Sempre diversa, sempre la stessa: intervista a Gaia Realini

Dopo qualche mese dall'ultima intervista, Gaia Realini, nella nostra chiacchierata, riparte, ridendo, dal sei maggio, quando, durante la sesta tappa de "La Vuelta Femenina", si trovò, a pochi chilometri dal traguardo, in testa alla corsa, assieme ad Annemiek van Vleuten. Siamo, però, noi a mettere sul tavolo una sorta di provocazione: «Dai, adesso puoi dirci la verità: sentivi di poterla vincere?». Non c'è quasi tempo fra la domanda e la risposta e la voce di Gaia riprende, allegra: «Ma nemmeno per sogno. Il mio pensiero era: "Perfetto, siamo in due, faccio seconda e porto a casa un'altra giornata positiva». Dall'ammiraglia, però, non la pensavano così. L'avrei scoperto a breve". Infatti, di lì a poco, sarebbe stata la voce di Paolo Slongo a dirle che quella volata avrebbe dovuto giocarsela. Il dialogo ve lo riportiamo: è più o meno così
«È l'occasione della vita, Gaia. Giocatela»
«Ma come faccio?»
«Stai tranquilla. Devi solo stare tranquilla e fare la tua volata»
«Sì, posso fare anche la mia volata, ma è impossibile. Vince lei, non ci sono dubbi»
«Tu inizia a fare la volata, poi vediamo».

Gaia Realini e Annemiek Van Vleuten - Foto: Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Gaia Realini non era convinta, eppure quella volata l'ha fatta e l'ha vinta: «Non ci credevo in quel momento e non ci credo ancora. Eppure ho rivisto più volte quel finale e la ciclista in maglia Trek-Segafredo sono proprio io. Prima o poi me ne convincerò». Bastano queste poche parole per capire che i successi di inizio stagione e un'indubbia crescita non hanno per nulla cambiato Realini che, per usare le sue parole, resta la ragazza di sempre. «Non sono cambiata e da questo punto di vista credo non cambierò mai. Ti dico di più: se dovessi cambiare, vorrei che qualcuno me lo facesse notare, perché starei sbagliando. Ho ben presente come sono arrivata qui, i sacrifici che ho fatto, so che siamo solo esseri umani, che possiamo saltare molto in alto ma anche cadere giù. Non avrebbe senso». Ci sono stati dei cambiamenti, questo sì, ma di altro genere.

«I risultati portano fiducia, capisci le tue reali potenzialità. In questo senso cambiano. Però i risultati vanno guardati con i piedi per terra, ma proprio con i piedi ben saldi a terra, altrimenti rischiano di portarti fuori strada». Ed in questa acquisizione di fiducia, ha fatto moltissimo una nuova presa di coscienza rispetto all'errore, soprattutto per una persona come Realini che si descrive come estremamente autocritica: «L'errore è parte del processo di crescita, occorre saperlo individuare ed analizzare con un approccio positivo. Ci sta solo indicando dove correggere per migliorare. Il fatto è che chi è molto autocritico, di solito, fatica ad avere questa visione e per gli errori si colpevolizza eccessivamente. In parte lo faccio ancora, ma meno». Ecco dove è cambiata Realini.

Gaia Realini - Foto: Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Un processo iniziato da tempo ed in continua evoluzione che, però, trova le sue radici nella prima gara di stagione con Trek-Segafredo, l'UAE Tour: in quei giorni, c'erano molti pensieri nella mente dell'abruzzese di Pescara, la maggior parte dei quali avevano a che fare con quello che tutti si sarebbero aspettati da lei, dopo il cambiamento di squadra: «La cosa incredibile è che, per lungo tempo ho vissuto divertendomi gli allenamenti e con una forte ansia le gare. In quei giorni ho capito che nessuno si aspettava qualcosa di particolare da me e nemmeno io avrei dovuto aspettarmi chissà cosa. Solo continuare a fare ciò che già facevo, pedalare al meglio delle mie possibilità. In fondo, perché dovrei essere in ansia per questo? So farlo, l'ho sempre fatto».

Gaia Realini guarda con attenzione ciò che fanno le compagne di squadra, ascolta ogni consiglio, diretto o indiretto, dice che per lei «è pane ogni suggerimento», così ogni gara la riporta a un passo avanti: l'azione con Longo Borghini all'UAE Tour, la vittoria a Montignoso con Spratt, in una corsa in cui non partivano favorite, sino a quel giorno a "La Vuelta", da cui è iniziato il racconto.

Ora il pensiero è al Campionato Italiano a Comano Terme che, il 25 giugno, assegnerà una nuova maglia tricolore: «È un traguardo a cui si lavora da inizio stagione, certamente molto importante. Vedremo come si metterà la corsa, ma io ed Elisa Longo Borghini faremo di tutto per mettere in difficoltà le avversarie. Nel circuito finale, quello da percorrere per quattro volte, c'è una salita di cinque chilometri. Secondo me, un buon punto, in cui chi avrà la gamba potrà dire la propria, sarà il secondo dei quattro giri: la corsa potrebbe esplodere lì».

La Vuelta Femenina 2003 - 1st Edition - 7th stage Pola de Siero - Lagos de Covadonga 93,7 km - 07/05/2023 - Gaia Realini (ITA - Trek - Segafredo) - photo Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Quando le chiediamo del significato di quella maglia, Realini inizia parlando di felicità: «Sarebbe un orgoglio, una grande gioia...ma c'è di più. Per me il ciclismo non è mai stato un sacrificio: tutte le volte in cui qualcuno mi chiedeva come facessi a fare la mia vita, rispondevo con la stessa domanda: "Tu come fai a fare la tua?. E, se non lo dicevo, pensavo: "Per fortuna che ho questa vita”. La mia maglia tricolore avrebbe anche questo significato». Forse per questo, quando Realini parla del Giro d'Italia, prossimo appuntamento in ordine temporale, accenna alla tappa di Canelli, a quelle in Sardegna, in cui segnala l'incognita vento, sottolinea l'importanza di vivere questo appuntamento al massimo e poi torna a parlare del lavoro: «Sono contenta quando devo fare la gara, ma per me c'è qualcosa di enorme anche nel lavorare per la squadra. Sai, quando tagli il traguardo e sai che hai fatto molto per le tue compagne, ti senti a posto con te stessa, serena. Una sensazione bellissima. Il giorno del Binda, ad esempio, l'ho provata». E, se sarà difficile, come è sempre difficile una gara a tappe, Gaia Realini saprà come farsi coraggio.

«Quando tutto va bene e vinci, arrivano molte persone che vogliono esserti amiche, che dicono di esserti amiche. Presto scopri che basta un periodo no perché tutti si allontanino. Avere tante persone a fianco può attirare. Io ho capito che me ne bastano poche, davvero poche. La mia famiglia, gli amici e lo staff della squadra. Loro mi fanno sentire coraggiosa».


Il questionario cicloproustiano di Soraya Paladin

Il tratto principale del tuo carattere?
Testarda

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Spensieratezza

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Resilienza

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Sincerità

Il tuo peggior difetto?
Cocciutaggine

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Cucinare

Cosa sogni per la tua felicità?
Viaggiare il più possibile

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere qualcuno a cui tengo

Cosa vorresti essere?
Ogni giorno la mia migliore versione

In che paese/nazione vorresti vivere?
Amo la mia terra e il mio territorio, difficilmente mi vedo in posti diversi dalle zone in cui vivo ora

Il tuo colore preferito?
Verde

Il tuo animale preferito?
Tartaruga

Il tuo scrittore preferito?
Nicholas Sparks

Il tuo film preferito?
Inception

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Coldplay

Il tuo corridore preferito?
Ivan Basso

Un eroe nella tua vita reale?
Mio padre

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma

Il tuo nome preferito?
Chloe

Cosa detesti?
Le persone che giudicano

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Chiunque crea danni alla società e istiga alla violenza/guerra

L’impresa storica che ammiri di più?
Caduta del muro di Berlino

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Il mondiale di Alessandro Ballan, ero lì all'arrivo

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Credo sia sempre brutto, non vorrei mai ritirarmi da una gara

Un dono che vorresti avere?
Teletrasporto

Come ti senti attualmente?
Serena

Lascia scritto il tuo motto della vita
Molti sognano, pochi ambiscono


Upcycle e Milano: una festa a raccontare la loro storia

Upcycle è un bike café di Milano da esattamente dieci anni. Così, in una sera d'estate, il 21 giugno, a partire dalle diciotto, quel bike café festeggerà, con tutti coloro che vorranno essere presenti, questo tempo e lo farà ancora nel segno delle due parole che meglio non potrebbero descrivere la propria essenza: bicicletta e caffè, per l'appunto. Una caffetteria, con tavoli lunghi, in cui i ragazzi di "Città studi" preparano i loro esami, assieme, in cui si pranza o si cena per motivi di lavoro, oppure, semplicemente, ci si incontra per caso e si chiacchiera: a questo servono quei tavoli, in cui condividono un caffè o un panino, l'uno accanto all'altro, anche persone che non si conoscono e che magari non si rivedranno più. In cui l'acqua è gratis. Una caffetteria in cui ci sono berretti, maglie da ciclista e biciclette, tante biciclette.

«All'interno del locale c'è un vero e proprio scambio. Pensate al gesto di prendere un caffè- ci spiega Marco Mazzei, che la prima volta passò in quel locale proprio agli inizi- si discute prima, nel mentre e dopo. Cosa significa? Che se all'interno succede qualcosa di interessante, molto probabilmente, questo qualcosa arriverà anche fuori. In questo una tazzina di caffè e la bicicletta si somigliano, sono capaci di aggregare, hanno profondamente a che fare con la socialità». Dieci anni fa, già, in un momento in cui a Milano ferveva qualcosa di nuovo rispetto alla bicicletta, qualcosa di bello, di futuro. Marco Mazzei conosceva già l'esperienza di locali simili, dall'estero, la ammirava ed era convinto che il percorso di Upcycle sarebbe stato come quello di qualsiasi bike café visto in viaggio, eppure Upcycle, crescendo, non è diventato esattamente come lo immaginava e questo, Mazzei lo dice, è stato anche un bene: «Sì, perché questi locali, altrove, erano molto legati al "professionismo": bici da professionista e marchi da professionista. Upcycle, invece, è sempre stato un variegato insieme di umanità, di grandi pedalatori, di biciclette in ogni forma e dimensione. Non me lo aspettavo, ma è qualcosa in più, che credo debba essere conservato e custodito. Upcycle guarda la città ma allo stesso tempo è di respiro internazionale».

Attorno a quei lunghi tavoli, le persone cambiano nel corso della giornata e, la sera, molte volte, si ritrovano ad ascoltare racconti, di viaggi, di andate e ritorni, di ruote, ingranaggi e catene, in ogni caso, di donne e uomini: «Penso che un tavolo come quello, sia un luogo in cui possono sciogliersi molte sfide che viviamo nella quotidianità. Prendiamo il tema dei rider, del lavoro e della bicicletta, è un tema che apre molti scenari, molte possibilità: lì se ne può parlare, si può capire e migliorare, cambiare. In ogni caso, capire è sempre meglio. Un locale così può aiutare a capire». E a diffondere, "a portare fuori", per le strade e le case, quel che si sente lì dentro, anche qualcosa che, senza quel luogo, non si sarebbe mai ascoltato: si ritorna al caffè e alla bicicletta, senza l'uno e senza l'altra, probabilmente, non conosceremmo molte cose che, invece, conosciamo. Per questo motivo, la festa, che prevederà un red carpet su cui potranno sfilare le biciclette, momenti di spensieratezza, leggerezza, e, soprattutto, l'idea che festeggiare adesso significhi pensare al futuro e pensare a cosa potrà essere Upcycle fra altri dieci anni, quale potrà essere il suo rapporto con la città, il tema della sicurezza, ad esempio.

«Porto un esempio: tempo fa c'è stato un incontro a tema economia carceraria. I carcerati, guidati da un meccanico, hanno aggiustato delle biciclette che poi sono state utilizzate da molte persone. Mi piacerebbe parlare di tutti i significati che porta un giro in bici su una di quelle bici». Allora il futuro di Upcycle parte dal suo passato e dal suo presente, dall'impatto che ha avuto sulla città, su persone che, magari, sono capitate fra le sue mura una volta soltanto eppure fanno parte di questa storia, perché hanno sentito parlare di un qualche viaggio e, pur non avendolo mai fatto prima, sono partite, in bicicletta: «Upcycle fa parte di questa città, nel senso di appartenenza, delle sfaccettature, dei viaggi raccontati, del lavoro, del turismo urbano o dell'avventura. Di un certo modo di vedere la città stessa e la bicicletta. Dalla città arrivano le voci che si sentono quando passi qui accanto, il fatto che sai che qui troverai qualcuno».

In quella sera d'estate, quella del 21 giugno, a questa festa che riserverà molte sorprese troverete anche Alvento, la riproduzione e l'esposizione di dodici copertine dei numeri della nostra rivista, i nostri libri, qualcuno di noi. Per festeggiare e scambiare chiacchiere ed idee. Quelle che, poi, con un caffè e una bicicletta chissà davvero dove possono arrivare.


Mechanism Pro, roba da Pas Normal

Come ogni pannolato che si rispetti, ho iniziato ad andare in bici vestito male. Molto male. Mio fratello ha fatto il dilettante per diverse stagioni e mi permetteva di usare esclusivamente la sua roba peggiore, sgualcita o strappata. Non avevo mai provato niente di meglio, quindi pensavo che fosse normale che una maglietta da ciclismo creasse un effetto-cappa tremendo per la sudorazione, che fosse pesante e per nulla elastica, piena di sponsor e, generalmente parlando, un pugno nell’occhio di chi guarda.

 

 

Mentre accumulavo chilometri e un minimo di esperienza in sella, ho provato altri materiali e altre sensazioni. Tutte un po’ migliori delle precedenti, a piccoli passi ma sempre per il meglio. Tanto da sentirmi, di recente, quasi pronto ad uscire dalla meravigliosa bolla di ignavia che è la pannolanza. Poi è successo che sono finito a scrivere per una rivista di ciclismo e questi standard hanno dovuto per forza di cose elevarsi ulteriormente. Le occasioni in cui vengo bersagliato da critiche à la Enzo Miccio sono quasi zero, ormai.

Questo perché, tra le altre cose, a fine aprile, Pas Normal Studios ha invitato Alvento e altre testate europee al lancio della sua nuova linea d’abbigliamento, Mechanism Pro. Conoscevo già Pas Normal perché vestono PNS quasi tutte le persone pedalanti più fighe di Instagram. E conoscevo la linea Mechanism perché l’ho vista in strada, pensando subito: che bello dev’essere, pedalare con la scritta “meccanismo” sulla schiena. Ma a Copenaghen ho potuto vedere e provare tutto dal vivo, sulla mia pelle.

Mechanism Pro al primo tocco non sembra vero. Innanzitutto: pesa pochissimo. Indossando la maglietta, ti sembra di alzare un tovagliolo di carta. Il tessuto però è resistente, elastico: a PNS la chiamano “sensazione da seconda pelle” e sembra scompaia mentre si pedala. Lo abbiamo provato in un velodromo poco fuori Copenaghen e la posizione che devi tenere in pista - per forza di cose aggressiva e alla ricerca di un qualsiasi vantaggio aerodinamico - esalta un tessuto pensato per andare veloce.

Lo stile minimale e i colori pastello, spenti, risaltano notevolmente in gruppo. Hipster com’è, Copenaghen è piena di ciclisti che si vestono non bene, di più. Davanti all'ex fabbrica di armi convertita nell’odierna sede centrale di Pas Normal, partono e arrivano ciclisti che sembrano modelli, a tutte le ore del giorno. Al piano terra c’è un ciclo-caffè davvero delizioso: si vede, come del resto è rintracciabile in tutta l’estetica del brand, un tocco di design danese.

I locali di PNS a Copenaghen sono stati disegnati e progettati da OEO, uno studio di architettura degli interni che si auto-definisce ispirato dal minimalismo persuasivo. È forse il modo in cui riassumerei anche la linea Mechanism Pro: danese e veloce, costosa e fichissima. Perfetta, insomma, per sembrare l’opposto di un pannolato.


Il questionario cicloproustiano di Barbara Guarischi

Il tratto principale del tuo carattere?
Essere diffidente, mi sono resa conto che può essere un'arma a doppio taglio

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Semplicità

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Onestà

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Che siano sinceri nel bene o nel male quando chiedo loro un consiglio

Il tuo peggior difetto?
Impulsiva

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Andare a camminare in montagna ascoltando musica e perdermi nel mio mondo

Cosa sogni per la tua felicità?
Salute e una persona che mi ami per ciò che sono

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Veder mancare un proprio caro dall'oggi al domani

Cosa vorresti essere?
Catwoman? No scherzo, semplicemente me stessa

In che paese/nazione vorresti vivere?
Senza dubbio Italia

Il tuo colore preferito?
Viola

Il tuo animale preferito?
Cavallo

Il tuo scrittore preferito?
Non ho uno scrittore preferito, mi piacciono molto le biografie

Il tuo film preferito?
Il Joker

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Non ho un artista preferito, mi piacciono le canzoni in generale, perlopiù anni 80/90', quelle che hanno fatto la storia e che tutti si ricordano. Se dovessi scegliere un gruppo dei giorni nostri forse direi i Coldplay

Il tuo corridore preferito?
Il fedele gregario. Mørkøv per gli uomini, Deignan per le donne

Un eroe nella tua vita reale?
Papà

Una tua eroina nella vita reale?
Mamma

Il tuo nome preferito?
Mia

Cosa detesti?
La falsità

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Adolf Hitler

L’impresa storica che ammiri di più?
Tom Boonen e le sue 4 Roubaix

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
04/08/2021. il quartetto uomini è Campione Olimpico

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Parigi-Roubaix

Un dono che vorresti avere?
Se si parla di bici, allora dico qualche watt in più. Se si tratta di vita di tutti i giorni, la salute

Come ti senti attualmente?
Felice

Lascia scritto il tuo motto della vita
Un obiettivo senza un piano è solo un desiderio


«Forse al Giro...»: intervista a Marta Cavalli

La mattina, quando le telefoniamo, Marta Cavalli, dopo alcuni giorni a casa, sta per ripartire per le gare, per quel Tour Féminin International des Pyrénées dove coglierà il successo, che vi abbiamo raccontato, ad Hautacam, e, come ogni volta, prima di partire, si prepara a passare a salutare i nonni. Un gesto apparentemente semplice che, però, in questa stagione strana, con molte difficoltà inaspettate, ha spesso avuto un gusto agrodolce: «Tutte le volte mi abbracciano e mi dicono: "Speriamo vada tutto bene, speriamo in un risultato". In questi mesi, ho sentito molte volte questa frase e tutte le volte ho detto "sì, speriamo", pur sapendo che quel risultato non sarebbe potuto arrivare. Ed ogni volta era più difficile, perché, dopo un'annata come il 2022, tutti si aspettano qualcosa da Marta Cavalli e, più passa il tempo, più se lo aspettano». Inizia così un'intervista che prova a riavvolgere il filo degli scorsi mesi ed allo stesso tempo cerca di guardare avanti, ai Campionati Italiani, al Giro d'Italia ed al Tour de France. In generale alle gare perché è lì che Cavalli si aspetta di ritrovare qualcosa a cui, l'anno scorso, si era abituata.

«Non te lo nascondo, sto pensando alla vittoria, del resto ci pensano tutte le atlete. Io, però, so che, in momenti come questi, è ancora più importante, ancora più bella. Importa nulla quale sia la gara, se più o meno prestigiosa, in ogni caso, se vincerò, avrò battuto le atlete presenti, ed io voglio vincere, voglio liberarmi. E, se non dovesse essere la vittoria, almeno un piazzamento, una prova così buona da restituirmi alla me stessa che conosco». Marta Cavalli ci confessa che, in ogni allenamento, ricerca il limite, il momento in cui in salita si è da soli, all'attacco, con tutti i tifosi che gridano, incitano, caricano. Un momento che vive attraverso i muscoli, che fanno male, e immagina, quasi sentisse quelle voci urlare il suo nome, tanto lo desidera: «Non è successo molto tempo fa, d'improvviso ti svegli la mattina e l'idea di fare sei ore di allenamento con 2500 metri di dislivello non ti spaventa più, non ti fa più porre domande, ma ti sprona. Hai voglia di provare quella sofferenza. Quando ho provato quella voglia, ho capito che, forse, il momento più difficile era passato, perché, quando stai male, la sofferenza non vuoi vederla, non la sopporti».

Ma il perché si sia innescato questo meccanismo, nemmeno Cavalli lo sa. Se lo è chiesto più volte e se lo chiede anche mentre parla con noi, mentre ci dice che, con l'arrivo del caldo, le sensazioni sono sempre migliori, che sta bene, che la Vuelta le è servita e, dopo un inizio di stagione a intervalli, questa seconda parte sembra essere migliore. «All'inizio non avevamo capito quanto fosse esteso il problema. Pensavamo a qualcosa di temporaneo, magari una trasferta da cui non avevo recuperato, un momento no, una settimana no, un carico eccessivo. In realtà, nel mio caso, c'era un fattore fisico ed anche un fattore di approccio mentale su cui lavorare. Quindi il fatto era ben più complesso». Non tutte le stagioni sono uguali, Marta Cavalli ce lo ripete spesso, ma, nel suo caso, il fatto che quest'anno venga dopo il 2022 è particolarmente significativo.

Giro d'Italia Donne 2022 - 33rd Edition - 4th stage Cesena - Cesena 120,9 km 04/07/2022 - Marta Cavalli (ITA - FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope) Annemiek Van Vleuten (NED - Movistar Team) - photo Massimo Fulgenzi/PMG Sport/SprintCyclingAgency©2022

L'anno scorso ogni gara era quasi certezza di risultato, quanto meno di prestazione di alto livello, e la condizione fisica era sempre buona, qualcosa che faceva presupporre il risultato, nel 2023, invece, le è capitato più volte di presentarsi alle gare pur non essendo al 100%, l'ultima volta a “La Vuelta Femenina” e questo è stato un banco di prova. «In un certo senso, è un altro passo avanti. Un'altra cosa che dovevo imparare ed ho imparato. Non sono partita senza dubbi o timori per "La Vuelta". Ho anche pensato di rimandare, di aspettare, è normale quando non ci si sente pronti. Poi ho deciso che sarei partita, avevo già aspettato troppo. Anche la famiglia mi ha aiutato in questo, parlandone a casa abbiamo trovato assieme il modo di affrontare questo periodo». A "La Vuelta", in FDJ-Suez, il ruolo di capitana era affidato a Evita Muzic, giovane, per le prime volte alle prese con questo compito, Cavalli si mette a disposizione, sceglie di aiutare, sulla strada e attraverso i consigli.

Il più importante? «Provarci sempre, perché nel ciclismo la fatica viene mascherata, nascosta. Guardi la tua avversaria e ti sembra stia benissimo, che sia incrollabile, invece spesso sta soffrendo, come e più di te. Se continui a provarci, prima o poi, diventa impossibile nascondere la fatica ed emergono i veri valori in campo». Ci viene spontaneo chiederle come faccia lei a mascherare la fatica, a fingere per ingannare le avversarie, lei sorride: «Bella domanda. Se ci fosse, lo direi, però non so fingere, questo è il problema. Se mi guardano in faccia, mentre sono in difficoltà, capiscono subito che quello può essere il momento giusto per attaccarmi. Per far fronte a questa situazione, ho imparato ad andare oltre il limite, a fare più fatica di quella che riuscirei a fare normalmente e a gestirla». Le è capitato ad inizio anno, in corsa, quando, scorgendo il suo stato di difficoltà, le avversarie hanno iniziato a cercare di metterla ulteriormente in crisi: «L'ho vissuta male, mi è sembrato un infierire, poi ho capito che dovevo accettare la situazione e la tranquillità di casa è stata un toccasana». Anche nella quotidianità, Cavalli si spinge sempre verso il meglio, racconta di non essere tranquilla se non mettendo il massimo in ogni situazione "però la vita di ogni giorno non pone le stesse situazioni del ciclismo, è diverso il confronto con i limiti. Credo sia anche una buona cosa, perché non penso sarebbe affrontabile una quotidianità simile a una gara di biciclette».

La Vuelta Femenina 2023 - 1st edition - Teams Presetation - 30/04/2023 - Marta Cavalli (ITA - FDJ - SUEZ) - photo Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

A "La Vuelta" Marta Cavalli partecipava ad una riunione dopo ogni tappa: un modo per analizzare ciò che aveva funzionato, quel che non era andato come avrebbe voluto e possibili soluzioni. A forza di farlo, ha trovato in quelle riunioni gli spunti per reagire, per cambiare ciò che si poteva cambiare. «Del Tour dell’anno scorso si è già parlato tanto, ma per me quella caduta è un segno profondo. Non era prevedibile, è stato un fatto che mi ha messo in ginocchio in un momento in cui ero nel pieno controllo della situazione. Ovvio che di quella circostanza siano restati dei residui, soprattutto a livello mentale».

A giugno, prima del Giro d'Italia, ci saranno i Campionati Italiani, in palio una maglia tricolore a cui Marta Cavalli tiene molto. Perché l'ha già indossata, nel 2018, e perché da quando corre in FDJ-Suez, una squadra francese, avverte ancor di più l'importanza dell'essere campionessa nazionale: «Soprattutto perché, adesso come adesso, varrebbe più di qualsiasi classica. Un valore che non riesco nemmeno a descrivere, se non con quello che provo pensandoci». E per quella vittoria, Cavalli non ha alcun dubbio: «Devo ricercare qualcosa dentro di me, così otterrò la vittoria». Intanto il Giro d'Italia si avvicina, un appuntamento che, se vissuto bene, potrebbe essere di slancio verso il Tour de France di qualche settimana dopo. L'atleta di Cremona ci tiene molto ed il suo pensiero va subito ai tifosi: «Mi aspettano da tanto, al Giro potranno venire a cercarmi, a salutarmi più spesso. Potrà esserci la mia famiglia ad ogni tappa, gli amici. Il Giro è una corsa che sento mia, la più lunga corsa a tappe. Farò il massimo, anche se dirlo sembra scontato. Io farò il massimo davvero». A sfidarla, le rivali di sempre, in particolare due atlete su cui si sofferma e di cui teme la poliedricità: Demi Vollering e Annemiek van Vleuten. Ma, quando parla delle due olandesi, Cavalli, in realtà, pensa ad altro.

Giro d'Italia Donne 2022 - 33rd Edition - 4th stage Cesena - Cesena 120,9 km 04/07/2022 - Annemiek Van Vleuten (NED - Movistar Team)Marta Cavalli (ITA - FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope) - photo Massimo Fulgenzi/PMG Sport/SprintCyclingAgency©2022

Un pensiero che le fa cambiare la voce e la velocità con cui racconta, un pensiero che le piace: «Le persone ci immaginano come rivali in ogni circostanza. Non è sempre così. Non molti lo sanno, ma quest'anno molte atlete del gruppo sono venute a chiedermi come stavo, a salutarmi al mio rientro in gara. In tanti si sono preoccupati per me, ma, quando lo fa chi condivide i tuoi stessi problemi e le tue stesse giornate, cambia tutto. Ha un significato diverso. Demi Vollering è venuta a cercarmi dopo una sua vittoria: "Oggi mi sei piaciuta, sono contenta di rivederti a questi livelli". Anche van Vleuten mi ha cercato: "Manca poco, Marta. Forse al Giro..."». Già, davvero un bel pensiero prima di chiudere la telefonata.


Il monumentale del Giro Next Gen: guida al Giro Under 23

In principio fu il Giro d’Italia dilettanti, chi scrive ricorda perlopiù quei ritagli di giornali, titoletti e trafiletti, voci su un certo abile scalatore capace di fare la differenza in ogni salita, di scattare col rapportone e staccare tutti. Era Marco Pantani, all’epoca ancora con i capelli. Era Marco Pantani che correva, anzi saltellava su una bici grigia marchiata Carrera, aveva già firmato, infatti, un contratto per la stagione successiva proprio con la squadra di Boifava. Era Marco Pantani che distrusse la concorrenza nel tappone dolomitico del Giro d’Italia dilettanti 1992.

Fu una tappa epica dove Marco Pantani, dopo la sua supremazia dimostrata su tutte le salite del Giro, si involò sul Valparola e giunse tutto solo sull’affollatissimo rettilineo d’arrivo dei Piani di Pezzè, distanziando Pavel Cherkasov, il già tenace Andrea Noè, Alexander Chefer e Vincenzo Galati.” Scriveva Gino Goti, regista televisivo (ma non solo), al seguito della corsa dal 1991 fino al 2004.

Quella di Pantani seguiva le vittorie di Wladimir Belli (1990) e Francesco Casagrande (1991), sempre col Pirata sul podio, che anno dopo anno migliorò di una posizione, e dopo di lui agguantarono il successo finale due corridori che lasciarono poi il segno anche nella massima categoria: Gilberto Simoni (1993) e Leonardo Piepoli (1994), corridori con il lignaggio dei grandi scalatori. Era un’epoca d’oro per il pedale italico.

Saltando in avanti nell’albo d’oro della corsa citiamo, in quanto fonte di diversi spunti, altre due affermazioni, come quella di Danilo Di Luca, primo nel Giro dei dilettanti nel 1998 e, successivamente, nel 2007, in quello dei professionisti; e c’è chi ha vinto e poi, dopo una buona carriera tra i professionisti, è diventato un punto di riferimento per un certo modo di raccontare il ciclismo attraverso il mondo social: Lello Ferrara è il nome, primo al Giro dei dilettanti nel 2000.

80¡ Giro d'Italia 2003 - 14a tappa Marostica Alpe di Pampeago - km 162 - Marco Pantani (Mercatone Uno) - BettiniPhoto©2010

La corsa proseguì tra vittorie di corridori che invece ebbero un peso inferiore nel mondo a due ruote: Frattini, 2001, Muraglia, 2002, Kairelis, 2003, Marzano 2004. La corsa non venne organizzata nel 2005, mentre nel 2006 fu conquistata da Dario Cataldo che passò professionista e di lui si diceva fosse il prossimo e atteso possibile grande protagonista italiano per le gare di tre settimane.

La corsa, poi, non si disputò per diversi anni fino a quando venne presa in mano dal geniale Giancarlo Brocci e per quattro anni, sotto il nome di Giro Bio, dal 2009 al 2012 vide trionfare nell’ordine: due colombiani, Cayetano Sarmiento e Carlos Betancur (a proposito di talenti mai del tutto espressi), Mattia Cattaneo (pensate: l’ultimo vincitore italiano di questa corsa, e parliamo del 2011) e nel 2012 da Joe Dombrowski, con un certo Aru sul podio.

Interrotta ancora per quattro anni, fu Davide Cassani a spingere affinché si potesse correre nuovamente una delle manifestazioni ciclistiche al mondo più importanti quando si parla di livello giovanile: insieme a Marco Selleri e Marco Pavarini di Extra Giro hanno reso possibile la rinascita del Giro, e così è stato dal 2017 al 2022, chiudendo la corsa, a differenza di quello che era successo fino alle edizioni precedenti, al mondo élite (dilettanti fino ai 27 anni), lasciando spazio solo ed esclusivamente ai corridori Under 23. Da qui la corsa cambiò nome in Giro d’Italia Giovani, conosciuta anche come Giro d’Italia Under 23.

Tom Pidcock da @giroditaliau23

Dal 2017 al 2022 nessun successo italiano, ma nomi di una certa importanza: due russi, Pavel Sivakov e Aleksandr Vlasov, il colombiano Andrés Camilo Ardila, l’inglese Tom Pidcock, lo spagnolo Juan Ayuso e infine, all’incirca dodici mesi fa, il vincitore uscente, il fratello d’arte Leo Hayter. Che sorprese tutti vincendo a Pinzolo il secondo giorno di corsa e stravincendo la tappa con arrivo a Santa Caterina Valfurva, il giorno successivo, dopo aver passato indenne Tonale e Mortirolo. Tappa che vide Lenny Martinez provare a sbaragliare la concorrenza attaccando da lontano salvo poi saltare in aria a fondovalle. Hayter vinse con quasi 5’ di vantaggio su Grégoire e chiuse lì, a doppia mandata, il primo posto nella Corsa Rosa dei giovani. Una tappa caratterizzata da estreme difficoltà altimetriche, che ha lasciato diversi strascichi e alimentato polemiche in gruppo, tra i direttori sportivi e team manager e di cui si parla ancora.

E l’Italia in tutto questo, dalla ripresa del Giro Under 23, che ha combinato? Un solo podio, con Kevin Colleoni nel 2020, ma diversi corridori che oggi brillano anche tra i professionisti e che hanno vinto tappe (Milan, Affini, Baroncini, Dainese) sfiorato il podio finale (Covi e Aleotti). Cosa aspettarsi quest’anno, quando la corsa verrà organizzata per la prima volta da RCS e si chiamerà Giro Next Gen, è il tema del nostro dibattito.

IL PERCORSO E POSSIBILI FAVORITI DI TAPPA

Otto tappe disegnate all’estremo nord della penisola.

TAPPA 1

Si parte con una cronometro di 9,4 km, da Aglié ad Aglié di nove chilometri, che verosimilmente sorriderà a quei corridori capaci di esprimere potenza in un esercizio breve e che militano in squadre ben attrezzate anche a livello di materiali per correre in contesti di questo genere. Crono semplice, veloce, con lunghi rettilinei e una leggera salitella finale che porta al Castello di Agliè.

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Segaert, Hagenes, Moro, De Decker.


TAPPA 2

 

Il secondo giorno è già tempo per i corridori più esplosivi, quelli che una volta passati professionisti faranno a spallate sugli arrivi all’insù con i velocisti più resistenti del gruppo. La San Francesco al Campo-Cherasco è una frazione mossa con un finale che ricalca quello che vide Philippe Gilbert vincere al Gran Piemonte nel 2010. Sono in tanti tra quelli presenti ad ambire alla tappa piemontese.

Da tenere d’occhio: Busatto, Lamperti, Gudnitz, Bruttomesso, Huising.


TAPPA 3

 

Terza tappa: molto banalmente la quiete prima della tempesta. Molto banalmente la tappa più piatta della corsa. Si arriva a Magenta e si sprinta. Occhio come sempre che in questa corsa ci sono solo cinque corridori per squadra e non è detto che arrivi pure una possibile fuga.

Da tenere d’occhio: Lamperti, van Sintmaartensdijk, Pollefliet, Persico, Portello.


TAPPA 4

Il quarto giorno, mercoledì 14 giugno, si fa la corsa. Arrivo sullo Stelvio: tappa che non fa paura come quella del Mortirolo del 2022 (e pensiamo anche che susciterà meno polemiche), ma farà la differenza in maniera forse definitiva andando a disegnare la classifica. Si sale verso Bormio e poi ecco i 30 tornanti in 22 km che caratterizzano una delle salite più affascinanti del mondo. Affermazione senza tema di smentita.
22 km al 7% di media e un arrivo a quota 2758 metri. I ragazzi saranno chiamati a una prova durissima, inedita per la quasi totalità di loro. Sarà una giornata brutale e dall’esito tutt’altro che scontato. Molti dei diesse e team manager delle squadre al via non sanno nemmeno come potranno reagire i propri corridori alle difficoltà altimetriche di questa giornata.

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Nerurkar, Lecerf, Pickering, Pellizzari.


TAPPA 5

La quinta tappa prova a dare tregua, ma forse anche no. La Cesano Maderno-Manerba del Garda vede una seconda parte adattissima ai colpi di mano, a qualche cacciatore di tappa che ha superato bene (e magari ha conservato energie) lo Stelvio, una tappa dove, se qualche uomo di classifica dovesse mostrare il fianco, rischierebbe di saltare. Finale mosso che sembra fatto apposta per quei corridori da corse vallonate.

Da tenere d’occhio: Busatto, Foldager, Hagenes, Gelders, De Pretto.


TAPPA 6


Ci si avvicina alla fine e venerdì 16 giugno si pensa a quei velocisti superstiti non solo delle cinque tappe precedenti, ma anche quelli che soffriranno di meno il GPM di Valico della Fricca posto crudelmente a inizio tappa.

Da tenere d’occhio: Bruttomesso, Lamperti, De Decker, Persico, Portello.


TAPPA 7

Ed ecco il (quasi) gran finale sabato con arrivo a Pian del Cansiglio. È la tappa più lunga, 176 km, e tra Valmorel, Nevegal e il finale verso il Pian del Cansiglio c’è spazio per ribaltare completamente il Giro (sempre che, come successo nelle ultime due edizioni, non si trovi, strada facendo, un padrone dall’aria inscalfibile).

Da tenere d’occhio: Staune Mittet, Pellizzari, Morgado, Hagenes, Gruel.


TAPPA 8

Infine l’ultimo giorno da Tavagnacco a Trieste, le zone che pedala chi scrive: tappa dal profilo mosso, dal finale scenografico, ma con un probabile arrivo in volata o comunque di un gruppo ben nutrito. Anche qui, fuga permettendo.

Da tenere d’occhio: Lamperti, Bruttomesso, Persico, Pollefliet, Epis.


 

CORRIDORI DA SEGUIRE

Giulio Pellizzari  - Foto: Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023

(NB A oggi, venerdì 9 giugno, non tutte le squadre hanno ufficializzato le proprie selezioni e quindi si parla di un analisi fatta sulla startlist provvisoria: alcuni nomi di questo zibaldone potrebbero cambiare nelle prossime ore)

Chi scrive si è imposto di non andare troppo nello specifico altrimenti il rischio di appesantire la lettura più di quello che potrebbe essere sarebbe concreto, e allora via con uno zibaldone di corridori da seguire per classifica, per le tappe, per le volate, per le fughe.

Intanto qualche numero, dato in forma marginale: 35 squadre, 17 italiane e 18 dall’estero. I team così detti Devo, le squadre di sviluppo delle compagini che militano nel mondo del professionismo, compresi Green Project-Bardiani e Cycling Team Friuli sono ben 14. Il fatto di correre con le squadre di club e non con le nazionali, rende altissima la competizione, e ancora più interessante capire come si muovono gli scopritori di talenti e i vari movimenti ciclistici, e aiuta a capire anche qual è la profondità di alcuni dei migliori vivai al mondo.

PER LA CLASSIFICA

Foto: Johannes Staune-Mittet - Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Tre nomi su tutti: Johannes Staune-Mittet, (Norvegia, Jumbo Visma), perché prima di passare a tutti gli effetti professionista vuole vincere la corsa italiana dopo essere salito sul podio al Tour de l’Avenir lo scorso anno. Ha mestiere ed esperienza maturata in diverse corse a tappe già disputate che lo pongono come favorito (quasi) assoluto. Con lui la Jumbo Visma Devo porta uno squadrone: Per Strand Hagenes, anche lui norvegese - l’autore di questo pezzo stravede per il classe 2003 ex sciatore, e prevede un futuro estremamente roseo anche nella massima categoria, dove peraltro ha già vinto - può ambire anche lui all’alta classifica, a patto di resistere sullo Stelvio; Tijmen Graat, Menno Huising e Loe van Belle, sono tre corridori che farebbero i capitani in quasi tutte le altre squadre al via, proveranno a stare vicino ai capitani, tireranno quando ci sarà da tirare, ma chissà che, in una corsa dal disegno tattico tutt’altro che scontato, troveranno il loro spazio e magari si inseriranno in un’azione mirata a far saltare il banco.

Antonio Morgado (Hagens Berman Axeon): Merckx cerca il (difficile) bis dopo il successo nel 2022 di Hayter e lo fa con il primo anno portoghese, uno dei più forti, continui e completi corridori tra i suoi coetanei. Anzi potremmo esagerare e definirlo talento generazionale, ma vedremo. Come Staune-Mittet non ha paura di alcun tipo di terreno, a differenza di Staune Mittet è un attaccante nato, e potrà dire la sua anche nella cronometro, sugli arrivi mossi, oltre che in salita. Nella squadra americana occhi puntati su quell’altro potenziale fuoriclasse del 2004 che è Jan Christen, lo svizzero, forte in diverse discipline, dovrà però difendersi sullo Stelvio. Superato quello scoglio, occhio a lui per un piazzamento importante. Secondo Axel Merckx, però, e chi siamo noi per contraddirlo, l’uomo per la classifica sarà proprio lo svizzero, promesso sposo della UAE, mentre sempre a detta del team manger della squadra americana, Axel Merckx, Morgado proverà invece a vincere qualche tappa.

Il terzo nome è quello del belga William Lecerf della Soudal Quick Step Devo team. Lo scalatore belga è particolarmente adatto al percorso di questo Giro e ha già dimostrato il suo livello in alcune corse tra i professionisti, anche a tappe.

La DSM presenta una squadra molto giovane, ma fa paura con il belga Vlad Van Mechelen (altro talento del 2004, corridore molto estroverso anche al di fuori delle corse in bici) e Max van der Muelen, indovinate? Un altro 2004. Entrambi vanno forte su tutti i terreni, ma non hanno grandissima esperienza ancora e sono chiamati anche loro a dare una risposta alle domande difficili che porrà lo Stelvio.

Il primo anno danese Tobias Svarre è l’uomo della ColoQuick per la classifica: punterà, insieme al veloce e resistente Joshua Gudnitz, anche alle tappe più vallonate.

La Tudor Pro Cycling ha due corridori da tenere d’occhio per la classifica, il tedesco Hannes Wilskch, in ottima forma come dimostrato di recente all’Orlen Grand Prix e Mathys Rondel, francese. Soprattutto Wilkisch, 7° lo scorso anno sia al Giro che all'Avenir, è tra i corridori maggiormente papabili per una top ten, oppure per qualcosa in più.

Anders Foldager - Foto Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Il danese Anders Foldager può essere l’uomo di classifica per la Biesse Carrera, anche se verosimilmente lo vediamo più adatto a cacciare tappe che a pensare a una posizione di vertice nella generale. La Tirol Ktm si affida a Marco Schrettl, visto in forma in salita alla Oberösterreich Rundfahrt. Il Cycling Team Friuli si affida a Roman Ermakov, russo, corridore che proverà a tenere duro per un piazzamento nei primi 10, 15. Scalatore, si difende bene a cronometro, il classe 2004 sta, però, recuperando dopo una caduta all’Oberösterreich Rundfahrt che ne ha messo in dubbio la partecipazione al Giro.

La Groupama non ha un gruppo estremamente competitivo come il 2022, ma ugualmente da tenere d’occhio. Si sono “ringiovaniti” per forza di cose dopo il passaggio tra i professionisti del folto gruppo capitanato da Martinez e Grégoire, e punteranno soprattutto sul talentuosissimo Thibaud Gruel, francese forte su tutti i terreni e con la vocazione dell’attaccante, su Brieuc Rolland, andato forte di recente all’Alpes Isère Tour, e su Tym Brennsaeter, corridore che al 2° anno nella categoria deve ancora confermare ciò che di buono fece tra gli juniores, ma lo citiamo come possibile scommessa.

La Leopard TOGT Pro Cycling ha nel lussemburghese Mats Wenzel il corridore da seguire con maggiore interesse, viste le buone qualità dimostrate in questi anni anche in salita. Wenzel è un corridore che, piazzandosi con regolarità ovunque, può scalare la classifica.

Lukas Nerurkar - Foto: Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

La Trinity Racing sarà una delle squadre più competitive al via, anche nel provare a piazzare un corridore sul podio: Lukas Nerurkar, soprattutto, ma anche Finlay Pickering, hanno importanti qualità quando la strada sale e possono lasciare il segno in una corsa che nelle ultime tre stagioni è stata vinta da due corridori britannici. Nerurkar, che in carriera ha già corso alcune brevi corse a tappe tra i professionisti, è andato molto forte al Gran Camino (vincendo la classifica dei giovani), e potrebbe essere il più quotato outsider per insidiare il favorito Staune Mittet.

Ci sono poi i colombiani di Savio: German Gomez ed Edgar Andres Pinzon che possono dire la loro, ma dovranno superare indenni le insidie delle prime tappe dove tradizionalmente gli escarabajos tendono a perdersi e a perdere minuti. Stelvio e Pian del Cansiglio, però, rappresentano il terreno ideale per loro.

Ludovico Crescioli  - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021

L’Italia? Si pensa soprattutto al duo Green Project- Bardiani, Alessio Martinelli e Giulio Pellizzari, l’ordine sceglietelo voi, per la classifica. Entrambi non nascondono ambizioni da prime cinque posizioni. Da seguire anche Ludovico Crescioli, classe 2003, che un paio di stagioni fa dava del filo da torcere a Lenny Martinez al Lunigiana e che prova a trovare il suo spazio anche tra gli Under 23, chissà possa esplodere proprio a questo Giro, magari puntando alla classifica generale o a qualche bella tappa. E infine due scalatori della Q36.5: il primo anno Raffaele Mosca ed Edoardo Sandri, che ha già maturato parecchia esperienza nella categoria.

PER LE TAPPE

Foto: Francesco Busatto - Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2023

Qui tutto o tanto potrebbe girare intorno al nome di Francesco Busatto, faro del movimento italiano Under 23, uno dei corridori più competitivi della categoria anche a livello internazionale e, scusate se lo diciamo, ma la cosa non è che di recente accada troppo spesso. Fra qualche mese correrà ufficialmente nel World Tour e con la maglia della Intermarché ha dimostrato di essere corridore di categoria superiore. Vincitore quest’anno della Liegi U23, primo italiano della storia a riuscirci, chissà se vorrà provare pure a tenere duro in classifica, vedremo. Ha almeno 3 tappe disegnate su misura, a partire dal secondo giorno a Cherasco.

Dicevamo dei tanti cacciatori di tappe, eccoli: Darren Rafferty, Artem Schmidt e Kasper Andersen (Hagens Berman Axeon) arrivano al Giro in grande forma e dopo aver corso parecchio in Italia quest’anno; Davide Dapporto (Team Technipes InEmiliaRomagna) proverà a lasciare il segno entrando nella fuga giusta; Santiago Umba (GW Shimano Sidermec) presentato un paio di anni fa da Savio come l’Alaphilippe colombiano, ma frenato da qualche problema fisico, è resistente e dotato di spunto veloce (sennò che Alaphilippe sarebbe!), punta alle tappe, ma potrebbe tenere anche in classifica generale.

Ci sono poi Gil Gelders e Jonathan Vervenne, coppia belga della Soudal Quick Step Devo, corridori di qualità, con Gelders già vincitore di una tappa al Giro lo scorso anno e della Gent-Wevelgem di categoria pochi mesi fa. Corridore versatile e grande capacità di fiutare la fuga giusta, Gelders può anche essere uomo da classifica. Vervenne, invece, campione nazionale a cronometro qualche settimana fa, punta proprio alla tappa d’apertura. Andrea Debiasi (CTF) è uno dei corridori più continui e meno pubblicizzati del gruppo, ma anche lui è capace di tenere duro e poi difendersi grazie allo spunto veloce: sarà una delle armi del sodalizio friulano per provare a vincere una tappa che manca dal 2020 quando, a Rosà, Milan vinse in volata battendo Meeus e Stewart.

2021 UEC Road European Championships - Men’s Junior Road - Trento - Trento 105,7 km - 10/09/2021 - Alessandro Romele (ITA) - photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021

Continuiamo la lista dei cacciatori di tappe con Alessandro Romele (Colpack Ballan) corridore con la fuga nel sangue e che potrà animare diverse tappe e puntare anche a vincerle, l’estone della DSM Frank Aron Ragilo e il suo compagno di squadra l’olandese Enzo Leijnse, il francese Jordan Labrosse della AG2R e Matteo Scalco, Green Project-Bardiani, che si testerà soprattutto sullo Stelvio.

C’è poi il gruppo dei velocisti resistenti: Alberto Bruttomesso (CTF) già vincitore di una tappa lo scorso anno al Giro Under 23, in maglia Zalf, è uno che può provare a piazzarsi (e vincere) in tutte le tappe che non vedono coinvolti direttamente gli uomini di classifica, però dovrà fare i conti con l’americano Luke Lamperti (Trinity Racing), che potrebbe anche essere il dominatore delle volate a disposizione, ma che sa tenere duro anche in arrivi più mossi. Ci sono poi anche Fabian Weiss, svizzero della Tudor, Davide Persico, forse il velocista per certi versi più puro del gruppo, il poliedrico austriaco Alexander Hajek, Tirol KTM, anche lui capace di tenere duro su arrivi più complicati, e il forte duo della Lotto formato dal pistard Gianluca Pollefliet e da Tijl De Decker già a segno tra i professionisti vincitore della Paris-Roubaix di categoria poche settimane fa. Entrambi possono fare bene anche nella crono d'apertura.

ANCORA DA NON PERDERE

Non è finita: non vanno dimenticati, a partire dalla Circus-ReUz-Technord, oltre a Busatto, anche il francese Alexy Faure-Prost (proverà a fare classifica?), il belga Tim Rex (fratello d’arte), il connazionale Jelle Vermoote e soprattutto l’olandese Roel van Sintmaartensdijk, dal nome quasi impronunciabile (ci vuole parecchio esercizio), che non teme gli arrivi più complicati, ma ama soprattutto buttarsi in volate di gruppo dove potrebbe togliersi grosse soddisfazioni.

Manuel Oioli (Italy) - Foto: Luca Bettini/BettiniPhoto©2021

Continuiamo la carrellata citando l’appassionato di film di Tarantino, Manuel Oioli, corridore di vertice tra gli junior che ancora non ha trovato la sua dimensione tra gli Under 23, ma il Giro di categoria potrebbe essere il suo Le Iene; mentre Davide De Pretto (Zalf) punta a essere uno degli attori principali soprattutto nelle tappe più mosse in una Zalf come al solito molto competitiva e che vede al via anche Giosuè Epis, anche lui proverà a rompere le uova nel paniere dei “big” soprattutto nella tappa di Cherasco, e Manlio Moro. Moro è un passista e pistard di livello assoluto e punta (molto) forte alla tappa d’apertura.

C’è poi Alessio Bonelli, della selezione Interregionale, dopo aver vinto una tappa due anni fa in questa corsa non si è mai più confermato a quei livelli, ma chissà, mentre Sergio Meris, ancora Colpack Ballan, può essere un outsider sia per la classifica che nelle tappe più dure.

A proposito di attori che studiano per diventare grandi interpreti: Giacomo Villa (Biesse Carrera), vincitore quest’anno del Trofeo Piva e tra i più forti italiani nella categoria nelle corse di un giorno impegnative, corridore che ha tutte le caratteristiche per provare a vincere una tappa, magari andando in fuga.

Alessio Portello, Q36.5, è velocista (puro) e un paio di occasioni importanti ce le avrà per provare a lasciare il segno, così come punta forte a una vittoria di tappa il tedesco della Leopard Tim Torn Teutenberg, uno dei corridori più titolati in corsa, grazie soprattutto alla sua attitudine in pista, essendo un asso dell’Eliminazione, diversi i risultati di prestigio conquistati negli ovali di tutto il mondo. TTT come viene, in modo semplice e banale, chiamato, può lanciarsi sia negli arrivi più mossi che nelle volate di gruppo.

Alec Segaert - Foto: Vincent Kalut/PN/SprintCyclingAgency©2023

Restando sempre all’estero citiamo il britannico Noah Hobbs, Groupama La Conti, fisico compatto, caratteristiche da velocista resistente, il belga Alec Segaert (chi scrive a inizio stagione lo immaginava tra i dominatori di questo 2023, invece finora un periodo sottotono, con l'impressione che corra "meglio" tra i professionisti, come se soffrisse una mancanza di motivazioni, ma questa è un'opinione del tutto personale) ha tutto per fare grandi cose anche a questo Giro, cominciando dalla crono iniziale: sarà uno dei favoriti ad Agliè, infatti, e da seguire anche il suo compagno di squadra Robin Orins, all rounder “di razza”. Molto interessanti anche gli australiani della ARA |Skip Capital: Hamish McKenzie, argento mondiale jr lo scorso anno dietro un imbattibile Joshua Tarling, che può dire la sua subito ad Agliè e i compagni di squadra Brady Gilmore, soprattutto, che cercherà gloria in volata, e William Eaves.

Infine (meno male che dovevamo essere brevi…) citiamo in ordine sparso per caratteristiche altri corridori che proveranno a mettersi in luce chi in fuga, chi tenendo duro in classifica, chi in salita, chi in volata: Gabriel Fede, talento italiano in forza all’AG2R dove al momento non ha trovato grande spazio, passista scalatore, magari andrà in fuga, Davide Toneatti e Simone Zanini (Astana Qazaqstan), Tommaso Dati (Mastromarco), Pietro Aimonetto (Ciclistica Rostese), Tommaso Bergagna e Lorenzo Peschi (General Store), Marco Manenti (Hopplà-Petroli Firenze-Don Camillo), Andrea Piras (Beltrami TSA), Elia Tovazzi e Dennis Lock (Sias Rime), Marco Di Bernardo (UC Trevigiani), Gabriele Raccagni (Eolo), Aivaras Mikutis e Arnaud Tendon (Tudor), e infine Michiel Lambrecht (Bingoal).

In tutto questo, doverosa precisazione, il fascino di una corsa di questo genere è l’imprevedibilità data anche dalla presenza di soli cinque corridori per squadra: facilmente si renderanno protagonisti altri corridori che non abbiamo citato, ma è il ciclismo degli Under 23, e ci piace così.

FAVORITI

⭐⭐⭐⭐⭐Staune-Mittet
⭐⭐⭐⭐ Morgado
⭐⭐⭐ Pellizzari, Lecerf, Christen, Nerurkar
⭐⭐ Martinelli, Wilksch, Pickering, Hagenes
⭐ Huising, Graat, Gelders, Gomez, Ermakov, Gruel, Umba, Van Mechelen

Immagine in apertura:  Leo Hayter da @giroditaliau23


Il questionario cicloproustiano di Silvia Persico

Il tratto principale del tuo carattere?
Il mio carattere è solare e positivo. Cerco sempre di combattere i momenti bui con attitudine positiva.

Qual è la qualità che apprezzi di più in un uomo?
Gentilezza e intelligenza

Qual è la qualità che apprezzi di più in una donna?
Come per un uomo, gentilezza ed intelligenza

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Sicuramente il rispetto e l’ascoltarsi a vicenda senza giudicare

Il tuo peggior difetto?
Ogni tanto mi faccio influenzare dal pensiero della gente

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Camminare in montagna

Cosa sogni per la tua felicità?
Avere una famiglia ed essere produttiva nel mio lavoro

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere le persone a me più care

Cosa vorresti essere?
Me stessa

In che paese/nazione vorresti vivere?
In Italia, Spagna e girare il mondo

Il tuo colore preferito?
Azzurro

Il tuo animale preferito?
Non ho un animale preferito in particolare

Il tuo scrittore preferito?
Mi piacciono molto i libri di Tiziano Terzani

Il tuo film preferito?
Forse non ne ho uno in particolare, ma mi piacciono molto i classici della Disney

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Tutta la musica italiana, in realtà

Il tuo corridore preferito?
Peter Sagan

Un eroe nella vita reale?
Mio papà

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma

Il tuo nome preferito?
Davide

Cosa detesti?
Le persone bugiarde

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler

L'impresa ciclistica che ammiri di più?
Quelle di Marco Pantani

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Dal Tour de France

Un dono che vorresti avere?
Amarmi sempre e comunque

Come ti senti attualmente?
Un poco stanca perché ho finito l'allenamento da poco, certamente felice pensando alle Classiche*

Lascia scritto il tuo motto della vita
Il successo è l’abilità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo. (Winston Churchill)

*Il questionario è stato compilato alla vigilia della stagione delle classiche


Dove eravamo rimasti

Tre settimane di Giro d'Italia, tre settimane di Alvento Daily dedicato alla Corsa Rosa, e ora, con il ritorno di Alvento Weekly, è il momento di riavvolgere il filo su tutto quel che abbiamo seguito, ma non vi abbiamo ancora raccontato. Questo pezzo, in particolare, si propone di riaprire il sipario sul mese di maggio del calendario femminile e, focalizzandosi sugli avvenimenti principali, sui loro risultati e sulle loro storie, prova ad essere un traghetto, un ponte, verso le prossime gare, in particolare verso il Giro d'Italia femminile, in programma dal 30 giugno al 9 luglio, da Chianciano Terme ad Olbia, e verso il Tour de France femminile, dal prossimo 23 luglio al 30 luglio, da Clermont-Ferrand a Pau. Manca ancora diverso tempo ma, certamente, le indicazioni fino ad ora giunte aiutano ad avere un quadro più completo della situazione, se non a livello di certezze almeno a livello di prospettive.

BENTORNATA ANNEMIEK VAN VLEUTEN

Foto: Aneemiek van Vleuten - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

La realtà è che van Vleuten non se ne era mai andata e chi le pedala vicino in gruppo ci aveva avvertito già in tempi non sospetti, sul rischio, meglio sull'errore clamoroso di una sottovalutazione per la mancanza delle sue solite vittorie. Eravamo a fine aprile e il suo miglior risultato era un terzo posto in una tappa alla Volta a la Comunitat Valenciana, seguito da un quarto posto alla Strade Bianche. Non da lei, se pensiamo che lo scorso anno, nello stesso arco temporale, aveva ottenuto quattro vittorie, tra cui la Liegi Bastogne Liegi e la classifica finale della Volta a la Comunitat Valenciana, tre secondi posti, Strade Bianche, Giro delle Fiandre e Freccia Vallone, e la sensazione costante di poter decidere la corsa come e quando avesse voluto. Non era la stessa, a tratti in crisi in situazioni che dominava, ed è opportuno dirlo: probabilmente anche adesso, mentre scriviamo, non ci troviamo di fronte alla solita van Vleuten, anche se, nel frattempo, ha conquistato la classifica generale de "La Vuelta", la prima grande corsa a tappe della stagione, bissando il successo dello scorso anno. Lo ha fatto di misura su Demi Vollering, a 9", terza Gaia Realini a più di due minuti. Ma non sono tanto i distacchi a indurre a questa considerazione, quanto il modo di correre di van Vleuten, quel che non le riesce più facile come qualche tempo fa. Nel suo ruolino di marcia, continua a non esserci una vittoria di singola frazione, il miglior risultato alla Vuelta sono due secondi posti, le braccia le ha alzate sul podio, in maglia rossa, non ancora sulla fettuccia bianca del traguardo. Il punto è proprio questo: si possono individuare molte differenze fra van Vleuten dell'abitudine e van Vleuten del 2023, ma nessuna di queste differenze toglie il fatto principale: la prima grande corsa a tappe della stagione è ancora sua. Sappiamo che una capacità indubbia dei fuoriclasse è quella di reinventarsi di continuo. Quest'altra versione dell'olandese sarà diversa, però altrettanto pericolosa per le avversarie, soprattutto nelle corse a tappe in cui l'esperienza e la regolarità possono condizionare la classifica.

 

SD-WORX E IL TRIS D'ASSI: VOLLERING, WIEBES, REUSSER

Foto: Demi Vollering - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Basterebbe l'inciso colloquiale che Silvia Persico ci ha affidato non molto tempo fa per completare il paragrafo: «Vincono sempre loro, anche se c'è la fuga, anche se sembra farcela, se arrivano loro, non c'è storia». Se non fosse abbastanza, potremmo proporvi un affresco dall'Itzulia Women, gara di tre frazioni, svoltasi dopo "La Vuelta": tre frazioni con tre vittorie di atlete Sd-Worx, doppietta di Vollering, che ha conquistato anche la classifica finale, e successo di Reusser. Di più: fra i primi tre posti dell'ordine d'arrivo almeno due atlete sono sempre della Sd-Worx. Potrebbe essere un caso? Ne dubitiamo, anche perché, spostandoci alla Vuelta a Burgos, le cose non cambiano. Cambia un'attrice, Lorena Wiebes, che fa doppietta in volata, le altre due vittorie sono di Vollering e le tappe sono solo quattro, per le altre atlete non restano che i piazzamenti. Demi Vollering, tra l'altro, era stata protagonista anche a "La Vuelta": vincendo due tappe, tra cui quella temutissima ai Laghi di Covadonga, vestendo la maglia rossa e dimostrandosi superiore alle rivali quando la strada sale, anche con pendenze proibitive. Non può essere confortante per le avversarie il fatto che Sd-Worx non finisce qui: c'è Lotte Kopecky, ad esempio, che abbiamo visto all'opera ad inizio stagione e che, pochi giorni fa, all'Internationale LOTTO Thüringen Ladies Tour è tornata a dettare la sua legge. C'è Blanka Vas, ci sono atlete che si mettono a disposizione, con la possibilità della zampata, come Elena Cecchini e Barbara Guarischi. Anche, però, fermandoci a Vollering, Wiebes, Reusser e Kopecky il dato è impressionante: possono incidere su qualunque terreno, corsa a tappe o classica, pianura o montagna, anche cronometro, con cicliste che sono nel pieno della maturità, tra i 24 e i 31 anni. Bisogna inventarsi qualcosa per batterle, soprattutto bisogna avere le gambe e che gambe.

 

MARIANNE VOS NON SI FERMA

Foto: Marianne Vos - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Anche in questo caso, ciclicamente ci si può dimenticare del tempo che passa, perché volate come quelle che abbiamo visto da parte di Vos nella terza e nella quarta tappa de "La Vuelta" fanno davvero pensare che, in fondo, il tempo non sia mai passato. Due vittorie, entrambe in maglia di leader, ed entrambe in tappe non scontate, in tappe in cui il vento e le salite potevano fare, e, per certi versi, hanno fatto la differenza. Ha tenuto duro sulle salite e ha domato il vento: seguendo con lo sguardo, dall'alto, il modo in cui lancia la volata, si ha la netta sensazione che quel puntino rosso abbia assoluta padronanza del momento e di ogni spazio. Vince con gusto, con volate lunghe, con lo stesso ghigno sotto il casco e la potenza che, in fondo, è un suo sinonimo. Le mancava un successo di tappa a "La Vuelta", ora ne ha ben due.

RUOTE VELOCI: WIEBES, KOOL, BALSAMO E IL CORAGGIO DI CHIARA CONSONNI

Foto: Chiara Consonni (ITA - UAE Team ADQ) - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Di Lorena Wiebes abbiamo già parlato a proposito di Sd-Worx, qui invece vogliamo focalizzarci su un altro nome che, sin dall'UAE Tour, abbiamo commentato nelle prime posizioni delle volate. Parliamo di Charlotte Kool, ventiquattro anni, team DSM, al suo sesto successo stagionale. Il mese di maggio ha consolidato la prospettiva di vederla a contendersi le volate, senza alcun timore reverenziale. Ha superato Marianne Vos e una ritrovata Chloé Dygert (ben nove volte fra le prime dieci in dodici giorni di gara da inizio stagione, con una vittoria alla Ride London) su tutte, e grazie a due successi su tre frazioni, ha conquistato la Ride London Classique. Nota di merito per Eleonora Gasparrini, miglior giovane a fine gara. Elisa Balsamo si è sfidata in velocità con Lorena Wiebes alla Vuelta a Burgos: ha battuto tutte, tranne l'olandese. Le sue volate sono sempre di pregevole fattura, purtroppo, però, una caduta nel corso della prima frazione della Ride London le ha causato la frattura del condilo e della sinfisi mandibolare, fratture per cui è stata operata negli scorsi giorni. La rivedremo presto all'opera. Capitolo particolare è quello che vogliamo riservare a Chiara Consonni che, il 7 maggio, al Trofeo Maarten Wynants, ha ottenuto il primo successo stagionale e, quindi, il primo successo con UAE Team ADQ. Risultato importante soprattutto in vista dei prossimi appuntamenti, festeggiato al modo solito di Consonni, con la felicità che assume tutti i contorni del viso. Qualcosa di ancora più importante, però, Chiara Consonni l'ha messo in mostra pochi giorni dopo, alla Vuelta a Burgos, quando, prima della partenza della seconda tappa, quella diretta a Lerma, è stata investita da un'ammiraglia, riportando un vistoso taglio al mento e la rottura di quattro denti. L'abbiamo vista in un abbraccio rassicurante con la dottoressa della squadra, ancora dolorante e, poi, decisa a partire lo stesso. Al traguardo, Consonni è arrivata, a più di dodici minuti dalla vincitrice, ma è arrivata. Quel ritardo misura la sua tenacia, la sua resistenza. Quello che l'ha fatta ripartire anche il giorno dopo. Quello che le ha fatto dire: «Non mi piace mostrarmi così, ma è stata una giornata difficile». Il coraggio di Chiara Consonni.

LE MONTAGNE DI REALINI, MAGNALDI, PERSICO E PALADIN

Foto: Annemiek Van Vleuten (NED - Movistar Team) Gaia Realini (ITA - Trek - Segafredo) - Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Per motivi diversi ed in tempi diversi, ma per le azzurre sembra essere questo, in base alle gare di maggio, il poker che meglio figura quando la strada sale. Gaia Realini è in ascesa da inizio stagione: la giovane età, ventuno anni, e il passaggio in una realtà come Trek Segafredo, esaltano quotidianamente le doti che Realini ha sempre posseduto. Non a caso, il suo primo podio in una corsa a tappe, terzo posto, avviene a "La Vuelta", dove sono le montagne a farla da protagoniste. Avvincente la sua corsa e più che mai avvincente la sua vittoria nella sesta tappa, in una volata sul filo dei millimetri con Annemiek van Vleuten e una giornata all'attacco. Lodevole la sua capacità di gestirsi e difendere, si fa per dire perché la sua condotta di gara è votata a lasciare il segno, con un notevole secondo posto ai laghi di Covadonga, dietro Vollering, davanti a van Vleuten, il terzo posto nella generale. Il duo Magnaldi-Persico, in casa UAE-ADQ, è garanzia di presenza in arrivi dalle pendenze verticali: è mancato il graffio su questi tipi di arrivi, ma nella top ten o lì vicino, loro ci sono sempre. Fa piacere per Magnaldi che negli ultimi mesi stiamo vedendo a buoni livelli, dopo l'intervento all'arteria iliaca dello scorso autunno. Segnali importanti da Silvia Persico che, dopo aver battuto Vollering, alla Freccia del Brabante, vorrebbe batterla anche in salita: la tattica pare essere quella di non assecondare gli scatti ma di rispondere del proprio passo e tornarle vicina; così ha conquistato il terzo posto nell'ultima tappa della Vuelta a Burgos. Soraya Paladin è ad un passo dalla vittoria, questo potrebbe essere il titolo di un racconto a lei dedicato. All'attacco, combattiva, da numero rosso e maglia delle scalatrici alla Vuelta a Burgos, su e giù dal podio per ritirare i premi, con il rammarico per quella vittoria che sfugge sempre di un niente, pensiamo al secondo posto dietro a Vollering nella seconda tappa dell'Itzulia Women e a molte altre prestazioni che avrebbero meritato un finale diverso. Ma Paladin insiste e a forza di insistere... completate voi la frase.

ALTRE NOTE

Itzulia Women 2023 - 3rd Stage - Donostia - Donostia 114 km - 14/05/2023 - Marta Cavalli (ITA - FDJ - SUEZ) - photo Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Marta Cavalli sta lavorando per tornare. Non per tornare in corsa, per tornare Cavalli 2022, che potrebbe essere un marchio per le emozioni che ci ha regalato, per l'orgoglio che ci ha consegnato. Una corsa a tappe di lunga durata, come "La Vuelta", può donare resistenza e continuità, questo cercava la cremonese e per questo la sua prestazione non va valutata con i numeri, ma con le buone sensazioni che, a tratti, dice di aver provato ancora. Il tempo, serve solo il tempo per lei. Intanto attendiamo anche il ritorno in corsa di Elisa Longo Borghini, in questi giorni in ritiro sulle Dolomiti. Di questo maggio resta anche Shirin van Anrooij, miglior giovane della Vuelta a Burgos, seconda in classifica generale, che nelle tappe più difficili si è sempre messa in mostra, le buone prestazioni di Riejanne Markus, di Évita Muzic, sesta in classifica generale a “La Vuelta”, a ventiquattro anni e ad uno dei primi banchi di prova come leader della squadra e di Loes Adegeest che, dopo la vittoria a sorpresa alla Cadel Evans Great Ocean Road Race, sta dimostrando di poter avere il colpo anche per tappe nei grandi giri, resistendo bene in classifica (quattordicesima a "La Vuelta"). Resta anche molto altro, vi abbiamo parlato di alcuni fra le storie principali, ma, non preoccupatevi, torneremo anche sul resto


Un altro ultimo giorno di scuola

La felicità alla fine. L'ultimo giorno del Giro d'Italia, l'ultima tappa del Giro d'Italia, l'ultima volta al Giro d'Italia, almeno da ciclista, per Mark Cavendish. Lo aspettavamo già qualche giorno fa, è arrivato oggi. Una volata lunga, eterna, verrebbe da dire, pensando alla Città Eterna: vince per distacco, in quel gesto che ha fatto chissà quante volte in carriera e chissà quante volte rifarà, per scherzo, per gioco quando, a fine anno, smetterà. Almeno questo è un piccolo augurio: di poter vivere la volata come un gioco, con i figli, magari perdendo o fingendo di perdere, come fanno molti adulti, come potrà fare Cavendish. Eterna la città, Roma, ed eterna la volata, perché la velocità di due ruote che scorrono ed il vento in faccia sono un linguaggio universale. Una forma di espressione, quando la voce si spezza, quando non si sa cosa dire perché si sta provando troppo e tutto assieme. È la situazione di Cavendish, ma è possibile parlare in molti modi ed è, forse, un bene che non ci siano solo le parole per esprimersi. Che ci sia una volata o uno scatto in salita. "I vecchi amici", di cui Cavendish parla, queste cose le sanno.

C'è quel che è eterno e quel passa. Spesso si parla di ultimo giorno di scuola a proposito dell'ultimo giorno del Giro d'Italia ed è vero. Lo sentiamo in questi giorni più che mai ed è raro, difficile. Perché tutti sappiamo come ci siamo sentiti in uno qualunque dei nostri ultimi giorni di scuola, come abbiamo percorso a piedi o in bicicletta l'ultimo tragitto verso casa, pensando che lunedì non ci sarebbero state verifiche, interrogazioni, pensando ci rivediamo a settembre. A fine Giro d'Italia ci sembra di avere questa sensazione davanti agli occhi, la vediamo in ogni ciclista, che pensa al ritorno a casa, che pensa al fatto che, comunque sia andata, oggi si può essere felici, al resto si penserà poi, che, comunque sia andata, si è arrivati alla fine. Ci pensavamo guardando quegli abbracci di Cavendish dopo la vittoria: quell'abbracciare e riabbracciare, quel godersi il finale, quel lasciare da parte tutto il resto. Ci pensavamo vedendo la felicità di Roglic, l'orgoglio e la dignità del secondo posto di Thomas, Ackermann, caduto sui sampietrini, al traguardo abbracciato dai compagni. Domani si potrà riposare. Per noi la scuola è finita da tempo e oggi quella sensazione ci manca. Vorremmo un altro ultimo giorno di scuola. Uno solo.

Vederlo nei ciclisti ci ricorda che il Giro d'Italia, che tre settimane fa era un appuntamento, è diventato un'abitudine. Non è cosa da poco: perché se l'appuntamento diventa abitudine vuol dire che si è stati bene, che ci si rivede, ci si conosce, si sa qualcosa di più di quel che si è incontrato. Il Giro è diventato una forma da dare alla giornata, ai pensieri, talvolta un modo di scacciarli, di incontrarsi. E domani? Domani torneranno tante cose che ci eravamo scordati, tante cose che avevamo rimandato. È una nostalgia particolare, una nostalgia di quel che si è vissuto e di quel che ancora si dovrà vivere. Perché maggio torna ogni anno e, con maggio, il Giro, eppure ogni anno è la stessa storia. Non ci si abitua mai. Allora viviamo questa nostalgia, viviamo quel che ci manca e di cui attendiamo il ritorno. Senza sfuggirle. E, chissà, forse, in qualche modo, tornerà anche per noi un altro ultimo giorno di scuola.