe Laporte, la sua maglia di campione d’Europa impreziosisce la startlist, gatta da pelare nelle volate a gruppo più selezionato o anche in fuga, ma soprattutto a caccia di tappe andrà Olav Kooij, uno dei pretendenti al ruolo di velocista principe della Corsa Rosa. Di fianco a Olav Kooij una delle rivelazioni della primavera 2024, ovvero Tim van Dijke, suo fedele pesce pilota: la sua presenza, non prevista inizialmente, darà qualche vantaggio in più al giovane velocista olandese.

National Championships Italy 2023 - Comano Terme - Comano Tarme 227km - 24/06/2023 - Alessandro De Marchi (ITA - Team Jayco AlUla) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency@2023

Coppia per la classifica anche in casa Team Jayco AlUla con Eddie Dunbar e soprattutto Luke Plapp che cercheranno un posto nei primi dieci. L’irlandese, già 7° nel 2023, per la verità arriva da mesi da dimenticare: non ha concluso Valenciana, UAE Tour, Gp Indurain e il recente Romandia, e ha come migliore risultato il 35esimo nella classifica finale del Giro dei Paesi Baschi. Difficile sbilanciarsi, ma anche lo scorso anno arrivò al Giro a fari spenti. Plapp, invece, è al secondo grande giro della carriera, ma il primo è passato senza lasciare traccia e vista la stagione fin qui disputata potrebbe essere anche un serio candidato a un piazzamento nei primi 10 e magari anche alla lotta per la maglia bianca. Dalla sua, ci sono anche 71 km a cronometro che possono farlo esaltare. È una delle squadre più interessanti dell’intero lotto quella australiana: ai due uomini di classifica vanno infatti aggiunti Filippo Zana e Alessandro De Marchi che andranno a caccia di tappe in fuga. Personalmente tiferò affinché De Marchi possa farcela. Caleb Ewan, che a un certo punto lo scorso anno sembrava sul punto di smettere, cerca di dare una svolta a una parte di carriera che, sono buono, definirei sotto tono. Lo farà sulle strade di una corsa che lo ha visto vincere per ben cinque volte. le occasioni ci saranno, la concorrenza è folta, ma lui di fianco avrà Michael Hepburn, Max Walscheid e Luka Mezgec: un bel supporto per gli sprint, probabilmente secondo solo a quello della Lidl Trek.

 

Tra le squadre che hanno ricevuto l’invito al Giro d’Italia c’è la Tudor Pro Cycling Team e nella squadra di Cancellara c’è uno scalatore australiano che, se troverà le giornate giuste, potrà dare molto fastidio in salita. Si tratta di Michael Storer il quale andrà a caccia di tappe, magari anche della maglia dei Gran Premi della Montagna o persino di un piazzamento tra i primi dieci o quindici della classifica. L’obiettivo della squadra svizzera è quello di vincere almeno una tappa e difatti, oltre a Storer, presente uno dei migliori velocisti del gruppo Alberto Dainese. Ottimo il supporto per il velocista veneto: oltre all’eterno Matteo Trentin - che vedremo anche in fuga - presente Marius Mayrhofer, veloce anche lui, magari per una volata a ranghi ridotti e Alexander Krieger. Il ruolo da lead out vero e proprio apparterrà però allo svizzero Robin Froidevaux. Completano la selezione Alexander Kamp, cacciatore di classiche che quest’anno si è visto molto poco e Florian Stork, anche lui chiamato a dare una mano ai compagni di squadra o tutt'al più a inserirsi in qualche fuga.

UN PO’ DI ITALIA

Oltre a Tiberi per la classifica e alle volate di Milan e Dainese, l’Italia si affida a tre ragazzi dalle buone qualità che possono emergere soprattutto quando la strada sale. Si tratta di Lorenzo Fortunato, Davide Piganzoli e Giulio Pellizzari, rigorosamente in ordine di nascita dal più vecchio al più giovane. Lorenzo Fortunato sarà il co-capitano di un’Astana molto interessante. L’ obiettivo è quello di vincere di nuovo una tappa come successo nel 2021 e continuare a veleggiare intorno alla zona di classifica delle ultime stagioni: 16° nel 2021, 15° nel 2022 e 21° lo scorso anno, Giro un po’ anonimo il suo, ma dove soffrì per il tanto freddo. Con lui, al via, nel ruolo di leader, Alexej Lutsenko, che punta a un risultato finale nei primi dieci e a qualche tappa. Oltre ai due corridori da classifica (e da montagna), la squadra kazaka, ma storicamente con una forte connotazione italiana, schiera Davide Ballerini e Max Kanter per le volate, Simone Velasco e Christian Scaroni molto attesi nelle fughe anche nelle tappe più dure, Henok Mulubrhan, che finora si è visto molto poco, ma avrebbe le qualità per tenere duro nelle frazioni di media montagna e infine Vadim Pronskiy che darà una mano in salita.

Tour of the Alps 2024 - 47th Edition - 4th stage Laives - Borgo Valsugana 141,3 km - 18/04/2024 - Davide Piganzoli (ITA - Team Polti Kometa) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2024

Davide Piganzoli, all’esordio in una corsa a tappe di tre settimane, avrà il compito di prendere inizialmente le misure con una fatica di questo genere, ma con l’obiettivo di continuare a stupire come gli è riuscito benissimo nelle stagioni da Under 23. Regolare in salita, da capire quanto potrà perdere a cronometro - esercizio in cui si è sempre difeso nelle categorie giovanili, ma quanto c’avrà lavorato quest’anno? Da lì si potranno tirare le somme. Chiudere un Giro, all’esordio, nelle prime 20 posizioni della classifica generale sarebbe un risultato enorme da cui partire per il futuro. Con lui, la Polti-Kometa di Ivan Basso porta i fratelli Bais, Davide e Mattia, che a suon di fughe proveranno a ripetere l’impresa ottenuta da Davide nel 2023. Il capitano sarà Mirco Maestri, che porterà la sua esperienza e sicuramente guiderà i suoi a qualche bella fuga all’arrivo, mentre Giovanni Lonardi è uno degli outsider più interessanti per le volate di gruppo - pur non disdegnando nemmeno lui volate a ranghi più ridotti. Chiudono la selezione per il Giro lo spagnolo Francisco Munoz, che darà una mano ai suoi capitani e due ex corridori del Cycling Team Friuli: Matteo Fabbro, che vedremo dare il meglio in salita e Andrea Pietrobon, anche lui carne da fuga come molti suoi compagni di squadra.

Tour of the Alps 2024 - 47th Edition - 4th stage Laives - Borgo Valsugana 141,3 km - 18/04/2024 - Giulio Pellizzari (ITA - VF Group - Bardiani CSF - Faizane') - photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Il più giovane dei tre, ma anche del Giro d’Italia, è Giulio Pellizzari: vent'anni appena compiuti e grande speranza per il nostro ciclismo soprattutto quando la strada sale. Se Piganzoli può essere paragonato come caratteristiche al suo mentore Ivan Basso, Pellizzari appare una sorta di Ciccone 2.0. Come Ciccone ha una certa predisposizione nel muovere le gambe in salita, ha una certa fretta nell’uscire dal gruppo, nell’inseguire la fuga buona e proprio come Ciccone, quando fece il suo esordio al Giro, cerca il successo da giovanissimo con la squadra dei Reverberi. Magari (anzi ne sono quasi certo, spero mi smentisca) non riuscirà a fare classifica fino in fondo da subito, ma al recente Tour of the Alps ha mostrato segnali incoraggianti di crescita giorno dopo giorno: dote fondamentale per chi vuole lottare per la generale. In casa VF Group- Bardiani CSF  - Faizanè c’è il più giovane al via, ma anche il più vecchio: Domenico Pozzovivo. Le sue ambizioni sono quelle di concludere la corsa nelle prime venti posizioni, come gli è già riuscito altre undici volte, ovvero tutte le undici volte in cui ha portato a termine il Giro d'Italia. Anche lui avrà dalla sua la salita, ma proprio come Pellizzari, dovrà difendersi a cronometro. Buona squadra quella dei Reverberi che per le volate pure avrà Enrico Zanoncello che proverà a infilarsi in mezzo ai più forti, mentre Filippo Fiorelli tenterà di inserirsi in quelle a gruppo sgranato o magari andare in fuga e provare a piazzarsi in un gruppetto. Votati alla fuga il solito Alessandro Tonelli, ma anche Martin Marcellusi, uno dei più positivi in questo inizio di stagione per i verde acqua, mentre Luca Covili proverà a tenere duro in salita. Infine presente Manuele Tarozzi, corridore simpatico, estroverso, uno che fa della fuga la sua vocazione, uno che se sta bene potrà entrare nel cuore dei tifosi in questo Giro d'Italia.

QUALCUN ALTRO DI CUI PARLARE ANCORA

Giro d'Italia 2023 - 106th Edition - 5th stage Atripalda - Salerno 171 km - 10/05/2023 - Kaden Groves (AUS - Alpecin - Deceuninck) - Jonathan Milan (ITA - Bahrain - Victorious) - Mark Cavendish (GBR - Astana Qazaqstan Team) - Alberto Dainese (ITA - Team DSM) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

L’Alpecin-Deceuninck ad esempio, squadra che non porta uomini per la classifica e punterà molto sulle volate di Kaden Groves, già capace di lasciare il segno al Giro - come alla Vuelta - ma bloccato di recente per un problema al ginocchio. Dovesse aver risolto l’acciacco diventerebbe in automatico uno dei maggiori outsider per le volate, alle spalle dei due, tre nomi favoriti. Senza i due grandi capitani, ma squadra che si farà sentire ugualmente: intanto proprio nella composizione del treno per le volate, ottimo il supporto composto da Tobias Bayer, Fabio Van Den Bossche, Edward Planckaert, Jimmy Janssens (lo vedremo spesso anche in fuga) e Timo Kielich. Quest’ultimo, all’esordio in un Grande Giro, sarà anche il vice sprinter e potrebbe provare pure a vincere la tappa degli sterrati. A proposito di tappa degli sterrati: difficile non pensare a Quinten Hermans per quel giorno, il belga che nel 2021 sfiorò il successo in fuga verso Gorizia, ci riproverà. Così come ci riproverà Nicola Conci, uno dei grandi talenti del nostro ciclismo giovanile, che a oggi, a 27 anni, è ancora alla ricerca del primo successo in carriera tra i professionisti. Chissà che non succeda qualcosa al Giro.

Senza Carthy, né Healy, previsti inizialmente, Ef Education EasyPost quasi esclusivamente andrà a caccia di tappe, anzi, ci aspettiamo la squadra di Vaughters come la più battaglierà tra le World Tour, come da tradizione. Jefferson Cepeda, Esteban Chaves e Simon Carr sono tre corridori che in salita hanno costruito la loro carriera e che in fuga si sono già tolti tante soddisfazioni. Mikkel Frolich Honore e Georg Steinhauser saranno due pedine importanti nelle tappe vallonate: anche loro alla ricerca della fuga giusta possono essere nomi da seguire per provare a far saltare il banco nelle giornate di media difficoltà.  Stefan De Bod, sarà un supporto alla squadra, anche nelle probabili fughe numerose, ma potrà dire la sua anche a cronometro, Michael Valgren torna in un grande giro dopo tre stagioni, ma soprattutto dopo aver superato il grave infortunio che sembrava aver messo fine alla sua carriera. All’esordio al Giro, sarà uno dei corridori da temere maggiormente se si troverà in fuga. Infine presente Andrea Piccolo, finora oggetto del mistero per il ciclismo italiano, ma dal quale ci si può aspettare tutto, anche una grande prestazione e magari pure il primo successo in carriera tra i professionisti.

Il Lombardia 2023 - 117th Edition - Como - Bergamo 238 km - 07/10/2023 - Ewen Costiou FRA - Team Arkea Samsic) - photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Anche Arkéa-B&B Hotels senza uomini di classifica, ma in questo caso nemmeno una vera e propria punta per le volate nonostante la presenza di David Dekker, lo scorso anno secondo a San Salvo. Il velocista olandese vive una situazione particolare: ovvero non ha ancora vinto in carriera. Louis Barré e Ewen Costiou sono due che vedremo spesso in fuga, il secondo è un attaccante nato, che predilige le giornate con il brutto tempo e se dovessero incontrarne al Giro, fate caso al suo nome; Michel Ries, insieme ad Alessandro Verre, è il corridore che, almeno sulla carta, ha più qualità in salita, ma dai due non c’è da aspettarsi chissà che. Jenthe Biermans è quello che potremmo definire il capitano. Corridore da Nord, veloce e resistente, averlo in compagnia in fuga potrebbe riservare spiacevoli sorprese agli altri. Alan Riou e Donovan Grondin sono un riempitivo che aiuterà la squadra o che cercherà qualche giornata di gloria in fuga.

La Cofidis punterà principalmente alle fughe: nei grandi giri da sempre si sono costruiti la loro fortuna attaccando e conquistando tappe in questa maniera. Stefano Oldani e Simon Geschke rappresentano una garanzia in tal senso. mentre Stanisław Aniołkowski si getterà in volata. Benjamin Thomas, legato all’Italia, torna al Giro dopo quattro anni e cerca più fortuna rispetto al 2020 quando la sua corsa durò poco più di quattro giorni. Lo vedremo in fuga, ma anche provare qualche azione nel finale. Il Giro gli servirà anche per fare la gamba in vista del suo obiettivo stagionale: Parigi 2024, Giochi Olimpici su pista. Chiudono l’elenco dei convocati della squadra francese nomi di comprimari. Lo scalatore spagnolo Ruben Fernandez, vincitore nel 2013 del Tour de l’Avenir, non si è mai ripetuto a quel livello, i francesi Thomas Champion, spesso in fuga nel 2023 al Giro e Nicolas Debeaumarché, e infine il britannico Harrison Wood. Questi ultimi due all’esordio in un Grande Giro.

Paris Roubaix 2024 - 121st Edition - Compiegne - Roubaix 259,7 km - 07/04/2024 - Laurence Pithie (NZL - Groupama - FDJ) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Restando in Francia anche la Groupama-FDJ lascia per il Tour i suoi pezzi pregiati, ma concede al belpaese la presenza di uno dei protagonisti della primavera delle classiche, ovvero Laurence Pithie, per la verità sul pezzo da gennaio in Australia. Lo vedremo lanciarsi nelle volate, provare magari anche ad anticipare quegli sprint e chissà subito in apertura, sabato, dovesse tenere, potrebbe fare un pensierino alla maglia rosa. Come nel caso della Cofidis c’è un italiano in squadra, si tratta di Lorenzo Germani. Perlopiù chiamato in stagione ad aiutare i suoi capitani - Grégoire e Martinez, con loro sin dai tempi della squadra Continental - anche qui Germani avrà compiti di supporto, ma conoscendone l’attitudine lo vedremo spesso in fuga. Va forte su diversi terreni e non è escluso che possa raccogliere qualche grossa soddisfazione partendo da lontano. Lewis Askey è l’altra ruota veloce della squadra, mentre Cyril Barthe potrà inserirsi negli ordini d’arrivo di traguardi più impegnativi oppure, sfruttando lo spunto veloce, potrebbe essere nome capace di lasciare il segno andando in fuga. Il giovane Enzo Paleni farà esperienza, mentre Fabian Lienhard, Clément Davy e Olivier Le Gac, oltre a vederli, chissà, in qualche fuga, faranno quello che gli riesce meglio durante tutto l’anno: dare una mano ai propri compagni di squadra, soprattutto in pianura.

L’ Intermarché Wanty punta molto su Bini Girmay che al Giro ha già lasciato il segno, prima che il Giro, sotto forma di tappo di bottiglia, lasciasse il segno su di lui costringendolo al ritiro. Squadra in parte votata alle volate del corridore eritreo: Mads Mikhels, Dion Smith, Roel van Sintmaartensdijk, Dries De Pooter (segnatevi il suo nome, chi non lo avesse già fatto, per il futuro nelle corse di un giorno) ed Adrien Petit saranno un ottimo supporto, con il giovane estone Mikhels che potrà anche mettersi in proprio se ne avrà la possibilità. Lilian Calmejane sarà l’uomo delle fughe nelle tappe di media montagna, mentre chiude l’elenco Kevin Colleoni, ex grande speranza del ciclismo italiano per le corse a tappe e che in queste stagioni ha raccolto praticamente niente, ma finalmente, alla quarta stagione tra i professionisti, farà il suo esordio in un grande giro.

Tour de Romandie 2023 - 76th Edition - 5th stage Vufflens-la-Ville - Geneve 170,8 km - 30/04/2023 - Fernando Gaviria (COL - Movistar Team) - Nikias Arndt (GER - Bahrain - Victorious) - Foto Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Movistar porta un capitano che ormai ha fatto il suo tempo, Nairo Quintana, oltretutto fermato per una stagione, e il suo ritorno non è stato quello immaginato. Ora, a 34 anni, mi viene difficile immaginarlo ad alti livelli in questo Giro. La classe, però, quella resta e magari pedalando e pedalando, giorno dopo giorno, potrebbe anche ritrovare la gamba giusta e provare a vincere una tappa di montagna. Di fianco a lui, in salita, Will Barta, ma soprattutto Einer Rubio, già vincitore di una tappa un anno fa. Entrambi siamo sicuri li vedremo spesso e volentieri in fuga nelle frazioni di montagna. Ottimo il pacchetto per le volate: Albert Torres e Davide Cimolai aiuteranno Fernando Gaviria a sbloccarsi in un Grande Giro. L'ultimo successo del colombiano in una di tre settimane, infatti, risale al 2019, proprio al Giro d’Italia, tappa di Orbetello. A chiudere da evidenziare la presenza di Pelayo Sanchez, veloce e resistente, guai ad averlo come compagno di fuga, e Lorenzo Milesi, alla seconda stagione tra i professionisti, ancora alla ricerca della sua dimensione.

La Israel Premier Tech va esclusivamente a caccia di tappe e lo fa con una formazione di qualità. Protagonista lo scorso anno al Giro con uno dei personaggi della corsa- Derek Gee, quest’anno assente, stagione in cui si è visto pochissimo - è stata soprattutto capace di togliersi diverse soddisfazioni quest’anno, su tutte la vittoria di Williams alla Freccia Vallone. IPT porta tre velocisti, Ethan Vernon, Hugo Hofstetter e Riley Pickrell, occhio a quest’ultimo, capace di vincere nel 2022 una tappa al Giro Under 23 e nel 2023 una al Tour de l’Avenir, due fuggitivi per l’alta montagna, Marco Frigo e Michael Woods, quest’ultimo insegue il successo al Giro dopo aver vinto al Tour e alla Vuelta, e due australiani. Il primo, Simon Clarke, oltre a parlare bene l’italiano, è uno dei corridori più esperti al via, anche lui come Michael Woods insegue il successo di tappa al Giro dopo averlo conquistato al Tour e alla Vuelta, il secondo, Nick Schultz, meno esperto,  ma con caratteristiche simili, di lui non sappiamo se parla bene l'italiano ma sappiamo come poche settimane fa si è tolto la soddisfazione più grande in carriera conquistando una tappa al Catalunya battendo addirittura Pogačar. Chissà che non fossero prove generali per quello che succederà da domani…

Strade Bianche 2022 - 16th Edition - Siena - Siena 184 km - 05/03/2022 - Quinn Simmons (USA - Trek - Segafredo) - Julian Alaphilippe (FRA - Quick-Step Alpha Vinyl Team) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Chiudiamo con la Soudal Quick Step, altra squadra che non presenta corridori per la classifica generale, sempre che Mauri Vansevenant non voglia provare a tenere duro. Partiamo proprio dal giovane belga che in carriera ha vinto un Valle d’Aosta e sfiorato un Tour de l’Avenir, ma sono passati cinque anni e nel frattempo, tra i professionisti, ha fatto ben poco nelle corse a tappe di tre settimane. In salita, tuttavia, va forte e vista la concorrenza non esagerata potrebbe persino spiccare come uno dei corridori più forti. Lo immagino, però, o forse desidero che vada così, più propenso a dare spettacolo in salita con quella sua testa ondeggiante, andando all'attacco nelle tappe di montagna, magari proponendo persino azioni scriteriate, per vincere tappe o magari conquistare la classifica dei Gran Premi della Montagna. Squadra fatta proprio per i successi parziali, in quest’ottica da leggere l’esordio di Julian Alaphilippe al Giro, fino a tre stagioni fa sarebbe stato un valore aggiunto alla stratlist da leccarsi i baffi, adesso pare uno di quei calciatori che vanno a impreziosire il campionato turco a fine carriera. Speriamo che uno dei corridori più forti, completi e spettacolari degli ultimi dieci anni mi smentisca. Per la salita oltre a Vansevenant presente anche Jan Hirt. Pure lui, volendo, potrebbe anche provare a ottenere un piazzamento tra i dieci, quindici, ma lo vediamo più portato a inseguire successi di tappa in alta montagna, cosa per altro riuscitagli alla grande nel 2022. Infine il resto della spedizione sarà bello compatto attorno a Tim Merlier che si contenderà, a patto di uscire fuori sano e salvo dalle prime due tappe, lo scettro del miglior velocista del Giro con Kooij e Milan e proprio con loro si giocherà la prima volata che quest’anno arriverà al terzo giorno. Di fianco al Mago: Josef Černý, che proverà a dire la sua anche a cronometro, Pieter Serry, tuttofare, potrà essere anche un appoggio in qualche fuga dei suoi, Luke Lamperti, tra i giovani più interessanti del panorama mondiale, in caso di flessione di Merlier potrà provare anche lui a giocarsi le sue carte allo sprint, e infine Bert Van Lerberghe, fedelissimo pesce pilota del compagno di squadra belga.

IL PERCORSO

Due parole anche sul percorso che, stavolta, mi soddisfa, soprattutto nella prima parte. È presente qualche fisiologica bruttura più avanti (tappa dello Stelvio, per esempio), ormai immancabile, ma in generale, rispetto al 2023, mi pare di un'altra qualità. La prima settimana è la più interessante e questo forse non gioca a favore della corsa, ma tant’è. Le prime due tappe sono da subito fra le più interessanti della corsa. Partenza col botto quella della Venaria Reale-Torino, breve, 140km, ma che metterà già in fila il gruppo e chissà: o segnerà la prima della tante vittorie di tappa - per distacco - di Pogačar oppure vedrà la volata di un gruppetto sgranato e a quel punto i nomi in ballo saranno molti.

Il secondo giorno si arriva al Santuario di Oropa e già dopo due tappe avremo le idee molto chiare sulla classifica generale. La prima, lunga, settimana, che si chiuderà alla nona tappa con l’arrivo di Napoli, avrà altri tre momenti caldi. La tappa degli sterrati o meglio, una frazione che prevede due settori di strade bianche non troppo lunghe, il primo dei quali lontano dal traguardo una quarantina di chilometri. La mia impressione è che quel giorno andrà via la fuga e gli uomini di classifica con le loro squadre staranno belli accorti anche in vista di quello che accadrà dal giorno dopo.

Perché venerdì 10 maggio, tappa numero 7, ci sarà la crono Foligno-Perugia, ben 40,6 km e non credo ai miei occhi: esercizio vero, lungo, ok non lunghissimo, per specialisti o quasi, che metterà non solo distacchi tra i corridori, ma soprattutto fatica nelle gambe.

Altimetria/Profile stage 8 Giro d'Italia 2024

Fatica che si farà sentire il giorno successivo quando si arriva a Prati di Tivo, ascesa vera, magari senza pendenze impossibili, ma costanti, infime e per l’appunto, con le gambe ancora affaticate dal giorno prima. Ne vedremo delle belle.

Dopo il riposo si sale di nuovo: la tappa dieci, da Pompei a Cusano Mutri (Bocca della Selva) sarà una frazione da fuga, ma, seppure breve in cui stare molto attenti. L’ascesa finale è lunghissima, prima di arrivarci è un continuo su e giù su strade difficili. Si arriverà dal giorno di riposo. Insomma antenne drizzate in una tappa che potrà dire qualcosa.

Momento clou della seconda settimana ancora rappresentato dal dittico crono più tappa di montagna. Sabato 18 maggio, tappa 14, 31 km per la Castiglione delle Stiviere-Desenzano del Garda, piatta, non lunghissima ma quanto basta, dopo due settimane di corsa, per scavare altri solchi in classifica.

Il giorno dopo tappa 15: da Manerba del Garda a Livigno e che in origine era stata disegnata per essere quasi da leggenda, ma di quel tracciato originale resta solo la lunghezza, 220 km. Ordinaria fino a pochi anni fa, ora, in un ciclismo di tappe corte ed esplosive, sembra appartenere ad altri tempi. Invece che Forca di Livigno, si salirà sul Mortirolo, versante di Monno, non il più difficile, e poi lunga ascesa verso Passo di Foscagno prima degli ultimi chilometri del Passo di Eira verso il Mottolino. Sarà, nonostante il cambiamento avvenuto dopo Edolo, la tappa regina della corsa e forse quella che potrà scavare i maggiori solchi in classifica, oltre alle due cronometro.

Terza settimana che, come da ormai consolidata tradizione al Giro, alternerà tappe di montagna a volate. Queste saranno due: l'arrivo di Padova (tappa 18) e il finale di Roma. Niente cronometro, ma tappa inutile (la numero 16) con lo Stelvio a 150km dall’arrivo, mentre appare più interessante quella con arrivo sul Passo Brocon, il giorno dopo, tappa 17, dopo aver affrontato Sella e Rolle.

Tappa 19 e 20 che potranno ancora ribaltare la classifica: non sottovaluterei la frazione di Sappada. Da Tolmezzo in poi non si fa che salire e le montagne friulane nascondono trabocchetti e tratti di pendenza molto duri. L’impressione, però, è che potrebbe essere un lungo preludio a quello che accadrà nella penultima tappa..

Quando, con arrivo a Bassano del Grappa, si affronterà due volte il Monte Grappa. Salita lunga, impegnativa, affascinante, suggestiva. Ultima chiamata per gli uomini di classifica e per gli scalatori.

 

LA GRIGLIA DEI FAVORITI

Classifica Generale/Maglia rosa

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐ -
⭐⭐⭐ Thomas, Bardet, Tiberi, O’Connor
⭐⭐Arensman, Caruso, D.Martinez, Valter, J.Lopez, Storer, Uijtdebroeks, Lutsenko
⭐ A.Paret-Peintre, Lipowitz, Foss, Piganzoli, Fortunato, Plapp, Dunbar, Majka, Grossschartner, Pellizzari, Rubio, Vansevenant

Volate

⭐⭐⭐⭐⭐ Milan, Merlier, Kooij
⭐⭐⭐⭐Dainese
⭐⭐⭐Girmay, Vernon, Bauhaus, Lund Andresen, D. van Poppel, Groves
⭐⭐Pithie, Gaviria, Molano, Lonardi, Ewan, Jakobsen, Lamperti, Consonni
*⭐Aniolkowski, Hofstetter, Pickrell, Zanoncello, Cimolai, Theuns, Mikhels, Askey, Dekker, Ballerini, Kanter, Kielich

Fughe

⭐⭐⭐⭐⭐Tarozzi
⭐⭐⭐⭐ De Marchi, M. Bais, D. Bais, Costiou
⭐⭐⭐Maestri, Champion, Frigo, Clarke, Scaroni, Janssens, Carr
⭐⭐ Zana, Germani, Cepeda, Velasco, Hirt, Vansevenant, Vermaerke, Steinhauser
⭐Schachmann, Vendrame, Calmejane, Rubio, Quintana, Hamilton, Barré

Classifica dei GPM/Maglia Blu

⭐⭐⭐⭐⭐ Storer
⭐⭐⭐⭐Vansevenant
⭐⭐⭐Rubio, M. Bais
⭐⭐ Fortunato, D. Bais, Tarozzi, Pogačar
⭐Zana, Bardet, Quintana, Scaroni, Velasco, Hirt

Classifica del miglior giovane (nati dopo il 1° gennaio del 1999)/Maglia bianca

⭐⭐⭐⭐⭐ Tiberi
⭐⭐⭐⭐Arensman
⭐⭐⭐Uijtdebroeks
⭐⭐Vansevenant, Plapp
⭐Lipowitz, V. Paret-Peintre, Piganzoli, Pellizzari

Classifica a punti/Maglia ciclamino

⭐⭐⭐⭐ Milan
⭐⭐⭐⭐Kooij
⭐⭐⭐ Pogačar
⭐⭐ Laporte, Kooij, Dainese,Vendrame, Girmay, Ganna
⭐Vernon, Merlier, Lamperti, Bardet, Tiberi, Groves, Scaroni, Andresen


Si va a Parigi: ne parliamo con Miriam Vece

Dopo 36 anni nel settore della Velocità, in pratica dalla partecipazione di Elisabetta Fanton a Seul 1988, e per la prima volta nella specialità del Keirin, presente nelle prove olimpiche dal 2012, l'Italia torna alle Olimpiadi. Il numero di telefono che digitiamo istintivamente è quello di Miriam Vece, ventisette anni, di Romanengo: sono state le sue prestazioni nel lungo percorso di qualificazione a permettere questo ritorno e questa prima volta. La certezza dopo la prova di Nations Cup di Milton, nel fine settimana del 20 e 21 aprile: «Devo ammettere che il sistema di punteggio per la qualifica non è più complesso come a Tokyo. In realtà, l'inizio di questo "viaggio" non è stato particolarmente brillante, penso all'Europeo e alle prove a Giacarta. Poi, qualcosa è cambiato, probabilmente al Cairo, in Egitto. Un quarto posto nella Velocità è come se mi avesse sbloccato. Se ci ripenso, da lì, su sei coppe, ho ottenuto cinque finali nel Keirin, allora, probabilmente, ho affrontato tutto in maniera più rilassata e le cose mi sono sembrate più naturali. Diciamo che il sentore della qualificazione era nell'aria da diverso tempo ormai, ma, sai, serve la certezza». Potrebbe sembrare scontato chiedere a Vece cosa provi, se sia felice, noi glielo chiediamo lo stesso e lei risponde stranamente riflessiva, tranquilla, gestendo perfettamente la felicità che pur si avverte: «Fino a Parigi sarà solo una lunga attesa. Per ora so solo che partiremo, arriveremo lì, gareggeremo, sarà la prima volta nel Keirin e chissà come andrà. C'è qualche intervista in più e una maggiore attenzione dell'opinione pubblica. Forse, al ritorno, farò una festa. Per ora so solo questo, forse, non appena arriverò capirò qualcosa in più. Sia dei Giochi Olimpici che di questa felicità».

UCI 2023 World Championship Glasgow - Track - Day 2 - Women Elite 500m Time Trial Qualification - 04/08/2023 - Miriam Vece (Italy) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Se ne parlava, sì, con Ivan Quaranta, responsabile tecnico del settore, e con lo staff della Nazionale. Se ne parlava anche quando non c'era quasi nulla e questo Vece lo sa benissimo. «Quando Quaranta ha iniziato il suo lavoro eravamo, in pratica, degli "scappati di casa", gli Europei sono arrivati dopo e noi ci abbiamo sempre creduto. Anche se, per quanto mi riguarda, almeno all'inizio, ho quasi sempre respinto ogni consiglio di Ivan»: una risata interrompe il flusso delle parole, mentre i rumori dell'esterno attraversano il telefono. «Siamo cane e gatto. Lui mi proponeva qualcosa ed io sostenevo esattamente l'opposto: pareva una cosa fatta di proposito. Penso ai rapporti, ad esempio: ero sistematicamente contraria a quelli indicati da Quaranta, poi li adottavo e facevo bei tempi. Ma gli esempi sono davvero innumerevoli». A ben guardare, anche per la specialità è successo qualcosa di simile: Miriam Vece non pensava minimamente al Keirin, anzi, in un certo senso lo temeva da una caduta avvenuta quando era juniores. Per questo non l'aveva più rifatto e non voleva più rifarlo: «Non sai quante volte mi sono sentita dire: "Buttati, devi buttarti, senza pensare. Buttati". Il difficile è proprio la mischia: biciclette che arrivano ovunque, contatti, millimetri di distanza che si annullano con un movimento e si rischia di finire a terra, di farsi parecchio male». Quel timore è passato, è lei stessa ad affermarlo con un certo orgoglio: «Ora chiudo gli occhi, un respiro e mi butto. Se mi toccano? Proseguo lo stesso, testarda».

2023 UEC Track Elite European Championships - Grenchen (Suisse) - Day 1 - Womens Team Sprint - 08/02/2023 - Miriam Vece (ITA) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Per qualche istante c'è la tentazione di sentirsi pioniere, di aver aperto o riaperto una strada, di essere la prima in qualcosa. «Sì, a livello personale è una soddisfazione importante essere i primi, ma se, poi, ti volti e dietro di te rischia di non esserci nulla? Può bastare essere la prima? Io credo di no. Negli ultimi tempi, per fortuna, si stanno avvicinando più ragazze a questa disciplina, sarà per la parte di storia che è già stata scritta, ma ancora non basta, soprattutto perché sono molto giovani e chissà se un domani proseguiranno. Potrebbe anche non esserci un seguito, dietro di noi, e mi spiacerebbe davvero. Ora ci sono le medaglie al Mondiale ed all'Europeo, ma quando eravamo giovanissime noi, io, Vittoria Guazzini ed Elisa Balsamo, ma in generale tutte le ragazze del quartetto o delle altre specialità, probabilmente sarebbe stato saggio anche da parte mia fare quel tipo di scelta, invece sono andata incontro al buio: non sapevo cosa ci sarebbe stato. Il mio periodo in Svizzera racconta anche questo». Proprio dalla Svizzera spiega di aver imparato tanto, tantissimo: a partire dalla lingua, «perché quando sono arrivata non sapevo proprio una parola di inglese, ora lo parlo molto bene e spesso anche quando parlo italiano mi viene in mente il corrispettivo inglese, oltre a tanti allenamenti e tante amicizie».
La sua famiglia e molti suoi amici hanno scoperto dai giornali la definitiva conquista del pass per i Giochi Olimpici dai giornali. Lei, ora, ripensandoci, non riesce a non pensare ai periodi più difficili passati: nel 2017, ad esempio, con la chiusura del velodromo di Montichiari, oppure nel 2020, nel periodo della pandemia ed in quello immediatamente successivo: «Se penso alle più giovani, ad un qualcosa che possa essere utile per loro, direi una cosa che si dice spesso, che è vera, ma, talvolta, a forza di ripeterla, sembra banale. Non lo è. I sacrifici tornano davvero indietro nella quotidianità, questa restituzione dell'impegno e dell'abnegazione esiste realmente. Sai quale credo sia il problema? Che non si sa quando avverrà quella restituzione, potrebbero servire anni e, nel frattempo, le persone si perdono perché non sanno cosa fare, se proseguire, se fermarsi, se davvero ci sarà una ricompensa. Il tempo che scorre impone di decidere e, se dai tanto e nulla torna, rischi di decidere di smettere di dare o di dare in un altro campo, in un altro modo. Questo aspetto c'è, non bisogna nasconderselo. Però fare sacrifici è necessario e, prima o poi, qualcosa ritorna. La mia partenza per Parigi, per i Giochi, lo testimonia».


Questionario cicloproustiano di Matteo Bianchi

Il tratto principale del tuo carattere?
Mi definisco un po' fissato con l’ordine e la precisione. In molte situazioni mi reputo un calcolatore, per il fatto che penso molto a ciò che devo fare e programmo tutto nel dettaglio.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
La sincerità.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
La sincerità.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Con i miei amici stretti riesco ad instaurare un legame molto forte e spesso sono il fattore che riesce a riportarmi ad uno stato di calma e spensieratezza a livello mentale, specialmente nei periodi con la pressione più alta dovuta alle competizioni.

Il tuo peggior difetto?
Un po' intransigente in determinate situazioni.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Godersi una giornata all’aria aperta, che sia in montagna o al mare, in buona compagnia.

Cosa sogni per la tua felicità?
Sono già molto felice, per ora mi godo il momento.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Se capitasse qualcosa alla mia famiglia sarebbe sicuramente la situazione peggiore per me immaginabile.

Cosa vorresti essere?
Sono soddisfatto di ciò che sono adesso. Cinque anni fa sognavo di essere dove sono adesso perciò continuo per la mia strada.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Sono innamorato dell’Italia ma se dovessi scegliere un altro paese probabilmente sceglierei l’Australia.

Il tuo colore preferito?
Lo scelgo in base al mio umore.

Il tuo animale preferito?
Quokka.

Il tuo scrittore preferito?
Non ne ho uno in particolare.

Il tuo film preferito?
La ricerca della felicità.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Ernia.

Il tuo corridore preferito?
Jason Kenny.

Un eroe nella tua vita reale?
Mio padre.

Una tua eroina nella vita reale?
Mia madre.

Il tuo nome preferito?
Ellesse.

Cosa detesti?
Perdere tempo.

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Nessuno in particolare.

L’impresa storica che ammiri di più?
Il percorso e l’incredibile ascesa di Sinner nel Tennis.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Nibali tre cime di Lavaredo, Giro 2013.

Un dono che vorresti avere?
Nessuno.

Come ti senti attualmente?
Molto bene, concentrato sul migliorarmi giorno per giorno.

Lascia scritto il tuo motto della vita.
Qualsiasi cosa succeda, questa avviene per una ragione.


Mulinvélo, Pastrengo

Il vecchio mulino di Pastrengo era lì, fondamenta ben salde nel terreno, incurante dei secoli che passano, bastione possente su cui il cielo rovescia pioggia, vento, neve d'inverno e cappa di aria calda, canicola soffocante, d'estate. Dal 1800, anno della sua costruzione, erano duecento anni di intemperie e volti e voci che solo ciò che è di pietra e resta nel tempo può conoscere. Dagli inizi del 1900, quando, effettivamente, iniziò a macinare farina finissima e finemente curata, era già trascorso quasi un secolo e, per la parte di produzione, quel mulino era inattivo da un buon periodo. All'interno, vi lavoravano le figlie del proprietario: curavano una piccola porzione relativa alla vendita di farine che, altrove, non si rintracciavano. Il resto della struttura non era visitabile dai più, la meraviglia della sua artigianalità, dei suoi segreti, nascosta proprio da tutto il tempo che era ormai trascorso, come una fotografia, protetta dalla copertina, in un album.

Sulla sponda orientale del lago di Garda, a pochi chilometri da Verona, i cittadini di Pastrengo conoscevano quel mulino, come i quattro forti austriaci racchiusi in poco più di un chilometro e mezzo, il vecchio telegrafo e l'aeroporto per velivoli super leggeri: sapevano della loro esistenza per sentito dire, per qualche transito su quella strada, al mattino presto o alla sera tardi, per caso. Così accadeva anche a Massimo Gaiardelli, mentre, dapprima, lavorava in un'azienda di elettronica e, successivamente, in bicicletta accompagnava le persone in Toscana oppure sulle Dolomiti: era una delle prime guide in sella, qualcosa che precorreva i tempi e che lo portava lontano da casa per molte, forse troppe, settimane. A ben guardare, qualcuno che aveva visto oltre, seppur per quello stesso caso, c'era ed era proprio a casa sua: si trattava di Antonella, la sua compagna, in un giorno in cui cercava della farina di Kamut, non così diffusa agli inizi degli anni 2000. La porta dello spaccio per la vendita, poi, il resto in denaro che manca e quelle ragazze che le aprono le stanze abbandonate. La copertina dell'album è tolta, la fotografia è esposta. «Dovresti vedere quanto è bello, peccato sia in parte abbandonato»: frammenti di conversazione tra Massimo e Antonella. Parole che fuggono via, almeno per quel momento.

La realtà è che Mulinvèlo ha radici in quel dialogo e casa in quel vecchio mulino abbandonato. Massimo Gaiardelli gestiva un negozio di biciclette, a Sant'Ambrogio, divenuto ormai piccolo e con una comunità di persone sempre più grande a frequentarlo, l'idea era di un nuovo luogo in cui porre le fondamenta. Nel frattempo, un cartello su quel mulino, con la scritta "in vendita", un passaggio in auto su quella strada, a cinquecento metri da casa, un sabato pomeriggio a visitarlo e l'acquisto per trasferirvi tutte le biciclette ed il fulcro del mestiere di Massimo e Antonella. «La maggior parte dei lavori sono fatti a mano, con l'intenzione di mantenere e, se possibile, proteggere l'anima del mulino. Ecco la tramoggia, guarda i tubi che portavano su e giù la farina, l'officina, invece, era un vecchio bunker della guerra. Puoi toccare il sasso, sentirne l'antichità, ammirare gli accessori realizzati con materiale recuperato dalla vecchia struttura del mulino, osservare la cantina, l'interrato sotto, il bianco ed il nero, la sala macchine, attraverso i vetri, le malte colorate che, da gennaio del 2023, hanno dato sostanza alla ristrutturazione di questo gioiello dimenticato». Oltre a questo, vi sono spazi appositi dedicati all'abbigliamento, alle collezioni di bici, fino ad una sorta di appartamento, un luogo intimo, in cui accompagnare il visitatore, bere un bicchiere del pregiato vino della Valpolicella e fare un aperitivo, a pedali fermi, a ruote immobili, dove, comunque, la bicicletta resta lo sfondo, l'idea generatrice. Proprio al movimento delle ruote si riallaccia il nome: nei mulini è tutto un ruotare ed il verbo "mulinare", per riferirsi al rapido girare dei pedali mentre si corre in bicicletta, deve avere qualche legame con queste antiche strutture. "Vélo", invece, è bicicletta in lingua francese, ma non solo: ha lo stesso suono di velocipede e di velocità, un binomio affascinante sin da quando si è bambini. Gli stranieri che giungono a Pastrengo si guardano attorno incuriositi e si chiedono se davvero può esistere un mulino pieno zeppo di biciclette.

La risposta potrebbe fornirla un signore coi capelli bianchi che, pur avendo sempre pedalato, ora inizia ad avere mal di schiena, a far fatica in quella posizione, eppure, al pensiero di rinunciare alla "sua" bicicletta si sente più vecchio che mai e gli occhi diventano lucidi: «Quando un signore gentile e canuto arriva qui, ho la chiara percezione della bellezza del poter risolvere un problema per qualcuno, del sentirsi utili. Poi li rivedi quei signori: forse faranno solo il tratto da casa all'edicola in bicicletta, ma, grazie al consiglio giusto, alla posizione corretta, a una piccola modifica sulla bicicletta potranno continuare a farla e allontanare di qualche tempo l'idea della vecchiaia e la sua malinconia».

Massimo Gaiardelli ha vissuto ogni minima sensazione su una bicicletta, in anni e anni di pedalate controvento, come in quelle che continua a fare oggi, la domenica oppure il mercoledì mattina, quando il mulino è chiuso, per questo conosce perfettamente qualunque piccolo fastidio che può provocare questa esperienza: dalle scarpe strette, alla sella, al soprasella, alla posizione del collo e della schiena. «Il gesto della pedalata mette assieme molti movimenti e molti fattori per cui è sufficiente davvero poco perché da qualcosa di piacevole, pur nella fatica che si sperimenta, a un momento di fastidio e sofferenza. Credo che il nostro compito sia quello di predisporre tutto affinché le persone stiano bene in bicicletta». Le persone, sì, le donne e gli uomini a cui si rivolgeva già quando vendeva i primi cellulari, i vecchi portatili a valigetta, gli stessi che, quando lo incontrano, gli ricordano che il primo telefono mobile gli venne consigliato proprio da lui: «Decisi di abbandonare l'elettronica proprio quando capii che, per come si erano messe le cose, avrei dovuto lasciare da parte la mia attenzione per il lato umano: non avrei mai potuto. Resta, però, il fatto che, in ogni caso, si parla di un qualcosa più "freddo" rispetto alla bicicletta: il ciclismo permette tutta una contestualizzazione, sin dal primo momento in cui ci si conosce, pur essendo estranei. Questo avviene perché si svolge all'esterno, nella natura, ci si può chiedere da dove si proviene, dove si abita, qual è il luogo in cui ci si reca quando si vuole osservare un panorama, magari scoprirlo. Bastano queste poche domande per sentire di avere qualcosa in comune, no?».

Si spazia dalla disciplina su strada, al gravel oppure alla mountain bike dove è necessaria anche una base tecnica e qualcuno che ne illustri i dettagli: Gaiardelli si muove attraverso dei video per registrare gli allenamenti e, successivamente, mostrarli a chi si sta cimentando in quella pratica, affinché, rivedendosi, possa prendere coscienza degli errori commessi e cercare di migliorarsi, sempre attraverso il dialogo, il confronto, evitando a priori l'informazione calata dall'alto che non mette a proprio agio chi la ascolta e vuole assimilarla.

La bicicletta mette sullo stesso piano, sullo stesso livello, quello della strada, del sacrificio, della velocità e del vento, Gaiardelli cerca quel piano attraverso un invito a pedalare assieme, a guardarsi, a commentare quel che si vede e le sensazioni che si provano, le emozioni di quando dallo stupore per quel che c'è «quasi ti butti per terra e piangi», persino a prendere la sua bicicletta e a mettersi in gioco, prima di qualsiasi giudizio, perché la missione della bicicletta, unica pur in tante declinazioni, è, fra le altre, per Gaiardelli, dare il giusto tempo ed il giusto ritmo al tempo ed alle cose: allora il mulino a cinquecento metri da casa non è più normale, ma speciale, vale anche per i forti austriaci e per il telegrafo, vale per i profumi e per i sapori, di cui la zona di Pastrengo è ricca. Libertà, esperienze assieme, viaggi, borse da preparare: ecco gli ingredienti che, dopo tanti anni, sono antidoto all'abitudine e stimolo costante per l'entusiasmo anche in Gaiardelli stesso, che è stato maestro di sci ma la "goduria" di un giro in bicicletta non sa dove altro scovarla. Se di fronte ad un anziano signore il bello è risolvere un problema, permettere la continuazione delle pedalate, di fronte ai più giovani la sfida è suscitare interesse, lasciare un seme, che saranno, poi, loro a coltivare. La costante è la tematica legata alla sicurezza, connessa a una filosofia ben precisa: «Sento diverse persone che non usano la luce o non mettono il casco e si nascondono dietro al fatto estetico. La mia idea è netta: io ti procuro la luce più bella che c'è, il casco più bello, più comodo, ma tu lo indossi. Così togliamo alibi. Poi ognuno deve fare la propria parte e gli utenti della strada sono molti».

In una realtà in cui le grandi aziende dominano ed il prodotto, anche la bicicletta, è sempre più depersonalizzata, c'è un ritorno di fiamma per l'artigianalità, per quel che è su misura, un vestito pensato per la persona e la bicicletta è un mezzo che ha bisogno di questo adattarsi a chi dovrà salire in sella e pedalare. Allo stesso modo, il mulino di Mulinvèlo è un'esperienza, oltre ad essere un locale, un negozio, sulla scia di esperimenti simili a Girona, a Londra, con l'innovazione data, proprio, dall'essere un mulino, da tutti gli anni che ha trascorso a produrre farina, dal caso di quel giorno in cui vi è capitata Antonella, dalla ristrutturazione, dall'ospitare biciclette. Soprattutto dall'essere sempre stato il posto giusto, al momento giusto. Una sorta di magia realizzata dagli esseri umani.


Il ritorno dell'(ex) cittì: intervista a Davide Cassani

Si sono emozionati in tanti quando è uscita la notizia che sarebbe tornato alla telecronaca non solo per il Giro d’Italia, ma anche per il Tour de France e i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Ho provato lo stesso anche io, che la sua voce l’ho scoperta solo recentemente da video di altre gare, altri tempi, su consiglio di amici. Mi dispiace non aver vissuto i suoi anni a fianco di Auro Bulbarelli, le ricognizioni delle tappe del Giro d’Italia e delle salite più famose. Dopo 28 anni dal Giro di Sardegna, la sua prima gara commentata a fianco di Adriano de Zan, dopo poco più di 10 da quel giorno in cui, a casa di Alfredo Martini, gli fu offerto il posto da ct della Nazionale maschile su strada, ho finalmente modo di recuperare il tempo perso: Davide Cassani è pronto infatti ad indossare di nuovo le cuffie e a prestare la sua voce al ciclismo.

Ho pensato che non potesse esserci Virgilio migliore per continuare il mio viaggio all’interno di questo folle mondo su due ruote. Per questo, in punta di piedi, un caldo pomeriggio primaverile gli ho rubato del tempo che presto sarà occupato da chilometri e chilometri di fughe, salite, piccole e grandi imprese. Volevo riflettere con lui sui miei e i suoi nuovi inizi, sull’amore per questo sport, sul ciclismo che vorrebbe raccontare, sull’importanza del passato, sulle sembianze di questo presente e su quelle che avrà il futuro.

Sono passati più di 10 anni dalla sua ultima telecronaca, anche se nel frattempo non ha mai abbandonato del tutto il piccolo schermo ciclistico con le partecipazioni al “Processo alla tappa” o il Giro d’Italia in bicicletta elettrica. Come si sente per questo ritorno?

Mi sembra ieri quando ho fatto la mia ultima telecronaca nel 2013 al Giro di Lombardia. Invece sono passati 11 anni, sono tanti. Nel mezzo ci sono stati anche gli 8 da commissario tecnico. Cerco di capire se tutto questo è stato reale, se non è invece stato un sogno. Ma sembra decisamente tutto vero. Sono ben contento di tornare in telecronaca: sono sicuramente più maturo, non so se riuscirò ancora a fare bene questo lavoro (ride), però l’entusiasmo è quello di sempre.

C’è qualcosa che le è mancato della telecronaca in questi anni?

Sinceramente no. Anzi, devo dire che è un distacco che mi ha fatto bene, perchè dopo 18 anni sentivo il desiderio di fare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Quando ascoltavo le telecronache di altri, non provavo nessun risentimento, ero contento di ascoltarle e di non farle. Quando però mi hanno chiesto di tornare qualche settimana fa, mi sono sentito dentro la voglia di dire sì, perché mi è sempre piaciuto fare questo lavoro e torno a farlo con piacere.

Campionati del Mondo Copenaghen 2011 - Road World Championship Copenhagen 2011 - Rudersdal 168 km - Under 23 - Francesco Pancani - Davide Cassani - BettiniPhoto©2011

Ad aspettarla c’è già il Giro d’Italia, a fianco di Francesco Pancani. Che Giro è pronto a raccontare e cosa ne pensa del percorso di quest’anno?

È un percorso come al solito impegnativo: ci sono due cronometro, c’è già un arrivo in salita al secondo giorno. Con la presenza di Pogacar, c’è un solo uomo da battere. Sarà uno contro tutti e non credo sarà affatto facile riuscire ad avere la meglio su di lui. Il percorso, comunque, è bello e se sarà appassionante o no, questo sarà tutto merito o colpa dei corridori.

C’è una tappa che la incuriosisce più di altre?

Sarò curioso di commentare la tappa di Prati di Tivo perché arriva dopo una settimana di gara, dopo una cronometro: sarà una tappa importante per capire tante cose.

Come ci si dovrebbe avvicinare, da neofiti, al ciclismo e coltivarne poi la passione anche da spettatori?

Con la curiosità di andare alla scoperta di qualcosa di nuovo. La bicicletta è tua: sei tu che ci pedali sopra, sei tu che decidi dove andare, con chi andare. È una bellissima scoperta, perché hai la possibilità di esplorare il mondo, però lo devi fare con l’accortezza giusta. È come quando si va a scuola: devi cominciare dalle elementari, l’università è lontana ma la puoi raggiungere. L’importante è cominciare con gradualità, non dare nulla per scontato. La bicicletta devi saperla guidare, ci sono delle insidie, dei pericoli. Quindi bisogna affrontare tutto con la massima attenzione e soprattutto cercando di dedicarsi ad una pedalata alla volta. Gli spettatori che, invece, guardano il Giro d’Italia non lo fanno solo perché hanno una passione per il ciclismo, ma soprattutto perché si rendono conto di vedere qualcosa di particolare. Il Giro non è una semplice corsa in bicicletta, fa parte della nostra Storia e della nostra cultura. Ci dà la possibilità di vedere tutto quello che circonda un gruppo di ciclisti. È importante poi andare a cercare di approfondire quello che si vede e che si sente, anche dai telecronisti: per uno spettatore curioso c’è l’occasione di imparare molte cose, sia tecniche che culturali.

Se lo ricorda il momento in cui si è innamorato del ciclismo?

Precisamente. Avevo 7 anni e mio padre mi portò a vedere un Campionato del Mondo vicino a casa mia. Rimasi così tanto affascinato da quella corsa che decisi che da grande avrei fatto il corridore e non ho più cambiato idea.

Tour de France 1998 - Jan Ullrich (T-Mobile) - Marco Pantani (Mercatone Uno) - BettiniPhoto©2010

Le chiedo un altro ricordo: Alessandra Giardini nel documentario “Il cielo del Pirata” dice parlando di Marco Pantani: “Quello che noi cerchiamo in fondo, quando andiamo a vedere uno spettacolo, come è lo sport, è qualcuno che sia in grado di cambiarti la vita con un gesto“. C’è nella sua memoria ciclistica da corridore, commentatore e poi tecnico, un momento che assomiglia a qualcosa di simile?

Mi sono subito reso conto che il ciclismo era il mio sport, che la bicicletta sarebbe entrata prepotentemente nella mia vita, perché il primo giorno che sono salito in sella e sono arrivato sulle prime colline mi sono sentito come Cristoforo Colombo. La bicicletta mi ha dato la possibilità di scoprire il mondo, di sentire quello che provavo dentro. Questa sensazione è rimasta intatta nonostante siano passati più di 50 anni da quel giorno. È stato un amore a prima vista. Mi sono divertito moltissimo anche nella tappa del Tour de France in cui Marco Pantani è riuscito a conquistare la maglia gialla, scattando sul Galibier e riuscendo a sconfiggere un Jan Ullrich che sembrava imbattibile. Quella è stata veramente una bellissima telecronaca. Per giunta se penso a lui, a quel giorno, penso anche ad Adriano de Zan, che è stato il mio primo maestro. Fu emozionante.

Quanto è importante, secondo lei, per capire il ciclismo di oggi, conoscere e aver vissuto anche quello del passato?

Il passato, per quanto mi riguarda, è arrivato di conseguenza perché amavo così tanto quello che facevo che volevo sapere da dove arrivava. Allo stesso tempo, una persona che scopre la bici a 40, 50 o addirittura 60 anni non è importante che conosca il passato, è importante che capisca cosa la bicicletta o il ciclismo gli sta trasmettendo in quel momento.
Il ciclismo è bello anche per questo: c’è chi corre per vincere, chi corre per stare insieme ad altri, chi va in bicicletta per vedere luoghi, chi vuole conquistare una montagna senza guardare il tempo ma solo per arrivare in cima. Ognuno ha delle ambizioni, dei progetti, delle imprese da compiere e dunque trova la bellezza in quello che fa.

Ci sono due temi che ho visto particolarmente accesi in questo inizio di stagione, ma se sulla sicurezza si è già pronunciato sui suoi profili social e speriamo possano essere fatti dei passi avanti, mi chiedevo invece cosa ne pensasse dell’altro: il dominio dei più forti che per alcuni rischia di rendere noiose le gare. Il ciclismo corre veramente questo rischio?

C’è questo rischio, però chi ama lo sport apprezza sempre quelli che riescono a fare imprese del genere. Il problema era presente anche negli anni ‘70 quando c’era un certo Eddy Merckx. È un tema che si ripete, ma non credo che la gente si annoi se Sinner vince tutti i tornei di tennis, né se le corse vengono vinte sempre dagli stessi corridori. È naturale che il ciclismo, come qualsiasi altro sport, diventi più interessante quando ci sono dei duelli, delle sfide che sono incerte. Per questo quando vediamo una sfida tra Pogacar e Vingegaard o tra van Aert e van der Poel è molto più accattivante. Sì, il ciclismo rischia di diventare più noioso se qualcuno riesce a dominare nettamente, però c’è l’apprezzamento dell’impresa, che rimane sempre una cosa straordinaria.

Spesso ho la sensazione che, essendo il peloton molto numeroso, si perdano delle storie minori che sono belle tanto quanto quelle dei grandi fenomeni. Come possiamo evitare che questo accada?

Bisogna raccontarle, bisogna scoprirle. Nel mio caso, ovvero attraverso la telecronaca, bisogna raccontare da dove arriva un’impresa, da dove arriva un corridore, che cosa ha fatto per arrivare a quel punto. Tante volte ci sono delle storie straordinarie, altre un po’ meno, ma comunque tutte danno un’idea di cosa sia il ciclismo, cosa sia uno sport professionistico difficile e di fatica come questo. Ogni corridore può avere una storia fantastica da raccontare, che ti fa rendere ancora più bello questo sport.

Tour of the Alps 2024 - 47th Edition - 5th stage Levico Terme - Levico Terme 118,6 km - 19/04/2024 - Antonio Tiberi (ITA - Bahrain - Victorious) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2024

Come le sembra, invece, la situazione attuale del ciclismo italiano?

Non stiamo attraversando un bel momento, perché non abbiamo un corridore da corsa a tappe, che possa prendere il posto di Vincenzo Nibali. Abbiamo dei corridori come Tiberi, Piganzoli e Pellizzari che speriamo possano crescere, così come Zana e Frigo. Qualche anno fa si stava meglio, anche perché adesso il ciclismo è diventato veramente mondiale: ci sono ragazzi che sono diventati campioni, che arrivano da ogni parte del mondo. Fino a qualche anno fa, assieme a spagnoli, francesi e belgi, avevamo il predominio nel ciclismo, adesso non è più così. Soffriamo in questo momento anche perché non abbiamo una squadra World Tour, abbiamo meno ragazzini che si avvicinano a questo sport. Abbiamo sicuramente degli ottimi velocisti come Ganna, Milan, Dainese e siamo fantastici su pista. Sono cresciute moltissime le donne, ma per quanto riguarda la strada al maschile in questo momento stiamo inseguendo.

Come se lo immagina il ciclismo del futuro?

Difficile prevederlo. Anche se sono cambiate le biciclette, gli allenamenti, le strade, le squadre, c’è sempre un comune denominatore che è la fatica, l’impegno che serve metterci per avere dei buoni risultati. Le corse importanti saranno sempre più importanti, mentre rischiano di scomparire le corse minori: il piatto forte è dato dalla partecipazione dei grandi campioni, che a loro volta non possono gareggiare sempre e dunque si concentreranno sulle corse più importanti. Anche nelle difficoltà, anche con il mondo che avanza, il Giro d’Italia e il Tour de France, così come la Milano-Sanremo o il Giro di Lombardia, rimarranno sempre nell’immaginario collettivo come grandi corse e saranno più ambite che mai. Per il momento, sono abbastanza ottimista. Certo, se vado a vedere quello che era il ciclismo 40 o 50 anni fa e quello che è adesso, speriamo di poter resistere.

In Song of Myself, Walt Whitman ad un certo punto scrive: “sono vasto, contengo moltitudini”. Quante moltitudini contiene il ciclismo?

Consiglio sempre alle persone di mettersi sulla cima di una salita e di guardare in faccia ogni singolo corridore. Ognuno di loro gli trasmetterà sempre qualcosa di sé, dal primo all’ultimo. Perché la faccia di ogni ciclista parla, soprattutto in salita. Quando poi te ne torni a casa e pensi a quelle facce, a quegli occhi, a quelle smorfie, capisci cos’è una corsa, una tappa, una salita e cosa può darti.

 


La prospettiva di un casco

I giardini di marzo si vestono di nuovi colori a Chiuduno, nei pressi di Bergamo, sull'eco di una canzone di Lucio Battisti che, chissà perché, si affaccia alla mente stamani. Pure la luce ha cambiato abito: la vetrata che riveste la parete alla sinistra del tavolo attorno a cui stiamo dialogando con Angelo Gotti, fondatore e CEO di Kask, proietta un chiarore differente, ombreggiando e rischiarando, pittrice esperta, i contorni delle sue mani mentre ruotano in ogni direzione un casco, indicando le linee e le asole, accarezzando con l'indice la rivestitura interna e stringendo e allargando il regolatore, con un cenno lieve di soddisfazione, al modo dei timidi.

 

«È necessario osservare il casco da ogni possibile prospettiva, rotearlo, inclinarlo, indossarlo e continuare a muoverlo sulla testa. Non devono emergere blocchi, in un punto o nell'altro: la sua reale essenza non è raccontata dall'apparenza di uno scaffale, ma dall'esperienza di mani artigiane che imparano a conoscerlo ed esplorarlo». Quello che intende Gotti l'abbiamo intuito pochi minuti prima, transitando da un piccolo laboratorio in cui un ragazzo dell'ufficio tecnico, muovendosi fra varie calotte, accanto a scansie ed attrezzature specifiche, ricerca le soluzioni migliori per plasmare il prossimo casco. Sembra di tornare indietro nel tempo, quando per fare il casco si partiva solamente da un pezzo di legno pieno che, colpo di scalpello dopo colpo di scalpello, iniziava ad essere scontornato sulle linee laterali, poi scavato, a cercare l'anima del disegno già impresso sui fogli, in uno schizzo e nella mente. Un processo che, in parte, resta costante tutt'oggi, anche se la tecnologia ha portato le elaborazioni in tre dimensioni, ma «il casco non è, se non nelle mani e sulla testa e – prosegue Gotti – la conformazione della testa è simile per tutti, ma in realtà molto differente nelle sfaccettature.

Il casco, prima nelle mani, ora è tornato, per qualche istante, ad essere poggiato sul tavolo, con gli occhi che ancora lo cercano, lo scrutano, fino a che si fermano sui pois rossi che lo macchiano, ricordo del pomeriggio del 17 luglio 2007, a Briançon, al Tour de France. Era la prima volta che Angelo Gotti respirava dal vivo l'atmosfera della mirabolante carovana gialla: se ne stava dietro una transenna, a pochi metri dal traguardo, dove non c'era nulla se non un grande schermo, non aveva niente, in fondo, nemmeno una bottiglietta d'acqua, eppure sentiva di avere scoperto una terra nuova. Le immagini continuavano a trasmettere Mauricio Soler all'attacco, i suoi pochi secondi di vantaggio, che solo qualche minuto prima parevano troppo pochi, quasi inutili, ora si sapeva, si sentiva, sarebbero bastati per vincere. «Osservavo il nostro casco a proteggere un ragazzo nel mezzo di un'avventura folle. Non capivo più nulla, ma ricordo distintamente che, dopo la linea bianca dell'arrivo, non lo tolse: era il mio punto di contatto con lui, un segno di riconoscimento dall'alto, mentre camminava verso il podio o si recava alle interviste. Se penso da dove sono partito, alle notti sveglio, nel buio, per fissare ogni dettaglio. Se penso come era grande quel casco nel megaschermo, il primo realizzato da Kask nel ciclismo».

Gli occhi diventano lucidi, liquidi, una risacca di ricordi: l'azienda in cui iniziò a lavorare a sedici anni e i caschi per l'equitazione, poi Mistral, dal nome di un vento, il maestrale che spira da nord ovest, il casco da ciclismo che lo fece discutere con il suo principale, dice così Gotti, «l'avevo progettato in maniera differente da tutti i caschi che già esistevano, ma gli esseri umani sono fatti da idee e istinti a preservarle. Non si rinuncia a un'idea per conformarsi agli altri». Fino ad un giorno in cui in un ufficio, simile a quello in cui stiamo conversando, calò il buio: Gotti vuole lasciare l'azienda, la nuova direttrice lo convoca. «Mi sono seduto che fuori era ancora giorno, sono uscito che era sera e il buio era anche dentro il locale perché, intenti a discutere, non avevamo nemmeno acceso la luce. Me ne andai». Il 18 marzo 2004, a Chiuduno, fra altri giardini di marzo, nasce Kask. Un paese dove tutto è a portata di bicicletta: made in Italy, dicono, made in Bergamo, sottolinea Angelo Gotti, che i primi caschi da lavoro li fece provare a un suo fratello, «il classico muratore bergamasco». Tutta la produzione qui, a portata di mano, per controllare ogni passaggio, per eseguire, se possibile, controlli aggiuntivi: «I caschi andrebbero battuti, in gergo, in due punti al momento del test, per verificarne la resistenza. Noi li battiamo ovunque: sono l'unico dispositivo di sicurezza che indossa un ciclista, se il punto fragile fosse il terzo? Non possiamo permetterci di affidarci alla fortuna, la coscienza non ce lo consente».

 

Ci sono voragini che Angelo Gotti rivive ancora adesso: l'incidente di Fabio Casartelli al Tour de France del 1995, quello di Andrej Kivilëv alla Parigi-Nizza del 2003 e quel «se il casco fosse già stato obbligatorio» che fa male. Ci sono lettere di ringraziamento con foto di caschi rotti nell'impatto di una caduta e frammenti di caschi spezzati conservati, «perché resteranno delle cicatrici, ma queste famiglie hanno ancora un figlio, un padre, un fratello». Allora ogni elemento del casco deve essere declinato nella prospettiva della sicurezza: dal polistirolo interno, ancora la miglior soluzione in termini di protezione dagli impatti, al comfort, «quel non sentirlo addosso», che accresce le possibilità che le persone lo indossino, all'aerazione e, per gli atleti, anche all'aerodinamica. «Si sono fatti passi enormi in questo senso: nel 1996 ricordo dei test in galleria del vento in cui su una pedana era posizionata una falsa testa e l'aria veniva sparata su dei cordoncini di cotone per verificarne il flusso. Si credeva che il casco dovesse essere allungato, ora sappiamo che è meglio sia corto e compatto e copra le spalle. C'era un casco unico, ora abbiamo caschi da pianura, aerodinamici e veloci, leggeri e areati da salita, polivalenti per tappe miste e ancor più aerodinamici per la cronometro. Ma un casco nasce dalla parte interna, proprio perché senza la sicurezza non ha senso di esistere».

A pochi chilometri dalla sede principale, in un capannone, operaie e operai, in piedi accanto a un lungo tavolo, eseguono ognuno una piccola operazione: chi toglie la sottile pellicola che riveste il casco, chi posiziona all'interno le protezioni prima riscaldate su un forno, chi sistema il regolatore e chi, con cura e un panno, pulisce la superficie dopo tutti questi passaggi. Operazioni di precisione e di mani pazienti. Ci si ferma ad osservare, ci si avvicina per vedere bene, e di fronte allo stupore per tanta attenzione di noi intrusi viene spontaneo esclamare: «No, niente, è solo bello vederti lavorare». In un altro capannone scopriamo i fogli da cui, attraverso l'arte della serigrafia, si sviluppa il casco vero e proprio. Saranno quei fogli a essere inseriti in una macchina, una sorta di demiurgo, che, attraverso degli stampi e il calore, li restituirà in pochi secondi con la sagoma perfetta del casco vero e proprio. Diego Zambon è il General Manager dell'azienda: alla stretta di mano, si è subito raccomandato sul fatto che «qui tutti si danno del tu, non è il lei a trasmettere il rispetto. Qui tutti visionano i caschi, danno un parere, partecipano, insomma, al lavoro di squadra. Parlo di Ineos, ma anche del contabile». Più tardi, davanti ad un caffè, ha confessato di essere abituato a parlare di numeri, di cifre, ma, in fondo, scaldato da ben altro. Dal pensiero che nonno, già agli inizi del Novecento, usava la bicicletta e, per lui, andava bene qualunque casco, bastava fosse della taglia corretta, tuttavia «se gli esseri umani non avessero questo desiderio di sperimentare, di guardare da altre prospettive, anche a costo di sbagliare, saremmo ancora lì e, chissà, forse non useremmo nemmeno più la bicicletta. Fare un casco ti ricorda che basta un passo di lato per vedere le cose in maniera differente e quel passo dobbiamo compierlo, anche se rischia di stravolgere tutte le convinzioni a cui ci aggrappiamo».

Il nostro giro ci porta verso un'esposizione di caschi, tra cui notiamo subito quelli usati da Chris Froome e, poco più in là, quello di Filippo Ganna, indossato al Mondiale a cronometro. Da qualche parte deve esserci anche quello del Record dell'Ora: noi indaghiamo con lo sguardo, finché veniamo avvertiti: «Angelo, ogni tanto, scende, ne prende qualcuno e lo porta nel suo studio. Sarà lì, senza dubbio. Quel signore che non dorme la notte ha questo vizio». La precisazione di Zambon suscita ilarità, è lui stesso a riprendere il filo del discorso, come dopo un respiro profondo che alleggerisce: «Froome non stava mai fermo in sella, continuava a muovere la testa, al contrario, Kiryenka era immobile. Noi siamo imperfetti, non possiamo farci nulla. Il casco è un oggetto e deve essere studiato anche per rimediare le imperfezioni umane. Nel momento in cui un atleta lo indossa, entra in rapporto con i suoi movimenti, con il body, con le condizioni meteo esterne. La performance risponde a questo equilibrio». Già, il lato umano: Froome che, non appena riceve il casco da Laura Butera, addetta alla comunicazione in azienda, a Monaco, resta qualche secondo a osservarlo «come fanno i bambini, ed era felice, davvero felice», oppure Filippo Ganna che, dopo il Record dell'Ora, restituirà quel casco all'azienda, mentre Gotti si raccomanderà «la visiera è sporca di sudore, guai a chi la lava». Pare sia uno dei caschi di cui va più orgoglioso: la visiera è dotata di alettine che favoriscono uno scorrere dell'aria più rapido. Le due componenti combinate hanno migliorato di 15 watt la prestazione, dieci per il casco, cinque per la visiera. Fino ad Alex Zanardi e all'unico contratto che non esiste: solo una stretta di mano e una telefonata a Gotti, in Sardegna, il giorno in cui vinse ai Giochi paralimpici.

 

Saliamo le scale, Angelo Gotti apre la porta del suo ufficio, sulla scrivania diversi caschi, altri sono posizionati su un mobile, lì dietro. «Ora mi rimetto al lavoro», afferma. La porta del suo ufficio si chiude, noi ci voltiamo verso la scala che ci accompagna all'uscita, sicuri che, prima di continuare a progettare, Gotti, almeno per qualche secondo, starà osservando uno di quei caschi, roteandolo, esponendolo alla luce, fino a dirsi, a bassa voce, rimettendolo al proprio posto, che fare i caschi gli piace ancora, come il primo giorno.

Foto: Eloise Mavian / Tornanti.cc


Dieci nomi da seguire alla Liegi-Bastogne-Liegi

Ultima grande classica di questa primavera prima di tuffarci con pensieri e parole direttamente sul Giro d’Italia. Liegi-Bastogne-Liegi: la corsa delle côte che sorride a scalatori o comunque a una certa tipologia di corridori che hanno confidenza con salite di media lunghezza, e grangiristi, ma che spesso trova un punto di incontro con quei cacciatori di classiche in grande forma. Quest’anno ce n’è uno in particolare che ha la maglia iridata e che vorrebbe compiere un’impresa mai riuscita a nessuno nella storia - vi roviniamo la sorpresa: sarà molto difficile per lui, se non impossibile.

Per questa Liegi-Bastogne-Liegi abbiamo scelto 10 nomi, ma li abbiamo suddivisi in diverse categorie: abbiamo i tre favoriti, tre alternative, ma ne restano fuori altri molto interessanti, tre outsider e infine un corridore italiano il quale, probabilmente, è il più accreditato per ottenere un risultato in una classica che ci ha visto, fino a un decennio fa, autentici dominatori. Chiudere con uno o due italiani nei 20 sarebbe grasso che cola.

TRE FAVORITI

Tadej Pogačar

Il Lombardia 2023 - 117th Edition - Como - Bergamo 238 km - 07/10/2023 - Tadej Pogačar (SLO - UAE Team Emirates) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Partecipazioni: 4
Miglior risultato: 1°nel 2021
2023: DNF

Una volta sul podio, poi una l’ha vinta, infine ha iniziato ad accumulare credito con la sfortuna. Lo scorso anno cadde e si ruppe il polso. Stona come nemmeno in questo 2024 vedremo la sfida più attesa contro Remco Evenepoel, il vincitore delle ultime due edizioni. Alcuni già si domandano se stravincerà o si limiterà semplicemente a vincere, altri già fanno pronostici sul momento in cui attaccherà. Noi, per lo spettacolo, speriamo in una corsa aperta, ma tanto dipenderà da lui.

Mathieu Van der Poel

E3 Saxo Classic 2024 - 66th Edition - Harelbeke - Harelbeke 207,3 km - 22/03/2024 - Taaienberg - Mathieu Van Der Poel (NED - Alpecin - Deceuninck) - Foto Nico Vereecken/PN/SprintCyclingAgency©2024

Partecipazioni: 1
Miglior risultato: 6° nel 2020
2023 -

La sfida la si cercherà con Mathieu van der Poel. Ora, sulla carta, non è che il campione del mondo sia proprio del tutto portato per vincere una Liegi soprattutto considerata la presenza di Pogačar, però se c’è un corridore di classe e in forma per provare a dare fastidio allo sloveno quello è proprio lui.

Tom Pidcock

Ronde van Vlaanderen 2023 - Tour des Flandres - 107th Edition - Brugge - Oudenaarde 273,4 km - 02/04/2023 - Tom Pidcock (GBR - INEOS Grenadiers) - photo POOL Dirk Waem/SprintCyclingAgency©2023

Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 2° nel 2023
2022: 103°

Ogni tanto vive giornate in cui tutto gli riesce bene, e fa anche divertire. L'Amstel di qualche giorno fa ne è la dimostrazione. Con la Liegi più che un conto aperto ha dimostrato di avere un certo feeling. Già sul podio nel 2023, ne prenota uno anche quest’anno.

TRE ALTERNATIVE

Marc Hirschi

Amstel Gold Race 2024 - 58th Edition - Maastricht - Berg en Terblijt 253,6 km - 14/04/2023 - Marc Hirschi (SUI - UAE Team Emirates) - Tiesj Benoot (BEL - Team Visma - Lease a Bike) - photo POOL Dario Belingheri/SprintCyclingAgency©2024

Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 2° nel 2020
2023: 10°

Indecifrabile Marc. Non sai mai com’è posizionato in gruppo, lo trovi in coda nelle fasi calde, poi accade che sta bene e scatta. Ha fondo, ma a volte sembra gli manchi la cattiveria e questa è forse la corsa che più gli si addice in tutto il calendario. Sulla carta è in squadra con Pogačar, ma spesso ci pare corra come un isolato dei tempi che furono.

Ben Healy

Giro d'Italia 2023 - 106th Edition - 8th stage Terni - Fossombrone 207 km - 13/05/2023 - Ben Healy (IRL - EF Education - EasyPost) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 4° nel 2023
2022: DNF

Non c’è dubbio: il Ben Healy visto finora in questo 2024 è lontano da quello che dodici mesi fa, tra aprile e maggio, ci aveva fatto sognare e spesso pure saltare dalla sedia. All’Amstel ha deluso, alla Freccia ci ha provato per poi lavorare per Carapaz, qui per chiudere degnamente un trittico ardennese che lo scorso anno lo vide protagonista assoluto.

Dylan Teuns

Amstel Gold Race 2024 - 58th Edition - Maastricht - Berg en Terblijt 253,6 km - 14/04/2023 - Dylan Teuns (BEL - Israel - Premier Tech) - photo Dion Kerckhoffs/CV/SprintCyclingAgency©2024

Partecipazioni: 8
Miglior risultato: 6° nel 2022
2023 -

Alti e bassi, ma non tragga in inganno il ritiro alla Freccia Vallone. Anzi teniamolo per buono: è andato forte al Brabante, così e così all’Amstel, ritirato per l’appunto alla Freccia, in una corsa, dura, per fondisti come lui, ricca di dislivello e salite più lunghe di quelle affrontate finora nelle gare di un giorno del calendario primaverile. Si prevede freddo e pioggia e quindi può dire la sua.

Tre Outsider

Kévin Vauquelin

Strade Bianche 2024 - 18th Edition - Siena - Siena 215 km - 02/03/2024 - Kévin Vauquelin (FRA - Arkea-B&B Hotels) - Footo Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Partecipazioni - 
Miglior risultato -
2023 -

Chi scrive stravede per il corridore francese, ma allo stesso tempo non pensava mai che il salto di qualità già visto nelle gare a tappe quest’anno (10° alla Tirreno e 8° ai Paesi Baschi) lo portasse a essere uno dei grandi protagonisti del trittico delle Ardenne. In fuga all’Amstel, secondo, a un passo dal successo, alla Freccia Vallone, Vauquelin è corridore che tiene bene sulle salite medio lunghe e ha spunto veloce. Incognita? Potrebbe pagare alla distanza come successo in Olanda.

Wout Poels

Wout Poels, qui in maglia INEOS, sarà uno dei capitani della Bahrain. Foto: ASO/Pauline Ballet

Partecipazioni 10
Miglior risultato 1° nel 2016
2023 42°

La vittoria di Poels alla Liegi appartiene a una vita fa: sua, della sua vecchia squadra, il Team Sky, della stessa Liegi che negli anni ha modificato il percorso - una volta resisi conto che la gara diventava sempre di più una lunga attesa verso il finale, hanno avuto coraggio di cambiare. In Bahrain, nonostante le quasi 37 primavere, Poels si dimostra atleta solido e affidabile, sta bene, come dimostrato al Tour of the Alps di questi giorni e in caso di gara selettiva lui è nome da tenere d’occhio.

Tiesj Benoot

Strade Bianche 2023 - 17th Edition - Siena - Siena 184 km - 04/03/2023 - Tiesj Benoot (BEL - Jumbo - Visma) - Attila Valter (HUN - Jumbo - Visma) - photo Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 7° nel 2023 e 2021
2022: DNS

Una garanzia di risultato come pochi, Tiesj Benoot, dopo essersi ben difeso sulle pietre, come ogni stagione si piazza anche sulle Ardenne. Terzo all’Amstel, nono alla Freccia nonostante si sia staccato più volte, si sia congelato le mani, abbia rischiato di tutto pur di riuscire a mettersi i guanti nelle fasi clou della gara. Se cercate un corridore per una top ten, fate affidamento sul simpatico belga.

Un italiano

Davide Formolo

Itzulia Basque Country 2024 - 63rd Edition - 6th stage Eibar - Eibar 137,8km 6/04/2024 - Davide Formolo (ITA - Movistar Team) - photo Miguel Ena/SprintCyclingAgency©2024

Partecipazioni 5
Miglior risultato 2° nel 2019
2023 -

Tempi di magra, forse il peggiore della storia del ciclismo italiano, ma non è certo colpa di Formolino. 24° alla Freccia, anche lui è uno di quelli da conto aperto alla Liegi dove spesso si è saputo esaltare chiudendo pure sul podio nel 2019. Anche lui, in caso di corsa dura, magari resa ancora più complicata da pioggia e freddo, può dire la sua per un piazzamento nei primi dieci.

Foto in evidenza: ASO/Maxime Delobel


Questionario cicloproustiano di Gaia Masetti

Il tratto principale del tuo carattere?
Determinazione.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Carisma.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Rispetto.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Sincerità.

Il tuo peggior difetto?
Permalosità.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Giocare-coccolare i miei cagnolini.

Cosa sogni per la tua felicità?
Che i miei più grandi sogni si realizzino.

Quale sarebbe per te la più grande disgrazia?
Ad oggi, che un qualche incidente non mi permetta più di pedalare.

Cosa vorresti essere?
Nient'altro, sono fiera di essere quella che sono.

In che paese/nazione vorresti vivere?
L'italia mi piace molto, anche se dopo il TDU mi sono innamorata dell'Australia.

Il tuo colore preferito?
In assoluto, nero.

Il tuo animale preferito?
Cane.

Il tuo scrittore preferito?
Non ho uno scrittore preferito.

Il tuo film preferito?
Top Gun.

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Coldplay.

Il tuo corridore preferito?
Non ho un corridore preferito.

Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà.

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma.

Il tuo nome preferito?
Non ho un nome preferito, il mio mi piace molto, è abbastanza particolare?

Cosa detesti?
Il menefreghismo della gente.

L’impresa storica che ammiri di più?
La storia non è mai stata una mia amica.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Probabilmente l'impresa di Pantani nel '98 a Montecampione.

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Uno dei 2 grandi giri a tappe - Giro e Tour.

Un dono che vorresti avere?
Immortalità - rimanendo fissa sulla fascia d'età dai 22 ai 27 anni, i migliori.

Come ti senti attualmente?
Sto bene, sono felice.

Lascia scritto il tuo motto della vita:
PER ASPERA AD ASTRA - che significa, attraverso le asperità sino alle stelle.


Nations' Cup: ultima tappa prima di Parigi 2024

Si è appena conclusa la Nations’ Cup 2024, la riformata Coppa del Mondo introdotta dall’Uci nel 2021. A differenza delle edizioni passate, spesso poco partecipate, quella di questa stagione ha assunto una particolare importanza in vista dei Giochi Olimpici di Parigi. Infatti, le tre tappe di Nations’ Cup non sono solo state un’occasione per guadagnare gli ultimi punti in chiave qualificazione, ma anche per preparare corridori e materiali prima delle Olimpiadi.

UCI 2022 Track World Championship Day 2 - Saint-Quentin-en-Yvelines - France - 13/10/2022 - Men Scratch Race - Dylan Bibic (CAN) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2022

Le danze si sono aperte nei primi di febbraio in Australia, dopo il Tour Down Under. Ciò ha permesso la partecipazione di molti stradisti, ma gli specialisti si sono trovati a dover scegliere tra la prima prova di Nations’ Cup e gli Europei di Grenchen, corsi pochi giorni dopo, per questo motivo la nazionale neerlandese ha deciso di non volare in Australia. Gli occhi degli addetti ai lavori erano puntati sulla squadra di casa, soprattutto nelle discipline veloci maschili, ma Richardson (che nei 200 metri lanciati ha fatto registrare uno straordinario 9.499, a dimostrazione del suo stato di forma) e compagni hanno trovato sulla loro strada un Giappone straordinario. Gli australiani hanno trovato il successo solamente nella velocità olimpica, poi solo sconfitte: da Kaiya Ota nella velocità individuale al malese Awang nel keirin, il quale ha preceduto i due nipponici Shinji Nakano e ancora Ota. Per il Giappone, guidato dall’ex sprinter francese Benoit Vetu, i successi non sono finiti lì perché al femminile Mina Sato ha conquistato l’oro nel keirin e l’argento nella velocità individuale. Però, a vincere più medaglie d’oro di tutti è stata la selezione neozelandese, trainata da Aaron Gate e Campbell Stewart (vincitori della madison maschile), Bryony Botha e Ally Wollaston. Quest’ultima, dopo il successo nell’inseguimento a squadre, ha prevalso nell’eliminazione e nell’omnium avendo la meglio su due certezze della pista come la statunitense Jennifer Valente e la britannica Katie Archibald, la quale, non a caso, ha vinto la madison, in coppia con Elinor Barker. Al maschile, il canadese Dylan Bibic ha messo in scena una prestazione analoga a quella della neozelandese. Il classe 2003, già campione del mondo nello scratch nel 2022, ha trionfato prima nell’eliminazione e poi nell’omnium, battendo allo sprint finale, decisivo per rompere il pareggio, Elia Viviani. Viviani ha partecipato anche al torneo di inseguimento a squadre assieme a Filippo Ganna, Davide Boscaro, Franceso Lamon e Manlio Moro. Gli uomini di Villa purtroppo non hanno ottenuto il risultato sperato: dopo la sconfitta in semifinale contro i padroni di casa (poi sconfitti dalla Gran Bretagna di Tarling) si sono dovuti accontentare della medaglia di bronzo, contro un parterre in cui mancavano Danimarca e Francia. Non hanno brillato neanche i velocisti azzurri. La promettente velocità olimpica non ha superato il turno di qualificazione ed è stato lo stesso per Mattia Predomo e Daniele Napolitano nel torneo della velocità individuale. Neppure Miriam Vece ha brillato, ottenendo l’undicesimo posto nel keirin e l’eliminazione agli ottavi nella velocità individuale per mano di Katy Marchand.

UCI 2023 World Championship Glasgow - Track - Day 5 - Women Elite Madison - 07/08/2023 - Yuri Kajihara (Japan) - Tsuyaka Uchino (Japan) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Un mese più tardi, il circus del ciclismo su pista si è riunito ad Hong Kong, dove hanno brillato nuovamente gli atleti giapponesi e stavolta non solo nella velocità. Kaiya Ota ha fatto doppietta nel keirin e nella velocità individuale, la velocità olimpica maschile ha perso solo alla finale per l’oro, lo stesso per il quartetto maschile che si è dovuto arrendere ai campioni del mondo della Danimarca, ancora doppietta nell’omnium femminile con Yumi Kajihara, vincitrice anche dell’eliminazione, e Tsukaya Uchino, oro nella madison femminile con Maho Kakita, e infine i bronzi maschili con Naoki Kojima nell’omnium e Kazugishe Kuboki e Eiya Hashimoto e quello dell'inseguimento a squadre femminile. Una prestazione corale - dieci medaglie con undici atleti diversi - che fa ben sperare in vista delle Olimpiadi di Parigi, dopo i fallimentari Giochi di casa dove arrivò solo un argento. Tra tutti gli astri nascenti della nazionale giapponese, il più talentuoso è lo sprinter Kaiya Ota, che a soli 25 anni è già un idolo in patria grazie ai suoi successi nel keirin, che in Giappone è una religione e viene corso ogni domenica in velodromi all’aperto. A sorprendere, però in negativo, è stata anche la spedizione neerlandese. Gli oranje, per la prima volta dopo anni, sono rimasti a secco di medaglie nelle discipline veloci, pur schierando la miglior squadra possibile. Dunque, a fare la Lavreysen di turno ci ha pensato Emma Finucane nella velocità femminile. La classe 2002, già campionessa mondiale, ha vinto la medaglia d'oro nella velocità olimpica, con Sophie Capewell e Katy Marchant, nella velocità individuale e nel keirin, in cui si è verificato il ritorno di un’atleta russa su un podio internazionale, ovvero Alyna Lysenko (3ª), la quale ha gareggiato come atleta neutrale. Invece nell’endurance maschile il plurivittorioso è stato Aaron Gate, trionfante nell’omnium e nella madison assieme a Campbell Stewart.

2024 UEC Track Elite European Championships - Apeldoorn (Netherlands) - Day 1 - 10/01/2024 - Team Sprint - Jeffrey Hoogland (NED) - Harrie Lavreysen (NED) - Roy van den Berg and - Tijm van Loon (NED) - Foto Davy Rietbergen/CV/SprintCyclingAgency©2024

La Nations’ Cup di Hong Kong ha rinviato gli ultimi verdetti in chiave qualificazione olimpica alla tappa di Milton (Canada), l’ultima occasione per strappare un ticket per Parigi. Tra le squadre che dovevano chiudere i conti qualificazione c’era il fortissimo quartetto inglese maschile, ancora penalizzato dalla caduta di Tanfield agli scorsi campionati mondiali, che ha reagito doppiando la Svizzera nella finale dell’oro. La Gran Bretagna ha centrato il successo nell'inseguimento a squadre anche con il quartetto femminile, che ha rifilato sei secondi e mezzo all’Italia seconda classificata. Nei giorni seguenti hanno portato tre medaglie d’oro a Londra anche la madison femminile, con Katie Archibald e Neah Evans, e l’omnium sia femminile che maschile, con la solita Archibald - davanti a Letizia Paternoster - e Ethan Hayter. La scozzesse non è stata l’unica atleta a collezionare una tripletta di ori in questa tappa della Nations’ Cup, infatti Harrie Lavreysen è tornato sugli scudi dopo il passo falso di Hong Kong vincendo nella velocità a squadre, con i fedeli Roy van den Berg e Joeffrey Hoogland, nel keirin e nella velocità individuale. Va però sottolineata l’assenza degli australiani e dei giapponesi, che in questa stagione hanno dato filo da torcere agli oranje. Al femminile, le competizioni veloci sono state più equilibrate, con i Paesi Bassi che hanno vinto la velocità a squadre, la neozelandese Ellesse Andrews che ha vinto il keirin in maglia iridata e la francese Mathilde Gros che è tornata alla vittoria nella velocità individuale. Buone prestazioni anche da parte della velocità italiana. Con un sesto posto nella velocità individuale e un nono nel keirin, Miriam Vece ha ufficialmente strappato il ticket olimpico per Parigi, in entrambe le discipline. Vece diventa così la prima sprinter donna a qualificarsi ai Giochi Olimpici per l’Italia dal 1988, quando Elisabetta Fanton partecipò all’edizione d’esordio della velocità femminile. Arrivò alla qualificazione anche la allora diciottenne Elisa Frisoni nel 2004, ma la veronese fu costretta a dare forfait a causa di un infortunio. È invece svanito il sogno olimpico della velocità olimpica maschile, sebbene mancasse solo l’ufficialità. Tuttavia Stefano Minuta, Mattia Predomo e Matteo Bianchi, guidati da Ivan Quaranta, hanno chiuso con un promettente quarto posto finale, anche se sarà molto difficile riconfermare un risultato del genere nei palcoscenici più importanti nel prossimo futuro. La vittoria nella finale per il bronzo contro gli azzurri è valsa al Canada la qualificazione in zona Cesarini, bissando dopo poco più di un’ora la velocità olimpica femminile che, racimolando gli ultimi punti nel velodromo di Milton, ha estromesso dalle Olimpiadi le padrone di casa della Francia.

Il prossimo appuntamento per i pistard sarà quello più importante del quadriennio: i Giochi Olimpici di Parigi. Questo inizio stagione ha mescolato le carte in tavola e al velodromo di Saint Quentin-en-Yvelines nessuna gara sarà scontata, dalla velocità, contesa tra britannici, australiani, neerlandesi e giapponesi, all’endurance, in cui si potranno rivivere emozioni simili a quelle di tre anni fa. L’appuntamento è fissato al cinque agosto.

Foto in evidenza: 2024 UEC Track Elite European Championships - Apeldoorn - 10/01/2024 - Inseguimento a squadre femminile - Vittoria Guazzini  - Elisa Balsamo - Letizia Paternoster - Martina Fidanza - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024