Sempre Peter Sagan

Trentuno anni, più di cento vittorie in carriera: pare siano 118, ma quando superi il centinaio, fa lo stesso, dicono.
Trentadue anni quando vestirà ufficialmente la maglia dei francesi del Team TotalEnergies che dà fondo al budget per fare suo uno dei corridori che ha cambiato, o almeno ha provato a farlo, il modo di intendere il ciclismo.
Di tanto in tanto sopra le righe, spesso spettacolare, sempre sorridente. Atteso, a volte fuori luogo, ma tifatissimo. Mangia caramelle gommose a fine corsa, impenna in salita. Le sue esultanze piacciono al pubblico e fanno innervosire alcuni suoi colleghi.
Tre mondiali, un Fiandre, una Roubaix, due tappe al Giro, dodici al Tour, tre Gand Wevelgem, sette maglie verdi. Quando è venuto in Italia è sembrato una copia un po' sbiadita del Sagan amato per i suoi successi, eppure ha vinto, nel 2020 persino andando in fuga. Ma a noi sarebbe andato bene lo stesso, pure senza successi.
In Francia, come impone la tradizione di alcuni grandi capitani del ciclismo, si porterà dietro i fedelissimi: il fratello Jurai, Bodnar e Oss.
È vero, sembra ieri quando a 20 anni vinceva due tappe alla Parigi-Nizza, oggi inesorabilmente la sua parabola è discendente, ma resta sempre Peter Sagan, benedizione per il ciclismo, uno dei corridori più divertenti e amati dal pubblico. Comunque andrà la sua ricerca della vittoria con la sua nuova maglia, quello che ha fatto per il nostro sport non si scorda. Sempre alvento, sempre Peter Sagan.


Le 11 ciclabili

Oltre 400, sì avete capito bene, oltre 400 chilometri di ciclabili su cui pedalare con bici da strada, mountain bike, gravel, e-bike o una semplice bici da cicloturismo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Dai percorsi più tosti come quella della Val d’Adige, fino a quelli più semplici e adatti a una gita con la famiglia.

Ecco qua l’elenco completo con tanto di traccia Komoot. Ora, davvero, non avete più scuse.

Valli di Fassa e di Fiemme
Avete presente la Marcialonga? Ecco, quando non c’è più la neve, su quello stesso percorso si può pedalare tra foreste di abeti e larici, con le Dolomiti del Latemar e del Catinaccio a far da sfondo.
Distanza: 42 km
Dislivello: 52+ 640-
Livello: medio

Valli del Chiese
Si parte dalla foce del fiume Chiese e si arriva fino a Bondo attraversando tutti i centri abitati della Valle. Detta anche la ciclabile sul luogo del “giudizio”, non per quanto riguarda le vostre condizioni fisiche, ma in senso storico: è la terra delle sette Pievi e cioè delle sette chiese principali.
Distanza: 27,9 km
Dislivello: 444+ 1-
Livello: facile

Valle del Primiero
Avete mai pedalato con le Pale di San Martino sullo sfondo? Questa ciclabile, davvero alla portata di tutti, sembra più che altro una cartolina, potete starne certi.
Distanza: 9,5 km
Dislivello: 188+ 89-
Livello: facile

Val Rendena
La ciclabile segue il corso del fiume Sarca partendo poco sopra il Lago di Ponte Pià, più precisamente dall'abitato di Ragoli, e finisce a Carisolo. Tutta all’interno del Parco Naturale Adamello – Brenta, è una vera e propria immersione nella natura.
Distanza: 23 km
Dislivello: 380+ 36-
Livello: medio

Val di Sole
La pista ciclabile della Val di Sole parte dal ponte di Mostizzolo, al confine con la Val di Non, e porta fino a Cogolo di Peio seguendo il corso del torrente Noce. Un consiglio? Approfittatene per fare una mezza giornata di rafting, ne vale la pena.
Distanza: 33,9 km
Dislivello: 664+ 120-
Livello: medio

Valle dei Laghi
Laghi, vigneti, sapori e castelli. La ciclopedonale della Valle dei Laghi parte dalle sponde del lago di Garda e risale la valle, passando per i Laghi di Cavedine, Santa Massenza e Toblino.
Distanza: 39 km
Dislivello: 572+ 219-
Livello: medio

Adige Garda
La ciclabile collega la Vallagarina alla zona del lago di Garda ed è collegata a quella della valle dell'Adige che passa da Trento e Rovereto. Una sgambata da circa 20 km, decisamente alla portata di tutti!
Distanza: 19,6 km
Dislivello: 100+ 210-
Livello: facile

Valle dell’Adige
Dalla provincia di Bolzano fino a quella di Verona, attraversando tutta l’intera provincia di Trento: è questo il tragitto della più lunga tra le ciclabili del Trentino. Attraverso vigneti e frutteti, questo percorso permette di pedalare quasi totalmente su strade completamente chiuse al traffico.
Distanza: 81,8 km
Dislivello: 250+ 125-
Livello: medio

Nel 2021 la ciclovia "Green Road dell'Acqua" ha conquistato il premio Italian Green Road Award 2021

Valsugana
Per i local è “la via del Brenta”, per tutti è una delle ciclabili più belle in Europa. Dalla Valsugana fino al confine con la provincia di Vicenza, la pista si snoda lungo i suoi 52 km affiancando per molti tratti il fiume Brenta. Nonostante si pedali su strade secondarie aperte alle automobili, il traffico è praticamente pari a zero.
Distanza: 52,5 km
Dislivello: 50+ 280-
Livello: medio

Val di Ledro
Un percorso molto corto ma decisamente spettacolare con il valore aggiunto del lago dove specchiarsi. Per godere a pieno consigliamo una bici gravel o la mtb, ma se siete abili nella guida potete divertirvi anche con una bici da corsa.
Distanza: 8,5 km
Dislivello: 90+ 60-
Livello: facile

Val di Non
Per cosa è famosa la Val di Non? Per le mele! E infatti questo tracciato è immerso nei meleti che, ad aprile, durante la fioritura, diventano come una nuvola bianca. Ma sappiate che rimane un posto fantastico anche in tutti gli altri mesi!
Distanza: 20,3 km
Dislivello: 389+ 500-
Livello: facile

Qua il link alla raccolta su Komoot.

Foto © Jered Gruber - riproduzione riservata


Il percorso degli Europei di ciclismo

Dunque, quando siamo stati a Trento non l’abbiamo fatto solo per una scelta personale: in realtà eravamo curiosi di testare il percorso degli Europei in programma dall'8 al 12 settembre 2021.
È vero che siamo un magazine improntato più su ciò che c’è dietro alla pedalata, ma è anche vero che ci piace un sacco stare in sella e appena abbiamo la possibilità attacchiamo i pedali e andiamo..

L’occasione era molto ghiotta e non potevamo di certo farcela scappare: non capita tutti i giorni di avere una competizione così importante a tre ore di macchina.
Quindi ok la città, ok il vino, ok i musei, ma era arrivato finalmente il momento di menare un po’.

Per prima cosa abbiamo visionato il percorso su mappa ma c’era qualcosa che non filava. Abbiamo allora provato a creare la traccia su Komoot e in un attimo il problema è saltato fuori: la gara, per un breve tratto, passerà su strade che normalmente sono chiuse al traffico ciclistico. Quindi non c’erano grosse alternative: bisognava creare al volo una rotta adatta a noi.

Detto, fatto: Komoot ci ha creato un gpx perfetto, pronto per essere testato. Anzi, vi diremo di più, anche più bello del percorso originale, perché i professionisti dovranno affrontare qualche galleria che scambieremo con una salita tra alberi e con una vista pazzesca sulla valle. Che poi, caso vuole, è proprio la prima avversità che si trova: 11 km e circa 700 m di dislivello per scollinare a Candriai e dirigersi verso Terlago dove la vegetazione cambia e gli alberi fanno spazio ai vitigni. Ma non solo.

È qua che si inizia a capire che qualcosa si sta modificando perché le pareti delle montagne cambiano colore e ci si immerge in uno scenario completamente diverso. È il momento della roccia ma di quella grigia grigia con le striature bianche bianche e ci si pedala praticamente immersi: a destra, a sinistra e, dopo un attimo, anche sotto i piedi. Sì perché siamo entrati nelle Marocche di Dro che è una zona davvero incredibile: sembra di essere sulla luna con vista Lago di Garda. Scambiamo due chiacchiere con qualche local e ci spiegano che si tratta di detriti, risalenti a frane e crolli avvenuti durante il ritiro dei ghiacciai circa 20.000 anni fa.

È questo il giro di boa della prima parte di percorso, da qua infatti si torna indietro, dirigendosi di nuovo a Candriai da dove inizia la strada che ci riporta a Trento, questa volta da fare in discesa invece che in salita. Il che permette di godersi decisamente di più la vista sulla vallata, oltre che offrire la possibilità di tirare un po’ il fiato.

Una volta rientrati a Trento, eccoci sul percorso cittadino, che i professionisti dovranno affrontare per ben 8 volte: un giro di circa 13 km e 200m di dislivello dove la salita del Povo è la parte decisamente più dura. È lì che, quasi sicuramente, i big partiranno all’attacco. È lì che si giocheranno la vittoria. Non ne siete convinti? Come si diceva una volta “provare per credere”: Trento è davvero dietro l’angolo.

La traccia del percorso caricata su Koomot la trovate qui.

Foto © Jered Gruber - riproduzione riservata


Trento, perché no?

Sarà la città di partenza e di arrivo del prossimo europeo di ciclismo su strada, ma questa non può essere l'unica motivazione per decidere di visitare Trento.
Non può essere solo questa la scusa per scegliere il capoluogo come base per la vostra vacanza sulle due ruote perché, a pensarci bene, spesso i percorsi di europei e mondiali non sono assolutamente belli e le città ospitanti lo sono ancora di meno.
C’è una buona notizia invece in questo caso: per Trento tutto questo discorso non vale. Non ne siete ancora sicuri? Prendetevi qualche minuto.
Innanzitutto è una delle città italiane ai primi posti per qualità della vita e dell’ambiente, oltre ad essere ricca di arte e storia. È in poche parole la base perfetta per scoprire il Trentino.

Tre parole per descriverla: storia, ricerca, natura.

La storia è quella dei principi-vescovi, per secoli signori incontrastati della città e che la fecero diventare punto di incontro tra il Mediterraneo e il resto del continente. Fulgidi esempi di quest’epoca, fra gli altri, sono il Castello del Buonconsiglio o il prezioso Museo Diocesano. Punto di riferimento per la ricerca e l’innovazione grazie all’Università degli Studi di Trento le Fondazioni Edmund Mach e Bruno Kessler fino al MUSE - Museo delle Scienze. Ultimo, ma non per importanza, la natura, ma qua non c’è granché da dire: basta guardarsi intorno per capire cosa può offrire questo territorio.

Noi, ovviamente, l’abbiamo scoperta in bicicletta. Che sia una pieghevole o una bici da corsa, che siate in jeans o attillati con le vostre divise, poco importa: l’importante è farlo sulle due ruote. Perché? Perché è comodo e hai tutti i servizi necessari. Quindi la risposta è: perché no?

Poi, e su questo potete davvero starne certi, è perfetta per andare a scalare le storiche salite che distano solo pochi chilometri e, se non siete abbastanza allenati, di sicuro troverete treni o bus che vi riporteranno in città.

Foto © Jered Gruber - riproduzione riservata


Trentino in bici

La scusa era più che buona, andare a provare il percorso degli Europei di Trento.
Bene, benissimo, ho pensato. Però a noi amanti delle due ruote questa è una cosa che può capitare molto spesso, se vogliamo che capiti.
Sappiamo benissimo che ciclisti e runner sono tra le poche categorie che possono misurarsi nello stesso stadio in cui poi si sfideranno i campioni, che per noi non è nient’altro che una strada.

Per questo che il test della traccia dei campionati europei è diventato solo il pretesto per dire ok, andiamo là, e scopriamo qualcosa che non conosciamo.
Ed è stata una figata.

Sì perché, per i pochi che ancora non lo sanno, il Trentino è davvero il paese dei balocchi per chi ama la bici, in tutte le sue sfumature.
Innanzitutto ci sono le ciclabili, che più che piste sono autostrade dedicati ai ciclisti: delle bicistrade insomma. Belle, larghe, segnalate e soprattutto lunghe: sì perché il senso di queste vie è proprio quello di congiungere posti molto lontani tra di loro soprattutto fuori dai centri urbani più grandi. Sono 11 quelle di cui parleremo e vanno dalle Dolomiti fino al Garda coprendo oltre 430 km di tragitto tutto perfettamente asfaltato.

E come in ogni bicistrada che si rispetti è necessario creare dei punti dove fermarsi a sgranchire le gambe, prendere una boccata d’aria e rilassarsi un attimo durante il viaggio: ed ecco i bicigrill, strutture distribuite lungo i percorsi che offrono ristoro, servizi igienici e un collegamento con la rete stradale automobilistica, insieme al noleggio di bici ed e-bike, presente nelle principali località turistiche del territorio provinciale.

Ce ne sono 19 in Trentino e, fidatevi, sono comodissimi.

Noi siamo stati qualche giorno lì in giro e di sicuro non siamo persone che sentono la necessità di “menare” sempre e comunque. Abbiamo quindi alternato delle giornate in cui ci siamo sfidati su alcune delle 23 grandi salite del trentino e delle giornata in cui abbiamo approfittato dei paesaggi per goderci la tranquillità dei vari servizi bici + treno e bici + bus, che poi è una situazione perfetta per condividere le piste ciclabili anche con amici e famigliari meno allenati.

Infine abbiamo sentito la necessità di sentirci davvero alvento e abbiamo fatto un giro sulla DoGa: l’itinerario più wild costruito su strade secondarie e non asfaltate che parte dalla Val di Sole e finisce sul Garda.

Insomma siamo stati pochi giorni ma abbiamo fatto tante cose e tutte differenti. Ce n’è davvero per tutti i gusti.

Foto © Jered Gruber - riproduzione riservata

 


Viviamo per questi momenti

Sono queste le cose per cui viviamo. Per cui godiamo e ci scaldiamo. Sono queste le giornate nelle quali ti prendi qualche minuto tutto per te, che poi è un momento che condividi con tutti gli altri incollati alla tv, o al tablet, al telefono, sui social.
Sono questi i momenti in cui chiedi cinque minuti di pausa in ufficio, apri in finestra sul tuo computer lo streaming della corsa, oppure ti alzi e vai in salotto, cambi canale che ci sono tante di quelle cose da vedere anche oggi ai Giochi Olimpici, o magari entri in un bar sulla spiaggia e chiedi: «Scusate, potete mettere il ciclismo su pista? Sapete com'è, ci giochiamo una medaglia d'oro!».
Si, sono questi i momenti che ci elettrizzano e ci fanno emozionare. I momenti che sogniamo e che ci fanno amare il ciclismo. Si, perché c'è in gioco una medaglia, ma forse, che importa alla fine, vogliamo solo goderci la pista, l'armonia dell'inseguimento, la potenza del quartetto azzurro.
E poi per un attimo lungo 3:42.032, non importa davvero tutto il resto. È come una bolla che ti avvolge, un ronzio nelle orecchie. Tesi ad ascoltare il frinire della catena. A osservare rosso contro azzurro (in verità bianco). E per quei quasi quattro minuti il tuo mondo è Lamon, primo uomo fondamentale, è Consonni che gestisce, è Milan che è forza e talento.
E poi è FIlippo Ganna: già paragonato a un supereroe moderno che trascina e ci trascina, maltratta e rincuora, recupera quel margine che pareva ormai incolmabile come avesse la capacità di gestire a piacimento lo spazio e il tempo.
È un urlo, è record del mondo di nuovo, ma oggi non importa. Oggi è la goduria di quei tre minuti e quarantadue secondi. Oggi è l'oro, oggi è lo spettacolo. Oggi è uno di quei giorni per cui vale la pena vivere.


Essere donna

Se si chiede a Laura Kenny come gestire una carriera impegnativa essendo madri, lei risponde che il segreto è di non farsi mai convincere a fare ciò che non si vorrebbe fare. «Devi tornare quando vuoi tu. All'inizio non volevo lasciare Albie e se non vuoi lasciare tuo figlio, non devi sentirti obbligata dalla società» ha detto in un'intervista. Ora Albie ha quasi quattro anni e lei, stamani, a Tokyo ha fatto segnare il secondo tempo nell'inseguimento a squadre con la Gran Bretagna. Kenny alle Olimpiadi ha vinto l'oro in ogni gara a cui ha partecipato e punta a ripetersi per un record storico.

«Non penso al record - spiega a Velonews - ma a fare il mio dovere e a vincere. Ho sempre fatto così». Kenny, parlando di se stessa, parla di tutte le donne con famiglia: per fare bene in sella, o in qualunque lavoro, alle donne serva fiducia, cosa che spesso manca. Lei con quella fiducia rompe gli schemi. «L'inseguimento a squadre è la disciplina a cui come Gran Bretagna ci dedichiamo di più. Perché non facciamo lo stesso con le altre?». Il cambiamento è avvenuto grazie a Monica Greenwood, la nuova allenatrice.

Laura Kenny ha iniziato ad andare in bici con sua madre che voleva perdere peso e a suo figlio Albie non ha mai chiesto nulla del ciclismo: vuole solo che abbia ricordi felici dell'infanzia come li ha lei. Ha rischiato di non essere a Tokyo, e domani, comunque vada, farà un altro passo nella storia di questo sport.


Sogni in pista

Ci siamo: domani alle 8.54 dall'Izu Velodrome di Tokyo si inizia. Pista olimpica: intanto un bell'antipasto con l'inseguimento femminile. Da Tokyo si racconta di una pista particolarmente veloce: le prime a saggiarla saranno le ragazze della velocità a squadre (ore 8.30), con la loro esplosività - ma senza Italia. Il tempo di riprendersi e sarà subito inseguimento, per esaltare il gruppo, l'affiatamento, la potenza, l'intuito.
Per l'Italia al via Elisa Balsamo, Letizia Paternoster, Rachele Barbieri e Vittoria Guazzini: sfideranno potenze del calibro di Australia, Nuova Zelanda, Usa, Canada e Gran Bretagna. Speranze di medaglia? Poche, ma già esserci, in un progetto che vede le azzurre proiettate con grandi ambizioni verso Parigi, è fondamentale, tutt'altro che banale, considerato dov'era la pista italiana qualche stagione fa.
Generazione di talenti anche al maschile: alle 10.02 i lampi azzurri arriveranno da Francesco Lamon, Simone Consonni, Filippo Ganna e Jonathan Milan. Furie rosse danesi e australiani i favoriti, ma dietro si apre la sfida per il bronzo: Italia, Gran Bretagna e Nuova Zelanda e un occhio alla Svizzera di Bissegger e Schmid, lo stesso Schmid che quest'anno vinceva la tappa di Montalcino al Giro.
Ma è solo l'inizio: nei prossimi giorni ci esalteremo con il folle keirin, con l'imprevedibile madison, con le prove di velocità individuale e il suo tatticismo ispirato, da 0 a 1000 in pochi secondi come un’auto che arriva dal futuro. E poi l'omnium che cinque anni fa ci regalò una gioia immensa e che da lì è cambiato ulteriormente: quattro prove in tutto, più che su Viviani punteremo su Balsamo, ma questa è una storia che vi racconteremo strada facendo. O per meglio dire, dalla pista.


Omar Di Felice e la Race Across France

Omar Di Felice ha compiuto quarant'anni il 21 luglio, giusto pochi giorni di partire per la Race Across France, 2500 chilometri di pedalata unsupported sulle strade transalpine. «È un compleanno particolare: molte cose cambiano, tu con loro e ti chiedi come sarà il tuo futuro. In Francia cercavo una risposta». Di Felice, l'anno scorso, è arrivato secondo in questa gara e da quel momento ha iniziato a pensare a come avrebbe potuto fare per vincerla. «Avevo corso in maniera conservativa e ho perso con un ritardo di sole due ore, nulla in una gara di ultracycling. Soprattutto, però, non conoscevo bene il mio primo avversario».

Omar ha studiato i suoi rivali e ne ha tracciato i profili: ha visto coloro che di notte hanno maggiore bisogno di recuperare, coloro che non dormono quasi mai, i ritmi gara e le medie. «Io ho bisogno di dormire almeno tre ore a notte, al chiuso, i miei avversari lo sanno. I microsonni, invece, tendo a lasciarli per la parte conclusiva di gare di questa lunghezza per non stressare il corpo. La privazione del sonno è la più antica fra le torture medievali, se non ti regoli bene, ti distruggi».

Già, perché il corpo e la mente sono sempre in un intreccio stretto. «Sono partito a tutta per imporre il ritmo e far capire che avrebbero dovuto temermi. Il punto era uscire dalle Alpi in testa: sono i cambi di tempo in quelle circostanze a definire le posizioni. Gli ultimi giorni sono stati i più importanti e i più difficili: ho logorato mentalmente uno dei principali rivali, fino al suo ritiro, ma quando ero in testa da solo faticavo a trovare le motivazioni per continuare a faticare. Il rilassamento ti frega». Ogni sera un rifornimento in una boulangerie per le ore notturne in cui la crisi è in agguato. «Restare senza cibo è terribile, perdi ore su ore. Anche l'idratazione è fondamentale di notte perché il nostro fisico la richiede anche in questa circostanza». Omar ha vinto: cinque giorni, otto ore e quarantanove minuti e il gradino più alto del podio. Una liberazione.

«Ho capito che la mente può supplire a qualunque limite del corpo. Nel ciclismo moderno, se smetti di vincere, tutti credono tu non valga più nulla. Non è così. La realtà è che, iniziando sempre più presto, si rischia di essere considerati finiti già in giovane età. È un rischio soprattutto per chi non regge queste pressioni e queste tensioni».

Se oggi Omar Di Felice pensa agli anni che passeranno non ha timore. «Verrà il giorno in cui le cose cambieranno e non sarà certo il mio non volerlo accettare a modificare la realtà dei fatti. Credo che sia la predisposizione l'importante. Ho sempre pedalato per scoprire, per imparare e conoscere. Continuerò a farlo a qualunque età, cambieranno i modi, non la sostanza».


Il sogno di Bethany

Mamma Kate si è svegliata alle 2 di venerdì mattina e con lei tutti gli abitanti di Finchingfield, Essex, sud est dell'Inghilterra. Hanno urlato verso la tv: «Continua a pedalare! Continua a pedalare!»
La piccola comunità inglese si è svegliata alle 2 di mattina per vederla agitare le gambe, assecondare dossi, prendere rischi assurdi, pennellare paraboliche sulla BMX, sport che ancora cerca il suo spazio all'interno del vasto mondo delle due ruote: spettacolare, adrenalinico, scenografico, che fa storcere un po' il naso ai puristi della fatica, ma acquisisce piena visibilità in mezzo al programma olimpico.
Bethany "Beth" Shriever ha fatto la storia delle due ruote in Gran Bretagna, letteralmente impazzita per la ventiduenne ex assistente insegnante in una scuola elementare, che, per realizzare il sogno di essere a Tokyo, qualche anno fa ha dato il via a un crowdfunding per allenarsi e gareggiare.
La federazione britannica, dopo Rio, aveva rifiutato di finanziare il progetto legato alla BMX femminile: avrebbe supportato solo quella maschile. Non ha mai mollato Shriever, nonostante le difficoltà per l'assurdità della vicenda, nonostante fosse l'unica ragazza in squadra, nonostante gli infortuni, nonostante la pandemia che negli ultimi 18 mesi le ha impedito di gareggiare. Nonostante l'ansia crescente a casa dopo che suo padre Paul aveva perso il lavoro.
L'obiettivo era arrivare a Tokyo e in questo la British Cycling solo nelle ultime stagioni ha aiutato Beth, che a 9 anni si innamorò follemente delle BMX. A patto però di mollare tutto e trasferirsi a Manchester: e lei lo ha fatto. Dopo che per quasi sette anni si è dovuta arrangiare da sola e con l'aiuto di mamma Kate e papà Paul.
L'obiettivo, a Tokyo, era andare avanti ma senza grandi obiettivi: turno dopo turno è arrivata la consapevolezza di vivere una favola. Beth capisce di trovarsi sempre più a suo agio in pista, vincendo le tre manche di semifinale, e strabiliando nei 45'' della finale per l'oro, in un testa a testa con la leggenda Pajon: un arrivo da vedere e rivedere.
«Sono letteralmente devastata. Sono sotto shock» racconta Bethany stramazzata a terra alla fine della corsa vinta.
«Non so cosa succederà quando rientrerò a casa» conclude, incredula, mentre sua madre: «Quello che ha fatto Beth ha dato un significato a momenti terribili, ma vuol dire che chiunque può crederci, chiunque, lottando, può inseguire il proprio sogno».
Pochi minuti prima, la Gran Bretagna, sempre nella BMX conquistava l'argento con Kye White, nella prova maschile, che al termine della gara vinta dalla compagna di squadra, si lanciava in pista per sollevarla da terra e portarla in trionfo tra le sue braccia. «Più che per la mia medaglia, sono commosso per Beth. So quello che ha fatto, i suoi sacrifici, lo stress che stava vivendo in questi giorni. Dopo le prime prove sono andato da lei che piangeva e le ho detto: Beth, non temere nulla, stai andando forte». Così forte da ritrovarsi campionessa olimpica.